Termini
Imerese è un comune di della provincia di Palermo.
Il territorio comunale si estende su una superficie
di 7.758 ettari.
ORIGINI
Il sito naturalmente fortificato dove sorge il nucleo
più antico della città, fu abitato sin
dalla preistoria grazie anche alla presenza di grotte
e di ripari sotto roccia (Contino, 2007). Una stazione
preistorica dell'Epigravettiano è documentata
nel cosiddetto riparo del castello di Termini. Dopo
la distruzione di Imera da parte dei Cartaginesi,
nel 409 a.C., linsediamento fu ricostruito due
anni dopo (407 a. C.) a 12 km ad ovest del precedente,
nel luogo dove oggi sorge Termini Imerese. Il nome
che esso allora assunse Thermai Himeraìai (in
latino Thermae Himeraeae) è dovuto allesistenza
nei pressi di sorgenti dacque calde, ancor oggi
utilizzate: le Terme moderne, nella città bassa,
occupano lo stesso luogo di quelle romane, delle quali
conservano ancora alcuni resti. Note già molto
prima della distruzione di Iimera, queste acque sono,
infatti, ricordate da Pindaro nella XII olimpica,
in onore di Ergoteles di Imera. Secondo una leggenda,
esse sarebbero sgorgate ad opere delle Ninfe, che
volevano compiacere Atena: in esse si sarebbe bagnato
per la prima volta Ercole, dopo la lotta contro Erice
(Diodoro, V 3, 4). Le monete di Termini, che sul dritto
hanno la testa di Ercole e sul rovescio tre Ninfe,
sispirano a questo mito.
CENNI
STORICI
Secondo Diodoro Siculo, la città sarebbe stata
fondata dai Cartaginesi, con lapporto di coloni
libici (XIII 79, 8), ma Cicerone afferma che si trattava
in realtà di superstiti di Imera (Verrine,
II 2, 86): è probabile del resto che le due
informazioni non siano contraddittorie, e che nella
colonia punica siano successivamente confluiti gli
esuli dHimera. Ciò sembra confermato
dal fatto che, quando Dionigi attaccò leparchia
cartaginese, nel 397 a. C., egli ottenne lappoggio
dei Termitani (Diodoro, XIV 47, 6). Nel 361 a. C.,
quando la città era sotto il dominio cartaginese,
vi nacque Agatocle, il futuro tiranno di Siracusa,
figlio di un esule di Reggio (Diodoro, XIX 2, 2 sgg.).
Questi farà di Terme una delle sue basi nella
lotta contro i Cartaginesi (Diodoro, XX 56, 3). Nel
260 a. C., nel corso della prima guerra punica, i
Romani subirono presso la città una durissima
sconfitta ad opera di Amilcare, ma successivamente
riuscirono a conquistarla, nel 253. Da allora rimase
fedele a Roma, e fu tra quelle soggette a tributo
(civitas decumana: Cicerone, Verrine II 2, 90). Dopo
la conquista di Cartagine, nel 146 a. C., Scipione
Emiliano restituì a Terme le opere darte
sottratte dai Cartaginesi ad Imera: tra queste era
una statua di Stesicoro, che vi aveva soggiornato
(Verrine II 2, 86; 4, 73). Cè pervenuta
la base di una di queste statue, con parte delliscrizione
(IG XIV 315). Nel corso delle guerre civili la città
parteggiò per Mario (forse in essa vivevano
molti di quei commercianti italici che costituivano
una parte importante del partito mariano): Pompeo,
nell81 a. C., sapprestava a punire duramente
Terme, quando ne fu distolto dallintervento
del più influente cittadino, Stenio, che, da
partigiano di Mario, divenne allora sostenitore ed
amico di Pompeo (Plutarco, Vita di Pompeo, 10-11):
il che non impedì a Verre di spogliare la casa
di Stenio delle sue opere darte e dintentargli
un processo (Verrine, II 2, 83-112). Dopo la guerra
con Sesto Pompeo Augusto vi dedusse una colonia: è
probabile che questo fatto costituisse una punizione
per la città, che, per legami clientelari,
aveva abbracciato probabilmente il partito pompeiano.
La radicalità delloperazione risulta
dalle numerose iscrizioni latine che ci sono pervenute,
e soprattutto dalla presenza massiccia in esse di
nomi romani ed italici: il vecchio fondo della popolazione
sembra praticamente scomparire allinizio delletà
imperiale. La continuità di vita attraverso
il Medioevo ha probabilmente permesso la conservazione
delle linee fondamentali dellimpianto primitivo.
Il Foro corrispondeva probabilmente alla zona dellattuale
piazzale del Duomo (a nord della piazza Vittorio Emanuele),
il cardo a via del Belvedere e il decumanus alle vie
che conducono dal Duomo a San Giovanni. In uniscrizione
greca, conservata al Museo Civico, si ricorda lopera
di un ginnasiarca, che aveva fatto costruire alcuni
edifici (tra i quali forse lo stesso ginnasio) e pavimentare
una strada a partire da una porta in direzione del
mare (IG, XIV 317). Resti di edifici furono visti
in passato preso il Duomo, e identificati senza motivo
con la casa di Stenio: si trattava probabilmente di
costruzioni pubbliche annesse al Foro. A questultimo
appartiene verosimilmente un grande portico scoperto
nel secolo scorso lungo il fianco sinistro del Duomo
e la via del Belvedere: trattasi di un edificio allungato
(m 130 x 18,40), preceduto da una gradinata con un
colonnato ad est ed una serie dambienti ad ovest,
pavimentati in signino, databile tra il II e il I
secolo a. C. Un altro monumento superstite della città
si trova nella Villa Palmeri (o Municipale), subito
dopo lingresso da porta Palermo, a sinistra.
Si tratta di resti di un edificio in opera cementizia,
con paramento a blocchetti; falsamente identificato
con la curia (ricordata da Cicerone: Verrine, II,
112). Non lontano è l'anfiteatro, uno dei tre
conosciuti in Sicilia (oltre a quelli di Siracusa
e di Catania): esso occupa la zona compresa tra via
Garibaldi e via San Marco, dove un gruppo di case
ne ha conservato la pianta. È in gran parte
realizzato con paramento a blocchetti in opera cementizia,
e presenta un doppio ambulacro, fatto notevole per
un edificio così piccolo (m 98 x 75 circa).
La cavea era in parte scavata e in parte costruita:
resta una parte dellordine inferiore delle arcate,
visibile sul alto occidentale (in via Anfiteatro).
Non sappiamo se esistessero ordini superiori. Lanfiteatro,
come gli altri simili della Sicilia, fu probabilmente
realizzato in età augustea, in relazione con
la deduzione della colonia.
Negli stessi anni, e nella medesima occasione, dovette
essere costruito lacquedotto, il più
importante e meglio conservato dellisola. Le
sorgenti si trovano 5 km ad est della città,
alle falde del Monte Calogero. Qui, in località
Brucato, si possono ancora vedere i resti delle due
vasche di decantazione. Il passaggio del torrente
Barratina avveniva in località Fontana Superiore.
In un primo tempo dovette essere realizzato con un
sifone lungo circa 600 m, del quale resta il castello
di compressione a pianta esagonale, ben conservato,
alto m 15,60 e poggiante su uno zoccolo quadrato di
m 6 di lato. Su cinque dei lati si aprono finestre,
e dal lato E partiva il condotto. Su questa torre
era un tempo una grandiscrizione, ora scomparsa:
aquae Cornealiae ductus p. XX. Lultima indicazione
(venti piedi) corrisponde forse allarea
di rispetto ai lati del manufatto.
Più tardi sembra che lacquedotto passasse
più a valle: in contrada Figurella è
ancora visibile un ponte a doppio ordine darcate
(in origine nove nellinferiore, quindici nel
superiore: due archi per ogni ordine sono crollati),
alto 14 m. La struttura, in opera cementizia con paramento
in blocchetti, è la stessa dellanfiteatro
e della curia, e mostra dappartenere allo stesso
progetto edilizio, nel quale non si può identificare
quello della colonia augustea.
Nel Museo Civico, installato nellex-ospedale
dei Fatebenefratelli (in via del Museo Civico, di
fronte al Duomo), sono esposti numerosi ed importanti
reperti provenienti dalla città e dal suo territorio.
Tra questi, otto teste leonine della sima del Tempio
della Vittoria a Himera.; due leoni in tufo del Foro;
un mosaico con pesci; ritratti imperiali (ritratto
giulio-claudio; di Agrippina maggiore; di Domiziano;
di una dama traianea; statue togate). Inoltre, la
ricchissima collezione epigrafica.
Ad est di Termini, presso la foce del fiume Torto,
è un rilievo roccioso (ultima propaggine del
Monte Castellaccio) noto col nome di Mura Pregne,
che raggiunge i 370 metri daltezza. Ivi sono
visibili cospicui resti di fortificazioni in opera
poligonale appartenenti ad un centro antico. Resti
doccupazione a partire dalletà
del Ferro (emersi in seguito ad alcuni saggi di scavo)
dimostrano che si tratta di un centro indigeno, successivamente
ellenizzato al momento della colonizzazione greca
dHimera, che è stato variamente identificato
(Hippana, Kronion).
Con la caduta dell'impero romano iniziò un
periodo di decadenza della cittadina. Termini fu sede
vescovile sino al XII secolo, anche se la serie dei
vescovi presenta diverse lacune ed incertezze. Durante
il dominio normanno divenne città regia e successivamente
entrò a far parte delle città demaniali.
Soprattutto dal medio evo e sino agli inizi del XIX
secolo fu uno dei maggiori centri di raccolta ed imbarco
del grano e di altre derrate che venivano stoccate
e sottoposte a dazio in appositi magazzini (Regio
Caricatore). La presenza del caricatore fece la fortuna
della cittadina che divenne uno dei maggiori porti
siciliani ed ebbe intensi rapporti commerciali con
le repubbliche marinare (Contino & Mantia, 1997,1998,
2001 a,b; 2002a,b; 2003, 2004, 2005a,b,c) di Genova,
Pisa e Venezia e con i maggiori porti mediterranei
(Marsiglia,Barcellona etc.) e nel XVI secolo anche
atlantici. Alla fine del Settecento fu sede della
sezione Ereina Imerese dell'Accademia Ereina di Palermo
e poco dopo dell'Accademia Euracea (per la storia
di questo consesso si veda la voce Accademia Mediterranea
Euracea). Nel XIX secolo la chiusura del Caricatore
del Grano fu l'inizio di una profonda crisi economica
che si attenuò solo alla fine del secolo quando
si svilupparono attività artigianali e protoindustriali.
Il calo demografico, legato soprattutto all'emigrazione
verso le Americhe, fu compensato agli inizi del XX
secolo da una immigrazione dall Agrigentino, dal Messinese
e dal Ragusano.