Villafranca
Tirrena è un comune della provincia di Messina.
Anticamente chiamata Briosa e poi Bauso, è
una piccola cittadina affacciata sul mar Tirreno.
Il territorio di Villafranca Tirrena confina a Nord
con il Mar Tirreno, a sud-est con il comune di Messina,
a nord-ovest con il territorio comunale di Saponara.
Il territorio altimetricamente si estende tra la quota
0 e 828 ms/n, prevalentemente formato da zone collinari
che lasciano spazio in prossimità del litorale,
ad una zona pianeggiante sulla quale sorge gran parte
del centro urbano. La maggior parte del territorio
comunale è utilizzato a colture specializzate
(agrumeto vigneto, uliveto). Lungo il confine est
del territorio corre la fiumara Gallo che divide il
comune di Messina con quello di Villafranca. Nella
parte ovest del territorio ci sono i torrenti Calvaruso
e Santa Caterina; il primo parte dalle colline soprastanti
Calvaruso e scende fino al Mar Tirreno, il secondo
ha le sorgenti delle colline di Saponara e Calvaruso
e sotto il caseggiato di Bausom presso la S.S. confluisce
nel primo dando origine ad un unico delta.
ETIMOLOGIA
Il nome è un composto di villa e franca. L'aggettivo
potrebbe riferirsi alla condizione dei suoi abitanti
che erano "franchi", ossia esonerati dal
pagamento delle tasse. La specifica si riferisce al
mar Tirreno.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Anticamente chiamata Bauso, Villafranca Tirrena diventò
comune autonomo nel 1825 mantenendo il nome di Bauso
fino al 1929, qundo cambiò nome nell'attuale
Villafranca Tirrena associando i due paesi di Calvaruso
e Saponara (quest'ultimo divenuto autonomo nel 1952).
Le prime notizie documentate risalgono al 1271 quando
re Carlo d'Angiò assegnò a Pierre Gruyer
il feudo Bàusus, precedentemente appartenuto
a Enrico de Dissinto. In epoca aragonese il feudo
Bauso insieme al vicino Calvaruso appartennero a varie
famiglie nobili ( Manna, Gioeni, Giovanni da Taranto)
fino ad arrivare al 1399 al tesoriere del Regno Nicolò
Castagna, alla morte del quale i feudi andarono in
dote alla nipote Pina e per via femminile passarono
prima ai Bonifacio e poi ai Ventimiglia, La Grua,
Pollicino, Merulla e Spadafora. Nel 1548, la baronia
di Bauso, fu acquistata da Giovanni Nicola Cottone.
Nel 1590 Stefano Cottone vi fece ricostruire il castello,
nel 1591, l'imperatore Filippo II elevò il
feudo di Bauso a contea e nel 1623 Filippo IV di Spagna
investì Giuseppe Cottone del titolo di principe
di Castelnuovo (altro nome del contado di Bauso).
Nel Settecento, l'Abate Vito Amico ci informa che
il territorio di Bauso era coltivato a frutteti e
a gelso. e che l'aria era malsana. Da altri documenti
sappiamo che il paese, col suo fondaco situato nell'attuale
Piazza Dante, all'epoca Piazza del Fondaco, attivo
già nel sec. XVI, era punto di sosta lungo
la strada Palermo-Messina. Nel 1819, la terra di Bauso
e il castello con l'annesso titolo di principe di
Castelnuovo, furono venduti da Carlo Cottone Cedronio
a Domenico Marcello Pettini, ex giudice della Gran
Corte Civile di Palermo, il quale l'acquisto per 9.000
onze.
SERRO
A circa 18 chilometri dal centro di Messina (quindici
di Autostrada e tre di strada provinciale) si erge
su una collina, a 255 metri sopra il livello del mare,
Serro: un villaggio nel Comune di Villafranca Tirrena
che conta oggi poco meno di centotrenta abitanti:
A chi dalle alture dei Peloritani , sulla strada provinciale
che porta al monte Dinnamare, volge lo sguardo verso
ponente per ammirare lazzurro mare irreno, non
può sfuggire quel gruppo di case. In tempi
non molto remoti, la popolazione del villaggio fu
numerosa e in gran parte dedita allagricoltura.
Poi numerosi fenomeni contribuirono a ridurla considerevolmente:
lurbanesimo, lattrazione della città,
le esigenze di lavoro.ecc. Lindustrializzazione
però cambiò il volto della popolazione
rimasta: i contadini diventarono lavoratori della
gomma,della plastica, delle fibre tessili. In estate
il numero degli abitanti raddoppia, numerose le iniziative,
soprattutto: sport, teatro, feste popolari. Oggi Serro
è diventato un luogo di villeggiatura molto
ricercato. Il luogo è tranquillo; laria
è molto salubre (il clima è ad un tempo
collinare e marino). Il calore dellospitalità,
caratteristico della gente del sud, è per i
Serrentini motivo di continua gioia nei rapporti con
i visitatori. E la gente viene numerosa. I caratteristici
vicoli, le piccole piazze, gli angoli, le persone:
tanti colori per i visitatori. Ma non può,
chi viene a Serro non sostare nella piazza davanti
alla Chiesa. Lo spettacolo è emozionante. Cielo
e mare si fondono per avvolgere in un unico velo le
coste tirreniche con i promontori di Calavà,Capo
Tindari, Milazzo, di Calabria e delle isole Eolie.
In quel mare si posa dolcemente ogni sera, il sole
dando vita a incomparabili tramonti che lasciano tutti
estasiati. Per questo forse Serro è stato da
un poeta definito Una terrazza sul Tirreno
Anche se le origini di Serro sono molto remote, non
si hanno documenti che attestano il succedersi dei
fatti storici. Quasi certamente il territorio faceva
parte delle proprietà ecclesiastiche dell'antica
abbazia basiliana di S. Gregorio di Gesso, fondata
nel 1063 dal conte Ruggero. In tempi recenti è
stato incorporato nel Comune di Messina e dal 1929
con Regio Decreto è stato annesso al Comune
di Villafranca Tirrena.
Il
paesino si snoda sulla cresta di un colle lungo la
via Candelora, dalla quale si dipartono, a destra
e a sinistra, le sue stradine strette e tortuose,
sulle quali si affacciano balconi fioriti e minuscoli
giardinetti verdi, profumati e ben curati.
Piano
Chiesa da il benvenuto al visitatore che si
inerpica per la strada da Villafranca. In particolari
condizioni atmosferiche è possibile scorgere
un versante dell'Etna.
La
Piazza, "Aria Cola", probabilmente "aria"
voleva significare aia, luogo tipico della cultura
contadina, dove le donne, sfruttando la naturale ventilazione
del luogo, erano solite "spagghiari" i legumi
per separare i semi dalle foglie e dai residui secchi;
"zu Cola" era il nome del probabile proprietario
del luogo. Dalla Piazza si scorge l'ampio arco dei
Monti Peloritani, la Torre di Pizzo Chiarino, Forte
Campone, San Martino di Spadafora, Rometta, Capo Milazzo,
Capo Calava e le bellissime isole Eolie. Una stele
in marmo ricorda i caduti delle due guerre mondiali.
Allontanandosi
dalla Piazza si va verso la contrada San Maccati dove,
si narra, attorno al 1500 viveva "Zu Riole",
un vecchio saggio e veggente, tenuto in gran considerazione
dai suoi compaesani che si rivolgevano a lui per avere
indicazioni sulle semine, sulle coltivazioni d'annata
alle quali sarebbe stato conveniente dedicarsi. Egli
viveva in una capanna costruita con rami di ginestra,
lontano dal paese, con la sua saggezza contadina e
con la stima e l'affetto dei Serrentini.
Si
dice che abbia predetto l'invenzione del carro senza
cavalli, forse il treno o il camion di altre moderne
invenzioni. Ed ancora più distante, nei pressi
di una stradina giace una grossa pietra, forse una
vecchia macina che abili scalpellini hanno lavorato
utilizzando una pietra chiamata "giuliana";
dal vecchio nome della contrada in cui risiede. Essa
è da sempre meta obbligata di tante passeggiate
.
Il
borgo conserva ancora molte caratteristiche di tanti
anni fa: alcune case custodiscono gelosamente i blocchi
di pietra scolpiti a mano, come colonne e archi di
portoni. Molti balconi sono sostenuti da "cagnola"
anch'essi in pietra scolpita da locali scalpellini
che lavoravano la pietra ricavata dal sottostante
torrente per fare anche le macine. Si distinse in
questo faticoso mestiere la famiglia Bruno. Nei vicoletti
è possibile osservare qualche palmento ancora
funzionante dei 15 attivi nel paese, quando la viticoltura
era molto attiva, e un frantoio dei tre funzionanti
un tempo. Un pozzo, ormai in disuso, fa bella mostra
in un angolo antico.
Un'edicola
in pietra, al primo piano di una vecchia abitazione,
ricorda ancora la devozione di chi vi abitava. Un'altra
piazzetta del paese è dedicata alla maestra
Giovanna Berlenda che, proveniente dalla provincia
di Palermo, si era stabilita a Serro, per svolgere
la sua attività di insegnante. Amata e stimata
da tutte le famiglie, divenne madrina di battesimo
di molti bambini o, comunque, madrina di "fazzoletto"
o di "cuffietta"; scrisse le lettere di
quelle madri, che avevano i figli lontani e ne lesse
le risposte, partecipando con emozione alle loro vicende,
anche le più personali ed intime.Condivise
con gli abitanti di Serro ogni problema, affrontando
con coraggio le conseguenze e pagando di persona,
durante il periodo fascista per la questione dell'acqua
pubblica.
La
chiesa di Serro ha origini molto antiche; probabilmente
fu fondata dai Basiliani di Gesso i cui beni comprendevano
anche il territorio di Serro che, intomo al 1850,
rendeva 4 onze l'anno. L'altare maggiore ha un paliotto
in marmo policromo; la parte superiore, dono di alcuni
emigranti in America, è in gesso dipinto tipo
marmo. Una bella tela del pittore Andrea Bruno del
1658 raffigura la Madonna con le anime del Purgatorio.
Sugli altri altari statue di buona fattura sono oggetto
della devozione da parte dei parrocchiani.
Il
panorama che si ammira dalla piazza della chiesa è
mozzafiato: il cielo e il mare si confondono in un
unico abbraccio; il sole, al tramonto, dipinge l'orizzonte
di mille fantastici colori. Gli abitanti, più
numerosi in estate, sembrano un'unica grande famiglia,
organizzata nella scansione degli eventi e delle tradizioni
che animano la vita ricreativo-culturale della piccola
comunità: iniziative di carattere Sportivo
come il Premio Dinnammare, spettacoli teatrali, feste
religiose e popolari: tutto nel rispetto e nella valorizzazione
di ciò che è stato e che va tramandato
con diligenza ai giovani perché conoscano ed
amino le loro radici culturali.