Parabita
Puglia

Parabita è un comune della provincia di Lecce.

EDIFICI RELIGIOSI
Basilica Madonna della Coltura;
Chiesa Matrice dedicata a San Giovanni Battista;
Sant'Anna;
Sant'Antonio;
Sacro Cuore di Gesù;
Chiesa delle Anime del Purgatorio;
Chiesa dell'Immacolata;
Chiesa del Crocifisso o degli Alcantarini;
Cripta di Santa Marina.

MANIFESTAZIONI
Maggio: ultimo sabato domenica e lunedì. Festa Patronale “Madonna della Coltura”: vari eventi e manifestazioni correlate, di cui è particolarmente noto e spettacolare l'“incendio” del campanile il lunedì.
24 Giugno: Festa di San Giovanni Battista, protettore dell'omonima Chiesa Matrice
Agosto: Sagra dell’anguria, con degustazioni gratuite
Agosto: Festival "Arte in Parabita"

FESTA PATRONALE
La festa patronale è dedicata a Maria SS. della Coltura, patrona della città; assieme ai compatroni San Rocco e San Sebastiano. La festa inizia il sabato sera con la processione del simulacro per le vie della città. La processione, parte dalla Basilica di Maria SS. della Coltura e culmina in piazza Umberto I dove la statua della Vergine viene lasciata nella Chiesa Matrice. L'indomani, la Domenica, c'è un'altra processione, che ricorda il ritrovamento del monolito. Infatti la storia dice che un contadino mentre arava con i buoi trovo un Monolito raffigurante una Vergine, così corse in paese ad annunciare la lieta notizia. Fu preso il Monolito e portato nella Chiesa Matrice. L'indomani quando fu aperta la Chiesa, non fu più trovata lì, ma fu trovata nella CHiesa fuori la città di fronte alle campagne. Allora si capì che la Madonna voleva stare vicino alle campagne e le fu dato il nome Coltura o Agricoltura. La Domenica si ricorda il fatto e mentre la processione si ferma "ssutta a porta" (frase in dialetto che indica un luogo della città, dove un tempo sorgeva la porta) delle perone dette "curraturi" cioè corridori, partono dal luogo dove è stato trovato il Monolito e corrono fino al luogo della processione (1 km). Dopo continua la processione con le statue della Madonna, di San Rocco e di San Sebastiano. L'indomani mattina come tradione vuole il simulacro viene portato in Basilica, dove viene celebrata la Santa Messa. La festa è molto sentita dai parabitani e dai contadini, infatti molti contadini accorrono alla festa perchè la Madonna della Coltura è loro Patrona. La festa della Madonna è famosa anche per le luminarie e fino a qualche tempo fa anche della simulazione dell'incendio del campanile.

ORIGINI E CENNI STORICI
La presenza dell'uomo sul territoio di Parabita ha origini remote (80.000 a.C. circa). Nel 1966, infatti, in una grotta denominata poi "delle Veneri", furono trovati reperti risalenti in parte al Paleolitico medio, appartenenti all'Homo Sapiens Neanderthalensis (Neanderthal) e in parte al Paleolitico superiore (35.000-10.000 a.C.), appartenuti all'Homo Sapiens-Sapiens (Cro-Magnon), due schelestri acefali (Cro-Magnon 35.000 a.C.) e due statuine (12.000-10.000 a.C.) scolpite in osso di cavallo dell'altezza di 9,6 cm l'na e 6,7 cm l'alra, riproducenti donne in stato di gravidanza. La "Grotta delle Veneri" è uno degli insediamenti archeologici più importanti del Salento, in seguito alla cui scoperta si è potuto avere la certezza dell'uomo di Neanderthal nel Bacino del Mediterraneo. Il Neanderthal si estinse, forse vinto dalla maggiore evoluzione del Sapiens-Sapiens (Cro-Magnon), che, probabilmente, lo costrinse a vivere in nicche sempre più periferiche per poi distruggerlo. L'antopolizzazione fissa della grotta da parte del Cro-Magnon si ebbe sino al 3.000 a.C. (età del rame), quando l'evoluzione dell'individuo portò ad una maggiore socialità, ad un crescente bisogno di aggregarsi, ed infine al concetto di tribù. La popolazione della grotta era aumentata, per cui i suoi abitanti si spostarono poco distanti da essa (300 m circa) a sud-ovest e fondarono un villaggio in periodo neolitico. Sull'asse nord-sud scavando la roccia, situarono una fila di grosse buche al centro e delle altre più piccole ai lati, dentro vi infissero dei pali, su di essi poggiarono una copertura di canne e costruirono capanne. Ancora oggi, nella zona archeologica del villaggio, sono visibili i segni di questo sistema costruttivo arcaico; la grotta restò come luogo di culto. Lo sviluppo urbanistico e sociale del villaggio si ebbe sino all'anno 1.000 a.C. (età del bronzo), quando in una valle situata ad ovest di esso, fu fondata Baubota o Bavota, una forte città Messapica che subì un processo di colonizzazione greca intorno all'800 a.C. (età del ferro). In seguito i Messapici, popolo tendenzialmente pacifico, dovette ingaggiare guerra contro Taranto e poi, alleati di essa, contro Roma. Bavota fu vinta e assoggettata (272 a.C. - 400 d.C.) ma, per la sua importanza, Roma le lasciò una certa autonomia, tanto da poter avere una zecca propria e coniarsi delle monete. Una di queste fu trovata verso la metà del XX secolo nelle campagne fra Paraita e Tuglie, dove sorgeva la città. Bavota subì l'influsso Bizantino grazie ai Monaci Basiliani, giunti nel Salento dopo il 726 d.C. anno in cui Leone III l'Isaurico, imperatore d'Oriente, diede il via all'Iconoclastia (avversione e distruzione delle immagini sacre). Nel 927 d.C., benché fosse "forte e turrita", la città non poté sottrarsi alla distruzione dei Turchi. I superstiti si spostarono più a sud e fondarono il nuovo casale, Parabita, sulla cui etimologia si sono fatte varie ipotesi. La scelta del luogo non fu casuale, si realizzarono le prime costruzioni sull'asse che va dalle attuali Piazza della Vittoria (rione Montella o Munteddhra) a Piazza Immacolata perché nel posto vi erano delle grotte basiliane, segno di una precedente antropizzazione del luogo. Gli abitanti erano talmente legati e nostalgici dela vecchia città che ne riprodussero la tipologia costruttiva, di cui ci è rimasto un esempio in Via S. Nicola, datato 1.200, alle spalle della Chiesa dell'Immacolata. La nuova città aveva una fore cinta muraria su cui si apriva a nord la "Porta di Lecce"; ad ovest "Porta di Gallipoli" (luogo oggi familiarmente chiamato "ssutta "a porta""; a sud una terza porta, di cui si è persa la memoria del nome; ad est la "Porta Falsa". Quest'ultima si chiamava così perché veniva centinata con le dimensioni delle altre ma si realizzava con un'apertura più contenuta per permettere il passaggio dei contadini verso i campi e non quello di mezzi voluminosi. Ciò perché nella cinta muraria, per questioni di sicurezza, si realizzava il minor numero di aperture possibili. Lo Stemma civico di Parabita presenta due torri con due cipressi, unite da un ponte, l'insieme dominato da un angelo che ha in mano una spada. Anche questa sembra una reminescenza della vecchia Bavota, in quanto la stessa effigie si trovava su una faccia delle sue monete con l'unica differenza di un uccello al posto dell'angelo. La storia del nuovo casale non si può scindere da quella dei suoi feudatari. Nel 1231 Parabita era in mano a Bernardo Gentile, che la perse per mano degli Angioini per i quali realizzarono il maniero, la cui facies si trasformò nel tempo in seguito alle ristrutturazioni che gli hanno conferito l'attuale aspetto. Nel 1269 il feudo passa al francese Giovanni Di Tillio, figura bieca ed ambigua che arriva a vessare i suoi stessi vassalli. Alla sua morte il feudo passò ai figli e poi a Niccolò Adimari. Nel XII secolo si realizzo il primo corpo di fabbrica della Chiesa di S. Giovanni Battista, che consisteva nella parte odierna del Transetto (Cappella dell'Addolorata, Presbiterio e Sagrestia); la zona perpendicolare delle navate fu aggiunta a più riprese nei secoli successivi. Sembra che la nuova Chiesa fu costruita nel luogo dove si trovava una chiesetta poi abbattuta, dedicata a S. Biagio, in cui si officiava il rito Greco. Nel XIV secolo, Parabita era dei Sanseverino e probabilmente fu alla fine di questo secolo che venne realizzata la Chiesa di S. Maria dell'Umiltà. Alcuni documenti, infatti, attestano che nel 1405 vi officiavano i Padri Domenicani che erano insediati nell'adiacente Convento. Nel XV secolo, era feudatario Ottino De Caris, poi Giovanni Antonio Del Balzo Orsini. Nel 1494 i veneziani espugnarono Gallipoli, si spostarono all'interno e occuparono anhce altri paesi fra i quali Parabita. Testimonianza del loro passaggio è il Palazzo dei Veneziani in Borgo S. Marco, nelle vicinanze della Chiesa matrice. Sulla facciata del palazzo vi è una edicola votiva dedicata a S. Marco, segno della fede di chi lo aveva abitato. Da Giovanni Antonio Del Balzo il feudo, dopo varie successioni, pervenne nel 1507 a Francesco Del Balzo Orsini, Conte di Ugento, alla corte del quale viveva Antonio Lenio, scrittore parabitano, autore dell'ORONTE GIGANTE, opera giudicata da Benedetto Croce uno dei più importanti, se non l'unico, contributo del meridione alla letteratura epico-cavalleresca. Le fortune degli Orsini finirono nel 1528. Tra il 1515 e il 1528, infatti, si era sviluppata in Europa la guerra fra Carlo V di Spagna e Francesco I di Francia che ebbe i suoi focolai anche nel Salento, dove, ad eccezione di Parabita e di Ugento, la maggior parte delle città si erano schierate con lo spagnolo. La battaglia decisiva, disputatasi il 13 luglio 1528 a Pergolaci, nelle campagne fra Alezio e Gallipoli, vide vincitori gli spagnoli, appoggiati da Pirro Castriota che comandava un piccolo drappello di gallipolini. In seguito a questa disfatta, i Del Balzo Orsini scapparono da Parabita e con essi Antonino Lenio. Dal 1531 il feudo fu gestito dal Regio Fisco che indennizzava i creditori dei Del Balzo Orsini con la rendita del Castello. Nel 1535 il feudo fu acquistato da Pirro Castriota, uno degli artefici della vittoria di Pergolaci, senza dubbio il piò illuminato feudatario di Parabita. Egli diede importanza e procurò fama al Paese, lo rivoluzionò dal punto di vita economico, sociale e urbanistico. Organizzò l'attuale Piazza Umberto I come luogo di scambi commerciali e sociali, intervenne sul tessuto urbano facendo ristrutturare il Castello da Evangelista Menga, l'architetto copertinese, che operò anche nei manieri di Copertino e Lecce, che ne rinforzò le difese e, allo stesso tempo, conferì alla struttura un aspetto più di residenza che di maniero difensivo; inoltre commissionò all'architetto e scultore leccese, Gabriele Ricciardi, il portale di tramontana della Chiesa Matrice e quello di palazzo Castriota. Il XVI è il secolo in cui visse Fra Dionisio Volpone, paranbitano, monaco teatino ed insigne architetto che, trasferitosi a Bitonto, fu progettista e direttore dei lavori del Duomo fino all'anno della sua morte, giunta nel 1610. Nella Parabita rinascimentale vi fu un fiorire di palazzi: palazzo Lopez y Royo, palazzo De Ramis, dal bellissimo bassorilievo al cui centro vi è lo stemma del casato e, ai lati, la deposizione di Cristo a sinistra e l'Annunciazione a destra.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI LECCE - LE
ISTITUTO MARCELLINE - LECCE - LE
LICEO CLASSICO GIOVANNI PAOLO II - LECCE - LE
CUPERTINUM - ANTICA CANTINA DEL SALENTO - COPERTINO - LE