Canicatti'
Sicilia

Canicattì è un comune della provincia di Agrigento. Il territorio comunale, al confine fra la provincia di Agrigento, cui appartiene, e quella di Caltanissetta, si estende per 91,41 kmq in media collina. Il centro abitato giace, a 465 metri s.l.m., in una conca naturale (l'alta valle del fiume Naro) circondata da basse colline, assai fertile e tradizionalmente vocata alle colture frutticole (un tempo il mandorlo, oggi l'uva Italia, l'uva da mosto, la pesca e l'albicocca). L'area si differenzia notevolmente dal territorio circostante, ove è diffusissima la cerealicoltura e, in generale, un'agricoltura estensiva e povera. Tale differenza è evidente sia nel paesaggio agricolo che nel centro urbano. Più verde e florido il primo, maggiormente ricco di attività commerciali, anche all'avanguardia, e di animazione cittadina il secondo, rispetto ai centri vicini di entrambe le province.

DA VEDERE

Chiesa Madre San Pancrazio, edificata grazie alle offerte dei baroni Adamo e della popolazione, nel 1760. Conserva una tela del "Monocolo" Pietro d'Asaro, rappresentante la Sacra Famiglia, S.Anna, S. Gioacchino e un donatore con un cesto di frutta, la statua marmorea della Madonna delle Grazie di epoca bizantina, un reliquiario del settecento, un dipinto ad olio raffigurante la Vergine Addolorata del pittore Olivio Sozzi, una statuetta marmorea rappresentante l'"Ecce Homo" di buona fattura e di autore ignoto, un fonte battesimale del seicento e altre opere di minor valore.

Chiesa di Santo Spirito con annesso chiostro, del seicento. Il convento fu edificato per volere di donna Antonia Balsamo Bonanno e del frate Antonio Nocera, sui resti di un vecchio oratorio. La chiesa, a tre navate, conserva una statua marmorea, degli inizi del seicento, rappresentante la Madonna col bambino, di scuola gaginesca e un Crocifisso, di ignoto autore, festeggiato ogni anno il 3 maggio.

Chiesa dei S.S. Filippo e Giacomo del 1662. Annesso alla chiesa fu edificato il Monastero delle benedettine, oggi abbandonato. La chiesa, tra le più belle di Canicattì, è oggi in attesa di restauro. All'interno si conservavano oggetti sacri di grande valore e numerosi stucchi di scuola serpottiana.

Chiesa di San Diego d'Alcalà, protettore della città, sede della Confraternita dei Santi Sebastiano e Diego. Nella parrocchia si organizza la tradizionale processione del Venerdì Santo.

Chiesa di San Francesco, della fine del '500, un tempo dei frati conventuali. La chiesa, conserva una statua dell'Immacolata, ritenuta miracolosa dalla popolazione, incoronata nel 1954 dal cardinale di Palermo Ernesto Ruffini, Regina della città. La chiesa conserva una cripta del '500, scoperta negli anni cinquanta del secolo scorso e purtroppo non aperta al pubblico.

Chiesa San Domenico, del 1612, con annesso convento, un tempo dei domenicani. La chiesa conserva due antiche statue, San Domenico e San Tommaso, ritrovate durante alcuni lavoro di restauro.

Resti della secentesca fontana del Nettuno situati nel prospetto della torre campanaria della Chiesa del Purgatorio.

Teatro Sociale (nel 1927 ospitò Luigi Pirandello con la sua Compagnia teatrale), opera dell'architetto Ernesto Basile. Dopo anni di abbandono il Teatro è alla fase finale del restauro e dovrebbe essere inaugurato a breve.

Villa Firriato, sempre del Basile, edificata alla fine dell'800.

Palazzo Gangitano.

Palazzo Adamo.

Palazzo Bartoccelli, già Adamo.

Villa Giacchetto, già residenza estiva delle monache benedettine di Naro.

Resti romano-bizantini (necropoli, terme e marmi) di contrada Vitosoldano.

Resti della Rocca Baronale, nel Largo Castello.

Chiesa Madonna della Rocca, edificata nel settecento e ristrutturata negli anni settanta del novecento. Nella chiesa, riposano le spoglie mortali del Venerabile Gioacchino La Lomia, che nel 1881 fondò il convento dei cappuccini, annesso alla chiesa.

Cine-Teatro Odeon, inaugurato nel 1952.

ORIGINI E CENNI STORICI
Le origini di Canicattì si perdono nel tempo. I resti archeologici ritrovati nella città e nelle zone adiacenti testimoniano l'estistenza di un abitato già in epoca pre-romana. Il nome di Canicattì è di origine araba. Deriva da Handaq-attin, che vuol dire fossato di argilla, toponimo che troviamo in una carta geografica della Sicilia sotto i Saraceni. Dopo la conquista della Sicilia da parte dei Normanni, il signore del luogo, probabilmente l'Emiro Melciabile Mulè, fu assediato e sconfitto dal barone Salvatore Palmeri (1087), che era al seguito del Conte Ruggero e questi per ricompensa gli offrì la spada e il dominio del feudo. Sotto la signoria dei Palmeri, la fortezza araba venne ampliata e prese l'aspetto di un vero e proprio castello con una torre. Ai normanni successero i Francesi, cacciati poi dagli Aragonesi. Nel 1448 il feudo di Canicattì venne ceduto da Antonio Palmeri, che non aveva figli, al nipote Andrea De Crescenzio. Questi ottenne dal re Giovanni d'Aragona la "Licentia populandi", cioè la facoltà di ampliare i confini del feudo, di incrementare gli abitanti e di amministrare la Giustizia. Sotto il De Crescenzio, Canicattì era una comunità rurale che contava da mille a millecinquecento abitanti, insediati nella parte alta della città. Ad Andrea succedette il figlio Giovanni, che non avendo figli maschi, lasciò la baronia al genero Francesco Calogero Bonanno, nel 1507. Con il casato Bonanno la città conobbe un considerevole incremento demografico; i feudatari, prima baroni, poi duchi e infine principi della Cattolica, fecero costruire splendidi edifici e fontane. La signoria dei Bonanno durò fino a tutto il '700, ma verso la fine del secolo iniziò il suo declino; la società feudale si avviava a scomparire. L'ultimo dei Bonanno, nel 1819, cedette la signoria di Canicattì al barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro. Dopo le sommosse e rivoluzioni del 1848 e 1859/61, raggiunta l'unità d'Italia a Canicattì sorsero banche, mulini e stabilimenti che incrementarono il commercio. Per la sua prosperità agricola, fondata soprattutto sulla coltura dei vigneti di uva da tavola, Canicattì è stata annoverata nel 1987 tra i Cento Comuni della Piccola-Grande Italia. La città è da secoli il centro più importante lungo la direttrice di comunicazioni - oggi stradali e ferroviarie - fra Agrigento e Caltanissetta (e da qui verso Catania e Palermo). Il dialetto di Canicattì, essendo, la città, a cavallo, tra le province di Agrigento e Caltanissetta, ha sue peculiarità che non si trovano in altre parti dell'isola e che influenzano il circondario. Degni di nota sono gli studi sulla parlata, sulla sintassi e sulla grammatica canicattinese del salesiano don Fausto Curto D'Andrea
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DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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ISTITUTO MARIA IMMACOLATA DELLE SUORE VOCAZIONISTE - CANICATTI' - CL
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