Mola di Bari
Puglia

Mola di Bari è un comune della provincia di Bari, ubicato sulla costa del mare Adriatico 20 km a sud-est del capoluogo.

ORIGINI
Diversi reperti ritrovati sia presso l’attuale centro abitato sia nelle vicine contrade di Scamuso e Portone di Ruggiero testimoniano che il territorio di Mola è stato popolato a partire dal Neolitico. Restano tuttavia contraddittorie le testimonianze di una fondazione greca o romana: in favore della prima ipotesi vi sono i ritrovamenti di alcune monete andate poi disperse e di un antico stemma in pietra raffigurante la civetta simbolo di Atene incastonato sulle antiche mura del paese. Ad avvalorare l’origine romana si hanno invece una cisterna (fons Julia) e la pavimentazione a mosaico di una villa di età imperiale posta sulla costa a nord dell’abitato, in contrada Padovano (già Turris Iuliana), nella cui caletta naturale si osservano anche i resti di un piccolo molo in pietra. I suddetti elementi non sembrano tuttavia sufficienti a testimoniare l’esistenza di un centro abitato propriamente detto, quanto piuttosto di un territorio agreste con alcuni insediamenti sparsi. È certo infatti che tra le città di Bari ed Egnatia, poste lungo l’importante via Appia-Traiana tra Roma e Brindisi, dovevano esservi diverse mansiones, ossia stazioni di posta per il cambio dei cavalli ed il riposo dei viandanti, ma le testimonianze classiche (Tabulae e Itinerarii) per tutto il primo millennio dell’era cristiana non citano toponimi riferibili direttamente a Mola o ubicati in corrispondenza dell’attuale centro abitato.

STORIA
Solo a partire dall’XI secolo in alcuni documenti iniziano a ricorrere i toponimi Maulum, Moles, Maula ed infine Mola, che tuttavia non sono accompagnati da appellativi geografici riferibili con chiarezza ad un centro urbano. Nell’area vi era tuttavia una diffusa presenza di piccole comunità umane, che solevano raccogliersi presso le grotte che si aprono ai margini delle molte lame, che solcano il territorio molese perpendicolarmente alla linea di costa. Le ragioni di tali insediamenti sono molteplici: le lame, oltre a garantire un apporto sia pure discontinuo di acqua dolce, fungevano contemporaneamente da vie di comunicazione e nascondigli in caso di attacchi di pirati e predoni, offrendo quindi più garanzie rispetto ad un agglomerato urbano. A testimoniare la presenza di comunità rupestri nel territorio di Mola, in una grotta presso la chiesa rurale di San Giovanni Battista, a sud dell’abitato, sino a pochi decenni fa era leggibile un pregevole dipinto murario che riportava la data del 1020. Le testimonianze che attestano la presenza di un centro urbano restano scarse e contraddittorie fino al 6 giugno 1277, quando Carlo I d'Angiò ordinò che si provvedesse a «rendere abitabile quel luogo che si chiama Mola, per la comodità di coloro che si trova[va]no di passaggio ed anche per la sicurezza della costa». Incaricò quindi i regi carpentieri Jean da Toul e Pierre d’Angicourt a sovrintendere all'edificazione della cinta muraria, di un forno e di una chiesa. L’uso da parte di Carlo I del termine «ricostruzione» lascia intendere che nei decenni precedenti vi era un insediamento, che sarebbe poi stato volontariamente abbandonato dai suoi abitanti oppure distrutto. Le congetture su una distruzione ad opera dello stesso Carlo I d’Angiò, nel corso del conflitto che lo vide contrapporsi agli Svevi, non sono tuttavia attestate da testimonianze attendibili. Né sembra suffragata da documenti la notizia, riportata dallo storico Pietro Giannone, secondo la quale Mola era un porto importante all’epoca delle Crociate. Tra il 1277 e il 1279, lo stesso Carlo I d’Angiò ordinò la costruzione di un palacium di tre piani e il ripopolamento coatto di Mola con 150 «masnadieri e fuoriusciti» che avevano occupato abusivamente alcune proprietà ecclesiastiche o nobiliari. A ciascuno di loro fu assegnata una porzione di terra all’interno delle mura affinché vi costruissero degli alloggi, e una parte della campagna circostante che avrebbe garantito il loro sostentamento. Presumibilmente a questo periodo va ascritta la realizzazione della rete viaria rurale tuttora visibile, caratterizzata da diversi capodieci, strade che si susseguono parallele tra loro ad una distanza regolare di 550 metri, dalla linea di costa per circa 3 km verso l'interno. Mola passò quindi tra alterne vicende e, salvo il probabile breve dominio feudale di Teseo Macedonio nel 1283, mantenne lo status di città demaniale fino al primo Quattrocento. Secondo alcuni degli storici locali,[1] questo fu un periodo di relativa prosperità per la cittadina, la cui popolazione registrò un significativo aumento. Pressoché indolore fu la calata in Terra di Bari dell'esercito ungherese di Luigi I (1348), cui i molesi dichiararono subito fedeltà, risparmiando il paese dai saccheggi nei quali incorsero i centri vicini. Con il passaggio del regno di Napoli dagli Angioini agli Aragonesi, l'indebitamento della corona determinò la cessione dei beni demaniali in favore dei creditori. Mola perse così lo status di città libera e fu assoggettata a diversi feudatari: i Gesualdo dal 1417, i Maramaldo dal 1435, i Toraldo dal 1464. Nel 1495 con la discesa in Italia di Carlo VIII di Francia per rivendicare il regno di Napoli, Mola, insieme ad altri porti pugliesi, fu ceduta dagli Aragonesi ai Veneziani in cambio di un ingente prestito. La Serenissima detenne a più riprese la città, ma non riuscì mai a espugnare il castello cittadino, che rimase fedele a Napoli. Con il periodo della dominazione veneziana, che si protrasse fino al 1530, Mola rafforzò i legami con l'altra sponda dell'Adriatico e registrò un generale progresso economico. Tornati nuovamente sotto i Toraldo e poi passati ai Carafa, nel 1584 i molesi riuscirono a raccogliere la considerevole somma di 50 mila ducati che permise loro di liberarsi dal giogo feudale per essere soggetti solo al regio demanio. Ben presto però il feudo fu acquistato da Antonio Carafa, costretto pochi anni dopo a venderlo all'asta per pagare i suoi debiti. Nel 1609 Mola passò nelle mani di Michele Vaaz, ricco mercante ebreo portoghese, fortemente connesso con la corte del vicereame spagnolo, dove ricopriva alti incarichi. Da subito, l'Università di Mola, che rappresentava gli interessi delle famiglie notabili del luogo, organizzò una fiera opposizione al nuovo feudatario, impugnando il decreto del 1584 con il quale Filippo II aveva concesso il regio demanio alla città. Non mancarono dispute legali e scontri fisici tra i cittadini e i rappresentanti della famiglia Vaaz, fino a quando il 28 luglio 1612 un parlamento generale, nel quale sedevano i cittadini più deboli e corrotti e gli adepti dell'usurpatore, riconobbe l'atto d'acquisto del portoghese, nel frattempo nominato conte di Mola. Il clero e l'università locale accompagnati dalla gran parte della popolazione, misero in atto numerose proteste, memoriali e ricorsi al viceré ed alla Camera della Sommaria, ai quali seguirono violenze e soprusi da parte dei rappresentanti del nuovo feudatario; molti molesi furono imprigionati nel castello di Bari. La principale motivazione dell'insorgenza dei molesi era la volontà di sottrarsi ai diritti e i privilegi che il feudatario esercitava nei confronti della città, inclusa l'imposizione di dazi sul commercio. L'economia di Mola, che sino ad allora era stata improntata principalmente sull'esportazione via mare delle derrate alimentari prodotte nell'agro proprio e in quello dei paesi vicini, subiva così un colpo durissimo, al quale solo parzialmente si riuscì a rimediare organizzando una capillare rete di contrabbando, che faceva affidamento sulla complicità dei frati francescani del convento di Santa Maria del Passo, prossimo al porto. Nel 1670 la Camera della Sommaria riconobbe la validità del privilegio concesso da Filippo II a Mola; tuttavia il paese non otterrà la libertà fino al 1755. Negli anni 1690-1692, intanto, Mola fu focolaio di un'epidemia di peste particolarmente virulenta, che ne decimò la popolazione. Con l'espulsione dei Vaaz, iniziò per Mola un periodo di grande ripresa economica, alimentata dall'incremento dei traffici marittimi e dal miglioramento delle tecniche agricole che accrebbero la produttività del suolo. Seguì un repentino sviluppo demografico e urbanistico e un generale miglioramento del tenore di vita degli abitanti. Politicamente, le vicende di Mola seguirono quelle del Regno di Napoli, con un predominio del ceto agrario e mercantile, rappresentato poche famiglie fra le quali i Noya, baroni di Bitetto, e i Roberti. Come in molti altri centri del regno, anche a Mola nel 1799, in concomintanza con la Repubblica napoletana si registrò un effimero moto insurrezionale che fece alcune vittime e distrusse i registri contabili e le scritture pubbliche. Bastò però la notizia che le truppe filoborboniche erano vicine e la rivolta rientrò spontaneamente nel volgere di pochi giorni. Le famiglie notabili, tornate ben presto in auge, con la dominazione napoleonica a Napoli poterono arricchirsi grazie l'acquisizione dei patrimoni ecclesiastici dispersi da Giocchino Murat nel 1806 con la soppressione degli ordini religiosi, e mantennero il potere con continuità anche col ripristino della corona borbonica. Mola visse quindi con partecipazione il fermento risorgimentale: la locale sezione della società segreta dei Patrioti Europei poté contare su oltre duecento iscritti e quando nel 1821 la costituzione napoletana fu concessa, la popolazione non si sottrasse a sostenere, economicamente e con una settantina di volontari, le truppe chiamate a difenderla dalla minaccia austriaca. Con l'unità nazionale, nonostante la costruzione della ferrovia e l'intensa opera di alfabetizzazione di massa, le condizioni di larghi strati della popolazione rimasero precarie. In particolare, la crisi economica di fine secolo dovuta al protezionismo diede impulso all'emigrazione oltreoceano che fino agli anni 1950 avrebbe interessato migliaia di molesi. Dopo la prima guerra mondiale, durante la quale il paese subì un bombardamento aereo ad opera degli austriaci, si verificò a Mola uno dei primi episodi di violenza fascista: il 24 settembre 1921 fu infatti ucciso il giovane deputato socialista Giuseppe Di Vagno, nato nel vicino comune di Conversano, che era giunto a Mola per un comizio. Durante il fascismo, a causa dell'improvviso dissesto della famiglia Alberotanza che svolgeva il ruolo di deposito fiduciario di gran parte delle liquidità economiche dei molesi, si determinò un notevole frazionamento delle proprietà terriere, che produsse il definitivo tramonto del notabilato locale.

CASTELLO ANGIOINO
Allo scopo di difendere la costa dalle frequenti incursioni dei pirati, contestualmente alla riedificazione della città e a ridosso delle sue mura, Carlo I d'Angiò ordinò nel 1277 la costruzione di un palacium, affidando la direzione dei lavori ai celebri regi carpentieri Pierre d'Angicourt e Jean da Toul. I lavori terminarono due anni dopo. Tra il XV e il XVI secolo l'edificio seguì le sorti della città e passò attraverso le mani di diversi feudatari, resistendo a numerosi attacchi senza essere mai espugnato. Tuttavia i notevoli danni subiti con l'assedio veneziano del 1508 ne imposero un radicale restauro, avvenuto pochi anni più tardi su progetto dell'architetto militare Evangelista Menga da Copertino, che gli diede l'attuale forma di poligono stellato. Le possenti mura a scarpata, costruite allo scopo di resistere ad un attacco con armi da fuoco, furono comunque dotate di numerose caditoie. Un fossato comunicante con il mare circondava l'edificio, che era collegato alla città per mezzo di un ponte.

CHIESA MATRICE
Intitolata a San Nicola, è situata all'interno del borgo antico a poca distanza dal mare. Costruita alla fine del XIII secolo, presumibilmente durante la rifondazione angioina della città, essa versava nel Cinquecento in pessime condizioni. L’arcivescovo di Bari Girolamo Sauli ne impose pertanto la riedificazione, che avvenne negli anni 1547-1575 per opera dei maestri dalmati Francesco e Giovanni da Sebenico e Giovanni da Curzola. L’edificio costituisce tutt’oggi un pregevole esempio dell'architettura rinascimentale adriatica, sebbene gli ampliamenti di epoca barocca abbiano alterato l'aspetto della zona absidale e di alcune cappelle laterali.
I recenti restauri hanno permesso di valorizzare, all'esterno, il rosone e i due portali, dei Leoni (sul fianco sinistro) e dei Nani stilofori (sulla facciata). Lo spazio interno è scandito in tre navate da imponenti colonne in stile corinzio. Di particolare pregio le decorazioni scultoree, tra le quali si distinguono emergono i delicati bassorilievi sui pilastri dei matronei, il monolitico fonte battesimale sorretto da un basamento con putti danzanti, e la cinquecentesca statua di San Michele in pietra dipinta, opera di Stefano da Putignano. Nel Cappellone del Santissimo Sacramento, l'altare in marmi policromi e la statua in legno dipinto dell'Immacolata, sulla cimasa (1750), sono opera della bottega dell'andriese Nicola Antonio Brudaglio.
L’apparato iconografico è nobilitato dall’altare in legno dipinto che custodisce la venerata icona della Madonna di Costantinopoli, del tardo Trecento, e da un affresco cinquecentesco di scuola dalmata che probabilmente ricorda l'assedio di Curzola del 1571 ad opera del viceré di Algeri, il musulmano Uluz-Alì.
Tra le tele, per lo più di scuola pugliese e napoletana e databili ai secoli XVII e XVIII, spicca quella della Madonna della Neve, opera del primo Settecento attribuita a Paolo de Matteis, sul retro della quale è stato scoperto un dipinto più antico di più pregevole fattura, attribuibile alla scuola leonardesca. Nella cripta, trasformata in oratorio dopo l'editto di Saint Cloud, è conservato un frammento ligneo che la tradizione attribuisce alla Croce di Cristo, donato al Capitolo di Mola nel 1710.

PALAZZO ROBERTI
L’imponente palazzo signorile, che domina la centrale piazza XX Settembre, fu edificato fra il 1760 e il 1770 sotto la direzione dell’architetto Vincenzo Ruffo, allievo di Vanvitelli. La simmetrica facciata, in stile tardo-barocco, è cadenzata da tre teorie di finestre. Al centro, la loggia nobile sovrasta il portone che dà accesso ad un ampio cortile, sul quale si innesta lo scalone esterno che conduce ai piani superiori. Gli interni, attualmente chiusi al pubblico, conservano pregevoli decorazioni pittoriche, tra le quali una grande tela del pittore napoletano Aniello D'Arminio (1783).

CHIESA DI S. ANTONIO
Fu edificata nel 1503 col titolo di Santa Maria del Passo alle porte della città lungo la via che conduceva a Bari, in luogo di un’antica cappella preesistente. Dalle origini sino al XIX secolo fu parte integrante di un convento di Frati Minori Osservanti. La natura mendicante dell’ordine fece sì che la chiesa divenisse patronato di diverse famiglie notabili del luogo (i baroni Noya e i Roberti) che contribuirono alla costituzione di un ricco arredo scultoreo e iconografico. Oggi spiccano l’antico gruppo scultoreo della Pietà (XV secolo), il pulpito ligneo del 1712 e l’organo settecentesco, recentemente restaurato.

Teatro Comunale Niccolò Van Westerhout
Nel 1887 il Consiglio Comunale di Mola di Bari deliberò a grande maggioranza la realizzazione del teatro comunale, che fu inaugurato l'anno successivo. Sebbene la capienza limitata ne abbia limitato la fruizione, esso ha conservato gli stilemi originari, caratterizzati dalla linearità della facciata neoclassica cui si contrappone il caldo stile ecclettico degl interni: superato il piccolo foyer, si accede alla platea dalla quale si possono ammirare il triplice giro di palchi lignei, la volta affrescata e il sipario dipinto con una scena bucolica.
Tra gli eventi significativi della storia del teatro, si segnala la prima assoluta dramma lirico Doña Flor, opera del compositore molese Niccolò van Westerhout. Nel 1929 il teatro fu adibito a sala cinematografica e venne poi chiuso nei primi anni 1950. Solo nel 1972 l'amministrazione comunale ne promosse il recupero funzionale, celebrato con il concerto inaugurale dell'orchestra sinfonica della Provincia di Bari diretta dal maestro Nino Rota. La direzione artistica fu quindi affidata a Eduardo De Filippo che diresse pure il locale Gruppo Universitario Teatrale. Il 24 maggio 1973 lo stesso Eduardo portò in scena L'arte della commedia.

Chiesa del SS. Rosario
La grande costruzione a navata unica, edificata insieme all'annesso convento dall'ordine dei Domenicani nella prima metà del XVI secolo, fu originariamente intitolata alla Madonna del Carmine, sebbene il primo superiore della comunità chiese e ottenne dal papa Gregorio XIII che la confraternita del Santissimo Rosario vi si trasferisse dalla chiesa Matrice, dove officiava da più di un secolo. All'interno della chiesa, che conserva una buona produzione iconografica di scuola pugliese risalente per lo più al Seicento e Settecento, si segnala il dipinto della Madonna del Rosario, olio su tavola del napoletano Fabrizio Santafede successivo al 1571, che venne traslato dalla chiesa Matrice nel 1577 con il trasferimento dell'omonima confraternita. Rilevante è anche l'altare in marmo policromo dedicato a San Vincenzo Ferreri (1744). Il grande affresco centrale anch'esso dedicato alla Madonna del Rosario, opera di Umberto Colonna, risale al 1980.

MANIFESTAZIONI
Riti della Settimana Santa. I riti si aprono il venerdì antecedente la Domenica delle Palme con la processione dei Misteri della Passione e Morte di Cristo a cura dell'Arciconfraternita del SS. Rosario, nella quale vengono portate a spalla sei statue raffiguranti i momenti salienti degli ultimi momenti di vita di Gesù, seguite dalla statua della Vergine Addolorata. La Domenica delle Palme avviene in ogni parrocchia la consueta Benedizione delle palme e dei rami di olivo, in memoria dell'ingresso trionfale fatto da Gesù a Gerusalemme. Con essa ha inizio la Settimana Santa. La sera del Giovedì Santo si mantiene viva la tradizione della visita da parte dei fedeli agli altari della Reposizione (popolarmente chiamati "sepolcri") che vengono allestiti in tutte le chiese molesi. La sera del Venerdì Santo si svolgono due importanti processioni: quella del Santissimo Legno e quella di Gesù Morto. Nella prima viene portata in ostensione per le vie del paese una reliquia della Croce di Gesù Cristo, preceduta da tutte le confraternite della cittadina e accompagnata da una considerevole folla, che al termine della processione si raccoglie nell'ampia piazza XX settembre e riceve la benedizione solenne del sacerdote che impugna il reliquiario. La processione di Gesù Morto parte dalla Chiesa di Sant'Antonio e si snoda per le vie del paese nel più assoluto silenzio fino a notte fonda; il simulacro, una bara di cristallo contenente il feretro del Cristo morto in croce e tutta adorna di fiori, viene portato a spalla da oltre cento cittadini in abito nero da sposo che si alternano otto per volta sotto la bara. Durante la processione la banda cittadina esegue diverse marce funebri e la Confraternita della Chiesa di Sant'Antonio canta a cappella l'antico inno in latino "Vexilla Regis" (risalente al VI secolo). La mattina del Sabato Santo si snoda la processione della Madonna Addolorata, che percorre le strade del paese. La statua della Vergine è vestita con il tradizionale abito nero del lutto indossato in passato dalle donne in segno di memoria per i parenti scomparsi.

Festa di Sant'Antonio da Padova (13 giugno). Santo molto popolare a Mola di Bari. Nelle vicinanze della Chiesa, e in alcune strade, grazie alle offerte dei fedeli, viene allestita una modesta illuminazione. In diverse strade, vengono preparati gli altarini e la statua del Santo portato in processione dal tardo pomeriggio, si ferma dinanzi a ciascuno di questi ed il sacerdote recita le litanie in onore del Santo di Padova. In serata spettacolo pirotecnico sul molo, e conclusione della processione.

Festa della Madonna d'Altomare (prima domenica di luglio). È la festa della marineria molese e dal 1988 (dopo 20 anni di interruzione) si svolge regolarmente ogni anno con processione, illuminazione e tradizionali fuochi pirotecnici. Il punto saliente di questa festa è la processione: il simulacro della Madonna d'Altomare, dopo aver attraversato diverse vie del paese, viene imbarcato su un motopeschereccio, seguito da tutti gli altri motopescherecci e altri natanti. All'uscita al porto, il corteo navale si dirige sul mare che costeggia il territorio molese. Al rientro in porto, la statua viene lasciata a bordo del motopeschereccio sino al pomeriggio, quando viene riportata in processione sino nella Chiesa di Loreto. In serata, imponenti fuochi pirotecnici nella laguna del porto.

Sagra del Polpo (agosto). La Sagra del Polpo rientra nelle manifestazioni organizzate per l'ormai consolidata Estate Molese. Solitamente si svolge durante l'ultimo week-end di Luglio. Questa sagra ogni anno registra un grandissimo numero di visitatori di paesi limitrofi, che accorrono a Mola per degustare il tanto ormai famoso polpo, preparato in ogni modo. Grande la partecipazione anche al concerto organizzato per il sabato, il quale vede esibirsi sempre un artista di grande spessore nazionale. Luna Park per la gioia di bambini e ragazzi, bancarelle sul lungomare e spettacoli pirotecnici.

Festa di San Rocco (16-17 agosto).

Festa patronale della Madonna Addolorata (seconda domenica di settembre). È la festa più importante di Mola di Bari. I festeggiamenti religiosi iniziano il venerdì, con la recita dei Vespri in onore della Vergine. Per tutti i giorni della festa, la Bassa Musica di Mola di Bari, "U Tammorr", si snoda per le vie del paese eseguendo brani celebri e marce. La sera del sabato viene accesa un artistica illuminazione, installata in Piazza XX Settembre - particolarmente adatta allo scopo - e nelle principali arterie viarie che vi convergono. La domenica mattina si raggiunge l'acme dei festeggiamenti quando sul sagrato della Chiesa della Maddalena, in Piazza XX Settembre, il Sindaco consegna al simulacro della Vergine le simboliche chiavi della città, e dopo l'esecuzione dell'Ave Maria da parte dell'Accademia del Canto di Mola di Bari, si snoda per le vie del paese la solenne processione, a cui vi partecipano il Clero cittadino, le autorità molesi e dei paesi limitrofi, le associazione cittadine, il popolo e il Gruppo di Sbandieratori della città di Carovigno. Molto sentita la tradizione di vestire con gli stessi abiti della Vergine, alcune bambine, in segno di devozione e totale affidamento all'Addolorata, le quali partecipano alla processione. In serata, servizio musicale da parte di varie orchestre di paesi vicini, lancio di una maestosa mongolfiera e spettacolari gare pirotecniche. La conclusione della festa avviene il lunedì, quando in serata viene garantito il servizio musicale e a mezzanotte uno spettacolo pirotecnico chiude i festeggiamenti.

Festa della Madonna del Rosario (prima domenica di ottobre).

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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CONSERVATORIO DI MUSICA NINO ROTA - MONOPOLI - BA
ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BARI