Bronte
è un comune della provincia di Catania, a 54
km in direzione nord-ovest dal capoluogo. Si estende
alle pendici occidentali dell'Etna. È un comune
del Parco dell'Etna e del Parco dei Nebrodi e sorge
su 760 metri sul livello del mare. Il territorio di
Bronte è sicuramente uno dei più singolari
in natura, soprattutto se si prende in considerazione
la vasta produzione agricola che spazia tra ulivi,
aranci, fichi dIndia, mandorli, castagni, noccioli,
viti,peri e pistacchi. Dopo diverse eruzioni che hanno
coperto quasi interamente il territorio di roccia
lavica, i contadini brontesi seguendo gli insegnamenti
lasciati dagli antichi dominatori arabi sono riusciti
ad impiantare alberi di pistacchio che crescono rigogliosi
sulla roccia lavica. Vanto della gastronomia è
appunto il pistacchio con le sue svariate preparazioni.
Da assaggiare la pasta casereccia fatta preparata
con farina e pistacchio, diversi dolci e gelati.
ETIMOLOGIA
Dal greco bronté, ossia tuono, in riferimento
ai rumori (boati) prodotti dall'Etna.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Secondo la leggenda fu fondata dal ciclope Bronte,
figlio di Nettuno, come racconta lo storico brontese
Padre Gesualdo De Luca nella sua opera Storia
di Bronte, nel quale parla, richiamandosi anche
a versi di Virgilio, del forte legame esistente tra
le genti etnee e la montagna, divina ma nello stesso
tempo anche ostile. Durante
il medioevo sul territorio dell'odierno comune si
trovarono 24 piccoli agglomerati appartenenti al monastero
di Maniace. Per decreto dell'imperatore Carlo V del
Sacro Romano Impero fu creata la città di Bronte
nel 1520. Bronte fu parzialmente danneggiata durante
l'eruzione dell'Etna del 1651, mentre le colate delle
eruzioni del 1832 e 1843 si avvicinarono ai territori
di Bronte senza però raggiungere l'abitato.
L'eruzione del 1843 è conosciuta soprattutto
per la morte di 59 persone causata da un'esplosione
che avvenne quando la lava invase una cisterna d'acqua.
Questo è l'incidente più grave conosciuto
nella storia delle eruzioni dell'Etna, che può
essere direttamente associato con l'attività
del vulcano. L'ammiraglio britannico Horatio Nelson
fu insignito del titolo di duca di Bronte nel 1799
da Ferdinando I delle Due Sicilie con una donazione
significativa di terreni, fra cui il Castello e la
chiesa di Santa Maria nei pressi di Maniace. Durante
il Risorgimento, la città fu teatro di un episodio
controverso, noto come la Rivolta di Bronte. L'8 agosto
del 1860, i contadini di Bronte, capeggiati da Nicola
Lombardo, si ribellarono occupando le terre dei latifondisti,
dando credito alle promesse di equa ripartizione delle
terre da parte di Garibaldi. La rivolta fu soppressa
da Nino Bixio.
ECONOMIA
Gli abitanti di Bronte trovano occupazione prevalentemente
nell'agricoltura e nell'industria tessile. Di grande
prestigio godono i pistacchi di Bronte. Questo frutto
trova qui un terreno ad altissima vocazione, che riesce
ad esprimere un prodotto ricercato tra i gastronomi
di tutto il mondo.
DA
VEDERE
Castello di Bronte, a ca. 13 km dal centro, risalente
al 1174.
Chiesa dell'Annunziata, edificata nel 1535
Chiesa della Trinità (o Chiesa Madre)
Collegio Capizzi, dal 1774 al 1779
MUSEI
Museo della Antica Civiltà Locale
MANIFESTAZIONI
Il Triduo Sacro della Settimana Santa di Bronte si
apre il Giovedì Santo con la preparazione,
nelle varie chiese, dei "Sepolcri", altari
dell'adorazione del SS. Sacramento nei quali viene
raffigurato il calice, o il "Buon Pastore",
oppure un episodio della Via Crucis. Di grande interesse
il "Sepolcro" della Chiesa Madre, preparato
nella cappella della "Reposizione", presso
l'altare del Sacramento, adornato con fiori, frutta,
pane, vino, animali viventi e altri oggetti fortemente
simbolici. Gli altari vengono tradizionalmente ornati
anche da pani a forma di scalette o di corona di spine,
dalle "collure", pasta talvolta dolce con
dentro uova, a cui è data forma di animali,
e dai tradizionali "piatti", cioè
germogli di frumento, lenticchie ed altri legumi fatti
crescere in casa dentro un piatto con il fondo coperto
da canapa grezza in un luogo buio, la cui offerta
per l'addobbo dell'altare ha un fondamentale significato
augurale.
Il rito processionale del Venerdì Santo, pur
conservando antichissime tradizioni, ha smarrito il
carattere penitenziale, peculiare fino alla prima
guerra mondiale, con la soppressione della processione
dei "Flagellanti", penitenti pubblici che
si battevano le spalle con delle catene. Le celebrazioni
del venerdì hanno inizio con la lettura evangelica
della Passione, durante la quale viene eseguito il
curioso ed arcaico rito dei "terremoti",
che consiste nel battere le mani e i piedi sugli schenali
e sulle pedane dei banchi della chiesa per riprodurre
una sonorità che ricorda quella dei terremoti,
sottolineando il momento della morte di Cristo. Segue
la processione, aperta da un gruppo di bambine vestite
di bianco, a ciascuna delle quali è affidato
un oggetto che ha un preciso riscontro nella tradizione
evangelica della Passione. Dietro le fanciulle avanza
un bambino che rappresenta l'Arcangelo Michele, seguito
da dodici giovani che ricordano gli Apostoli. Il corteo
umano è chiuso dalle "Pie Donne",
tre giovani dalla folta capigliatura. La processione
sarà ripresa in un secondo momento al seguito
delle raffigurazioni statuarie della Passione, alcune
delle quali risalgono al XVI secolo.
(fonte:
Paesi Etnei Oggi)