San
Marco in Lamis è un comune pugliese della provincia
di Foggia. Fa parte del Parco Nazionale del Gargano
e della Comunità Montana del Gargano e i suoi
abitanti sono noti come sanmarchesi. Il comune ha
un'isola amministrativa, "Villaggio Azzurro",
in contrada Amendola. La storia della città
si intreccia con quella del santuario di San Matteo,
il cui edificio a prima vista può essere scambiato
per un'antica fortezza, ma in realtà è
un monastero di frati cappuccini risalente al IX-X
secolo. Nel medioevo l'imponente struttura garantiva
protezione agli abitanti del luogo, per la sua posizione
inespugnabile, arroccata su un colle. Il centro storico
denominato Padula (palude) (da lamis in latino equivale
proprio a palude) è di tipo medievale, con
case basse a schiera prevalentemente bianche con strade
strette e vicoli ciechi.
ETIMOLOGIA
Il nome onora Sanctum Marcum (San Marco). La specifica
deriva dal latino lama, ossia palude.
DA
VEDERE
Sulla Via Sacra Langobardorum, si trovano a ridosso
del paese i due conventi francescani di San Matteo
e di Santa Maria di Stignano, la cui storia risulta
intimamente legata a quella dei sammarchesi e della
loro città. Il convento di San Matteo fu edificato
dai Benedettini tra il IX e X secolo su un preesistente
hospitium ed è assurto al massimo splendore
intorno all'anno 1000. Dopo alterne fortune, nel XVI
secolo vede l'insediamento dei frati Francescani che
ne fecero oltre che un centro di culto e di studio,
anche un punto di riferimento per le attività
economiche e sociali della zona. Durante il 1800 subì
le restrizioni imposte prima dai Francesi e poi dallo
Stato Italiano Unitario con le sue leggi soppressive
degli Ordini Religiosi.
Ma
la paziente ed instancabile operosità dei frati
Francescani ha fatto rifiorire l'antico splendore
del convento sia nella struttura dell'imponente edificio
che nel fervore del culto popolare.
Oggi,
nel XXI secolo, arroccato su una salda rupe a dominare
la sottostante valle in cui sorge San Marco in Lamis,
appare alle persone sensibili come un faro che guida
ed ammonisce. Meta di molti fedeli e pellegrini, rappresenta
anche un punto di riferimento per i tanti studiosi
che hanno la possibilità di fruire della sua
voluminosa Biblioteca (oltre 70.000 volumi, con un
fondo antico, che comprende libri stampati tra la
fine del sec. XV e il sec XVIII, e, fra l'altro, 10
incunaboli, 200 cinquecentine e circa 1000 seicentine).
All'interno
del convento sono conservati oltre 600 ex voto.
Essi rappresentano la testimonianza più espressiva
della fede e della pietà popolare sviluppatasi
nel Santuario di San Matteo. Queste tavolette votive
narrano di una serie infinita di disgrazie fisiche
e morali (dal morso dell'asino all'incidente nei campi,
dallo scoppio del fucile durante la caccia all'incidente
d'auto, dal tentativo di omicidio all'assalto dei
briganti, dai bombardamenti aerei alla malattia mortale,
dalle cadute dalle impalcature a quelle nei pozzi).
Uno degli ultimi, un cartoncino disegnato a mano,
esprime uno dei più moderni e reali pericula,
quello scampato dall'anonimo disegnatore negli esami
universitari di medicina dinanzi all'apposita commissione.
Convento
di Santa Maria di Stignano
A quattro Km. circa da San Marco in Lamis, nella amena
valle omonima, si trova il Convento di Santa Maria
di Stignano, le cui origini sono legate ai pellegrinaggi
che si svolgevano sulla Via Sacra Langobardorum. Infatti
esso era uno dei tanti eremi ed oratori che costellavano
i pendii della zona e che fungevano da posti di riposo
e di conforto ai numerosi romei che qui stazionavano
prima di affrontare la restante faticosa via per Monte
Sant'Angelo. I Frati Francescani fecero di questo
Convento una casa di studio e di noviziato per la
formazione dei religiosi. Il fenomeno del brigantaggio
post unitario rappresentò per il Convento un
periodo di decadenza. Il 15 aprile 1863, sotto il
grande arco che unisce la chiesa all'antica casa del
Barone di Rignano, un colpo di fucile mise fine alla
drammatica carriera di Nicandro Polignone, uno dei
capi briganti. Fu chiuso nel 1862 per il dilagare
del brigantaggio e fu riaperto nel 1864. Al di fuori
si ammira la magnifica facciata cinquecentesca della
Chiesa di stile romanico abruzzese. L'interno della
chiesa, sobrio e modesto, invita al raccoglimento
e alla preghiera. L'altare maggiore è stato
progettato dal Prof. Luigi Schingo da San Severo.
Nell'aula magna del Convento vi è una cattedra
settecentesca con magnifiche pitture sulla vita della
Madonna. Nell'interno dell'edificio si può
ammirare l'incantevole loggiato cinquecentesco con
il pregevolissimo portale del 1576 e le pitture cicliche
sulla vita di S. Francesco.
CASTEL
PAGANO
Il sito e' posto sulle prime propaggini del Gargano
che dominano la piana del Tavoliere . Il modo piu'
semplice per raggiungerlo e' seguendo la carrabile
per Sannicandro Garganico, proseguendo fino al Km
12 della provinciale per San Marco in Lamis, dove,
da una strada interpoderale, si giunge allo sterrato
che arriva al sito. Tra i resti spiccano quelli di
un edificio a ridosso del mastio del castello: la
forma rettangolare che ricorda una navata ed il lato
terminale a semicerchio che indica un abside, sono
testimonianza che si tratta sicuramente di una chiesa
. Recenti scavi ancora in corso, sotto la direzione
scientifica della Soprintendenza archeologica della
Puglia, hanno portato alla luce diversi elementi che
potrebbero trasformare l'antica dimora di Federico
II da piccolo borgo a importante centro con oltre
seicento abitanti, un numero di residenti abbastanza
cospicuo per l'epoca.
MANIFESTAZIONI
La città è nota soprattutto per la tradizionale
Processione delle "fracchie", una manifestazione
religiosa popolare molto suggestiva e unica nel suo
genere che si ripete puntualmente da circa tre secoli
ogni Venerdì Santo per la rievocazione della
Passione di Cristo. Le fracchie sono delle enormi
fiaccole, realizzate con grossi tronchi di albero
aperti longitudinalmente a forma di cono e riempiti
di legna, per essere incendiate all'imbrunire e divenire
quindi dei falò ambulanti che illuminano il
cammino della Madonna Addolorata lungo le strade del
paese alla ricerca del Figlio morto. Sembra che le
origini di questo rito risalgano ai primi anni del
1700, epoca di edificazione della chiesa della Addolorata
e le sue ragioni, oltre che di ordine religioso e
devozionale, vadano collegate anche ad una motivazione
di ordine pratico riconducibile alle precise condizioni
fisiche dell'abitato. Infatti, quando venne costruita
(1717), la chiesa dell'Addolorata si trovava fuori
il centro abitato e lì sarebbe rimasta fino
all'ultimo ventennio del 1800. Una collocazione questa
che sollecitò la fantasia degli abitanti i
quali pensarono di illuminare con le "fracchie"
la strada che la Madonna percorreva dalla sua chiesa
fino alla Collegiata, dove era custodito il corpo
del Cristo. Incerta risulta l'etimologia del vocabolo
"fracchia". Potrebbe derivare dal latino
"fractus": rotto, spezzato, aperto (in riferimento
al tronco dell'albero "aperto" per essere
riempito di legna). Oppure, potrebbe trovare origine
dal termine dialettale abruzzese "farchia"
(torcia, fiaccola), trasformatosi per metatesi in
"fracchia".
ECONOMIA
Fino agli anni 1950-1960 che hanno fatto registratre
il picco demografico, l'economia si basava principalmente
sull'agricoltura e sull'artigianato. Tra gli artigiani,
si sono distinti particolarmente gli orafi che si
tramandavano il mestiere di padre in figlio (ricordiamo
i Del Giudice, i Torelli, i Nardella, ecc.), ma muovendesi
sempre secondo gli insegnamenti ed i canoni della
Scuola Napoletana. Dopo quegli anni, la città
ha subìto un brusco calo della popolazione,
causato dalla emigrazione degli abitanti alla ricerca
di lavoro e di migliori condizioni di vita. Tali flussi
migratori dapprima erano diretti verso le Americhe
e l'Australia, poi hanno interessato la Germania,
la Francia, il Belgio e le grandi aree industrializzate
del Settentrione d'Italia.