San
Severo è una città della provincia di
Foggia, nella Puglia settentrionale. Capoluogo di
Capitanata e Molise fino al 1579, è sede vescovile
dal XVI secolo. Centro di antiche tradizioni mercantili
e agricole, oggi essenzialmente dedito al terziario
e sede universitaria, il comune, al centro di un reticolo
viario nel Tavoliere settentrionale, è una
città d'arte. San Severo è il trentaduesimo
comune italiano per estensione territoriale e il nono
della Puglia. Confina con Apricena a nord, Rignano
Garganico e San Marco in Lamis a est, Foggia e Lucera
a sud, Torremaggiore e San Paolo di Civitate a ovest.
La città sorge in territorio pianeggiante,
al centro dell'Alto Tavoliere, a circa 90 m s.l.m..
Il suo agro, che geologicamente appartiene al Quaternario
antico (con sabbia e argilla fossilifere, di origine
marina), segue un andamento altimetrico decrescente
da ovest (125 m s.l.m.) a est (26 m s.l.m.), mutando
progressivamente dalle lievi crespe collinose occidentali
alla più regolare piana a oriente, in corrispondenza
del bacino del Candelaro. Minimi i corsi d'acqua:
oltre al Candelaro, attraversano l'agro sanseverese
i torrenti Triolo e Salsola e i canali Radicosa, Vènolo,
Ferrante, Santa Maria e Potesano. Alla scarsità
di acque in superficie, quasi del tutto assenti nella
stagione estiva, corrisponde una notevole presenza
di acque freatiche salmastre, soprattutto nel sottosuolo
della città. L'agro, scarsamente popolato benché
costellato di masserie, è caratterizzato fondamentalmente
da ordinati oliveti, ampi vigneti di diverso tipo
e vasti seminativi a frumento. Sono rari i frutteti,
ma non mancano campi coltivati a ortaggi.
ETIMOLOGIA
Il nome della città deriva da quello del santo
patrono, San Severino, titolare della chiesa intorno
alla quale il castellum si è formato. L'agiotoponimo
originario Sanctus Severinus compare in sette documenti
redatti tra il 1116 e il 1266. La forma Sanctus Severus,
invece, è attestata la prima volta in un documento
del 1134, peraltro noto esclusivamente in dubbia trascrizione
moderna. In una pergamena del 1141 compaiono entrambe
le forme, una all'inizio e l'altra alla fine della
scrittura, segno dell'alternanza che a un certo punto
innescò la mutazione del nome dell'abitato
a favore di un toponimo diverso dal titolo della chiesa
matrice. Ciononostante
il nome della città restò fluttuante
per lungo tempo, tanto che San Severino, seppur sporadicamente,
risulta in uso fino al XVII secolo. In alcuni documenti
quattrocenteschi, inoltre, nellintestazione
in latino si legge la grafia originaria e nel testo
in volgare quella derivata: questo fa ritenere che
il cambiamento dellantico agiotoponimo sia dovuto
alla sincope, soppressione comune nel passaggio dal
latino allitaliano: Sanctus Severinus > Sanseverinus
> Sansevero, tanto più che nessun santo
di nome Severo risulta venerato in città prima
della fine del Seicento. Non a caso, il toponimo ufficiale
- pur ammettendosi le infrequenti varianti San Severo
e S. Severo - fu sempre Sansevero, in forma univerbata.
Nel
1931 il comune, su richiesta del Ministero dell'Interno,
adottò ufficialmente la grafia San Severo,
essendo quella riportata dal Dizionario dei Comuni
del Regno compilato dall'Istituto Centrale di Statistica
(il caso è analogo a quello di Sanremo). La
scarsa o nulla resistenza all'inopportuno cambiamento
ha fatto sì che la forma San Severo abbia preso
piuttosto rapidamente il sopravvento, sicché
oggi essa risulta impiegata quasi universalmente.
Una curiosa eccezione è rappresentata da Trenitalia
e dalla Società Autostrade, che indicano la
città colla grafia S. Severo.
DA
VEDERE
San Severo conserva un notevole centro storico, costellato
di significativi monumenti, per il quale il 2 febbraio
2006 ha ottenuto il riconoscimento di città
d'arte. Il centro cittadino, definito perimetralmente
dalla cinta muraria intervallata da sette porte, ormai
completamente smantellata, fu profondamente danneggiato
dal terribile sisma del 30 luglio 1627. Pur conservando
il labirintico sistema stradale medievale, il grande
borgo antico, su cui si ergono imponenti alcuni caratteristici
campanili, è ricco di monumenti prevalentemente
barocchi, come i tanti palazzi signorili (de Petris,
del Sordo, de Lucretiis, Fraccacreta, Mascia, Recca,
de Ambrosio, del Pozzo, Summantico etc.), i tre grandi
monasteri delle Benedettine (oggi sede del Tribunale),
dei Celestini (sede municipale dal 1813) e dei Francescani
(sede della Biblioteca Comunale e del Museo Civico),
e le scenografiche chiese di santa Maria della Pietà
e san Lorenzo (entrambe monumenti nazionali) e di
san Nicola e della Trinità. Cuore del centro
è la severa chiesa matrice di san Severino
(anch'essa monumento nazionale), dedicata al primo
e principale patrono della città e diocesi,
che conserva i prospetti esterni romanici, con rosone
e raffinato archivolto in pietra d'età federiciana.
La vasta Cattedrale, dedicata a santa Maria assunta,
è frutto di numerosi rimaneggiamenti; all'interno
conserva, tra l'altro, un prezioso fonte battesimale
del XII secolo e importanti dipinti settecenteschi
(di D'Elia, Mollo e altri solimeneschi). Altri edifici
sacri d'interesse storico e artistico sono la Collegiata
di san Giovanni Battista (con belle tele di Nicola
Menzele) e le chiese di santa Maria del Carmine (con
grande cupola affrescata da Mario Borgoni), sant'Agostino
(santuario del Soccorso), san Francesco d'Assisi,
sant'Antonio abate, santa Croce, santa Maria di Costantinopoli
(dei Cappuccini), san Sebastiano (o della Libera),
santa Lucia, santa Maria delle Grazie e san Matteo
(o san Bernardino). Interessanti sono anche il severo
Palazzo Vescovile, più volte rimaneggiato,
e il secentesco Palazzo del Seminario, sensibilmente
ampliato nell'Ottocento. Altro vanto della città
è l'imponente Teatro Comunale, il massimo edificio
teatrale della Capitanata e tra i maggiori di Puglia,
inaugurato nel 1937 e oggi dedicato a Giuseppe Verdi.
La lussureggiante Villa Comunale, vasto giardino pubblico
ottocentesco con lunghi viali che convergono verso
una collinetta artificiale detta Montagnella, ha elegante
prospetto con statue bronzee e un grande palco circolare
per i concerti bandistici; tra le aiuole sono collocati
alcuni piccoli monumenti, tra i quali spicca il busto
marmoreo di Matteo Tondi, opera realizzata nel 1837
da Tito Angelini. Notevoli,
poi, sono alcune grandi architetture pubbliche realizzate
tra la fine dell'Ottocento e il primo Novecento, tra
cui l'Asilo d'infanzia "Matteo Trotta" (1899),
la Casa di riposo "Concetta Masselli" (1902),
l'Ospedale "Teresa Masselli-Mascia" (1906)
e l'Edificio scolastico "Edmondo de Amicis",
già "Principe di Piemonte", inaugurato
da Umberto di Savoia il 29 aprile 1923. Di qualche
interesse, inoltre, è l'austero prospetto della
Camera del Lavoro (già Casa del Fascio), in
piazza Allegato, opera degli anni trenta che ripete,
in scala ridotta, la facciata del municipio di Latina.
FESTA
PATRONALE
La festa patronale, popolarmente nota come Festa del
Soccorso (o, per antonomasia, la Festa), si celebra
la terza domenica di maggio e il lunedì successivo
in onore della Madonna del Soccorso e dei santi compatroni
principali, san Severino abate e san Severo vescovo.
Straordinario evento barocco che ogni anno attira
diverse migliaia di visitatori, la festa è
caratterizzata da due sontuose processioni, in cui
si portano a spalla numerosi simulacri di santi. Entrambi
i sacri cortei sono scanditi dalle fragorose batterie
pirotecniche, dette anche fuochi, incendiate al passaggio
delle processioni negli oltre venti rioni, riccamente
addobbati coi rispettivi colori in funzione del palio
che viene assegnato alla contrada che ha realizzato
il miglior fuoco. Durante l'incendio delle batterie,
inoltre, si scatena l'impressionante corsa dei fujenti,
un'intrepida folla di giovani che segue il percorso
dei fuochi correndo a breve distanza dalle esplosioni.
CARNEVALE
Nel periodo di carnevale è usanza preparare
dei goffi pupazzi che sono appesi, comicamente seduti
su sedioline, alluscio delle case. Il martedì
grasso, allimbrunire, si celebra il loro pittoresco
funerale, che si conclude collapotropaico incendio
degli stessi pupazzi, talvolta imbottiti di petardi.
La città non pare aver avuto una vera e propria
maschera tipica: il travestimento tradizionale più
diffuso, peraltro, prevedeva che gli uomini indossassero
vistosi abiti femminili e si truccassero in modo assai
grottesco, dando vita alle cosiddette pacchianelle,
oggi piuttosto rare.
FESTA
DEL VINO
Negli ultimi anni allantica Sagra delluva,
festosa celebrazione settembrina di uno dei principali
prodotti della terra sanseverese, è subentrata
la Festa di san Martino, sagra del vino novello, che
si tiene nel centro storico della città per
diversi giorni intorno all11 novembre, con esposizione
di prodotti tipici, degustazione di vini e gastronomia
locale e spettacoli di varia cultura (concerti, mostre,
sfilate folcloristiche etc.).
MUSEI
E BIBLIOTECHE
* Museo civico: è allestito nel settecentesco
monastero francescano, noto anche come Palazzo San
Francesco. Conserva un considerevole patrimonio archeologico,
con reperti dal Paleolitico al medioevo, nonché
una quadreria con opere d'età moderna.
* Pinacoteca "Luigi Schingo": ha sede in
Palazzo San Francesco e raccoglie alcune opere dell'artista
sanseverese Luigi Schingo.
* Museo diocesano: importante e prestigioso contenitore
d'arte sacra, è allestito nel suggestivo sotterraneo
del Palazzo del Seminario, con argenti, paramenti
e opere di diversa epoca. Tra i manufatti più
significativi spiccano una collezione di piatti da
colletta medievali in rame sbalzato, alcune notevoli
statue lignee policrome medievali e rinascimentali
e preziosi ostensori barocchi.
* Mostra permanente di carrozze e finiture del Settecento:
è stata realizzata nel 2007 in una suggestiva
sala di viale Matteotti nell'ambito delle iniziative
culturali promosse dal gruppo bancario BancApulia.
* Biblioteca comunale "Alessandro Minuziano":
situata al pianterreno di Palazzo San Francesco, la
storica istituzione cittadina, in origine denominata
Ferdinandea e poi intitolata al celebre umanista e
stampatore sanseverese, vanta un patrimonio librario
di oltre novantamila volumi e un prestigioso fondo
antico, in cui spiccano ben quindici edizioni minuzianee,
oltre a rarissimi incunaboli e numerose cinquecentine,
secentine e settecentine di gran pregio.
* Biblioteca provinciale dei Frati Minori Cappuccini:
ospitata nel secentesco convento di Santa Maria di
Costantinopoli, unisce fondi librari provenienti dai
diversi conventi della Capitanata.
* Biblioteca economico-giuridica "Felice Chirò":
realizzata dal locale istituto bancario BancApulia
in un moderno edificio di corso Gramsci, mette a disposizione
di studenti universitari e studiosi oltre cinquantamila
testi e riviste specialistici.
* Archivio storico comunale: unito alla Biblioteca
comunale, è un'imponente e fondamentale raccolta
di documenti sulla vita civile e amministrativa della
città in età moderna e contemporanea.
* Archivio storico diocesano: ha sede nel Palazzo
Trotta, nei pressi della Cattedrale, e vanta un ricchissimo
patrimonio documentario; conserva, infatti, un notevole
numero di pergamene, gli archivi vescovili, curiali
e capitolari, i millenari fondi delle parrocchie storiche
della diocesi e, soprattutto, il prestigioso fondo
musicale del monastero benedettino di San Lorenzo,
che comprende, tra l'altro, autografi di importanti
musicisti italiani del Settecento.
Mostre
di diverso genere (archeologiche, di pittura, fotografiche
etc.) sono più o meno regolarmente allestite
presso il Museo civico, il Museo diocesano e la Galleria
d'arte moderna di Palazzo San Lorenzo.
Ogni
anno, dal 1979, si celebra in città l'importante
Convegno nazionale di preistoria, protostoria e storia
della Daunia, organizzato dalla locale sede dell'Archeoclub
d'Italia.
TEATRO
VERDI
Terzo teatro pubblico della città, dopo quello
del Decurionato (1750 ca.) e il Real Borbone (1819),
il Teatro Verdi (opera di Cesare Bazzani, 1937), con
la sua sala a cinque ordini (progettata per 1600 spettatori)
e il foyer e il ridotto dei palchi (oggi Auditorium),
è privilegiato luogo d'incontro e promozione
per l'intera Capitanata e non solo. Nel corso di ogni
anno, accanto a una ricca stagione concertistica curata
dagli Amici della Musica, al Verdi si allestiscono
alcuni spettacoli operistici di qualità, una
serie di spettacoli di prosa (in collaborazione col
consorzio Teatro Pubblico Pugliese) e serate dedicate
al balletto, in linea con una tradizione plurisecolare
di notevole livello. Dal 2005, inoltre, vi si svolge
la rassegna teatrale scolastica Il teatro a scuola,
la scuola a teatro, con spettacoli allestiti da gruppi
di studenti delle scuole superiori cittadine. Concerti
di musica sacra si tengono periodicamente nelle chiese
del centro storico. Non di rado, inoltre, nel Palasport
"Falcone e Borsellino" si esibiscono famosi
cantanti di musica leggera. Anche la suggestiva Cantina
D'Araprì è luogo di offerta musicale
di qualità, con rassegne jazz tematiche di
alto livello.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Secondo la leggenda rinascimentale, la città
fu fondata dall'eroe greco Diomede col nome di Castrum
Drionis (Casteldrione), e sarebbe rimasta pagana fino
al 536, quando san Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto,
avrebbe imposto all'abitato il nome di un fantomatico
governatore Severo, da lui convertito al cristianesimo.
San
Severo sorge nell'antica Daunia e nel suo agro sono
state rinvenute tracce di vari insediamenti neolitici.
In età altomedievale l'area non risulta interessata
da abitati stabili e definibili. Tra l'età
longobarda e quella bizantina s'irradiò dal
monastero di Cassino il monachesimo benedettino, e
con esso il culto dell'apostolo del Norico, san Severino
abate: sul probabile itinerario della Via Sacra Langobardorum
sorse dunque una primitiva chiesetta dedicata al santo,
presso cui si formò nell'XI secolo, grazie
al continuo afflusso di pellegrini diretti a Monte
Sant'Angelo e agli spostamenti di uomini e merci,
l'odierna città, originariamente chiamata Castellum
Sancti Severini (borgo fortificato di San Severino).
L'agglomerato, sviluppatosi rapidamente grazie alla
posizione favorevole ai commerci, assunse ben presto
una notevole importanza, e fu sede di mercanti veneti,
fiorentini, saraceni ed ebrei. Dapprima soggetta agli
abati benedettini del monastero di San Pietro di Terra
Maggiore (e nel 1116 l'abate Adenulfo vi dettò
la famosa Charta Libertatis), nel 1233 la città
si ribellò a Federico II di Svevia che, dopo
averla punita coll'abbattimento delle mura, la cedette
ai cavalieri templari. Intorno al 1312, dopo la soppressione
dell'ordine templare, la città, fortificata
nuovamente con una cinta muraria più ampia,
fu donata da Roberto d'Angiò alla moglie Sancia,
che nel 1317 la cedette al conte Pietro Pipino, signore
di Vico. Questi, peraltro, non riuscì mai a
prendere possesso del nuovo feudo a causa della resistenza
armata dei cittadini, che deposero le armi solo quando
il re concesse loro di riscattare la città.
San Severo fu quindi dichiarata città regia
in perpetuo. Divenuta capoluogo del giustizierato
(provincia) di Capitanata, sotto la cui giurisdizione
ricadeva anche il Contado di Molise, la città
fu sede dei funzionari provinciali e del tribunale
della Regia Udienza. Dopo che la regina Giovanna d'Angiò
vi soggiornò per lungo tempo, diversi monarchi
napoletani la onorarono della loro presenza, tra cui
gli aragonesi Alfonso I e Ferrante I. Quest'ultimo,
il 1 ottobre 1491, concesse a San Severo lo statuto
municipale, noto anche col nome di statuto ferrantino.
Nel XV secolo, inoltre, la città batté
moneta propria. Nel 1521 Carlo V, sorprendentemente,
vendette la città al duca di Termoli Ferdinando
di Capua, ma il sindaco Tiberio Solis riuscì
a riscattarla versando all'imperatore 42.000 ducati,
messi insieme raccogliendo contributi di privati cittadini
e, soprattutto, contraendo l'enorme debito di 32.000
ducati con alcuni banchieri napoletani. Il sovrano,
allora, dichiarò nuovamente San Severo città
perpetuamente regia e inalienabile. Secondo la tradizione,
nel gennaio del 1536 lo stesso Carlo V l'avrebbe onorata
della sua presenza, nell'occasione nobilitando ventiquattro
famiglie cittadine e istituendo l'oligarchico Regime
dei Quaranta. Per San Severo, divenuta la più
popolosa città di Capitanata, il Cinquecento
fu un secolo aureo. La ricchezza dei commerci, la
vitalità culturale e l'autonomia amministrativa
ne fecero uno dei maggiori centri del Mezzogiorno,
grazie in particolare alla presenza di un grande fondaco
veneziano che, direttamente collegato al porto del
fiume Fortore, faceva da importante tramite tra la
Serenissima e il regno napoletano. Flavio Biondo nella
Descrittione di tutta l'Italia (Venezia, 1550) scrive
di San Severo che «è questo castello
molto ricco, nobile, civile e pieno di popolo, ed
è tanto opulento che non ha invidia ad alcun
altro di questa regione». Notevole, in questi
anni, è anche l'organizzazione ecclesiastica
cittadina, con quattro ricche parrocchie, diversi
ospedali, alcune confraternite e nove istituti religiosi,
sei maschili e tre femminili. Nel 1579, all'apice
del suo prestigio ma soffocata dal debito contratto
nel 1521, la città fu venduta al duca Gian
Francesco di Sangro, che ottenne per i suoi eredi
il titolo di principi di Sansevero. Di conseguenza
essa perse il rango di capoluogo, che passò
a Lucera, dove si trasferirono il governatore della
provincia e il tribunale. Pessimo fu il rapporto dei
cittadini coi nuovi feudatari, che non mancarono di
inacerbire i sudditi con atti spregiudicati e tirannici.
Molte famiglie dell'antica aristocrazia sanseverese
scelsero fin da subito di lasciare la città
e quelle che restarono assistettero impotenti all'esautorazione
del Regime dei Quaranta. L'infeudamento segnò
l'inizio di una fase di declino, nonostante la promozione
della città a sede vescovile nel 1580. Il 30
luglio del 1627 un catastrofico terremoto,[7] la cui
eco superò i confini nazionali, la rase al
suolo quasi completamente e provocò la morte
di ottocento abitanti e di un imprecisato numero di
forestieri.[8] La ricostruzione fu piuttosto lenta,
nonché frenata dall'epidemia di peste del 1656
e 1657 (vi persero la vita circa tremila cittadini),
ma nel Settecento la città rifiorì,
dandosi fisionomia marcatamente barocca. Il 16 aprile
1797 Ferdinando IV visitò San Severo e vi passò
in rivista il reggimento Regina. Il 25 aprile, invece,
vi vennero in visita il principe Francesco e la regina
Maria Carolina, che assistettero a una messa solenne
nella cattedrale. Nel febbraio del 1799, a seguito
della feroce reazione alla proclamazione della repubblica
giacobina, sfociata nel fanatico massacro dei suoi
fautori, le truppe francesi, comandate dai generali
Duhesme e La Foret, vinsero cruentemente un arrangiato
esercito popolare e saccheggiarono con terribile violenza
la città. Le vittime, tra cittadini e soldati,
furono circa quattrocentocinquanta.