Gioiosa Marea 
Sicilia

Gioiosa Marea è un comune in provincia di Messina. Si distende sulla costa a pianoro e a dolci pendii verso il mare che invetria su tersi fondali, è sorta verso la fine del Settecento. Pur se in effetti riporta in mezzo al candore dei palazzetti Ottocento ed alla efficiente razionalità delle architetture recenti, murate grige, terrose, erose a vivo nella struttura di pietre e calce, con arcate di tipo mediterraneo in pietra bugnata che portano in sé infissa la data dei preesistenti insediamenti e dei materiali precedentemente impiegati nella costruzione della più antica Città. Lo sviluppo urbano li ha per fortuna inglobati e di certo salvati al totale decadimento, quasi col gusto spontaneo di una rivalutazione e di una continuità della storia. E per quanto tutte le città, si possa dire, conservino la testimonianza del passato nel proprio assetto urbanistico, tuttavia è raro, se non proprio eccezionale, che una città fondata e sviluppatasi in seguito ad un esodo protrattosi nel tempo, risulti poi costruita con le pietre, i materiali e la tecnica costruttiva della preesistente e secondo lo stesso disegno urbanistico dell’antica, che nel caso specifico arrocca i suoi ruderi sul Monte di Guardia, a ben 7 chilometri dalla costa.

MANIFESTAZIONI
Le feste di Pasqua, non susciti meraviglia il plurale, non assumono alcun carattere particolare a Gioiosa Marea ed hanno molto in comune con quelle che si celebrano in tutta l’Isola: la visita ai Santi Sepolcri il Giovedì di Passione, a lume di torce, la mesta processione del Venerdì Santo, «a sciugghiuta d’a gloria» del Sabato Santo, con i relativi spari e «botti»; le solenne Messe della Domenica di Pasqua; «a baciata d’a manu o patrozzu»; l'immancabile gita del Lunedì di Pasqua. Ma c’è un fatto particolare che caratterizza il giorno di Pasqua e cioè una brevissima processione dei simulacri della Madonna delle Grazie e di San Giuseppe, dalla Chiesa di Santa Maria fino alla Matrice, processione che poi si ripeterà, in senso inverso e per un percorso un po' più lungo, il giorno dell’Ottava di Pasqua quando, assieme al simulacro di San Nicolò, le due statue verranno riaccompagnate fino alla loro Chiesa, prima che il Santo Protettore inizi la sua lunga passeggiata per Gioiosa - come ora vedremo. Non è facile trovare l’origine di questa antica usanza. Qualcuno la fa risalire ai tempi lontani dell’ antica Gioiosa dandone un significato di «scambio di visite tra Collegiate», altri, invece, danno un significato più ampio di coinvolgimento nella festa di un quartiere verso l’altro. Qualunque sia l’origine, però, non si può non pensare ad una cordiale reciproca secolare considerazione fra i due quartieri cittadini più importanti: quello di San Nicolò e quello di Santa Maria. L'Ottava di Pasqua, che si celebra appunto otto giorni dopo la Pasqua, è storicamente la festa più importante perché ricorda in maniera ben precisa, se andiamo a ricercare i modi di svolgimento fino a qualche anno fa, il trasferimento del Paese dal Monte di Guardia al piano. Le comunità delle Contrade Gioiosane scendono in processione, con in testa il Parroco preceduto dai «Virgineddi», bambini d’età compresa tra i quattro e sei anni, ricoperti di «vistineddi» cariche d’oro e con in testa un diadema, anch’esso pesante d'ori; i «Virgineddi» reggono in mano il calice più importante di cui è dotata la Chiesa. I paramenti dei «Virgineddi» vengono predisposti di volta in volta dai familiari che hanno fatto voto per grazia ricevuta. In quest’occasione tutti i componenti della famiglia e della Comunità contribuiscono all’ allestimento della veste con ori e preziosi, concessi in prestito con generosa sollecitudine, per arricchirla quanto più è possibile a simbolo anche di un certo prestigio della contrada. Il personaggio più rappresentativo della contrada regge il Crocifisso, talvolta molto pesante, fino all’ingresso in Paese, dove lo consegna al Parroco che lo porterà fin dentro alla Chiesa Madre. La banda accompagna dall’ingresso in Paese fino alla Chiesa Madre le processioni delle contrade. A mezzogiorno, dopo la solenne Messa cantata, la processione percorre quasi tutte le vie del centro cittadino procedendo fin’oltre i confini del comune, in territorio di Piraino, a Zappardino per la precisione, per ritornare sulla spiaggia di Gioiosa dove ha luogo la Benedizione del mare. Il privilegio di portare a spalla la «Vara» del Santo Protettore, San Nicola, è prenotato addirittura settimane prima, legando il fazzoletto con un nodo ad una delle aste. Tuttavia, appena la processione raggiunge la metà del ponte Zappardino, per entrare in territorio di Piraino, gli abitanti della zona reclamano immancabilmente il privilegio di portare la «Vara» fino al centro del loro borgo. Richiesta che da sempre viene decisamente negata e che dà origine a rituali risse. L 'Ascensione, festa che oggi passa inosservata, un tempo era molto sentita e dava spunto a rituali del tutto particolari ed identici tra gli abitanti della marina e quelli della campagna, quale appunto quello di bagnarsi nell’acqua del mare in senso di purificazione. L’usanza era molto più sentita dai pescatori che andavano a mare per ottenere dall’acqua, idealmente toccata quel giorno dal Cristo asceso in cielo, la liberazione da ogni residuo di colpa, di peccato o di contaminazione. Il gesto poteva benissimo assumere un significato ancestrale di manifesta devozione al «grande padre mare», che teneva tra le sue onde il loro destino nel bene e nel male. In campagna, invece, l'Ascensione assumeva dei toni più elegiaci. Ogni contadino esponeva la sera prima un recipiente d’acqua «o sirinu», all’aria aperta, per tutta la notte e l’indomani spargeva quest’ acqua ,anche questa idealmente toccata dal Cristo asceso nei cieli, per i campi e sugli animali, con chiari intenti propiziatori, originati da una religiosità lontana nella notte dei secoli. Il Corpus Domini è invece una festa più «esplosiva». La natura è nel suo pieno rigoglio ed offre abbondanti fiori, ginestre, glicini, biancospini, con i quali si addobbano gli «altarini» che saranno visitati, uno al giorno per tutta la settimana, dalla processione del Santissimo preceduta dai bambini, che hanno ricevuto la loro prima Comunione, vestiti di bianco. In questo periodo si vive in pieno la «coralità» della festa: si fa a gara per offrire le trine e i merletti più preziosi da inserire sull’«altarino»; si fa a gara per allestire l’«altarino» con gli arazzi e le coperte più ricche, si corre insieme a raccogliere i fiori in campagna; si studia, insieme, il disegno e la confezione dei tappeti di fiori da mettere davanti all'«altarino»; infine si fa a gara fra i quartieri per l’allestimento dell’«altarino» più bello e per la migliore festa rionale. Famose le feste organizzate, fino a qualche anno fa, nel rione Marina e nel rione Calvario quando un tripudio di luci, di musica, di giochi popolari sottolineava il vivere intensamente le feste di comunità nel significato più autentico. Le Feste delle contrade seguivano in calendario con una caratterizzazione più propria di «unicità», per lo sfarzo di colore e di fantasia spontanea che arricchiva la Chiesa, le case, le strade campestri ed il verde, ma anche per l’assoluta generosità della gente. A Casale, in particolare, si illuminava la piazzetta antistante la Chiesa di Maria Santissima della Visitazione con le lampare dei pescatori e si arredava la Chiesa stessa con enormi «rasti» di verdissimo basilico amorevolmente coltivato ed infiocchettato di rosso dalle ragazze della contrada. Queste feste costituivano un deciso richiamo per gli abitanti del centro, per una gita in campagna, «santificata» pantagruelicamente assieme agli amici «ccu maccarruna, carni, ‘nfurnata e u vinu giustu» delle colline gioiosane. Il Ferragosto a Gioiosa è la festa più grossa: «Menzaustu»! È difficile poterne indicare le origini che vanno decisamente ricercate nel concetto di «Festa d’Estate». Certamente occasione per ritrovarsi ogni anno insieme. Durante i tre giorni della metà di Agosto, il 14 di vigilia, il 15 dedicato alla Madonna delle Grazie ed il 16 a San Rocco, il paese si riempiva di suoni, colori, bancarelle e di contadini che scendevano dalle campagne per acquistare suppellettili ed utensili dai numerosi «firianti», venditori ambulanti, convenuti da ogni parte dell’Isola. La mattina del 14 Agosto si annunziava l’inizio della festa con una prolungata «masculiata»; frattanto, «i firianti» andavano occupando con le bancarelle i posti «strategici» della festa. Appena calata la sera, le campagne sui colli intorno a Gioiosa pullulavano di luminarie. In un cantone fra via Mazzini e via Vittorio Emanuele, proprio vicino alla casa di don Natale Terranova, per la festa di Ferragosto si piazzava «don Luigi» con la sua roulette, che col suo incoraggiante invito di «ccu deci liritti ducentu lirazzi!» faceva piovere i nichelini sonanti sul tappeto verde. Di fronte, stazionava l’ombrellone della «nnivinavintura», maga indovina, che per pochi spiccioli propinava buoni auguri e accorti consigli, sempre gli stessi. A sera, in piazza Municipio, le sinfonie delle migliori bande, impegnatissime nel gareggiare e nel figurare proprio nel paese del più famoso corpo musicale dell’Isola. Durante gli intervalli, gran ressa davanti al banco del «gazosaro» ed ai pozzetti dei gelati portati fino in piazza dagli ottimi gelatai gioiosani e davanti alla «bancarella» della «calia» di Mastru Vasili u nasitanu. Alla fine, banda in testa, ed al suono della «vecchia ‘nsipita», si andava alla spiaggia per assistere «o iocu focu», giochi d’artificio. Abbiamo voluto ricostruire, attraverso testimonianze dirette di anziani, questa festa che, fino a qualche decennio addietro, aveva mantenuto immutate le caratteristiche di sempre. Oggi questo concetto di festa si è notevolnzente mutato da fatto corale e squisitamente «comunitario» a fruizione turistica predisposta da alcuni e consumata da altri. Manifestazioni sportive, teatrali, musicali, sono distribuite ora durante tutto il periodo estivo per la gioia non solo dei gioiosani ma anche delle decine di migliaia di turisti presenti in quel periodo in tutto il territorio. A questo punto l’estate finisce. «Austu e riustu è capu d’invernu». Si ritorna al lavoro e si pensa all’autunno ed all’incombente inverno. Si ha poco tempo per le feste. Si arriva a Natale.

ETIMOLOGIA ED ORIGINI
Gioiosa Marea, per gli antichi colonizzatori romani dell’Isola, fu soltanto «Joiusa» e l’assonanza rimane nel dialetto e nell’uso parlato degli abitanti che, alludendo alla propria Città, dicono solo «Giuiusa». Non a caso, comunque. La storia, tanto più le date sono lontane, nascoste nella notte dei tempi e così gli avvenimenti, tanto più lascia tracce inconfondibili a saperle cercare nelle pietre, nei ruderi, nelle tradizioni e nei dialetti. Il nome Gioiosa Marea lo ha acquisito molto più tardi dalla sua fondazione. Da appena due secoli, circa, dopo l’esodo verso la costa dalla vetta del Monte di Guardia, dove si stagliano al sole le rovine dell’antica Joiusa, senza tracce apparenti di preistoria e di veri e propri insediamenti di Età romana. A quanto pare, infatti, i colonizzatori romani dell’isola si limitarono a dare un nome all'amenità del «locus», che forse fu «oppidum», sicuro rifugio dalle scorrerie sulla costa e residenza di pochi quanto sparsi lavoratori dei campi che sul Monte di Guardia avevano ragione di vita.

CENNI STORICI
La storia dell'antica Joiusa data intorno al 1360, coincidendo con la sua fondazione. E la data appare incontestabile, anche se molta documentazione storica si è di certo smarrita per eventi, calamità, cause diverse e le visure dei documenti ingialliti affidano molto più spesso al ricercatore le deduzioni logiche, le interpretazioni dalla citazione di eventi paralleli alla storia di questa antica comunità agricola, che non ebbe in sé rilevata importanza di accadimenti e che risultò in parte divisa da quella dei pescatori sulla costa. Il carattere pacifico di questa comunità antica, dedita al lavoro dei campi. esclude del tutto ogni altra possibile incidenza di eventi che non fossero puri atti amministrativi o sulla potestà e legittimità di attribuzioni nel governo del territorio. La preesistenza di insediamenti isolati sul Monte Meliuso appare confermata da diverse citazioni documentali e da prove indotte sul tipo di costruzioni rilevate. Sebbene, sia per lo meno confermato che nel territorio dell’attuale Gioiosa Marea si ebbero reiterati insediamenti, prima della lenta organizzazione dell’antica comunità contadina sul Monte Meliuso, e che quasi certamente permase un legame con le comunità dei pescatori insediate nella costa. La comunità dei pescatori, attingendo le proprie risorse di vita dal mare, dovette resistere di più all’idea di abbandonare definitivamente le proprie case sulla costa. Anche, se in periodi di invasioni, saccheggi fu certamente costretta a rifugiarsi temporaneamente nell'entroterra e a sobbarcarsi a dure fatiche per scendere a riva le proprie attrezzature. Ma se pure vissero, questi pescatori, per lunghi periodi sui monti, certamente installarono nelle proprie case abbandonate gli attrezzi di modeste entità e più facilmente ricostruibili, in attesa del ritorno alla pace ed alla normalità, sperando di tornare, ogni volta, definitivamente sulla costa. Nonostante questo continuo fuggire e tornare, da noi ipotizzato, rispetto al verificarsi di eventi bellici o di pace, possa apparire normale; forse lo è un po' meno, se si considera che questi pescatori si videro costretti a far scivolare sui tronchi di albero per chilometri di pendio le proprie barche verso il mare, ipotesi, questa, che suffraga la logica, non esistendo per la conformazione naturale e geomorfologica della costa alcuna insenatura ovvero ripari naturali ricchi di vegetazione, tanto cari ai ricordi dei lungometraggi in technicolor della nostra era. E questa impervia fatica risulterà quanto mai attendibile, se si considera che, ad esempio, interi blocchi di marmo vennero scesi al piano quattro secoli e mezzo dopo la fondazione di Joiusa per ricostruire nell’attuale Città le antiche Chiese del Monte. E non solo esse. La decadenza e soprattutto l’abbandono di Gioiosa Guardia venne a determinarsi in seguito a reiterate calamità naturali verificatesi fra la seconda metà del Sec. XVII e la prima metà del Sec. XVIII. Il 5 febbraio 1783 l’antica Città fu gravemente distrutta da un terremoto di notevole intensità, che era il quarto in appena mezzo secolo. Mentre l’anno successivo, il 1784, grandi invasioni di cavallette distrussero il raccolto, provocando una grave e penosa carestia. La popolazione, di certo, provata da dolorose perdite, esausta ed atterrita dai frequenti fenomeni sismici che presumibilmente sconvolsero la costituzione geomorfologica del territorio in conseguenza di smottamenti e di frane, alla fine decise, per consiglio dei più anziani e dei rappresentanti più evoluti della Civica Amministrazione, di ricostruire Gioiosa sulla costa. Però, l’esodo dalla antica Gioiosa Guardia si verificò nell’arco di vent’anni e fra non poche resistenze da parte di autorità preposte e di cittadini. E forse questo fatto, incontestato, potrebbe spiegare la ricostruzione della Zona Nord-Ovest dell’antica Città, come atto di speranza e di sentimentale legame con le proprie origini e la terra natia.
DATI RIEPILOGATIVI

Popolazione Residente: 7.245 (M 3.516, F 3.729)
Densità per Kmq: 275,4
Numero Famiglie: 2.930
Numero Abitazioni: 5.273
Denominazione Abitanti: gioiosani

CAP 98063
Prefisso Telefonico 0941
Codice Istat 083033
Codice Catastale E043

Santo Patrono : San Nicola di Bari
Festa Patronale : 6 dicembre

Il Comune di Gioiosa Marea è:
Località balneare segnalata con due vele nella Guida Blu di Legambiente

Il Comune di Gioiosa Marea fa parte di:
Regione Agraria n. 8 - Colline litoranee di Patti

Consorzio Turistico Costa Saracena

Comuni Confinanti
Montagnareale, Patti, Piraino, Sant'Angelo di Brolo.

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