Ardea,
antica capitale dei Rutuli, è un comune della
provincia di Roma. Ardea sorge su una rocca tufacea,
in vista delle propaggini occidentali dei Colli Albani,
dalla quale domina la zona circostante; il comune
è inserito nell'Agro Romano e si estende a
sud di Pomezia, con ai lati la veduta dei Castelli
romani e del Mar Tirreno, confinando a sud con il
comune di Aprilia. L'origine geologica di quest'area
si deve prima all'emersione dal mare del terreno,
caratterizzato da lagune e paludi, e quindi dal deposito
di consistenti strati di tufi e pozzolane di origine
vulcanica in seguito alle eruzioni del cosiddetto
Vulcano Laziale. Raffreddandosi il materiale vulcanico
si era spaccato, costituendo profonde e strette gole,
che si addolciscono mano a mano che si procede verso
sud. La costa, formata da lunghe spiagge sabbiose,
era caratterizzata dalla presenza di dune conservatesi,
oramai, solo in alcuni tratti.
ETIMOLOGIA
Secondo alcuni deriva dal latino ardea, airone. Secondo
altri deriva dall'aggettivo "ardua" essendo
il luogo difficile da scalare.
DA
VEDERE
La prima fortificazione della città è
uno degli esempi meglio conservati di aggere arcaico:
la difesa era assicurata dallo scavo di un fossato,
e il materiale di scavo veniva a formare lungo il
lato interno un muro di terra, con un pendio più
ripido verso l'esterno e più dolce verso l'interno,
per facilitare l'accesso ai difensori. Le difese erano
quindi completate da palizzate in legno.I tre pianori
della città, in parte fortificati naturalmente
dai pendii soscesi delle colline, erano dotati di
aggeri nei punti più facilmente accessibili,
verso l'entroterra. La costruzione di queste prime
difese è stata attribuita al VII secolo a.C..
Le fortificazioni vennero ricostruite nel IV secolo
a.C., con mura in opera quadrata che circondavano
l'Acropoli, i cui resti sono visibili sul lato nord-orientale,
insieme ad un bastione a pianta pentagonale, aggiunto
modernamente con il riutilizzo dei blocchi più
antichi. Le fonti antiche riportano l'esistenza di
culti dedicati a Giunone Regina, a Castore e Polluce,
a Venere, a Ercole, a Natio, e al fondatore Pilumno.
Gli scavi archeologici hanno rimesso in luce i resti
di quattro grandi templi, due sull'Acropoli e due
sulla Civitavecchia, dei quali tuttavia si ignora
la dedica. Il maggiore dei templi dell'Acropoli, dotato
di tre celle e con scalinata frontale, era forse il
principale della città, dedicato a Giunone
Regina. Ne resta un tratto del pronao, in corrispondenza
dell'attuale Municipio e un tratto del muro di cinta
del santuario. Un secondo tempio di epoca ellenistica,
si trova in corrispondenza della chiesa di San Pietro.
Nella località "Casarinaccio" sul
pianoro della Civitavecchia, sono conservati i resti
di un altro tempio, riferibile al VI secolo a.C.,
epoca di massimo splendore della città. Gli
scavi del tempio, eseguiti negli anni Trenta, hanno
riportato alla luce il podio del santuario, costituito
da tre filari di blocchi di tufo poggianti direttamente
sulla roccia, decorati all'esterno da modanature.
Il tempio viene convenzionalmente identificato con
quello di Venere. Un secondo tempio arcaico, datato
al V secolo a.C. è stato rinvenuto nella località
"Monte della Noce", sempre sul pianoro della
Civitavecchia. Il tempio fu in uso fino al I secolo
a.C., mentre in seguito venne abbandonato e i materiali
riutilizzati per la costruzione delle ville della
zona. Nei pressi doveva trovarsi il foro cittadino,
al quale era annessa una basilica, la cui costruzione
è stata datata intorno al 100 a.C. e di cui
si conservano resti del pavimento in signino. Una
rete di cunicoli scavati nel tufo e realizzati nel
V secolo a.C. costituiscono un notevole sistema idraulico,
destinato al drenaggio delle acque o per le fognature
cittadine. Altri ambienti scavati nella roccia erano
utilizzati come magazzini o cisterne, in alcuni casi
suddivisi in navate da pilastri di tufo. Ambienti
scavati sul pendio della Civitavecchia sono stati
interpretati come apprestamenti artigianali per l'attività
della concia delle pelli (I secolo a.C.).
CHIESA
DI SAN PIETRO APOSTOLO
La chiesa di San Pietro Apostolo fu edificata nel
XII secolo dai monaci dell'abbazia di San Paolo fuori
le mura, in stile romanico presso i resti di un tempio
di epoca ellenistica. Incorpora una precedente torre
di vedetta contro i Saraceni, trasformata in campanile.
Conserva materiali più antichi: fregi marmorei
del II secolo sono stati riutilizzati come stipiti
della porta di ingresso, e di reimpiego è anche
un capitello del presbiterio e un'ara sepolcrale.
L'interno è a tre navate, divise da archi.
Tra il XIV e XVI secolo, quando divenne chiesa baronale
subì notevoli trasformazioni. A questo periodo
risalgono gli affreschi (XV secolo), un crocifisso
ligneo (XVI secolo) e un dipinto di scuola caravaggesca
(XVII secolo). L'ultimo restauro risale al 1940 e
fu eseguito per espressa volontà di Benito
Mussolini durante una sua visita ad Ardea. In epoca
recente lo scultore Giacomo Manzù ha realizzato
la fonte battesimale e il tabernacolo della navata.
GIARDINI
DELLA LANDRIANA
I Giardini della Landriana sono dei giardini disegnati
da Russel Page, famoso architetto di paesaggi, che
sistemò la notevole collezione di piante e
fiori realizzata da Lavinia Taverna sulla propria
proprietà della "La Landriana" nel
corso di una decina di anni.
La proprietà si articola su una serie di giardini
a tema (giardino degli aranci, giardino delle eriche,
valle delle rose, ecc.), da cui il nome della tenuta.
MUSEO
MANZU'
Il museo Giacomo Manzù raccoglie oltre 400
opere che l'artista donò nel 1979 allo stato
italiano; all'interno della proprietà è
posto anche il sepolcro dell'artista che qui visse
dai primi anni settanta fino alla sua morte.
TOR
SAN LORENZO
Situata nel litorale dell'omonima frazione, prende
il nome dalla chiesa paleocristiana dedicata al santo,
nei cui pressi venne costruita la torre intorno al
1570 su disegno di Michelangelo Buonarroti, per volontà
della famiglia Caffarelli, proprietari della tenuta
circostante e della chiesa, con lo scopo di difendere
il territorio dalle incursioni dei corsari turchi.
Soprannominata La Pomposa dai turchi per la sua bellezza
e parte di un sistema difensivo di dodici torri lungo
il litorale laziale, è situata ad un centinaio
di metri dal mare, in un complesso caratterizzato
da un tomboleto con un complesso di dune alte fino
a dieci metri ricoperte da una fitta macchia mediterranea.
Prima del danneggiamento causato da bombardamenti
durante la seconda guerra mondiale, presentava, in
cima ai suoi oltre trenta metri di altezza, la piazza
d'armi, accessibile tramite una rampa gradinata in
muratura.
MANIFESTAZIONI
Palio di maggio: si corre la prima domenica di maggio
e vede in competizione le contrade della città
(Banditella, Caronti, Casalazzara, La Rocca, Le Salzare,
La Torre, Montagnano, Pian di Frasso e Torre Bruna).
Festa di Santa Maria del Rosario: in luglio tutti
i balconi e le finestre di Ardea sono addobbati con
lenzuola ricamate.
Festa "E...state con noi": in luglio organizzata
dal Comitato di quartiere Nuova California.
Festa di Tor San Lorenzo: si festeggia in prossimità
del 10 agosto (notte di S.Lorenzo) e dura dai 3 ai
5 giorni.
ORIGINI
Il mito ha elaborato varie versioni sulle vicende
della fondazione della città di Ardea, legate
al racconto dello sbarco di Enea sulle coste del Lazio
e quindi alla nascita di Roma. Una prima leggenda,
riportata da Dionigi di Alicarnasso, fa risalire la
fondazione della città ad Ardeas, figlio di
Odisseo e Circe. Una diversa versione lega le origini
di Ardea, nel XV secolo a.C. a Danae, figlia del re
di Argo, che dopo la nascita di Perseo da Zeus, sarebbe
giunta sulle coste laziali e avrebbe sposato il rutulo
Pilumno. Insieme decisero di fondare una nuova città:
il luogo fu scelto in corrispondenza di una ripida
rupe tufacea, scoperta risalendo il fiume Incastro
su una piccola imbarcazione. Ovidio riferisce l'origine
del nome di Ardea all'alzarsi in volo di un airone
cenerino (ardea cinerea) dopo l'incendio e la distruzione
della città ad opera di Enea, vittorioso sul
re rutulo Turno, figlio di Dauno, che a sua volta
era figlio di Danae e di Pilumno. Il territorio di
Ardea era già frequentato nel Paleolitico e
sono state rinvenute tombe dell'età del rame,
con sepolture in posizione rannicchiata, risalenti
agli inizi del II millennio a.C.. Nell'età
del ferro dei villaggi di capanne si erano insediati
sui tre pianori sui quali sorge ancora oggi la città
(Civitavecchia, Acropoli e Casalazzara), dove sono
state rinvenute le tracce dei fori di palo delle capanne
e una necropoli a "Monte della Noce", sul
pianoro della Civitavecchia, con tombe a fossa infantili
e una tomba principesca femminile dell'VIII secolo
a.C., con ricco corredo.
STORIA
Plinio riporta il popolo dei Rutuli, a cui appartenevano
anche i centri di Antium, Satricum e Lavinium, come
uno dei più antichi popoli del Latium vetus.
Ardea, nata come agglomerato essenzialmente agricolo,
si sviluppo tuttavia soprattutto grazie agli scambi
commerciali, favoriti dalla posizione della città,
compresa tra Latini, Volsci ed Etruschi e dotata di
un porto-canale alla foce del fiume Incastro (Castrum
Inui). Nei secoli dall'VIII al VI fu uno dei centri
più importanti del Lazio meridionale, con un
ricco artigianato e oggetti importati anche da regioni
lontane. La città arrivò al suo periodo
di massimo sviluppo durante nel VII secolo a.C. e
furono occupati da edifici religiosi e civili l'Acropoli
e la Civitavecchia. Era particolarmente rinomata per
la produzione di armi e di oggetti ornamentali. A
più riprese gli Ardeati furono alleati o nemici
di Roma, nell'ambito delle vicende della Lega Latina:
un primo attacco sotto Tarquinio il Superbo, di cui
parla Tito Livio, sembra non avesse avuto successo,
e poco dopo, nel primo trattato tra Roma e Cartagine
del 509 a.C., la città era riportata tra gli
alleati dei Romani. Nel corso del V secolo a.C. la
vita cittadina fu dominata dalla contesa contro i
Volsci e nel IV i Galli, dopo aver saccheggiato Roma,
si rivolsero contro Ardea e la assediarono, senza
successo; furono anzi gli Ardeati, guidati da Furio
Camillo, in esilio nella città, che dopo aver
respinto l'assedio, marciarono verso Roma e la liberarono
dall'occupazione gallica. Nel secondo trattato romano-cartaginese
del 348 a.C., Ardea è nuovamente nominata tra
le città alleate dei Romani. A quest'epoca
risale il rifacimento delle mura di cinta: il precedente
triplice recinto difensivo venne sostituito da mura
in opera quadrata, di cui si conservano alcuni resti,
che cingevano i pianori dell'Acropoli e della Civitavecchia.
Tuttavia, durante la seconda guerra punica, Ardea
fu una delle dodici colonie che rifiutarono ai Romani
gli aiuti militari. Dopo la sconfitta cataginese,
i Romani si rivolsero contro le città ribelli
della Lega Latina sconfiggendole, e le privarono dell'autonomia.
Tra il III e il II secolo a.C. Ardea decadde, probabilmente
soprattutto per la crisi economica dei centri laziali,
le cui risorse si erano prosciugate nelle guerre puniche
e nella successiva guerra contro i Sanniti. La città
era quasi completamente in abbandono entro l'età
imperiale romana, sebbene resti di abitato sopravvivessero
fino al V secolo, mentre delle grandi ville furono
costruire lungo la via in direzione del mare. La città,
sopravvissuta probabilmente come piccolo luogo fortificato,
riprese a crescere solo dal IX secolo, in seguito
al progressivo spopolamento delle domus cultae, piccoli
centri agricoli fondati dai papi nelle campagne per
la coltivazione e la bonifica, e alle necessità
di difesa contro i Saraceni. Ardea ospitò nel
1118 papa Gelasio II in fuga da Roma per sfuggire
all'imperatore Enrico V che pretendeva la conferma
dei privilegi concessigli nel 1111 dal suo precedessore,
il papa Pasquale II, e l'incoronazione in San Pietro.
Nel 1130 l'antipapa Anacleto II attribuì la
civitas Ardeae ai monaci benedettini della Basilica
di San Paolo fuori le mura. Successivamente il controllo
feudale della città fu oggetto di aspre contese
tra le famiglie nobiliari romane. Nel 1419 papa Martino
V diede la città ai propri familiari, i Colonna.
Il feudo passò successivamente ad altre famiglie
papali: dai Borgia tornò ai Colonna, finché
nel 1564 venne venduto ai Cesarini. In questo periodo
la città visse essenzialmente come borgo agricolo,
seguendo le sorti delle famiglie che di volta in volta
la governavano. Nel 1816 a causa dell'esiguo numero
di abitanti, la città divenne una frazione
di Genzano di Roma e il borgo, alla vigilia della
bonifica integrale pontina, risultava disabitato.
A partire dal 1932 l'area circostante fu oggetto di
lavori di bonifica idraulica, regimentazione delle
acque e appoderamento, curati dall'ONC e dai consorzi
di bonifica, cui seguì il ripopolamento controllato
del centro e delle campagne circostanti. Il borgo
fu praticamente "ri-fondato", ristrutturandone
i resti, e divenne parte del comune di Pomezia fin
dall'atto della sua costituzione. Nel 1970 Ardea tornò
ad essere comune autonomo.