|
|
|
Nardò
è una città del Salento in provincia
di Lecce. Nardò sorge a sud-ovest del capoluogo,
dopo il quale è il secondo centro della provincia
per popolazione, ed è adagiata in piano appena
37 metri sul livello del mare. È una delle
maggiori città della Puglia meridionale. Il
territorio, la cui estensione è la più
vasta dopo quella del capoluogo, confina con quelli
di Avetrana (TA), Copertino, Galatina, Galatone, Leverano,
Porto Cesareo, Salice Salentino, Veglie.
ETIMOLOGIA
Deriva dal latino Nereton che a sua volta si riferisce
alla base nar o ner presente anche nei nomi di fiume.
TURISMO
Nardò ha un territorio vasto e diversificato
ed una presenza importante e molto qualificata nel
turismo italiano e salentino, con le sue marine d'eccellenza
che da Santa Maria al Bagno, passando da Santa Caterina,
Porto Selvaggio e Palude del Capitano (col suo magnifico
Parco Naturale Regionale) e Torre dell'Inserraglio,
arrivano fino a Sant'Isidoro (con le sue gradevoli
spiagge con bassi fondali a sabbia chiara e finissima,
ed il nuovo villaggio turistico). A parte il fascino
della costa e della natura, che hanno in Porto Selvaggio
con le sue insenature e le sue pinete mediterranee
ricche di biodiversità caratteristiche uniche,
il nuovo centro turistico di Torre Inserraglio offre
ogni possibile attrattiva turistica esaltando ambiente
(mare, scogliera bassa, torre storica, ulivi antichi
e palme), sport, accoglienza (alberghi e residences
e case private), cucina locale, soggiorno d'avanguardia
e d'elevata qualità, con un clima che per tutto
l'anno è gradevolissimo ed in estate per tutti
e quattro i mesi il sole ha la prevalenza e garantisce
un soggiorno gradevole e favorevole ai bagni marini
per tutte le età. Nel 2007 la Città
ha conseguito il prestigioso riconoscimento delle
cinque vele di Legambiente per il grande rispetto
dell'ambiente, con l'istituzione del Parco di Portoselvaggio
e della Palude del Capitano, del Parco Marino Protetto,
per la lotta all'abusivismo edilizio e per la depurazione
delle acque e per il turismo eco-compatibile.
DA
VEDERE
I monumenti principali di Nardò sono il teatro
comunale risalente al 1800, Piazza Salandra con la
Guglia dell'Immacolata, il sedile e il Palazzo di
Città e la chiesa di San Domenico rispondenti
tutti allo stile barocco, la Cattedrale e il palazzo
vescovile col seminario e i vari palazzi signorili
o le abitazioni a corte tipico esempio abitativo del
Salento.
EDIFICI
STORICI
Castello degli Acquaviva
EDIFICI
RELIGIOSI
Monastero di Santa Chiara (XIII secolo)
Cattedrale (XI secolo, romanica)
Chiesa di San Domenico
GROTTE
Grotta delle Corvine (sommersa)
ORIGINI
Secondo la tradizione la città di Nerìton
fu fondata da un gruppo di cretesi-micenei. Come tutte
le città antiche, anche Nardò avrebbe
origini leggendarie. Una leggenda vede la città
fondata nell'anno 3559 a.C. del Calendario Ebraico
dal mitologico Nereo, proveniente dall'isola greca
di Leucade. Un'altra leggenda racconta che a fondare
Nardò furono Egizi, sulla base dello stemma
civico della città, che per alcuni era il Dio
Sole che essi adoravano. La terza leggenda narra che,
durante il governo italico di Enotro, un gruppo di
abitanti dell'Epiro chiamati Chones giunsero nella
Japigia e fondarono Gallipoli e Nardò. Un'altra
vuole che la Città sia stata edificata là
dove un toro raspando il terreno con lo zoccolo fece
zampillare acqua. Si richiama così l'etimologia
del nome della Città dell'Illirico NAR che
vuol significare, appunto, acqua. Infatti, lo stemma
araldico della Città è così composto:
d'argento, al toro di rosso contornato d'oro, sulla
pianura erbosa, con la zampa anteriore destra sollevata,
su di uno zampillo d'acqua. Sotto lo scudo su lista
bifida d'argento, la scritta in nero: "TAURO
NON BOVI". Ornamenti esteriori da Città.
La città ha radici antichissime e forti testimonianze
di ogni epoca, dalla preistoria in poi. Numerosissimi
i reperti e le testimonianze ritrovate su tutto il
territorio, in particolare nella Baia di Uluzzo, nelle
diverse grotte, e in particolare in quella di Uluzzu
e del Cavallo. In queste due grotte sono stati ritrovati
elementi archeologici ritenuti come le prime manifestazioni
di arti figurative esistenti in Europa, catalogati
nel Paleolitico Medio e Superiore, l'unicità
di tali ritrovamenti hanno determinato il nome di
quel preciso periodo preistorico che viene definito
appunto Uluzziano.
CENNI
STORICI
Si ipotizza che la nascita di Nardò come centro
abitato sia avvenuta nel VII sec. a.C. con la presenza
di un insediamento messapico. Nel 460 a.C. i salentini-messapi
di Neriton si allearono con Atene nella lotta contro
Siracusa. Nel III sec. a.C., la città divenne
alleata di Pirro e dei Tarantini nella guerra contro
i Romani. Nel 266 a.C., però, la città
venne completamente occupata dai Romani, che la saccheggiarono
e la distrussero. Nel 216, in seguito alla vittoria
di Annibale sui Romani a Canne, tutta l'Apulia, col
Salento e Nardò, passarono sotto il controllo
dei cartaginesi. Tra il 90 e l'88 a.C. la guerra sociale
vide il Salento diviso tra le città latine ed
italiote, fedeli a Roma, e quelle ribelli dei peucezi
e messapi, in seguito duramente punite. La sconfitta
subita nella cosiddetta Guerra Sociale, dagli alleati
italici contro Roma, portò Nardò alla
rovina in cui giacque per tutta la durata della Repubblica.
Nel 26 a.C., abbandonata per decenni, Nardò fu
riedificata sotto l'impero di Ottaviano Augusto con
il nome di Neretum. In meno di un secolo, Neretum prosperò
e si riappropriò dell'antica importanza, tanto
che gli imperatori Traiano e Adriano la inclusero in
un programma di ampliamento della rete viaria dell'Impero.
La nuova strada, che doveva creare un'alternativa alla
via Appia, era la Traiana Salentina e doveva collegare
le città di Taranto, Manduria, Nardò,
Alezio, Ugento e Veretum. Alcune iscrizioni rendono
noto che la città, già nel III sec. d.C.
era ascesa a municipium romanum e vi era già
un emporium nauna, da essa dipendente. Questo Emporium
è probabilmente identificabile con una grossa
borgata di pescatori e mercanti situata sulla costa
e dipendente da Nardò: Santa Maria al Bagno oppure
Porto Cesareo. Dopo la caduta dell'Impero romano. In
seguito alla caduta dell'Impero romano (476) e alle
battaglie tra Bizantini e Goti (544), a Nardò
si stabilì la dominazione bizantina (552-4),
e solo per un breve perido che va dal 662 al 690, quella
dei Longobardi di cui rimase qualche traccia nel linguaggio
e nei contratti nuziali eseguiti secondo lo Jure Longobardorum.
Nel 761, secondo la leggenda, alcuni monaci basiliani,
provenienti da Oriente, spinti da un forte vento di
scirocco, approdarono sulla costa neretina. Accolti
dalla cittadinanza, secondo la leggenda riportata dallo
storico neretino Giovan Bernardino Tafuri, i monaci
donarono al paese le reliquie di San Gregorio Armeno,
evangelizzatore dell'Armenia e fondatore dell'omonima
chiesa, le reliquie di San Clemente ed il Simulacro
del Crocifisso Nero. I monaci diffusero il rito e il
culto orientale e svilupparono un sistema di diritto
privato ed agrario derivato dai loro paesi d'origine.
Nel centro abitato i monaci fondarono l'Abbazia di Santa
Maria di Nerito. In seguito alla dominazione bizantina
e alla fondazione dell'abbazia basiliana, la lingua
greca divenne la principale lingua di Nardò e
tale abbazia, divenne l'elemento di congiunzione giurisdizionale
con la Chiesa greca e con l'Impero d'Oriente, e resse
la città per più di due secoli, non solo
spiritualmente, ma anche socialmente e culturalmente.
Alle dipendenze dell'abbazia, fu creata la Scholae Scriptoriae
e le grafie greche, allora molto decadute, furono corrette,
migliorate e perfezionate al punto che si parlò
di litterae Neretinae come di un nuovo stile di grafia
ellenica. Nardò si inserì saldamente nel
tessuto storico-politico della società e della
civiltà ellenico-orientale-bizantina, con la
quale condivideva ormai, lingua, religione e civiltà.
Tra il 901 e il 924 Nardò fu attaccata e saccheggiata
dai Saraceni, provenienti dalla Sicilia. Nelle cronache
dello storico arabo Ibn al-Athir si legge che il pricipe
aglabita Abd Allah, fautore della guerra santa e figlio
del feroce Ibrahim ibn Ahmad, si recò a Naritinu
il 20 luglio 901, e se ne insignorì, dando esempi
di giustizia e buona condotta nei confronti dei sudditi.
Nel 1055 i Normanni intrapresero e portarono a termine
la conquista di quasi tutto il Salento. Goffredo di
Conversano, nipote di Roberto il Guiscardo, nel 1058
riesce a impadronirsi di Nardò e Lecce. Per due
anni, le vittorie e le sconfitte si alternano, fino
al Concilio di Melfi, allora capoluogo dei domini normanni,
in cui Papa Niccolò II palesò la sua intenzione
di avvalersi del sostegno normanno per ripristinare
il proprio potere sulle terre bizantine. Tra il 1088
e il 1092, per ordine dello stesso Goffredo, si ricostruirono
le mura della città e venne edificato un castello
(non più visibile), mentre fu concesso ai monaci
benedettini di insediarsi, al posto dei basiliani, nell'Abbazia
di Santa Maria di Nerito. Nel 1133 re Ruggero di Sicilia
si impadronì della città. Nel medesimo
periodo, il geografo arabo Edrisi compilava la mappa
ed il libro con la descrizione delle città del
Regno di Sicilia, e in esso è compresa Nardò.
Fra il 1148 e il 1212, la Contea di Nardò fu
consegnata al Regio Demanio, venendo a dipendere direttamente
dalla corona. Con le nozze della principessa Costanza
d'Altavilla con lo svevo Enrico VI del 1186, anche la
Puglia e la contea di Nardò passarono sotto al
giurisdizione degli Svevi, e questo comportò
mutamenti fondamentali nella storia feudale di tutto
il Salento. Nel 1212 Nardò fu infeudata dall'imperatore
Federico II di Svevia al fedele vassallo Simone, della
nobile famiglia dei Gentile. Cominciò ad emergere
in città una nuova aristocrazia, fedele agli
Svevi, e per la prima volta la parte ghibellina assume
la guida della città. Nel 1250, dopo la morte
di Federico II e il passaggio dello scettro reale a
Manfredi, il popolo rimase fedele agli ordini degli
Svevi, rifiutando ogni obbedienza alla Santa Sede, difendendo
i vassalli, fra i quali il conte Tommaso Gentile ed
i suoi familiari; per questo motivo le truppe papali,
radunato un forte esercito, lo inviarono contro Manfredi
ma furono sconfitte. In seguito, lo stesso Manfredi
inviò un esercito per riconquistare le città
sottratte al proprio potere, fra cui Nardò. La
città venne riconquistata dai suoi mercenari
saraceni e restituita al conte Tommaso e ai suoi vassalli.
Non appena lesercito di Manfredi lasciò
la Terra d'Otranto, le città di Brindisi, Mesagne
ed Otranto, fedeli al pontefice, attaccarono nuovamente
Nardò per destituire il conte e saccheggiarono
la già tormentata città. Manfredi, appena
appresa la notizia, ritornò immediatamente indietro,
assediò e distrusse Brindisi, città a
capo della rivolta e liberò Nardò, ove
fece restaurare le mura diroccate in seguito agli attacchi
subiti. Tutto ciò avvenne il 12 febbraio 1255,
mentre nel 1256 Tommaso Gentile muore. Le storie riguardanti
la fedeltà papale di Nardò e la leggenda
del miracolo del Cristo Nero riportate in questo periodo,
sono delle falsificazioni storiche. Nel 1266, alla morte
del padre, arriva al governo neretino Simone Gentile,
ultimo discendente della nobile famiglia. Nello stesso
anno, Carlo I d'Angiò, nominato re di Sicilia
da papa Clemente IV, era sceso nel meridione e combatteva
lesercito di Manfredi a Benevento, il quale fu
sconfitto. Questo segnò lepilogo, per tutta
la Puglia, di unepoca fra le più fulgide
e creative per la storia politica, artistica e culturale.
Leroico tentativo della famiglia Gentile contro
gli Angioini fu represso col sangue e, secondo la tradizione,
il conte Simone Gentile, nel febbraio 1269, fu decapitato
nella pubblica piazza con gli altri nobili ghibellini.
Nel 1271 Carlo I d'Angiò assegnò il feudo
neretino e altri territori alla signoria di Filippo
de Toucziaco o Toucy, suo consanguineo, che resse la
contea fino al 1283, anno del suo decesso; i territori
vennero allora assegnati a casate vicine alla corte
francese. In questo periodo, la città subì
notevoli trasformazioni amministrative, sociali e politiche,
e di conseguenza, anche urbanistiche. Inizia a nascere
il concetto di Universitas, non in accezione accademica,
ma come istituzione aristocratica a carattere esclusivamente
consultivo, subordinato al reggente. Nel 1284 la reggenza
della città passa a Guidone dAlemagna,
in sostituzione di Giovanni di Chantilly. Lanno
dopo alcuni abati e baroni neretini prestarono giuramento
al nuovo re di Napoli, Carlo II, nel parlamento di Melfi.
Tra questi, il reggente Filippo Cinard e il sindaco
di Nardò Ruggero cavaliere de Ruggero. Nel 1289,
la città passò dalla nobildonna Mobilia
de Cotigny, moglie di Guglielmo Cinard, fratello di
Filippo, nuovamente al cavaliere Guidone dAlemagna
che dovette far fronte ad alcuni tafferugli tra la popolazione
neretina e la comunità ebraica. Nel 1369, alla
morte di Filippo II di Taranto Nardò passò
sotto la guida del nipote, Giacomo del Balzo, che oltre
al titolo di conte di Nardò, ebbe quello di principe
di Taranto e di pretendente al trono di Costantinopoli.
Giovanna, regina di Napoli, gli aveva usurpato ogni
diritto, sia sul principato di Taranto, sia sulla contea
di Nardò, che dopo oltre due secoli tornò
alla diretta dipendenza della sovranità regale.
Durante lo scisma della chiesa romana, l'antipapa Clemente
VII trasformò la sede abbaziale di Nardò
in episcopato, nominando primo vescovo della città,
il neretino frà Matteo de Castello. La città
parteggiava per l'antipapa e per la regina Giovanna
che concedeva molti privilegi. Tra il 1385 e il 1400,
i conti Sanseverino, potenti patrizi salernitani, acquistarono
la città. Nel 1400 il vescovo de Castello fu
cacciato, l'episcopato tornò ad essere sede abbaziale
e la città demaniale. Nel 1406, in seguito alla
morte di Raimondo Orsini del Balzo, la vedova contessa
Maria d'Enghien sposa Ladislao I d'Angiò Re di
Napoli, portando in dote il principato di Taranto, con
la contea di Nardò. Questo matrimonio riportò
la pace nella città e una serie di privilegi
tra cui l'indulto generale e la riconferma di privilegi
di cui godeva in precedenza. Nel 1413 l'antipapa Giovanni
XXIII eleva l'abbazia neretina a sede episcopale. Nel
1414, alla morte di re Ladislao, il regno passò
alla sorella Giovanna II, ma un anno dopo, la città
di Nardò fu assaltata da Luigi Sanseverino, che
governò con giustizia e benevolenza. Sotto il
suo governo, rifiorirono le palestre per la ginnastica
e l'esercizio delle armi, ma soprattutto le Scuole Neretine,
in cui studiarono gli intellettuali più rappresentativi
dell'epoca, affidate a dotti maestri di grammatica,
teologia, filosofia "scientifica" aristotelica.
Il Galateo decantò l'importanza di tali scuole.
Nel 1420 Giovanna II conferma con privilegio la contea
di Nardò al principe Luigi Sanseverino, conte
di Copertino, ma nel 1422, in seguito alla rivolta contro
la regina ad opera dello stesso Sanseverino, la contea
venne infeudata ai domini dei Del Balzo Orsini. Alla
morte di Giovanni Orsini, nel 1463, la città
di Nardò ritornò sotto il principato tarantino
di Ferdinando I d'Aragona. Egli venne a visitarla e,
data la benevolenza dei cittadini, le concesse alcuni
privilegi tra cui il passaggio al demanio diretto della
corona. Nel 1480 l'armata ottomana, dopo aver saccheggiato
e occupato Taranto, assale Gallipoli e Nardò.
Nel 1483, a causa della pressante situazione economica
del regno, Ferdinando I si vede costretto a vendere
il feudo di Nardò al conte Anghilberto del Balzo
Orsini, conte di Ugento e Presicce, per la cifra di
11.000 ducati. Il 19 maggio 1484 la flotta veneziana,
occupata Gallipoli, cinse le mura neretine, ma la popolazione
fu colta alla sprovvista e priva di soldati e di armi,
stremata, si consegnò agli ammiragli veneti,
di chiara natura filofrancese, accettando le condizioni
imposte. Nardò, considerata colpevole di lesa
maestà, declassata a casale, passò alle
dipendenze di Lecce e fu punita con l'abbattimento delle
mura. Nardò rimase sotto la giurisdizione di
Lecce solo per pochi mesi, da marzo a novembre del 1485,
quando fu temporaneamente restituita ad Anghilberto
del Balzo che l'aveva abbandonata e consegnata al nemico.
Per rientrare in possesso della città, egli aveva
tradito i suoi complici nella Congiura dei Baroni, e
fu per questo decapitato la notte del 12 agosto 1486
dallo stesso re aragonese. La città ritornò
alle dipendenza dirette della corona finoa ll'inizio
del ducato degli Acquaviva. Nel 1497 Federico I d'Aragona,
ultimo re della dinastia aragonese di Napoli, assegnò
il feudo di Nardò al conte Belisario Acquaviva,
figlio di Giulio Antonio, duca d'Atri, morto nella battaglia
di Otranto del 1481, e di Caterina del Balzo Orsini.
A lui rimase la città anche quando, nel 1510,
fu elevata a ducato. Egli riabbellì la città
architettonicamente, rifece strade e scuole, favorì
le accademie e le altre pubbliche istituzioni. Nel 1507,
sotto il suo influsso, fu rifondata l'Accademia del
Lauro. Nonostante le sue qualità, rimase comunque
un despota e un oppressore per i neretini, in quanto
volle nelle proprie mani tutta la giurisdizione civile,
penale ed ecclesiastica. Nel 1528 le truppe francesi
del capitano Lautrec, al fianco di Francesco I nella
guerra tra Francia e Spagna per il Regno di Napoli,
assediarono ed occuparono la città, distruggendo
interi tratti di mura e alcune chiese. Subito dopo però,
i francesi fuggirono a causa della peste e la città
ritornò ad essere feudo demaniale grazie all'intervento
dell'imperatore Carlo V che aveva riscontrato nei neretini
un'avversione nei confronti degli Acquaviva. Tuttavia,
nel 1532 la città tornò alle dipendenze
della casata, nella persona di Giovan Bernardino Acquaviva,
figlio di Belisario. Nardò rimase sotto il dominio
della casata Acquaviva fino al 1806, anno in cui il
feudalesimo fu abolito. Nel 1635 Fabio Chigi, patrizio
senese e futuro papa Alessandro VII, fu nominato vescovo
anche se non mise mai piede nella diocesi neretina.
In quell'anno il ducato di Nardò era governato
da donna Caterina Acquaviva, che però morì
l'anno successivo, 1636 passando il testimone a suo
figlio, Giovan Girolamo Acquaviva. Egli passò
alla storia della città col nome di Guercio di
Puglia e fu la causa di una rivolta del popolo nel 1647.
La sommossa fu repressa col sangue. La città
impiegò molti anni per riprendersi dalle orrende
vicende della rivolta e solo agli inizi del settecento
tornò ad una fase di normalità, grazie
soprattutto all'elezione del vescovo Antonio Sanfelice
del 1708. Egli, nei trent'anni del suo vescovado, incentivò
innumerevoli e disparate attività culturali.
La spinta culturale data da questo vescovo alle arti
fu talmente considerevole che portò perfino alla
manomissione di scritti e documenti da parte dell'archivista
e bibliotecario Pietro Polidori e dallo storico Giovan
Bernardino Tafuri, allora sindaco di Nardò e
collaboratore del vescovo. Tali manomissioni furono
effettuate per assecondare i progetti ambiziosi dell'alto
prelato e dimostrare l'antichità dell'istituzione
vescovile di Nardò rispetto a quella di Gallipoli
e Otranto e per giustificare la stretta dipendenza dalla
Santa Sede romana. Del 1724 è la rinascita dell'accademia
neretina chiamata degli Infimi Renovati. L'inizio del
rifiorire della cultura neretina fu disastrosamente
interrotto la sera del 20 febbraio 1743, quando un terribile
terremoto scosse la città. Il 29 aprile 1797
la città ricevette la visita del re Ferdinando
IV. Con l'abolizione del feudalesimo, la città
non fu più soggetta alla tirannia della famiglia
Acquaviva, che rimase comunque titolare di numerose
proprietà. Furono eletti commissari governativi
Mattia de Pandi, Antonio Tafuri e Giuseppe Bona. Nel
1810 anche a Nardò si diffuse la Carboneria con
la setta della Fenice Neretina. Nel 1818 vi furono gli
scontri fra i Carbonari e le truppe dei Borbone nelle
campagne tra Nardò e Copertino. In seguito all'unificazione
del 1861, si procedette all'elezione del primo sindaco
del Regno d'Italia, Nicola Giulio. Una tappa importante
della storia contemporanea di Nardò e dell'Italia
tutta è da riconoscere nell'immediato dopoguerra,
cioè tra il 1943 e il 1945 quando la popolazione
neretina accolse presso Santa Maria al Bagno un campo
profughi di ebrei scampati alla furia dei campi di concentramento
nazisti, organizzato dagli Alleati. I neretini, pur
con le difficoltà della guerra, accolsero i profughi
non protestando quando ad alcuni di essi furono requisite
la case, usate per la villeggiatura, per ospitare appunto
gli ebrei, ma anzi diedero vita ad episodi di grande
solidarietà e amicizia che tutt'ora durano. I
profughi, laciarono tracce indelebili della loro permanenza
a Nardò attraverso dei Murales che narrano quegli
anni. Un'associazione culturale, l'APME (Associazione
Pro Murales Ebrei), lotta da circa vent'anni per realizzare
un museo della memoria che si occupi di salvaguardare
quei murales e di conservare la memoria di quegli anni
di solidarietà e fratellanza grazie ai quali,
nella commemorazione della Giornata della Memoria del
2005, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
conferì, motu proprio, alla Città la Medaglia
d'Oro al Merito Civile con la seguente motivazione:
Negli anni tra il 1943 ed il 1947, il Comune di
Nardò, al fine di fornire la necessaria assistenza
in favore degli ebrei liberati dai campi di sterminio,
in viaggio verso il nascente Stato di Israele, dava
vita, nel proprio territorio, ad un centro di esemplare
efficienza. La popolazione tutta, nel solco della tolleranza
religiosa e culturale, collaborava a questa generosa
azione posta in essere per alleviare le sofferenze degli
esuli, e, nell'offrire strutture per consentire loro
di professare liberamente la propria religione, dava
prova dei più elevati sentimenti di solidarietà
umana e di elette virtù civiche. Il gonfalone
della città è stato insignito del massimo
riconoscimento il 25 aprile dello stesso anno, in occasione
del LX anniversario della Liberazione, nel Palazzo del
Quirinale. Dal campo profughi di Nardò inoltre,
transitarono importanti personaggi della storia del
futuro Stato di Israele (una tra tutti Golda Meir) e
per questi motivi la Città, oggi, è gemellata
con la Città Israeliana di Hof Hacarmel Atlit,
dove sbarcarono appunto i profughi provenienti anche
dal campo di Nardò. |
|
|
|
|
Popolazione
Residente 30.520 (M 14.380, F 16.140)
Densità per Kmq: 160,2
CAP
73048
Prefisso Telefonico 0833
Codice Istat 075052
Codice Catastale F842
Numero Famiglie 11.425
Numero Abitazioni 22.612
Denominazione Abitanti neretini
Altre Denominazioni neritini o naretini
Santo Patrono San Gregorio Armeno
Festa Patronale 20 febbraio
Il
Comune di Nardò è:
Località balneare segnalata con quattro
vele nella Guida Blu di Legambiente
Comuni Confinanti
Avetrana (TA), Copertino, Galatina, Galatone,
Leverano, Porto Cesareo, Salice Salentino, Veglie. |
|
|
|
. |
|
|