Ruvo
di Puglia è un comune della provincia di Bari.
L'agro di Ruvo con i suoi vigneti, oliveti e seminativi
è uno dei più estesi della terra di
Bari. Di notevole interesse la macchia boschiva con
numerosi alberi di quercia roverella (Quercus pubescens)
e un ben nutrito sottobosco. Il territorio incluso
nel "Parco dell'Alta Murgia" presenta le
caratteristiche tipiche del paesaggio carsico pugliese:
doline, valli carsiche o "lame", tra le
quali si ricorda il corso superiore della Lama Balice,
oltre a gravi e grotte, tra cui la "Grave della
Ferratella" , che è la più profonda
in regione, e l' "Abisso di Notarvincenzo".
ORIGINI
E CENNI STORICI
Ruvo di Puglia fu anticamente abitata dalle genti
peucete che ne fecero un attivo e florido centro tra
il IV e il III sec a.C., ma già dal IX secolo
a.C. si hanno reperti che attestano insediamenti più
antichi. Nel III secolo a.C. la città di Ruvo
intrattenne scambi commerciali e culturali con la
Magna Grecia, l'Etruria e la Grecia. Divenne importante
centro economico che basava la sua ricchezza sugli
scambi commerciali di olio e vino, sviluppando una
fiorente attività collaterale di produzione
di vasellame da trasporto e da servizio, come testimoniano
i numerosissimi reperti rinvenuti nell'agro di Ruvo
durante le campagne di scavo effettuate dagli Jatta,
dai Caputi e dai Fenicia (patrizi della città).
A seguito delle guerre Sannitiche e di quella contro
Taranto la città entrò nell'orbita d'influenza
Romana, per poi divenire nella Tarda Repubblica dapprima
stazione militare e in seguito municipium. A testimoniare
l'importanza strategica della città vi è
il fatto che essa è attraversata dalla via
Traiana. Alla caduta dell' Impero ne condivise le
invasioni barbariche, subendo le dominazioni dei Goti
per poi divenire dominio bizantino (come testimoniano
gli insediamenti dei monaci basiliani poi cacciati
dai normanni nel XII secolo); si crede che fosse più
volte assoggettata ai saraceni, per poi divenire dominio
del re di Sicilia Ruggero il Normanno; fu in seguito
unita alla contea di Conversano. Seguì le sorti
dell'intero Regno di Napoli subendo le dominazioni
straniere degli Angioini (che ampliarono il Castello
e fortificarono le mura) e degli Aragonesi. Nel 1510
il feudo comitale di Ruvo fu acquistato dal cardinale
Oliviero Carafa per il fratello Fabrizio che unì
la Contea di Ruvo al Ducato d'Andria nel 1522. In
questo periodo la città di Ruvo conobbe un
periodo di splendore che portò l'arrivo dei
monaci domenicani e l'inizio di un rinnovo urbanistico
ed edilizio con la costruzione di numerose chiese,
conventi e case "palaziate". La città
rimase fino al 1806 sotto il dominio dei Carafa, diventando
da quella data libero municipio. Durante il periodo
risorgimentale fu sede di una piccola società
segreta affiliata alla Carboneria e denominata "PERFETTA
FEDELTÀ", tra i cui affiliati vi fu anche
Francesco Rubini, mazziniano elogiato dallo stesso
Mazzini. Negli anni '60 del Novecento l'agro della
Città fu sede di scontri tra i braccianti e
i possidenti, che videro l'occupazione di un tratto
di strada campestre che d'allora fu denominata "Strada
della Rivoluzione".
EDIFICI
RELIGIOSI
La cattedrale di Ruvo di Puglia è uno dei più
noti esempi di romanico pugliese. Fu costruita tra
il XII e il XIII secolo con varie modifiche successive.
La facciata è a capanna con tre portali: il
centrale più grande ed arricchito con bassorilievi
nell'intradosso, probabilmente provenienti da una
costruzione antecedente, raffiguranti Cristo con i
dodici apostoli e altre rielaborazioni di temi iconografici
relativi al Salvatore e altri motivi vegetali; i due
più piccoli e poveri portali laterali sono
individuati da du mezze colonne che forniscono l'appoggio
per due archi a sesto acuto; questi due portali sono
anch'essi provenienti da una costruzione antecedente.
La
facciata è adornata con vari manufatti lapidei
di trascurabile valore; trova invece la sua decorazione
migliore in una bifora col bassorilievo dell'Arcangelo
Michele che sconfigge il demonio e da un rosone a
dodici colonnine variamente lavorate sovrapposte ad
una lamina metallica lavorata finissimamente al traforo
in una bottega locale del secolo XVI. Sopra il rosone
si trova il "sedente" figura alquanto oscura
e ignota, e al culmine della facciata la statuetta
del Cristo Redentore.
L'interno
è suddiviso in tre navate e in un transetto
trasversale alle navate. La navata centrale è
la più grande ed è circondata in alto
da un falso ballatoio (si tratta in realtà
di una mensola-cornicione interno) che si poggia su
due file di colonne, ognuna diversa dall'altra e di
diversa provenienza. In fondo alla navata centrale
vi è il bellissimo ciborio realizzato nell'800
su disegno dell'architetto Ettore Bernich e che si
ispira a quello della basilica di San Nicola a Bari.
L'aspetto
odierno della costruzione è il risultato de
restauri di inizio '900 che furono attuati all'insegna
del ritorno alle forme medievali, nell'ambito nella
mania del Medioevo-renaissance. In realtà nell'epoca
della controriforma la Basilica-Cattedrale fu arricchita
con un ampio complesso di cappelle e cappelloni dedicati
a vari culti.
Palazzo
Jatta
Il palazzo Jatta sorge nel cuore della Ruvo ottocentesca
come valido esempio di edilizia privata stagliandosi
isolato in piazza Bovio con una sobria ed armoniosa
facciata lavorata in pietra locale. L'edificio, eretto
su di un'ampia superficie detta "Palmenti del
Purgatorio" appartenuta precedentemente ad una
confraternita religiosa, fu commissionato nel 1840
all'architetto bitontino Luigi Castellucci (1798-1877)
(Cristiano Chieppa: Luigi Castellucci e l'architettura
dell'Ottocento in Terra di Bari, Schena, 2006.) da
Giulia Viesti quale residenza (con alcune sale da
adibire al museo), di suo figlio Giovanni Jatta junior,
nipote del colto magistrato ruvestino del foro di
Napoli Giovanni Jatta senior. Formatosi nell'ambito
della scuola napoletana, allievo di Antonio Anito,
Castellucci è autore di numerosi edifici e
case signorili di stile neoclassico in Terra di Bari.
La
tipologia è simile ad altre case signorili
progettate da Castellucci, ma per il palazzo Jatta
delle variazioni volute e dettate dal proprietario
costituiscono un elemento di novità. L'alto
muro di cinta che racchiude l'intera proprietà
ed altreri accorgimenti, sono elementi che fanno supporre
ciò che il committente chiese al Castellucci,
cioè "una abitazione extra-moenia con
garanzie difensive".
La
disposizione delle stanze al primo piano è
tipica delle residenze signorili, con una successione
di sale, salottini, camere da pranzo, numerose camere
da letto e cappella; mentre, i locali che prospettano
sulla corte un tempo ospitavano la rimessa delle carrozze,
le scuderie, i depositi e l'ufficio di amministrazione
dell'azienda agricola Jatta. Nell'androne inoltre
è ricavata la scalinata ampia ed elegante che
consente l'accesso al piano nobile, illeggiadrita
da alcuni busti marmorei settecenteschi e da vetrate
in alabastro. È senza dubbio un palazzo signorile
dalle proporzioni equilibrate che nell'aspetto solido
e compatto denota una condizione di vita agiata.
La
facciata principale, estesa per circa 66 metri, coronata
da un imponente cornicione d'attico, è valorizzata
dal grande portale d'ingresso, fiancheggiato da due
imponenti colonne d'ordine toscano dall'alto piedistallo
che con i capitelli di ordine ionico sorreggono la
sovrastante balconata del salone del piano nobile.
Alle sette finestre balconate, disposte simmetricamente,
corrispondono quelle della parte sottostante.
Nel
contesto del prospetto principale fanno bella mostra
gli elementi decorativi, costituiti oltre che dai
componenti lapidei, anche da pregevoli lavori in ferro
battuto delle inferriate a piano terra, della raggiera
che conclude il portone principale, e infine delle
ringhiere dei balconi a primo piano.
Una
cancellata con elegante lavoro in ferro battuto, consente
l'accesso al giardino privato a Sud dell'edificio.
Quest'ultimo denota il classico disegno "all'italiana",
con il tracciato dei percorsi pedonali delimitato
dalle bordure delle aiuole, in cui fanno bella mostra
esemplari di cipressi e palmizi.
In
questo sito gradevole sono presenti alcuni elementi
di arredo, costituiti da una piccola fontana con vasca,
una casina da te, un busto marmoreo con erma bifronte
ed una piccola torre cilindrica munita di una scaletta
esterna con gradini in pietra a sbalzo della muratura
della torre che conduce alla sua copertura.
LUOGHI
DI INTERESSE
Chiesa ed ex Convento dei Domenicani, fabbricato del
XVII-XVIII secolo in stile tardo barocco. Di rilievo
sono una tela del Santafede: "La Vergine delle
grazie tra i santi Francesco d'Assisi e Domenico di
Guzman con anime purganti", la tempera del Corduba
"la Vergine del Rosario regina delle vittorie"
e una tela forse del Gliri "San Vincenzo Ferreri".
Tra le statue si ricorda il bel San domenico dell'altare
maggiore, lavoro del XVII secolo, la statua in cartapesta
della Vergine del Rosario, opera del leccese Manzo
e la "Desolata" di Corrado Binetti. La tela
più rilevante è quella del Mastroleo,
allievo di Paolo De Matteis, raffigurante la "
Presentazione al tempio di Gesù e la purificazione
della Vergine", per molto tempo attribuita allo
stesso De Matteis.
Chiesa ed ex Convento dei Frati Minori Osservanti(s.Angelo)
del XVI-XVII secolo in stile barocco; il chiostro
del convento è affrescato. Nella chiesa è
di notevole interesse il crocifisso ligneo della cappella
Cotugno, una pregevole statua dell'Immacolata, il
sontuoso altare "alla napoletana" e i dipinti
del coro. Ma il pezzo più netovele dell'arredo
di questa chiesa è il capolavoro assoluto del
pittore fiammingo Gaspar Hovic, "l'adorazione
dei magi" eseguito nei primi decenni del '600.
Chiesa ed ex Convento dei Cappuccini costruito nel
XV secolo sotto il titolo di S. Maria Maddalena
Chiesa del Purgatorio del secolo XVI, costruita sulla
cisterna di età romana nota al popolo come
"Grotta di San Cleto".
Chiesa di S. Rocco del secolo XVII, con il gruppo
di cartapesta raffigurante la "Deposizione di
Cristo" (Otto santi) ad opera di Raffaele Caretta.
Chiesa della Madonna delle Grazie, secolo XV con un
bellissimo affresco e cona affrescata
Palazzo Caputi, dimora gentilizia del XVI-XIX secolo
Palazzo Rocca-Spada, dimora gentilizia del XV secolo,
con artistico cortile e balaustra decorata a bassorilievo.
MANIFESTAZIONI
Gli appuntamenti di notevole interesse a Ruvo sono
quelli legati all'antico e profondamente radicato
senso di religiosità popolare. Il 3 Febbraio
è la festa del S. Patrono, Biagio vescovo e
martire in Cappadocia; alle novene in preparazione,
segue nel giorno della memoria liturgica la solenne
processione della statua lignea custodita in Cattedrale
e il Solenne Pontificale presieduto dal Vescovo titolare
di Ruvo con l'atto di devozione popolare del bacio
della Reliquia del Santo custodita in Cattedrale.
Nel
periodo quaresimale seguono i riti di penitenza; tra
questi spiccano le Adorazioni della Croce curate a
turno dalle Confraternite e da ciascuna di esse curate
nella propria chiesa titolare. Il Venerdì di
Passione (anticamente il giorno di culto della B.V.M.
Addolorata) ha principio l'intensa Settimana Santa
ruvese. Dalla Chiesa di S. Domenico si snoda la processione
con il simulacro della Beata Vergine Maria Desolata,
accompagnata dai componenti della Confraternita della
Purificazione-Addolorata. Il Giovedì seguente
(Santo), la mattina alle ora 2,00 si snoda dalla chiesetta
di S. Rocco la processione del simulacro della Deposizione
altresì noto come "Otto Santi" (dal
numero dei componenti del simulacro: le statue del
Cristo morto trasportato al sepolcro dalle Marie,
da Giovanni e dai vecchi Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo)
accompagnato dalla confraternita di S. Rocco. Il giorno
seguente si snoda dalla chiesa del Carmine nel pomeriggio
la lunghissima processione dei 9 Misteri, i simulacri
della passione di Cristo, tra cui il pesantissimo
e pregevolissimo Cristo portacroce (Cristo Calvario)
seguito da una folla di fedeli scalzi e portato a
spalla da 50 uomini. Il Sabato santo si snoda dalla
Chiesa del Purgatorio, a cura della Confraternita
omonima, la processione di Maria SS.ma della Pietà,
con grande afflusso di fedeli e talvolta eziandio
di Pubblici penitenti.
Finalmente
la Domenica di Pasqua si snoda dalla Chiesa di S.
Domenico la processione del Cristo Risorto al cui
passaggio scoppiano le famigerate "quarantane",
i fantocci già appesi il dì delle Ceneri
e simboleggianti le asperità e le ristrettezze
della Quaresima.
La
domenica successiva alla festa liturgica del Corpus
Domini, si ha in Ruvo la festa patronale maggiore,
quella dell'Ottavario (Ottava) del Corpus Domini.
Dopo i giorni di preparazione, la domenica si ha la
processione del SS. Sacramento presieduta dall'Eccellentissimo
monsignor Vescovo con partecipazione del clero cittadino
tutto, delle Associazioni Religiose e Confraternite
e dell'Arciconfraternita cittadine e delle autorità
civili e miliari. La festa esterna prevede una grande
fiera-mercato e la partecipazione di numerosi Concerti
Bandistici cittadini e non. In luglio, mese dedicato
al culto della B.V. del Carmine, si ha nel giorno
16 la processione della titolare dell'Arciconfraternita
del Carmine, con il pregevole manufatto di inizio
'800 della Vergine del Carmine secondo l'iconografia
tradizionale.
Il
16 Agosto procede dalla Chiesa Concattedrale dell'Assunta
la processione della argentea statua di S. Rocco,
protettore della Città, da quando nel '600
difese la città dalla peste. In settembre si
ha la Festa dei SS. Medici con la Fiera esterna di
Sant'Angelo (anticamente importante momento di mercato
animale) e la presenza di parchi giochi. A dicembre,
il giorno 13, si allestiscono i tradizionali falò
in onore di S. Lucia, il cui seicentesco simulacro
sfila per le vie cittadine.