Martellago
è un comune di 21.000 abitanti della provincia
di Venezia, situato alla periferia di Mestre. Fa parte
del Comprensorio del Miranese, insieme ai vicini comuni
di Mirano, Spinea, Salzano, Scorzè, Noale e
Santa Maria di Sala. Il suo territorio appartiene
all'ULSS 13 (Mirano/Dolo), al Distretto scolastico
di Mirano e al Collegio elettorale del Miranese. Dal
punto di vista ecclesiastico, Martellago è
compresa nella Diocesi di Treviso e nel Vicariato
di Mirano. A Martellago si trova la sede della "Banca
Santo Stefano credito cooperativo", fondata da
un gruppo di soci nel 1963. Martellago è servita
dagli autobus urbani ed extraurbani ACTV i quali,
oltre a collegarla col capoluogo del comprensorio,
Mirano, con il suo ospedale e le sue scuole superiori,
percorrendo la Castellana assicurano i collegamenti
con l'area urbana mestrina (Trivignano, Zelarino,
Ospedale dell'Angelo, stazione ferroviaria centrale
di Mestre e il terminal di Venezia-piazzale Roma).
Alcune linee transitano per Maerne. Nelle immediate
vicinanze della frazione Maerne è ubicata la
stazione ferroviaria denominata Maerne di Martellago
dove fermano alcuni treni della linea Venezia-Trento.
ETIMOLOGIA
Incerta è l'origine del nome del paese e di
conseguenza sono numerose le teorie in proposito:
c'è chi vuole il nome derivato da "Martis
lacus" (lago di Marte) in riferimento a una battaglia
combattuta tra le paludi che all'epoca dominavano
il paesaggio della zona; altri, come lo storico F.
S. Fapanni, fa derivare il nome dalla famiglia Marzia,
e quindi Martellago sarebbe la corruzione di "Martii
pagus". Un altro storico, C. Agnoletti, ravvede
nel nome l'antica radice "Mad", che indica
luoghi paludosi e che si ritrova nei nomi di altre
località della zona, come Marteggia, Maerne
(il cui antico nome era, appunto, Maderne), Mirano
(Midrane), Meolo (Medulo).
CHIESA
DI SANTO STEFANO
La chiesa di Santo Stefano è la chiesa arcipretale
di Martellago. La chiesa viene citata nella bolla
Justis fratrum di papa Eugenio III del 3 maggio 1152,
nella quale sono annoverate le pievi comprese nella
diocesi di Treviso (plebem de Martiliago cum pertinentiis
suis). Già nel XII sec. aveva giurisdizione
sulle cappelle di Maerne, Robegano, Peseggia e Cappella,
come viene riportato dalQuaternus decimæ generalis
impositæ contra Turcos anno 1330. L'attuale
edificio fu costruito verso la fine del XVIII secolo:
i lavori di fabbricazione della nuova chiesa iniziarono
nel 1770 su disegno degli architetti Pietro Checchia
di Venezia e Andrea Zorzi di Treviso, e venne consacrata
il 21 settembre 1777 dal vescovo di Treviso Paolo
Francesco Giustiniani. All'interno si può ammirare
il bellissimo soffitto della navata centrale affrescato
tra il 1778 e il 1780 da Giovan Battista Canal raffigurante
il Martirio di Santo Stefano, nonché gli attigui
affreschi di Domenico Fossati dello stesso periodo,
il quale ha incorniciato con dei rigogliosi e alquanto
originali fregi l'affresco centrale. Tali affreschi
costituiscono forse l'opera migliore del maestro,
sia per la vastità che per la complessità
della composizione, con le edicolette circolari a
cupola negli angoli e i colonnati corizi che danno
l'illusione di uno slancio verso l'infinito. Tra i
due altari laterali dedicati a "San Valentino"
con pala di Eugenio Pini del 1652 e alla "Madonna
del Rosario" con pala di Lattanzio Querena del
1824, da notare il pregevole affresco in chiaroscuro
dipinto nel 1912 da Antonio Beni. Di fronte è
posizionato il pulpito, ivi collocato nel 1821, costruito
dal falegname friulano Antonio Piai e decorato dal
veneziano Giacomo Tagliapietra. Posto sopra la porta
d'ingresso lato canonica, tra gli altari dedicati
a "Sant'Antonio" con pala di Giovanni Bevilacqua
del 1835 e ai "Sacri Cuori di Gesù e Maria"
pala ottocentesca di Domenico Vicari. Gli arredi e
i marmi del presbiterio sono originari della chiesa
di San Marcuola a Venezia, acquistati prima della
ristrutturazione della chiesa veneziana operata dal
Massari. Tra le pale d'altare, merita una particolare
attenzione quello dell'altare maggiore: il Martirio
di Santo Stefano di Francesco Bissolo, un olio su
cinque tavole lignee del XVI secolo. Nelle nicchie
del coro sono esposte le due tele di Giovanni Bevilacqua,
La Fede e La Speranza del 1834. Da vedere anche i
due "telèri" posti ai lati del presbiterio:
La nozze di Cana di Agostino Ridolfi e il Miracolo
di San Domenico di Guzmàn di Pietro Damini,
entrambi dipinti nel '600. Interessanti anche le XIV
stazioni della Via Crucis realizzate in terracotta
con bassorilievi da Lino Bottacin nel 1944. L'attuale
pavimentazione in marmo a tre colori opera realizzata
da Giacomo Spiera di Venezia, risale al 1869 e la
notizia della conclusione dei lavori, venne pubblicata
sul giornale "Veneto Cattolico" del 9 ottobre
1869.
DA
VEDERE
Villa
Grimani-Morosini Ca' della Nave
E' una villa cinquecentesca con annesso parco costruita
dalla famiglia veneziana dei Priuli; attorno al 1650
venne poi ceduta alla famiglia Grimani.
Villa
Fapanni-Combi
Villa settecentesca a tre piani con timpano sopraelevato,
costruita dalla famiglia veneziana dei Corner di San
Polo; poi nel 1809 venne venduta da Elisabetta Corner-Morosini
Giustinian a Francesco M. Fapanni assieme a 162 campi
di terra e relative case coloniche, il tutto per 19.443,80
Lire Italiane come annotava scrupoloso nei suoi appunti
Francesco S. Fapanni. Da questo periodo furono avviati
considerevoli lavori di ristrutturazione alla villa
e terminati verso il 1815. Poi nel 1817 furono erette
anche le due adiacenti barchesse su disegno di Andrea
Bon di Treviso. Ma solamente dal 1826 la villa verrà
abitata, da Agostino Fapanni in primis e per lungo
tempo anche dallo storico Francesco Scipione Fapanni.
Aree
verdi
A metà tra gli abitati di Martellago e Maerne
si trova il Parco dei Laghetti, grande area verde
di 50 ettari gestita dal Comune e dal WWF del miranese.
Il parco fu creato sul finire degli anni '80 (con
delibera comunale n. 156/1985), su un'area un tempo
adibita a cave di argilla. In seguito venne individuato
dalla Comunità Europea come Sito d'Interesse
Comunitario IT-3250021 traendo origine dalla direttiva
europea n. 43/1992. Si accede al parco attraverso
i due ingressi principali: a Nord (Martellago) dal
"Viale delle Ninfee", a Sud (Maerne) dal
"Viale del Sambuco". Oltre alle ampie aree
adibite a bosco e ai lunghi sentieri, il parco è
caratterizzato dalla presenza di quattro laghetti
eutrofici di profondità variabile derivanti
da cave di sabbia ed argilla, i quattro laghetti sono
così denominati: "Laghetto delle Folaghe",
"Laghetto delle Tartarughe palustri", "Laghetto
del Piombín" e "Palude del Xitón".
Il parco comprende, inoltre, un ampio prato con giochi
per bambini, un centro ristoro. Un centro didattico
ambientale, sito sul lato destro della strada appena
entrati dall'ingresso nord, è utilizzato da
varie associazioni sportive e da centri didattici
ORIGINI E CENNI STORICI
È accertato che la zona dove ora sorge Martellago
sia stata abitata sin dall'età paleoveneta
e fosse compresa nell'agro Altinate durante l'epoca
romana, come testimoniano alcuni rinvenimenti riguardanti
monete, una medaglia dell'imperatore romano Antonino
Pio (138-161 d.C.), una lampada funebre e un pozzo
circolare risalente al II secolo d.C. Il pagus di
epoca romana era probabilmente situato lungo le rive
del fiume Dese ed era dotato di uno scalo sul fiume
stesso, mancando il territorio di strade in terra.
In seguito alle invasioni barbariche l'insediamento
fu abbandonato (anche a causa delle piene del Dese
non più regimentato) e nacque il nuovo villaggio
intorno alla pieve, la plebs Sancti Stephani de Martellago
citata per la prima volta nella Bolla Apostolica di
papa Eugenio III del maggio 1152 e indirizzata a Bonifacio
vescovo di Treviso. Quindi spostato più a sud
rispetto al pagus, favorevole la vicinanza con la
strada Castellana, che tutt'oggi lo attraversa, la
quale rappresentava una delle maggiori vie commerciali
tra Venezia e l'entroterra. Riguardo all'antica via,
risultano molto interessanti i resoconti storici del
meriga Valeriano "Mericus Zelii plebis de Mestre"
e di Prosdocimo "Mericus Capitis plebis Martellagi"
con documenti scritti nel 1315 e relativi alla principale
strada del territorio. Rivelando preziose indicazioni
sulla strada Castellana: "Viam publicam qua appellatur
via Imperialis qua incipit versus Bassanum in regula
Zellarini et extendit per viam et terrirorium regulam
Zelii versus Mestre [...]" e portando ulteriori
conoscenze con una precisa descrizione "1315.
Die Sabbati XI Octobris. Prosdocimus [...] Mericus
Capitis Plebis Martellagi pro se, et suo Comune [...]
In primis unam publicam qua dicitur (Imperialis) venit
da regula Scorcedis ad regulam Martellagi, et discurrit
at flumen Desii et unum pontem habet super viam per
quaritur versus Bassanum, et versus Mestre quam Comune
Martellagi debeat [...]"
Però il primo documento scritto relativo al
paese di Martellago è del 29 aprile 1085, denominato
Codice Eccelinianum e nella cui pubblicazione settecentesca
di Rambaldo degli Azzoni Avogaro si evince: "[...]
in villa quæ dicitur Martellagum masseritias
tres," ed inoltre "[...] silvam unam inter
Martellagum et Trivignanum [...]" e riguardava
una donazione di masserie e terreni al monastero di
Sant'Eufemia di Villanova; ma essendo la pieve "matrice"
di altre chiese già nel XII sec. (e precisamente
le chiese di Robegano, Maerne, Cappella e Peseggia
come traspare dal "Quaternus decimæ generalis
impositæ contra Turcos anno 1330"), certamente
il villaggio era molto più antico e le sue
origini si possono far risalire all'Alto Medioevo.
Martellago divenne poi un castello dei Trevigiani
amministrato dalla famiglia che venne detta Martellaci
proprio per il possesso del castello. Nicolò
Mauro nella sua cronologia "De Tarvisinorum Gentibus
et familiis" redatta nel XVI sec., scriveva:
"Martellacum castrum olim, nunc Pagus est in
Mestrensibus quod olim dominata est nobilis Martellacæ
gens, quæ inter Castrenses Tarvisinorum familias
fuit connumerata, ex qua Hyeremias vir clarus, qui
ad annum 1200 floruit, et Guilielmus ad annum 1300".
L'ubicazione del castello di Martellago (la cui fondazione
viene fatta risalire all'epoca dell'invasione degli
Ungari) è stata identificata nella località
Le Motte: nel dialetto trevigiano e veneto in genere,
il termine "motte" indica piccole alture
o rialzi di terreno sia naturali sia di origine antropica
come i terrapieni che formavano il circuito intorno
a un castello; la suddetta località si trova
a sud-ovest rispetto alla chiesa in contrada Bertoldi,
nell'omonima strada (via delle Motte) che collega
Martellago a Robegano. Il fatto che il castello fosse
discosto rispetto al centro e alla strada Castellana
testimonia la scarsa importanza rivestita da questo
nel sistema difensivo delle terre trevigiane, e infatti
il castello fu in seguito abbandonato e cadde in rovina.
La potente famiglia Grimani, che in seguito divenne
proprietaria del terreno, fece livellare quasi completamente
le motte per costruirvi una fornace, e all'inizio
del XIX sec. sparì ogni traccia delle motte
e quindi della presenza del castello. Al presente,
delle antiche testimonianze, resta solo il toponimo
ed alcuni interessanti riferimenti nel catasto napoleonico.
Martellago seguì le vicende della Marca sino
al 1338, poi con il decreto la Ducale del 1339 emanata
dal Doge Francesco Dandolo, il paese fu assegnato
alla "sub Podesteria di Mestre sunt Villæ
infrascriptæ, videlicet [...] Martellago...
Maderne [...]" entrando dunque a far parte della
Serenissima Repubblica di Venezia, alla quale sarà
ininterrottamente legato sino alla sua caduta avvenuta
nel 1797 con l'arrivo delle truppe napoleoniche.
A partire dal Cinquecento, la pieve di S. Stefano
fu divisa nei quattro colmelli di Martellago, Martellago
Sopra Dese, Martellago di Boschi di Cegia, Martellago
di Prè. Tra il XVI e il XVIII secolo la campagna
di Martellago fu apprezzata da diverse famiglie patrizie
veneziane che qui eressero le loro residenze e vivacizzarono
il paese con le loro villeggiature estive. Di tutte,
sorpassò in ricchezza e splendore quella dei
Grimani. Famiglia molto ricca, difatti già
nei primi decenni del '700, il povero villaggio contadino
di Martellago era praticamente proprietà dei
nobili Grimani ai quali appartenevano la maggior parte
delle terre e quasi tutte le case del paese compresi
i due molini sul fiume Dese. Essi infatti, risultavano
già di proprietà di Antonio Grimani,
Procuratore di San Marco e divenuto in seguito "oratore"
cioè ambasciatore a Roma dal 1665 al 1671 e
per un breve periodo anche nel 1672. Infatti in un
vecchio documento del 1661, precisamente una "redecima"
dei X Savi alle Decime di Rialto, si legge N.H. Antonio
Grimani [...] possiede alle Pree, doi rode da molino
sopra il fiume Dese, con casa e teza di muro [...]
e ancora detto possiede nel Comune di Sopra il Dese
doi rode da molino con campi cinque prativi con casa
e teza di muro). All'epoca i fondi di proprietà
erano davvero pochi, interessante sapere che attorno
al 1770, il N. H. Antonio Grimani possedeva da solo
ben 860 campi di terra.
Dal 1784 in poi come scrisse lo storico Francesco
S. Fapanni: "Da quest'epoca tre generazioni di
donne, Patrizie Veneziane, dominarono Martellago."
(Loredana Grimani-Morosini, Elisabetta Morosini-von
Gatterburg e Loredana von Gatterburg-Morosini).
Con il Trattato di Preßburg (Bratislava) del
26 dicembre 1805, il territorio veneto passò
al Regno d'Italia di Napoleone I e ad imitazione del
modello francese venne diviso in dipartimenti e comuni.
In seguito con decreto del Viceré d'Italia,
Eugène De Beauharnais del 28 settembre 1806,
Martellago con la sua storica frazione Maerne furono
riuniti in un unico comune,(inserito nel dipartimento
del Tagliamento), la cui sede però venne stabilita
a Maerne e Martellago ne divenne la "sezione";
il che rinfocolò la storica rivalità
tra le due località: Maerne infatti era da
sempre sottoposta all'autorità civile e religiosa
di Martellago, pur essendo più grande e popolosa;
la "sovrana patente" del 7 aprile 1815 costituiva
il Regno Lombardo-Veneto e con l'arrivo degli Austriaci,
la sede comunale venne portata invece a Martellago
e il comune assunse la denominazione e l'estensione
con cui lo conosciamo ancora oggi.
Nel 1954 lo stemma araldico dell'antica famiglia dei
Martellaci la cui arma rappresentava un leone rampante
lampassato e armato, fu rivendicato dal Comune di
Martellago ed inserito nello stemma comunale.