Castel Volturno
Campania

Castel Volturno è un comune della provincia di Caserta conosciuto soprattutto per lo sviluppo edilizio a seguito delle politiche di sviluppo derivate dalla ricostruzione post terremoto degli anni ottanta. Il centro storico sorge sulla sponda sinistra del fiume, sull’ultima ansa che questo forma prima di sfociare nel mar Tirreno. Il territorio comunale si estende su una superficie di 72,23 km² e possiede 25 km di spiaggia bagnata da uno dei mari più inquinati e 10 di pineta.

ETIMOLOGIA
Castel Volturno deve il suo nome al castello e al fiume Volturno.

ORIGINI E CENNI STORICI
Situato all’estremità della pianura campana nell’ultima propaggine dei Mazzoni fu abitato prima dagli Opici, poi dagli Etruschi, che eressero la città di Volturnum, e successivamente dagli Osci. L'abitato svolgeva la funzione di emporium, cioè di raccolta e mercato delle merci prodotte dall'intero basso bacino del Volturno, ed era crocevia obbligato per chi dal mare voleva inoltrarsi nell’interno e raggiungere il porto di Casilunum sul Volturno e da qui l’antica città di Capua. I Romani, durante la seconda guerra punica (215 a.C.), rinforzarono le mura della città affinché facesse da riparo alla loro flotta, che di qui transitava per raggiungere Capua occupata da Annibale. Nel 194 a.C. Volturnum diventò colonia romana e accolse trecento famiglie di cittadini romani entro le proprie mura. Dopo la morte di Cesare (44 a.C.), subì un'incursione da parte di Menecrate, liberto di Sesto Pompeo, che ne distrusse il porto. L’imperatore Augusto vi inviò una nuova colonia di cittadini romani e nel 95 d.C. l’imperatore Domiziano vi fece costruire la Domitiana, strada che ancora oggi porta il suo nome, e un superbo ponte che univa le due sponde del fiume. All’ardita impresa il poeta Stazio dedicò la terza poesia del quarto libro delle Selvae. La diffusione del cristianesimo a Voltunum, nel IV secolo, si deve a San Castrese, la città fu sede vescovile dal V secolo in poi, come testimoniano le sottoscrizioni del vescovo Paschasius ai concili romani del 499, 501 e 502. La città romana di Volturnum, con la caduta dell’Impero Romano d'Occidente, le invasioni barbariche e il crollo del ponte domizianeo perse il suo prestigio. Nell’806 Grimoaldo, principe di Benevento donò il porto di Volturnum all’abate Teodomaro di Montecassino, nell’841 la città subì devastazioni e distruzioni ad opera dei Saraceni e fu abbandonata. Dopo l’ 856 il vescovo longobardo Radiperto, su un’arcata superstite del ponte domizianeo, fece erigere un castello fortificato e ricostruì la chiesa che raccoglieva le spoglie di San Castrese. Nell’988 erano conti di Castri maris Volturni i fratelli longobardi Daoferi e Daoferio, dopo il 1062 il normanno Riccardo I conte di Aversa donò nuovamente il castello di Volturnum al Monastero di Montcassino; nel 1128 Roberto II (1127-1157), ultimo discendente dei conti normanni di Aversa, concesse allo stesso monastero di Montcassino il privilegio di pescare nel mare e nel fiume di tutto il territorio di Castello a mare del Volturno; durante il regno di Ruggero II re di Sicilia (1127-1154), il castello fu tolto a Ugone conte di Boiano, che lo aveva occupato. l’imperatore Federico II di Svevia, nel 1206, lo cedette alla mensa arcivescovile di Capua; nel 1304 Carlo d’Angiò lo fece custodire dal capitano della stessa città di Capua come piazzaforte militare; Ladislao (1386-1414) lo donò a Jacopo Sannazaro nonno dell’omonimo poeta, mentre la regina Giovanna II (1414-1435) lo recuperò come bene della corona, così che il nuovo sovrano Alfonso I d’Aragona lo donò alla figlia Eleonora e questa lo portò in dote al marito Marino di Marzano duca di Sessa, il quale lo perdette per essersi ribellato al cognato Ferrante I d'Aragona re di Napoli (1459-1496), il quale per occuparlo dovette farlo assediare nel 1460 da Antonio Piccolomini e questi, per entrarvi, dovette far giungere da Napoli delle bombarde che abbatterono parte delle mura. L’anno dopo il sovrano lo vendette per 4387 ducati dalla città di Capua, che lo tenne in suo possesso fino all’abolizione della feudalità nel 1810. Nel 1812 fu creato comune autonomo ed ebbe come primo sindaco Giuseppe Toscano, da allora in poi seguì le vicende storiche e politiche del Regno delle Due Sicilie, dal 1860 quelle del Regno d'Italia e dal 1945 quelle della Repubblica Italiana. Castel Volturno, da castello fortificato a piccolo borgo agricolo, ha subito una notevole trasformazione grazie alle intense bonifiche del Ventennio fascista e dal 1954, quando ultimata la via Domiziana e il nuovo ponte sul fiume Volturno, ha conosciuto un rapido e disordinato sviluppo edilizio, dovuto anche alla creazione di centri turistico balneari come Pinetamare e Baia Verde.

CASTELLO E BORGO SAN CASTRESE
La caratteristica del Castello e dell’adiacente Borgo S. Castrese, situato nel centro storico di Castel Volturno, è quella del sito adagiato sull’ultima ansa disegnata dal fiume Volturno prima di sfociare nel mar Tirreno, in contrasto con le consuetudini medioevali, che preferivano innalzare i borghi fortificati su alture inaccessibili.
La fondazione di un fortilizio o quanto meno di un luogo fortificato alla foce del Volturno risale, secondo i documenti storici, alla fine del IX inizio X sec, allorquando i castaldi longobardi della nuova Capua, rifondata ne 856 sulle rovine dell’antico porto romano di Casilino, ebbero bisogno, per difendersi dalle incursioni - soprattutto saracene - che arrivavano via mare risalendo a forza di braccia la corrente del fiume, di un avamposto militare strategico che bloccasse l’ingresso dei navigli nemici alla foce.
La prima fabbrica del castello di Volturno fu certamente opera del vescovo longobardo Radiperto, fu, infatti lui, secondo il carme sepolcrale che chiudeva la sua tomba, a innalzare sul veloce scorrere del fiume un’alta torre (Extulit altifluam pracelso culmine turrim) e a cingere di mura (moenibus arcem) il borgo fortificato. Il castello fu eretto su un’arcata superstite dell’antico ponte romano sul Volturno della Via Domiziana fatto costruire dall’imperatore Domiziano nel 95 d.C., e che si snodava in un viadotto sorretto da pilae, che si susseguivano per un lungo tratto sulla sponda opposta del fiume.
L’antica costruzione dovette essere di forma oblunga, perpendicolare all’andamento del fiume e in asse con l’antico tracciato della via Domiziana. Adiacente alla torre dovette svilupparsi ad est il borgo murato di S. Castrese. Nel 904 il piccolo complesso fortificato era governato dal castaldo Gaideri; nel 982 erano conti di Volturno e Patria i fratelli Guaiferio detto Alo e Guaiferi figli di Wiferi; nel 988 conti di Volturno erano i fratelli Daoferi e Daoferio; agli inizi dell’anno 1000 conte di Volturno era Doferi, successivamente, il possesso del forte, fu assegnato, dai Normanni di Aversa a Guaferi.
Con l’incoronazione di Ruggero II a re di Sicilia (1130), Castello a mare del Volturno fu tolto a Ugone conte di Boiano, che lo aveva occupato. Nel 1206 l’imperatore Federico II di Svevia donò il Castello del Volturno alla mensa Arcivescovile di Capua, mentre durante il regno della regina Giovanna II d’Angiò (1414-1435) il castello fu recuperato dalle mani del de Sconnito grazie all’aiuto di Filippo Barile e rientrò a far parte dei beni della corona e come tale fu assegnato da Alfonso I d’Aragona (1435-1458) alla figlia Eleonora, che lo portò in dote al marito Marino di Marzano duca di Sessa e quando questi, nel 1460, si ribellò al cognato Ferrante o Ferdinando I re di Napoli (1459-1494), il castello fu costretto a subire un lungo assedio.
Il Castello e il vasto tenimento di Castel Volturno, furono tenuti in signoria dai capuani. Il Castello e il Borgo murato di S. Castrese hanno conservato attraverso i secoli sia i limiti urbani che l’impianto viario originari; sono parte dell’arco del ponte domizianeo del I secolo d.C. e le grossa mura perimetrali, costruite con i basoli di roccia leucitica prelevate dall’antica via Domiziana e con i blocchi di travertino e tufo proveniente dallo spoglio di edifici della colonia romana di Volturnum. Sia l’impianto delle stradine (vico I, II, III, IV, V e VI) tutte perpendicolari alla piazzetta principale (Largo S. Castrese) a modello dei castra romana e che doveva costituire la piazza d’armi del forte.
I documenti storici attestano attraverso i secoli l’esistenza di un castrum, di una torre, di un castello e di un borgo fortificato alla foce del fiume Volturno fin da epoche molto antiche, ma non hanno tramandato le modifiche e le trasformazioni cui esso, attraverso il tempo, è andato incontro a causa delle intemperie, degli eventi sismici o bellici o della mano dell’uomo. In un’antica raffigurazione pittorica, conservata nella Chiesa Arcivescovile di Capua, oggi scomparsa, era raffigurato come una “Rocca cinta di mura”, con la scritta CASTRUM MARIS DE / VOLTURNO QUOD EST DE / MAIOR ECC. CAPUANA.
Nel corso dei secoli le strutture murarie del Castello e del Borgo fortificato di S. Castrese hanno subito profonde modifiche, alla primitiva torre e mura, fatte costruire dal vescovo longobardo Radiperto, coniugando, evidentemente come era costume per le fortificazioni del IX e X sec., legno, prelevato della vicina silva Gallinaria, e muratura, il cui materiale proveniva dalla spoliazione della via Domiziana e dalla colonia romana di Volturnum, fu sostituito, nel corso del XII sec., un fortilizio in muratura con mura e mastio, che diventò la chiave di difesa dell’intero borgo fortificato. La primitiva torre longobarda, probabilmente in legno e circondata da una palizzata e da un semplice fossato, lasciò il posto ad un più massiccio mastio con un borgo attorniato da mura e fossati pieni d’acqua. L’avvento delle armi da fuoco, che distrussero l’antica cinta muraria durante l’assedio del 1460, portò ad un ulteriore modifica. Il Castello e il borgo dovettero essere difesi da un doppia cinta di mura, in parte ancora esistente e da diverse torri e posti di guardia fortificati con un maggior rafforzamento del mastio, che assunse la forma di un vero e proprio bastione nel XVII secolo, quando le coste campane ripresero ad essere oggetto delle incursioni piratesche, per cui si dovette provvedere a rafforzare le porte e le mura, che furono dotate di feritoie per gli archibugieri, le colubrine e le bombarde. Tanto il castello quanto l’edilizia presente all’interno del borgo fortificato di S. Castrese è stato fortemente rimaneggiato attraverso il tempo, tanto che è difficile, senza il sostegno di un apposito scavo archeologico o lo studio dei vari strati sovrapposti di muratura, ascriverne, ad un periodo preciso piuttosto che ad un altro, le varie trasformazioni e sovrapposizioni stratigrafiche. Le attuali costruzioni esistenti, ad una prima ricognizione visiva, non vanno al di là del Sei-Settecento. Il solo Castello ha la forma quadrata delle torri difensive seicentesche del periodo vicereale, sul lato esterno di Piazza Castello; di antica fattura la rampa di accesso lastricata in opus spicatum, sulla cui sommità si erge un portone di più recente costruzione, che introduce nel cortile interno del mastio, che è ricavato quasi certamente nel camminamento della ronda della doppia cinta muraria. Sul lato opposto, in via Fratelli Daoferi e Daoferio sono ancora visibili un barbacane e nel muro due strette feritoie simmetriche, attraverso le quali, forse doveva scivolare la catena che azionava il ponte levatorio, che pure doveva esserci, se il Castello, come testimoniano le fonti, era circondato da fossati pieni d’acqua, in parte probabilmente ricavata dai bracci dal vecchio porto romano. Il Castello all’interno, a causa dei rimaneggiamenti Otto-Novecenteschi, ha perso la sua caratteristica natura difensiva. Il portone di acceso a Largo S. Castrese non deve essere più antico del Seicento, per la forma tozza e per l’assenza delle scalanature della saracinesca. L’attuale Torre dell’orologio in Piazzetta Radiperto, originaria torre posta a guardia della porta, non deve essere più antica del Settecento nella sua parte alta, in quanto solo dal 1757 è attesto, nei conti comunali, il pagamento dell’onorario all’orologista. Le facciate delle abitazioni interne al borgo S. Castrese non vanno al di là del XVIII-XX secolo per i continui rimaneggiamenti e stravolgimenti subito. Esse sono costruite in pietra e seguono tutte lo steso schema, per lo più sono costituite da due vani unici sovrapposti non comunicanti, l’accesso ai piani superiori avviene mediante una scala esterna in muratura. Lo schema strutturale presenta mura portanti, in comune i laterali, isolati i frontali e solai con travi in legno.

La Cappella di san Castrese
Situata al centro del lato sinistro di Largo S. Castrese, nel Borgo murato del Castello, si trova la cappella dedicata al santo patrono del paese San Castrese. La cappella costituita da un solo vano è inserita in un edifico composto da un piano terra e un primo piano. Il piano terra è composto da tre vani, nel primo è situata la scala, che conduce al primo piano composto di tre stanze, sotto alla quale vi è un pozzo, la seconda funge da sagrestia, nella terza è situata la cappella vera e propria. Per accedere direttamente alla cappella bisogna salire due gradini, attraversare un portone di ingresso, sormontato da una piccola finestra ovale inserita in un triangolo di stucco. Oltrepassato la porta ci si trova direttamente nell’unica navata a forma rettangolare (4,40x7,80), di fronte all’entrata vi è posto l’altare, sormontato da una piccola nicchia scavata direttamente nel muro, racchiusa tra due piccoli pilastri con capitello ionico, in essa era posto il busto ligneo del Santo, alla cui base reca l’iscrizione: S. CASTRESE / PATRONO DI MARANO E CASTELVOLTURNO. Dietro il portone d’ingresso, sul lato destro, vi è posto una lapide che recita: D.O.M. / RISORGE SUL SACRO SUOLO / MALMENATO DELL’ANTICA CHIESA / DI S. CASTRESE / QUESTA CAPPELLA È FABBRICATA / DALLO ZELO DEL PARROCO / SAC. GENNARO AMOROSO / 10-2-1952. In alto direttamente affrescata sulle pareti è raffigurata la storia leggendaria della vita di S. Castrese, su sei pannelli rettangolari, divisi tra loro da quattro figure, la prima rappresenta la Fede, la seconda l’Obbedienza, la terza la Nobiltà e la quarta la Religione. Le vicende narrate iniziano dal lato sinistro, dove nel primo pannello è rappresentato S. Castrese cacciato dall’Africa, nel secondo il Santo è raffigurato su una nave insieme ad altri martiri, nel terzo il Presule è giunto alla foce del Volturno, tutti i passeggeri sono scesi dall’imbarcazione ad essi è apparso il Signore e San Pietro tra gli Angeli, in una iscrizione si legge MONSTRATE ESSE MATREM. Sul lato destro della navata S. Castrese è raffigurato, nel quarto pannello, al centro della piazza del castello sulla soglia della futura cappella, mentre predica ai fedeli; nel quinto riquadro opera il miracolo sul nobile Aristodemo suo persecutore, che malato è trasportato in lettiga dai soldati al cospetto del Santo; nel sesto il Vescovo è raffigurato sul letto di morte attorniato dai fedeli e visitato dal Signore e dagli Angeli. Sotto la volta della cappella è rappresentata in un grande riquadro a gloria di San Castrese, che tra una schiera di angeli, dall’alto del cielo, veglia sul territorio di Castel Volturno, di cui è raffigurato il castello posto alla foce del fiume Volturno. I dipinti sono opera, come si legge dalla firma posta in questa ultima raffigurazione descritta, di Domenico Ferraro di Casagiove e datati 5-10-1950. Al centro del pavimento vi è una piccola croce tra le lettere S e C. LA CAPPELLA DI SAN ROCCO
La Cappella si trova nell’omonima via S. Rocco nel Centro storico di Castel Volturno, vi si accede dopo aver superato due gradini. La facciata a capanna ha sul davanti un grande portone in legno, chiuso esternamente da una cancellata di ferro. L’interno è costituito da una sola navata con un altare centrale, rifatto nel 1983. Sull’altare troviamo un quadro firmato da L. PANARELLA 1968 AVERSA, che raffigura S. Rocco in ginocchio, al quale è apparsa tra gli Angeli la Vergine con in braccio il Bambino Gesù. In alto sopra l’altare, racchiusa in un cerchio vi è la scritta W.S. ROCCO PELLEGRINO. Sul lato sinistro, incastonata nel muro vi è una grande nicchia, dove è rinchiusa da una porta a vetri la grande statua del Santo a figura intera. Sul lato destro vi è una piccola acquasantiera a forma di conchiglia. Il pavimento in maioliche a rombi bianchi e neri è di antica fattura, questa chiesetta rurale, infatti, esisteva già nel 1766 eretta dalla pietà dei fedeli, che ne invocavano la protezione in caso di pestilenze.

La Cappella di Maria S.S. della Civita
La cappella della Madonna delle Grazie si trova in via Maria S. della Civita nel centro storico di Castel Volturno, costruita nel luogo dove sorgeva l’antica città romana di Volturnum, perciò detta della Civita, la costruzione che ha subito dei rimaneggiamenti. La chiesetta ha sul davanti un lungo cortile racchiusa da mura con all’ingresso un cancello di ferro. La forma della costruzione è a capanna, sul portone di accesso, all’unica navata di cui si compone la chiesetta, vi è una finestra circolare. L’abside si presenta con al centro un altare di pietra, sul quale è posto un quadro della Madonna delle Grazie di recente fattura, è racchiuso tra quattro archi, di cui tre addossati alle pareti. La cappella conserva una statua lignea della Vergine Assunta in cielo, sospesa su una nuvola retta da due piccole teste di Angeli. Sul lato sinistro una porta introduce in due ambienti uno inferiore e l’altro superiore, al quale si arriva tramite una scala addossata al lato sinistro della parete, gli ambienti, che anticamente ospitavano un eremita, sono illuminati da piccole finestrelle.

La Chiesa dell'Annunziata
E’ situata nell’omonima piazza nel centro storico di Castel Volturno. Fu eretta nel XVI secolo, ma fu più volte rimaneggiata, l’attuale impianto, insieme alla torre campanaria in quattro piani e di forma quadrata, risale al XVIII secolo. La facciata esterna della chiesa è a capanna e presenta al centro due aperture una nel sottotetto di forma rotonda e sotto questa un’ampia finestra ad arco, sui vetri della quale è raffigurata la scena dell’Annunciazione. Il sagrato coperto è delimitato da un imponente porticato rettangolare racchiuso tra cinque cancelli di ferro a due ante del 1886, quello centrale più grande ne ha poi due più piccoli ai lati sormontati da due finestra ovali, mentre vi sono altri due cancelli uno sul lato destro ed un altro su quello sinistro. Sotto il porticato del sagrato, sul lato sinistro, vi è posto una lapide di marmo del 1995, che riporta tutti i nomi dei vescovi e dei parroci, che hanno retto nei secoli la Parrocchia di S. Castrese. Oltrepassato il sagrato ci troviamo di fronte il monumentale portale cinquecentesco, che porta incisa l’in alto l’intestazione: DIVE ANNUNTIATAE TEMP. AN.DNI MDXXXIII. Esso è costruito in blocchi di travertino scolpiti con motivi geometrici o floreali stilizzati, per la maggior parte situati sotto la curva dell’arco. Le finte colonne ai lati del portale hanno i capitelli in stile ionico, il piedistallo che le sorregge porta scolpito due stemmi infiocchettati da nastri; in quello di sinistra, sono incise in uno scudo le iniziali A.G.P. (Ave Graia Plena), in quello di destra vi è raffigurato un ponte tra due torri ineguali per altezza e grandezza. L’intento dell’artista era quello di raffigurare evidentemente il ponte romano fatto erigere nel 95 d.C. dall’imperatore Domiziano a Castel Volturno. Il grande e massiccio portone di legno diviso in due battenti è suddiviso a sua volta in riquadri, nei due centrali posti in alto vi sono raffigurati in rilievo, in quello di sinistra, un Angelo con in mano un giglio, mentre in quello di destra la Vergine, negli altri riquadri ricorre lo stesso motivo floreale stilizzato. Oltrepassato il portone ci si trova, salendo un gradino, in un vestibolo rettangolare, delimitato da un grande portone centrale a due battenti e da due porticine laterali, che immettono nella chiesa vera e propria, entrando a sinistra vi è una piccola porticina che immette in una scala a chiocciola che porta sullo spazio soprastante il vestibolo, per il coro e l’organo, entrando a destra troviamo affissa sul muro la seguente iscrizione: A.G.P. / ANNO AERAE VULGARIS MDCCXXVI / DIE XXVIII APRILIS DOMENICA IN ALBIS / NIC. ABBATI EPUS CALENI / EMI, AC. REV. D. NIC S.R.E. CARDIN. CARACCIOLI / ARCHIEPI CAPUAE VIC. GLIS / CONSECRAVIT HANC ECCLESIAM ET ALTARE / INCLUSIS S.S.M.M. EXUPERY ET ASELLI / RELIQUIIS / ET OMNIBUS XPI FIDELIBUS VISITANTIBUS IN DIE ANNIVERSARIO / XL DIES DE VERA INDULGENTIA IN FORMA ECCLESIAE CONCESSIT / D.D. ANDREA CARAMANNA / DETIO FALCONE ET IOACHINO FRANCHINO.

L’interno della chiesa è costruito da una sola navata, le due pareti laterali sono formate da quattro archi simmetrici, in sei dei quali sono inseriti degli altari di marmi, sui quali sono poste delle tele. Sul lato sinistro, appena superata porticina laterale, troviamo inserito nell’arco addossato alla parete il quadro di S. Rocco, nel successivo è invece posto un altare con sopra una tela raffigurante S. Giuseppe, seguono un altro altare con una tela raffigurante il battesimo di Gesù e nel successivo la Madonna di Pompei; sul lato destro il volto Santo di Cristo, e poi un altare sul quale è posto una tela della Madonna del Carmelo tra le anime del Purgatorio e sul successivo un San Castrese, segue poi sospeso in alto sulla parete un pulpito in legno dorato. Oltrepassato il transetto, diviso dalla navata da una balaustra in marmo rosso e da un piccolo cancello di ferro, troviamo l’abside a forma quadrata, essa è delimitata da quattro archi sui quali poggia il tamburo ottagonale dell’ampia cupola, al centro della quale sono posti un altare di fattura settecentesca in marmi policromi, sul quale è posto una pala del quattrocento raffigurante l’Annunciazione della Vergine, e un contro altare, di recente costruzione, sulla cui facciata è stata inserita una lastra di marmo settecentesca, sulla quale è inciso un ponte tra due torri ineguali per altezza e grandezza su un fiume. Sul lato sinistro, prima di arrivare ad una porticina che immette nella torre campanaria, si trova la lastra tombale di Cesare Figliano. Il bassorilievo è racchiuso da un bordo istoriato di fiori e foglie stilizzate, il corpo del defunto giace raffigurato disteso sul letto di morte sul lato sinistro, la testa, rivolta verso l’altare, riposa adagiata su un cuscino, che presenta quattro nappe ai lati. Il volto è raffigurato con gli occhi chiusi, i capelli corti e la barba, il braccio sinistro con la mano chiusa è posta sotto la testa. L’abbigliamento è quello spagnoleggiante del XVII secolo, al collo porta una gorgiera a ruota, il busto è rivestito di un giubbotto, che arriva ai fianchi, con bottoni sul davanti, con lunghe maniche con spalline e una cintura annodata in vita, i pantaloni sono alla zuava con un fiocco sulla gamba destra, che sono rivestite, queste ultime, di calze lunghe con ai piedi delle scarpe basse senza stringhe. Il braccio destro è posto tra le gambe, le dita della mano stringono una corona per il rosario. Una iscrizione riporta: PRECLARO HVIC TVMULO CESARII FILIANI / SVBSVNT QVI HOC VVLTURNI OPIDVM VIT / ILLVSTRAVIT AC AD SVI MEMORIA FILI / EM SACELLV HOC SIBI SVISO DI. Nella retrostante sagrestia dell’altare maggiore vi sono anche qui due lastre tombali, quella sul alto destra appartiene a Luca Giovanni Toscano, è rotta al centro trasversalmente. Il defunto è raffigurato dormiente sul letto di morte, con il corpo reclinato sul lato sinistro, la testo poggia sopra un cuscino, che ha quattro nappe applicate negli angoli. La mano sinistra è posta sotto la guancia, che ha barba e baffi, i capelli sono corti, gli occhi sono socchiusi; ha in dosso una casacca, cha arriva ai fianchi, è chiusa sul davanti da piccoli bottoni, ha le maniche lunghe, una cintura legata in vita e una gorgiera a ruota al collo, i calzoni si fermano alle ginocchia, dove sono chiusi con tre bottoni ai lati, il vestito indossato è molto drappeggiato, le colze sono lunghe e le scarpe basse e allacciate con piccoli fiocchi, la gamba sinistra è piegata sotto quella di destra, così il braccio desto riposa tra le gambe e stringe tra le mani un paio di guanti. Dietro alle gambe adagiato su un cuscino vi è un piccolo cagnolino, su davanti lo stemma gentilizio, in uno scudo è raffigurato un tronco di albero con quattro rami spezzati, con sopra una stella. La scritta incisa riporta: LVCAS IOES THVSCANVS DE REGIMENE EIVS / PATRIAE EX FIDE PRAEFIECTVS AETATIS SVE / XLV OBIIT XVII MARTII MDLXXXIII. Sul lato opposto della stanza, sempre dietro l’altare maggiore, in corrispondenza dello stesso sepolcro vi è il bassorilievo tombale di Matteo Phoeniciosa, anche qui il corpo del defunto presenta la medesima posizione dei due precedenti, reclinato sul lato sinistro ha la mano posta sotto la guancia, la testa riposa su un cuscino con quattro nappe negli angoli, anche questo personaggio presenta un abbigliamento simile a quelli precedenti anche se meno drappeggiato, tra le mani stringe il rosario, dietro la gamba destra vi è un piccolo cagnolino accoccolato, dietro a quella di sinistra invece vi è uno stemma gentilizio a forma di scudo, nel quale è rappresentano un falco su un ramo, che sta adocchiando una colomba in volo. L’iscrizione riporta: MATTHAEUS PHOENICIVSA, TENERIS ANIS / SVOR VESTIGIA SECVTVS CVRSV XLVI / IAM EX ITINERE LAPSVS SIC SVB ISTO / LAPIDE SEDIT MDXCIII DIE II FEB.

La Torre di Patria
La torre di Patria, situata al km. 43 della via Domiziana in località Lago Patria, è tra gli esempi di torri di avvistamento e di difesa quella che si è meglio conservata, tra le tante che sorgevano lungo tutta la costa domiziana, nonostante le trasformazioni subite nel corso dei secoli. L’origini del nome della località è da attribuirsi alla frase pronunciata, secondo quanto scrive Valerio Massimo, da Publio Cornelio Scipione l’Africano: <>, che dopo la vittoria di Zama su Annibale si ritirò in esilio volontario nella città di Liternum, dove morì nel 183 a.C. e dove fu seppellito, in un grande sepolcro sormontato da una statua, che fu visitato da Livio e Seneca. La tradizione vuole che l’attuale Torre sia sta fabbricata con i ruderi della tomba del grande condottiero romano; secondo alcuni storici essa fu fatta costruita dagli Aversani nel 1421, per difendere la costa dalle incursioni dei Saraceni, secondo altri fu eretta dagli Aragonesi e venduta dal re di Napoli Ferrante d’Aragona alla città di Aversa nel 1467. L’impianto dell’edificio rientra nella tipologia delle tipiche torri fortificate, sorte sia per l’avvistamento dei nemici, che giungevano dal mare, sia per il controllo delle rotte di contrabbando; la sua funzione era di raccogliere, in caso di pericolo, i segnali luminosi o di fumo provenienti dalle altre torri e di ritrasmetterli a quella successiva. La costruzione ha la forma di una piramide tronca con la base quadrata, che misura 11,40m., ed un’altezza di 15m. L’interno si articola su tre piani coperti con volte a botte, adibiti anticamente a magazzino la parte inferiore, ad alloggio il primo piano e a batteria il terzo. Il piano terra è posto a livello del basamento, conserva una cisterna, che serviva per raccogliere l’acqua piovana proveniente dalla copertura mediante un cunicolo canale, che dal tetto raggiungeva la cisterna. Gli armamenti erano posizionati in alto nella zona contornata a caditoie, che impedivano l’assedio ravvicinato. Sulla facciata è posta una lapide in marmo con la seguente iscrizione: “PATRIA” / SCIPIONE L’AFRICANO SULLA PORTA DELLA SUA / VILLA CHE IN QUELL’EPOCA IN QUESTI PRESSI ERESSE ALLORCHE’ / FU ESULE DI ROMA, INCISE IL FAMOSO VERSO. / “INGRATA PATRIA, NEQUIDEM OSSA MEA HABET” / E POICHE’ COL TEMPO LOGORANDOSI LE LEGGENDA RIMASE LA / SOLA PAROLA PATRIA, TUTTA QUESTA CONTRADA FU COSI’ DENOMINATA / PER RICORDO AVV. COMM. LUIGI DE ROSA / MAGGIO 1924

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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ORSINI FORUN - FORMAZIONE - CASERTA (CE)
Scuola Costa di Formazione professionale - Caserta - CE
HELEN DORON EARLY ENGLISH TEEN ENGLISH - NAPOLI
ITER - ISTITUTO DI TERAPIA RELAZIONALE - CASERTA (CE) - NAPOLI (NA)