Mascali (Màscali in
siciliano) è un comune italiano di 14 190 abitanti[1]
della città metropolitana di Catania in Sicilia.
L'attuale centro urbano, sorto negli anni trenta del
'900, alcuni anni dopo la distruzione del precedente
abitato, a seguito dell'eruzione lavica del 1928,
è attraversato dalla Strada Statale 114 in
posizione centrale rispetto a Giarre e Fiumefreddo
di Sicilia, circa 30 km a nord da Catania.
ETIMOLOGIA
Il toponimo è di origine incerta, ma sembra
derivare dal greco bizantino ?as????, che potrebbe
significare "ascella" o, più opportunamente
(come sostenuto dal professore e storico Antonino
Alibrandi), "ramoso", "boscoso",
riferendosi ai fitti boschi che, un tempo, coprivano
per intero il versante orientale dell'Etna e, particolarmente,
fino agli inizi dell'età moderna, il territorio
di Mascali (Bosco d'Aci).
ORIGINI E CENNI STORICI
Non si conosce con precisione a quando risalga il
primo abitato, certo è che papa Gregorio Magno
in una sua epistola al vescovo di Taormina, nell'anno
593, alludendo a un antico monastero, probabilmente
ubicato nei pressi dell'attuale paese di Vena, citò
Mascali scrivendo: "...Quod est super Maschalas..."
("Che è sopra Mascali"). Assoggettata
dagli Arabi in epoca poco posteriore al 900, Mascali
fu conquistata da Ruggero I il Normanno nel 1082;
nel 1092 così il suo vasto e fertile territorio
- delimitato a sud dall'attuale torrente Mangano,
a nord dal torrente delle Forche, ad est e ad ovest
rispettivamente dal mare e dal vulcano - divenuto
feudo nel XII secolo e in un primo tempo assegnato
alla diocesi di Troina, passò nel 1124 al potere
temporale della diocesi di Catania, a seguito di una
donazione del futuro re Ruggero II al vescovo di Catania
Maurizio, mentre la giurisdizione ecclesiastica veniva
invece riservata all'arcivescovo archimandrita di
Messina, mediante una bolla pontificia di papa Eugenio
III del 1151. Il viaggiatore arabo Al-Edrisi nella
sua massima opera geografica conosciuta come Libro
di Ruggero redatta nel 1154, descrive Mascali come
un villaggio adagiato su di un colle, lodandone la
fertilità dei terreni e l'abbondanza d'acqua.
Egli cita inoltre la presenza di una località
costiera denominata "Qurtil Masqalah", ricadente
pressappoco nel territorio delle odierne frazioni
marittime di Sant'Anna o Fondachello. Durante il XIV
secolo, Mascali fu protagonista della lunga guerra
angioino-aragonese soffrendo nel 1357 un lungo assedio
ad opera dei calatabianesi alleati dei francesi, con
la successiva messa a ferro e fuoco della città
a causa della sua fedeltà alla Corona d'Aragona.
Nel 1543, il vescovo di Catania Niccolò Maria
Caracciolo ottenne da Carlo V il "mero e misto
imperio", ossia la giurisdizione civile e criminale
sul territorio, istituendo così ufficialmente
la Contea di Mascali, di cui i suoi successori continuarono
ad essere proprietari per circa due secoli, assumendo
il titolo di "Comites Mascalarum" (Conti
di Mascali).
È chiaro però che la nuda proprietà
di terreni boschivi, incolti e talora paludosi a poco
sarebbe valsa alla diocesi etnea e avrebbe comportato
inutili spese. Fu così che il vescovo Caracciolo
pensò di convocare in assemblea il 5 ottobre
1558 nella chiesa di Santa Maria degli Angeli gli
abitanti di Mascali, per offrire loro in enfiteusi
(cioè dietro pagamento di un canone periodico
in denaro o in natura), ma a infimi censi, le terre
della contea. Questa data segnò dunque l'inizio
del progressivo disboscamento e popolamento del territorio
che ben presto, avendo attratto gli investimenti in
massima parte di acesi e messinesi oltre a parecchia
manodopera contadina, dal mare alla montagna fu convertito
in campi agricoli e in nuovi piccoli e sparsi centri
urbani dipendenti dal centro di Mascali economicamente
e giuridicamente.
Per tutto il XVI secolo e oltre, a causa della sua
collocazione su un'altura che la rendeva ben visibile
dal mare, Mascali rimase però spesso vittima,
come la maggior parte delle città costiere,
degli attacchi dei pirati turchi che infestavano il
Mar Mediterraneo, tanto che restò più
volte quasi del tutto disabitata. Le cronache del
tempo ci indicano come nel 1524 i turchi riuscirono
a depredare il paese e a rapire "circa octanta
pirsuni infra homini donni e pichulilli" per
rivenderli a Costantinopoli come schiavi.
Per proteggere dunque la città dalle incursioni
turche furono innalzate alcune torri di avvistamento,
ben sette secondo la leggenda, disseminate su tutto
il territorio della contea.
Il XVII secolo fu caratterizzato da un consistente
aumento demografico, ravvisabile soprattutto nella
crescita dei nuovi borghi della contea e determinato
dalle donazioni enfiteutiche del vescovo conte Michelangelo
Bonadies, che difese strenuamente il diritto alla
gestione del territorio, contro le intromissioni da
parte dei regnanti.
Nel 1693 il terremoto del Val di Noto lasciò
Mascali semidistrutta (ma i mascalesi, caso unico
fra le comunità della Sicilia orientale, si
salvarono quasi tutti poiché, al momento della
maggior scossa dell'11 gennaio, erano in processione,
all'aperto, con le reliquie di San Leonardo); già
in tale epoca si pensò di ricostruirla più
a valle, ma il terreno acquitrinoso della piana sottostante
ne scoraggiò l'insediamento. Ciò che
fu spostato in pianura fu invece il tratto della strada
consolare Pompeia, l'antica direttrice orientale-sicula
d'origine romana che fino ad allora aveva attraversato
il centro abitato, fornendo così ai viandanti
un percorso nettamente più agevole.
Nel XVIII secolo la Sicilia, e dunque anche il territorio
di Mascali, passò in mano borbonica. Questo
segnò però la fine contea di Mascali,
che fu ceduta dai vescovi catanesi alla casa reale
nel 1757. La città di Mascali, tagliata fuori
dai traffici commerciali e ormai in posizione periferica
iniziò così il suo lento ma inesorabile
declino.
A causa dell'eccessiva fiscalizzazione a cui i terreni
erano sottoposti, sempre più insistenti si
fecero inoltre le richieste di autonomia amministrativa
da parte dei numerosi borghi sorti nel territorio
mascalese, primo fra tutti il "quartiere delle
Giarre", l'odierna Giarre, divenuto ben più
grande e ricco della stessa Mascali e che ottenne
la secessione nel 1815 insieme a quelli che poi sarebbero
divenuti i comuni di Riposto, Sant'Alfio e Milo.
Data cruciale per la storia di Mascali è quella
del 6 novembre del 1928, ricorrenza di San Leonardo,
ancora oggi protettore della città, quando
la lava dell'Etna, fuoriuscita da una bocca apertasi
ad appena 1150 m di quota, incanalandosi nel torrente
Pietrafucile che attraversava l'abitato, seppellì
Mascali per intero lasciandone integra solo una piccola
porzione periferica, l'odierna frazione di Sant'Antonino.
MONUMENTO AI CADUTI
L'attuale monumento ai caduti fu realizzato dallo
scultore catanese Pietro Pappalardo per commemorare
i mascalesi morti nella prima guerra mondiale e inaugurato
nel 1940 a seguito di una lunga controversia giuridica
risolta dal Tribunale Civile di Catania. L'originario
monumento venne infatti distrutto durante l'eruzione
vulcanica del 1928, pochi giorni dopo la prevista
inaugurazione del 4 novembre 1928, in realtà
mai svoltasi a causa dell'allarme suscitato dal torrente
lavico che era scaturito in località Ripe della
Naca. Nel 1985 furono scolpiti sulle lapidi anche
i nomi dei cittadini caduti nella seconda guerra mondiale
e nelle guerre coloniali.
AREE NATURALI
Nel territorio comunale, poco distante dal più
famoso Castagno dei Cento Cavalli, si trova il Castagno
la Nave o Castagno Sant'Agata (in siciliano Castagnu
'a Navi o Arrusbigghiasonnu - "risveglia sonno"
- forse per il cinguettio degli uccelli o forse per
le fronde basse che destavano improvvisamente dal
sonno qualche carrettiere passante), avente oltre
mille anni di vita. Deve il suo nome probabilmente
alla forma somigliante lo scafo di una nave. Questo
castagno insieme a quello dei Cento Cavalli e ad altri
cinque ormai scomparsi costituivano i "sette
fratelli", gli esemplari più imponenti
dei folti boschi che ricoprivano la zona. La circonferenza
misura circa 23 m ed è alto 19 m: stante alcuni
studi, sarebbe il secondo albero per antichità
e grandezza in Italia. Nel 1982 il Corpo forestale
dello Stato lo ha inserito nel patrimonio italiano
dei monumenti verdi, forte di 22.000 alberi di notevole
interesse, ed evidenziato tra i soli 150 di eccezionale
valore storico o monumentale.
Interessante la visita nel costone di Ripa della Naca,
dove si aprirono le bocche eruttive da cui sgorgò
la lava che distrusse il paese.
Nella zona costiera in prossimità del confine
con il comune di Fiumefreddo si trova la Gurna, piccola
zona umida residua di una più estesa area che
fino al secolo scorso, prima delle bonifiche, si estendeva
lungo la costa jonica, dal torrente Macchia alla foce
dell'Alcantara. Quest'area palustre, alimentata dalle
acque di risorgiva provenienti dal versante nord-orientale
dell'Etna, costituisce un habitat utilizzato da diverse
entità faunistiche che vi stazionano o che
lo utilizzano come corridoio migratorio. Per la sua
importanza ambientale, il sito, già individuato
come SIC/ZPS ITA070003, è stato inserito nel
2005 nella rete ecologica Natura 2000 della Regione
Siciliana. Tale rete ha lo scopo di assicurare la
conservazione degli habitat, della fauna e della flora
europee, al fine di attuare le direttive comunitarie
92/43/CEE "Habitat" e 79/409/CEE "Uccelli".
EDIFICI RELIGIOSI
Duomo di San Leonardo di Noblac (centro comunale)
Chiesa di San Giuseppe (frazione di Carrabba)
Chiesa di Maria Santissima della Pietà (frazione
di Fondachello)
Chiesa di San Michele Arcangelo (frazione di Montargano)
Chiesa madre di Santa Maria dell'Idria, chiesa della
Santissima Annunziata, chiesa di Santa Domenica (chiusa
al culto), chiesa privata di Santa Lucia e chiesa
del Carmine (frazione di Nunziata)
Chiesa di Maria Santissima Assunta (frazione di Puntalazzo)
Chiesa secolare di Sant'Anna (frazione omonima)
Chiesa di Gesù e Maria (frazione di Sant'Antonino)
Chiesa di Maria Santissima del Rosario (frazione di
Santa Venera)
Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria
(frazione di Tagliaborse)