Molfetta
é una città in provincia di Bari che
si affaccia al mare Adriatico. Tra la metà
del XIX secolo e la fine degli anni sessanta del secolo
scorso è stata uno dei più importanti
centri portuali (soprattutto relativamente allo sviluppo
cantieristico e peschereccio) ed industriali della
Puglia. Il suo territorio si estende verso l'entroterra
murgiano ad una quota media di 18 metri sul livello
del mare e confina ad est con quello di Giovinazzo,
ad ovest con quello di Bisceglie, a sud con quello
di Terlizzi e risulta abitato sin dall'era preistorica.
A tale epoca risalgono, infatti, gli insediamenti
(necropoli) scoperti nell'area circostante (fondo
Azzollini e viciniori) il sito archeologico-naturalistico
del Pulo, dolina carsica di crollo a pochi chilometri
dal centro urbano. Pur non annoverando vere e proprie
"frazioni", nelle immediate vicinanze del
centro abitato sono sorti, in epoche differenti, alcuni
borghi-satellite, ciascuno di origine diversa dall'altro.
Si tratta del nucleo residenziale (inizialmente stagionale)
della "Madonna delle Rose", sorto attorno
alla omonima chiesetta turrita (munita di caditoia),
meta di un culto molto radicato nella popolazione
molfettese, del quartiere CEP di Molfetta, nei pressi
del Santuario della Madonna dei Martiri, e del cosiddetto
"Villaggio Belgiovine", dal nome dell'ingegnere-imprenditore
che lo costruì, alla fine degli anni Sessanta.
Attorno alla chiesetta della Madonna delle Rose si
é sviluppata, soprattutto a partire dal XIX
secolo, una fiorente comunità costituita più
che altro dalle famiglie borghesi che avevano in quella
località la propria casina di campagna, quale
una sorta di "status symbol", dove trascorrere
i mesi estivi e far crescere i bambini al contatto
con la natura e in condizioni più protette
e più salubri che non all'interno del tessuto
cittadino. A partire dagli anni Settanta sui due alberi
di Eucaliptus presenti nella piazzetta antistante
la chiesa si é naturalizzata una colonia di
parrocchetti, pappagallini verdi di cui una o più
coppie avevano riconquistato la libertà da
qualcuno che le aveva tenute in cattività,
che si sono successivamente diffusi sul territorio,
fino a raggiungere, all'inizio del terzo millennio,
una copertura territoriale che spazia da Palese a
Barletta, lungo la costa, e nell'entroterra fino ed
oltre Ruvo di Puglia. Il nucleo medievale della città,
formatosi su una breve penisola che si distende tra
il porto e il mare aperto, presenta una pianta a spina
di pesce con strade strette e ricurve, tipica di molti
centri costieri del basso Adriatico.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Fonti storiche attestano l'esistenza della località
già in epoca preistorica. Nel corso dei secoli
Molfetta ha conosciuto le dominazioni di longobardi,
bizantini, normanni, svevi, angioini e aragonesi.
L'origine della città risale presumibilmente
all'era romana. Alcuni ritrovamenti fanno pensare
all'esistenza di un villaggio di pescatori già
intorno al IV secolo a.C. Questa ipotesi sembra essere
verosimile tanto più che, per la sua posizione,
il villaggio offriva un ottimo approdo per il commercio
con Rubo (Ruvo di Puglia). La prima indicazione sull'esistenza
di un villaggio tra Turenum (Trani) e Natiolum (Giovinazzo)
si ritrova nel Itinerarium Provinciarum Antonini Augusti,
che data del 217 a.C. Questo luogo era denominato
Respa, probabilmente un'erronea trascrizione del toponimo
Melpha, che faceva riferimento a un piccolo villaggio
di pescatori. Il
primo documento ufficiale che cita la città
risale al 925. Questo documento certifica l'esistenza
di una civitas, denominata Melfi, situata su di un'isola
chiamata Sant'Andrea. Il villaggio si sviluppò
sotto dominio bizantino e fu successivamente conquistato
dai Longobardi, che l'annessero al Ducato di Benevento.
La città fu ripetutamente assaltata dai Saraceni,
ma resistette. Come piccolo porto indipendente, Molfetta
commerciava con altri mercati del Mediterraneo, tra
cui Venezia, Alessandria d'Egitto, Costantinopoli,
Amalfi e Ragusa (Croazia). Dei contrasti tra Bizantini,
Saraceni e Longobardi ne approfittarono i Normanni
i quali, guidati da Guglielmo d'Altavilla, si mossero
alla conquista dell'Italia meridionale giungendo anche
a Molfetta. Quest'ultima, benché assoggettata,
riuscì a preservare una certa autonomia che
le permise di favorire lo sviluppo, specie marittimo.
La crescita di questo periodo portò la città
a divenire protagonista del commercio verso oriente.
Il transito dei pellegrini verso la Terra Santa durante
le Crociate e l'approdo di questi presso l'Ospedale
di Santa Maria dei Martiri diedero alla città
una rilevanza europea. Uno di questi pellegrini, Corrado
di Baviera, divenne poi il patrono della città.
Dall'XI secolo Molfetta è sede vescovile. Dopo
essere stata dominio svevo durante tutti i secoli
XII e XIII, Molfetta fu sotto gli Angioini e continuò
a mantenere la propria indipendenza. Con il passaggio
del potere della città dai Durazzo agli Aragonesi,
la situazione precipitò, in conseguenza dei
difficili rapporti e dei contrasti tra francesi, spagnoli
e italiani. Questa situazione portò a guerre
e devastazioni in tutto il sud Italia, tra cui il
sacco di Molfetta da parte dei francesi tra il 18
e il 19 luglio 1529. Questo episodio marcò
notevolmente la città, ostacolandone la rinascita
per lungo tempo. Con il trattato di Utrecht del 1714,
che pose fine alla guerra tra Filippo V e gli stati
d'Europa, il Regno di Napoli cessò di essere
dominio spagnolo e divenne dominio austriaco. Iniziò
così l'occupazione austriaca di Molfetta. Dopo
un avvicendamento di potere tra francesi e austriaci,
la località seguì le vicissitudini dell'Italia
unita. Nell'ottobre del 1860 infatti si tenne nella
Piazza Municipio di Molfetta, il plebiscito per l'annessione
del Regno delle due Sicilie al governo di Vittorio
Emanuele II, il cui scontato esito decretò
l'annessione del regno all'Italia unificata. Assai
grande fu il tributo di vite umane che la città
pugliese dové subire durante la prima guerra
mondiale offrendo alla patria il sacrificio di 500
concittadini, tra cui quello del maggiore Domenico
Picca. Dopo alcuni mesi dall'inizio della guerra,
la città subì un cannoneggiamento da
parte di una unità della marina austriaca e
successivamente subì un attacco aereo, che
produsse alcune vittime fra la popolazione civile.
La cittadinanza molfettese seppe dare il suo valoroso
contributo alla causa della patria anche durante la
seconda guerra mondiale in cui si distinse per la
lotta di liberazione.
DA
VEDERE
Fra le bellezze naturalistiche da ammirare nella cittadina
pugliese, è sicuramente il Pulo, sprofondamento
carsico a pianta sub-circolare, con diametro variabile
tra un minimo di 170 ad un massimo di circa 180 metri,
un perimetro che supera i 500 metri ed una profondità
intorno ai 30 metri nel punto di maggior dislivello.
Sul bordo superiore sono stati ritrovati i resti di
un villaggio neolitico: da questa località
provengono reperti, soprattutto vasi e strumenti rudimentali
neolitici (denominati tipo Molfetta e presenti in
tutto il Mar Mediterraneo) ed altresì resti
umani risalenti ad età della pietra precedenti,
ed anche alla (successiva) età del bronzo.
Il
nucleo antico detto Isola di Sant'Andrea forma il
primo nucleo urbano attorno al III secolo ed è
caratterizzato da una singolare pianta a spina di
pesce: qui sorge il Duomo di San Corrado, la più
grande chiesa a (tre) cupole in asse del romanico
pugliese coronate da due torri campanarie, edificato
tra XI e XII secolo. Sempre nel centro antico è
situata la barocca Chiesa di San Pietro eretta su
una precedente chiesa romanica. Da notare le mura
verso terra rimaste nel loro tracciato. Subito fuori
dalle mura sorge la grandiosa Cattedrale intitolata
all'Assunta, ex convento dei Gesuiti, dove sono poste
le ossa del patrono della città San Corrado,
con busto in argento e oro di scuola napoletana. Di
particolare attenzione è un grande quadro del
celeberrimo Corrado Giaquinto, pittore molfettese
del seicento, a cui é intitolata la Pinacoteca
Provinciale di Bari.
Nei
pressi della cattedrale sorge la chiesa del Purgatorio,
e, sempre lungo lo stesso asse viario del cosiddetto
"borgo" (oggi Via Dante), ma più
spostate verso la antica Porta principale del centro
storico (quella che affaccia su Via Piazza) sono quelle
dedicate a Sant'Anna e al protomartire Santo Stefano,
luoghi di profonda religiosità in particolari
periodi dell'anno. Poco più distante da queste,
in direzione di uscita dalla vecchia Molfetta, sorge
la chiesa di San Domenico, con annesso convento, oggi
riadattato a contenitore culturale (biblioteca, museo
e sala conferenze) col nome, ripreso dai documenti
d'archivio, di Fabbrica di San Domenico.
Altro
luogo interessante è il cosiddetto Calvario,
un tempietto gotico in pietra calcarea, costruito
in 1856 su progetto dell'architetto De Judicibus.
Esso si erge a tre livelli su pianta ottagonale, con
ciascun piano coronato da una selva di cuspidi e pinnacoli.
Alto 20 metri, possiede una guglia sommitale che desta
ammirazione e lo rende unico per davvero rispetto
agli altri tempietti ad analoga destinazione presenti
nei comuni limitrofi, sia per la soluzione scenografica
che per la sua leggiadria statica.
A
circa 2 km dalla città, in direzione di Bisceglie
si trova la basilica-santuario della Madonna dei Martiri.
L'impianto attuale della chiesa insiste parzialmente
sulla vecchia chiesa dell'XI secolo, di cui resta
solo una cupola e la struttura sottostante, dove oggi
sorge l'altare. Su un fianco della chiesa é
addossato l'Ospedaletto dei Crociati, sempre dell'XI
secolo, unico superstite dei due presenti nel complesso
della Madonna dei Martiri dopo le ristrutturazioni
ottocentesche.
TORRI
DI AVVISTAMENTO
Di grande rilevanza storica, culturale ed economica
dell'hinterland molfettese, sono state nel Medioevo
e all'incirca fino al XVIII secolo le torri disseminate
nel territorio rurale di Molfetta e raggruppate lungo
tre immaginarie direttrici che sono Molfetta-Bitonto,
Molfetta-Terlizzi e Molfetta-Ruvo-Corato.
Verso Bisceglie ed in prossimità del confine
con il suo territorio, si erge a picco sul mare (su
uno spuntone di costa rocciosa oggi, purtroppo, in
erosione) una di esse, la cosiddetta Torre Calderina,
torre costiera del XV secolo, particolarmente importante
in quanto posizionata in un luogo strategico poiché
da essa era possibile il collegamento visivo con il
Castel del Monte e quindi comunicare per tempo anche
agli abitati non rivieraschi più interni (verso
Andria e oltre ancora, sino all'altopiano murgiano)
il sopraggiungere di eventuali incursioni dal mare.
Essa faceva parte, infatti, del complesso sistema
di torri di avvistamento di cui l'agro molfettese
risulta particolarmente ricco. Inoltre si trova al
centro di un'area protetta, proposta come SIC (cioè
Sito di Importanza Comunitaria) dalla Comunità
Europea.
Altre torri costiere di cui si ha notizia sono: il
Torrione Passari, inglobato nell'antichissima cinta
muraria a mare della città vecchia, e la arcinota,
anche se demolita da tempo immemore, Torre Gavetone,
presso il confine con Giovinazzo, il cui toponimo
è rimasto ad indicare una delle più
apprezzate spiagge libere superstiti lungo la costa
molfettese.
Per quanto riguarda invece l'agro vero e proprio,
a partire dalla torre difensiva (perché munita
di "caditoia") che costituisce il campanile
della chiesa del borgo rurale della Madonna delle
Rose, troviamo lungo l'asse viario del Mino i complessi
di Torre Cicaloria, Torre Cascione, ed i Casali Mino,
Villafranca, L'Alfiere.
Leggermente più spostate ad ovest verso la
direttrice per Terlizzi della strada Santa Lucia si
incontrano le Torri del Gallo, Villotta, Falcone e
Sgammirra, quest'ultima così detta perché
(forse a causa di un terremoto) di essa non rimane
che il rudere costituito da una intera parete rimasta
in piedi e sostenuta lateralmente dai soli monconi
angolari.
Ancora più a ponente, lungo l'asse della strada
comunale Coppe (antica strada per Corato), infine,
troviamo il rudere della Torre della Dogana che dà
il nome alla contrada di Chiusa della torre (inglobata
nel tessuto industriale della zona ASI - Area Sviluppo
Industriale - sul versante della strada vicinale Il
Casale), ormai addossata al recentissimo Centro Commerciale
IPERCOOP - La Mongolfiera. Più avanti, prossima
alla direttrice della strada vicinale Fondo Favale,
troneggia la bellissima Torre del Cavaliere costeggiata
dal tracciato autostradale della A14, Torre di Pettine
e la celeberrima masseria fortificata di Casale Navarrino,
nei pressi del confine sud-occidentale dell'agro,
alla confluenza dei territori dei comuni di Terlizzi
e Bisceglie.
DUOMO
DI SAN CORRADO
Il Duomo di San Corrado, originariamente dedicato
a Maria SS. Assunta in Cielo, è situato ai
margini dell'antico borgo di Molfetta, di fronte al
porto. Costruito fra il 1150 e la fine del 1200, costituisce
un singolare esempio dellarchitettura romanico-pugliese.
Essa è infatti la maggiore delle chiese romaniche
con la navata centrale coperta a cupole in asse (tre,
nel caso specifico) impostate su tamburo esterno a
pianta esagonale, rispetto alle altre (comprese le
quattro Basiliche Palatine) aventi la copertura del
tipo a capriate e tegole sovrapposte.
La costruzione, a pianta basilicale asimmetrica, è
diviso in tre navate da pilastri cruciformi con colonne
addossate e la navata centrale presenta una copertura
a tre cupole in asse, come già riportato, di
altezza variabile (quella centrale è considerevolmente
più alta delle due di estremità), mentre
le navate laterali sono coperte con tetti spioventi,
ad una falda ciascuna, con tegole costituite da chiancarelle
della stessa tipologia della copertura dei famosi
trulli della valle d'Itria. Stesso tipo di chiancarelle,
assemblate a punta di diamante con sei falde convergenti
al centro verso l'alto per ciascuna cupola (allo scopo
di assecondare la pianta esagonale dei tamburi di
base), ricopre le tre cupole centrali.
La facciata rivolta a occidente, che oggi appare quella
principale, è spoglia, a differenza di quella
di mezzogiorno, che presenta tre finestre tardo rinascimentali,
stemmi di alti prelati, una immagine di papa Innocenzo
VIII e le statue di San Corrado e San Nicola. Ciò
si spiega col fatto che all'epoca della costruzione
e fino al 1882 quella facciata, così come tutto
il prospetto occidentale della città vecchia
erano a picco sul mare, così come testimoniato
dalle rare fotografie antecedenti alla costruzione
della Banchina Seminario, in coincidenza con la costituzione
della prima tranche del nuovo porto, cioè quello
attuale (2007), conclusasi intorno al 1882, appunto.
Il complesso strutturale è serrato tra due,
maestose e leggiadre allo stesso tempo, torri campanarie.
Queste (quella di mezzogiorno detta campanaria perché
sede fisica del campanile, l'altra di vedetta perché
utilizzata a tale scopo per il preventivo avvistamento
di eventuali incursioni saracene) sono gemelle, di
base quadrata, a tre ripiani, alte 39 metri, aperte
sui quattro lati da finestre bifore e monofore.
Nell'interno il corredo artistico è scarno
ma essenziale; un fonte battesimale del 1518, un prezioso
paliotto con bassorilievo del XIV secolo, un pluteo
in pietra del XII secolo che rappresenta una cerimonia
pontificale e il Redentore del XIII secolo. Caratteristica
è l'acquasantiera raffigurante un uomo, probabilmente
saraceno, che regge un bacile in cui nuota un pesce,
simbolo ricorrente nell'iconografia religiosa.
In origine il Duomo fu dedicato a Maria SS. Assunta
e fu l'unica parrocchia esistente a Molfetta fino
al 1671. Nel 1785 la sede della Cattedrale fu trasferita
all'attuale Cattedrale di Maria SS. Assunta in Cielo
e da allora il Duomo Vecchio prese il nome del patrono
San Corrado.
EDIFICI
STORICI
Palazzo Giovene, cinquecentesco edificio oggi sede
dell'amministrazione comunale, fu acquisito dallomonima
famiglia nel 1772.
La facciata rinascimentale è caratterizzata
da un importante portale costituito da una struttura
in bassorilievo, munita di architrave, con effetto
di "trompe l'oeil", terminante alla quota
del marcadavanzale del piano superiore, con il portone
inserito in un arco a tutto sesto; questo è
incorniciato, lateralmente, da due piedistalli che
reggono due colonne ioniche, sopra i quali si distinguono
la statua di un guerriero e quella di un musico, rispettivamente
alla destra ed alla sinistra di chi entra.
Nel XIX secolo fu dotato di un secondo piano fuori
terra che fu una delle principali cause del dissesto
strutturale che lo rese inutilizzaabile per buona
parte del XX sec.. Tale inutile superfetazione fu
demolita nel 1965, quindi il palazzo ha subito profondi
interventi di restauro tra il 1976 ed il 1981.
Il palazzo ospita, oltre la sede del Consiglio Comunale,
anche una Galleria di Arte Contemporanea dove sono
conservate opere di importanti artisti locali, la
sala stampa annessa alla "sala Giunta",
nonche' una collezione di modelli in scala medio-grande
dei piu' caratteristici mezzi da trasporto trainati
da cavalli che erano tipici del territorio prima della
diffusione dell'automobile e dei mezzi consimili.
Nella sala del Consiglio hanno trovato posto, lungo
le pareti, i ritratti della Galleria degli Uomini
illustri Molfettesi che prima del restauro di questo
edificio erano in mostra nella sala degli specchi
del vecchio palazzo del Municipio, all'isolato accanto
a questa nuova sede.
Palazzo
del Pontificio Seminario Regionale "Pio XI"
Lo scoppio del primo conflitto mondiale obbligò
nel 1915 lo spostamento della sede del Seminario Regionale,
fondato nel 1908 da Papa Pio X, da Lecce a Molfetta.
Dopo un ulteriore e breve spostamento di sede a Terlizzi,
il Seminario Regionale fece ritorno a Molfetta nel
1918 nei locali del Seminario Vescovile, dove rimase
fino al 1925. Tuttavia esigenze di nuovi spazi costrinsero
la progettazione di un nuovo Seminario. I lavori,
iniziati nel 1925, si protrassero per un anno e mezzo;
l'inaugurazione del nuovo Seminario Regionale, intitolato
a Pio XI avvenne il 4 novembre 1926.
Dalla
facciata sobria ma dignitosa, il Palazzo del Seminario
Regionale presenta un interno con un massiccio scalone
centrale e un porticato in cui sorge un chiostro delimitato
da colonne di stile romanico. Al centro di questo
è collocata una fontana in ferro fuso costituita
da due vasche sovrapposte.
Il Seminario, in cui i giovani di tutta la Puglia
vengono formati in vista dell'Ordine sacro del presbiterato,
ospita al suo interno, dal 1957, anche una biblioteca
e una ricca raccolta museale.
IL
PORTO
Il primo vero e funzionale porto di cui la città
di Molfetta poté godere fu eretto verso il
1550, per volontà di Carlo V, allorquando si
effettuarono lavori di ampliamento e di riparazione
del vecchio molo, all'epoca (e fino alla prima metà
del XIX sec.) localizzato presso la Cala San Giacomo,
insenatura naturale subito a nord del Santuario della
Madonna dei Martiri.
Agli
anni che intercorrono fra il 1841 e il 1849 risale
la costruzione dei primi due moli indipendenti di
San Corrado e San Michele.
Eretto nel 1857 il faro e dopo che si ebbe provveduto
al congiungimento dei succitati due moli nel 1880,
nel 1882 si diede inizio alledificazione del
molo foraneo.
Alcune eccezionali mareggiate, verificatesi fra il
1910 e il 1949, resero necessario un generale riassetto
del porto e perciò si decise la costruzione
una diga di protezione in direzione nord-est del porto.
Il
moderno porto di Molfetta, esteso per 364.000 mq e
suddiviso in un bacino esterno di 229.000 mq e un
avamporto interno, ha uno sviluppo costiero di 2.355
m, di cui 1.395 rappresentati da banchine operative.
Del porto - dotato peraltro di una diga foranea, realizzata
nel 1951, che offre riparo dai venti di maestrale
e tramontana e che funge da frangiflutti - il più
ampio molo è senzaltro quello di levante,
lungo 950 m, che si articola in tre bracci: Molo San
Corrado, Molo San Michele e Molo San Vincenzo, detto
anche foraneo.
Nel febbraio 2008 sono iniziati i lavori per il nuovo
porto commerciale.
Il
porto ospita, oltre a navi mercantili e a piccole
imbarcazioni da diporto, i motopescherecci che hanno
reso famosa nel mondo la marineria molfettese, che
ormeggiano presso i moli San Michele, San Corrado
e San Domenico.
Vi sono inoltre 5 banchine galleggianti destinate
alle barchette da pesca con 140 punti di attracco
totali.
GASTRONOMIA
La gastronomia molfettese è molto vasta, comprende
piatti semplici e piatti raffinati atti a conquistare
l'interesse ed il piacere dei buongustai. Essendo
Molfetta una città marittima, i piatti tradizionali
Molfettesi non possono che essere a base di pesce;
tra questi ricordiamo il famoso "ci(e)mbott(e)"
che consiste in una zuppa di pesce fresco di scoglio
cotto in acqua aggiunta ad un soffritto di pomodori
freschi, aglio e prezzemolo in olio d'oliva.
Consuetudine
alimentare dei molfettesi, almeno fino a quando non
si é introdotto il fermo biologico, è
mangiare sia frutti di mare (dai ricci alle cozze,
dalle capesante alle ostriche, dai taratuffi alle
cozze pelose, ecc.) che pesce crudo. Alici crude intere
(quelle piu' minuscole) o spinate (talvolta marinate
mettendole a macerare in olio e limone), le "am(e)rosche"
(piccolissimi pesciolini, poco piu' che avannotti),
le "agh(e)stenèdde" (triglie di piccolissima
taglia, dette cosi' perché si pescavano tra
la fine di agosto e il mese di settembre), "al(e)cedd(e)"
e "sarachedd(e)" (alici e salacchine), "pulp'
a' tenèri(e)dde" (piccoli polpi che vengono
inteneriti arricciandoli a mano) ed infine "salìp(e)ce"
(piccoli gamberetti) sono tutti usualmente consumati
senza cottura.
Tra
i primi piatti caratteristici troviamo gli "strascenète"
(orecchiette), pasta a base di semola, che vengono
principalmente preparate con cime di rapa o al ragù
di maiale.
Troviamo anche "u' tridde", una pasta per
brodo fatta a mano con semola, uova, prezzemolo e
formaggio, che si presenta in sfoglie sottili spezzettate
a mano. Le altre specialità molfettesi vengono
preparate in occasione delle festività.
Per la Pasqua troviamo "la scarcèdd(e)",
un dolce cui si danno le forme piu' varie (sempre
attinenti al periodo pasquale) fatto di pasta frolla
farcito con marmellate (di fichi, di ciliegie o di
uva) rigorosamente fatte in casa e pasta di mandorle
e ricoperto di zucchero fondente, decorato con confetti
di vari colori, ovetti di cioccolato o anche uova
sode.
Una
tradizione gastronomica che si rinnova ogni anno il
Venerdì Santo è mangiare "u pizzari(e)dde",
filoncino farcito con tonno e capperi.
Per il periodo natalizio vengono preparati diverse
varietà di dolci, principalmente a base di
pasta di mandorle e pasta frolla tra cui "cart(e)ddate",
"calz(e)ngicchie", "ses(e)mi(e)dde",
"spume di mandorla", "occhi di Santa
Lucia", "mestazzul(e)", "canigliate"
e piccole imitazioni di frutti a base di "pasta
reale".
Non ultimo l'ottimo "latte di mandorle".
Per
la vigilia del Santo Natale il menù tradizionale
comprende: rape bollite condite con olio e limone,
frittelle o "calzone" (focaccia ripiena
con cipolle cotte, olive, cavolfiori, merluzzo e vari
condimenti).
Durante i vari periodi dell'anno, secondo le stagioni,
le massaie molfettesi usano preparare delle conserve
sott'olio con pomodori, peperoni, melanzane e carciofi.