Conversano
Puglia

Conversano è un comune della provincia di Bari, situato a circa 30 Km a sud di Bari, sui primi rilievi della Murgia. Sorge sul sito dell'antica città di Norba ed è sede del vescovado della Diocesi di Conversano-Monopoli.

DA VEDERE

LE MURA MEGALITICHE
Nel VI secolo a.C. l'abitato di Norba raggiunse l'apice della potenza e della ricchezza. A quel tempo si fa risalire un'importante opera di fortificazione, attorno alla collina dove sorgeva la città. Tale cinta muraria, formata da enormi blocchi di pietra locale, grandi fino a un metro cubo, è in parte conservata. In molti tratti essa è stata inglobata nelle costruzioni successive, ma talvolta emerge per qualche metro dal tessuto murario ordinario.

IL CASTELLO
Sorge sul punto più alto dell'acropoli cittadina, in una posizione in grado di dominare l'intero territorio circostante fino al mare e delimita l'antico largo della Corte, un'ampia piazza dalla forma irregolare da sempre fulcro della vita politica locale. Del castello, che si presenta oggi come una cittadella in pietra costituita da edifici appartenenti a diverse epoche e gusti architettonici, si può apprezzare ora l'aspetto inespugnabile, ora la raffinatezza degli ambienti signorili più tardi. Esso è stato residenza dei conti di Conversano per quasi sette secoli, sin da epoca normanna. Tuttavia la sua storia è ben più antica: probabilmente già al tempo della guerra greco-gotica (VI secolo d.C.) sullo stesso luogo sorgeva un edificio di difesa che inglobava un tratto delle mura megalitiche dell'antica città di Norba. Di sicuro i primi feudatari normanni imposero nell'XI secolo la ricostruzione di un maniero sulle rovine del precedente. Del nucleo originario normanno si conserva oggi una torre a base quadrata, nota come Torre Maestra e un affresco posto sulla volta dell'ingresso originario, raffigurante i santi Cosma e Damiano. In seguito, importanti lavori di ampliamento furono realizzati, tra gli altri, dai conti Lussemburgo (XIV secolo) che promossero l'edificazione dell'alta torre circolare all'angolo nord, proprio dove il crinale dell'acropoli si faceva più ripido. Intorno al 1460, gli Acquaviva costruirono una torre a base dodecagonale, più tozza e con le mura a scarpata, particolarmente ardita dal punto di vista ingegneristico: al suo interno infatti, è presente una cisterna attorno alla quale gira un corridoio munito di caditoie, essenziali per la difesa della città. I secoli successivi videro l'ulteriore trasformazione dell'edificio che a mano a mano andava perdendo i caratteri del maniero per configurarsi come elegante dimora signorile, adatta al prestigio dei potenti feudatari. L'ingresso attuale si apre lungo il muro di cinta posto su piazza Conciliazione, costruito nel 1710 per volere della contessa Dorotea Acquaviva. È possibile così accedere a un cortile interno che a sua volta garantisce l'accesso al porticato tardo-rinascimentale. Ulteriori interventi sul complesso edilizio si sono susseguiti sino alla fine dell'Ottocento. Attualmente il castello è solo parzialmente acquisito al patrimonio comunale, mentre alcune ali - inclusa la camera nuziale decorata con le scene dell'Antico Testamento di Paolo Finoglio - sono tuttora proprietà private. Nell'area pubblica dell'edificio ha oggi sede la Pinacoteca civica che espone le grandi tele del ciclo della Gerusalemme Liberata sempre opera del Finoglio.

LA CATTEDRALE
Dedicata a Santa Maria Assunta, sorge anch'essa sull'acropoli cittadina, ben all'interno delle antiche mura megalitiche, e presenta i suoi quattro lati completamente isolati dalle costruzioni circostanti. Le origini dell'edificio attuale sono databili presumibilmente alla fine dell'XI secolo, quando si avviò la riedificazione della cattedrale sullo stesso luogo dove sorgeva una chiesa precedente, probabile riadattamento di un edificio di culto precristiano. Nel corso dei secoli, la cattedrale fu oggetto di ripetuti interventi di restauro. Nel 1359 il vescovo Antonio d'Itri promosse il completamento dell'arredo scultoreo, in particolare intervenendo sulla facciata. Nel periodo barocco, gli interni della chiesa furono radicalmente trasformati secondo il gusto dell'epoca: le pareti interne furono coperte di stucchi, il soffitto fu ribassato e dipinto con immagini sacre e motivi ad arabeschi, ulteriori altari alterarono la scansione degli spazi nelle navate laterali. Nel 1877 l'architetto locale Sante Simone propose di restituire alla cattedrale la bellezza delle linee dell'originale tempio romanico. Tale progetto, che venne fortemente avversato dall'opinione pubblica locale, fu attuato accidentalmente qualche decennio dopo, a seguito delle ingenti distruzioni generate nel 1911 dall'incendio che distrusse completamente gli interni della chiesa. A parte pochi arredi salvati dalle fiamme, fu possibile recuperare solo la facciata e la parte absidale. La ricostruzione, promossa dai vescovi Antonio Lamberti e Domenico Lancellotti, fu completata nel 1926 quando la cattedrale venne riaperta al culto. Nel 1997, la cattedrale è stata elevata a basilica minore da Giovanni Paolo II. Lo stile architettonico attuale segue i canoni del romanico pugliese, con una pianta a croce patibulata, ossia a T, e le absidi rivolte a oriente. La facciata a capanna è tripartita da lesene e caratterizzata nella parte superiore da un rosone quattrocentesco a dodici raggi e doppia cornice, e ai lati di questo, da due rosoni più piccoli. Lungo la facciata si aprono tre portali: quello centrale presenta una ricca decorazione scultorea con due leoni stilofori che reggono idealmente un protiro a timpano. All'interno, le tre navate, munite di matronei, corrispondono alle tre absidi semicircolari del presbiterio. Un affresco quattrocentesco di scuola pisana ricopre l'intera abside sinistra. Ai lati delle navate si aprono degli archi ciechi dove hanno sede, tra gli altri decori, i due più importanti arredi scampati alle distruzioni dell'incendio del 1911: un crocifisso ligneo del XV secolo e l'icona della Madonna della Fonte, protettrice della città.

L'ICONE DELLA MADONNA DELLA FONTE
L'immagine sacra esposta in cattedrale è un'icona databile attorno al XIII secolo. Secondo la tradizione, comunque, essa sarebbe giunta a Conversano nel 487 assieme al primo vescovo Simplicio, che l'aveva salvata dall'incendio di una chiesa in Africa durante gli scontri con i seguaci dell'arianesimo. Le vicende che secondo la tradizione accompagnarono l'arrivo del quadro a Conversano sono pure leggendarie, in quanto la barca sulla quale viaggiava il vescovo per ben due volte fu allontanata dall'approdo previsto, a Polignano, prima di sbarcare sul litorale di Cozze, a pochi chilometri da Conversano. Per approfondimenti consulta la voce Madonna della Fonte.

IL MONASTERO DI SAN BENEDETTO
Secondo una tradizione non attestata da fonti, il primo insediamento di monaci benedettini a Conversano risalirebbe al VI secolo. Di sicuro esso nel X secolo godeva di un certo benessere, rafforzato nel 1098 dal primo conte di Conversano Goffredo d'Altavilla che concesse al monastero i diritti fiscali sul vicino centro di Castellana. Nel 1110 papa Pasquale I dispose che il monastero sarebbe stato direttamente soggetto alla Santa Sede e concesse ai monaci il diritto di eleggere autonomamente il proprio abate. Veniva così sciolto il vincolo tra il monastero e il vescovo locale. Una bolla di papa Alessandro IV del 1256 concesse all'abate conversanese anche la giurisdizione ordinaria sul clero di Castellana. Solo pochi anni dopo i benedettini abbandonarono Conversano, forse per essersi opposti al re di Sicilia Manfredi. Nel 1266 papa Clemente IV affidò il monastero ad un gruppo di monache cistercensi esuli dalla Grecia guidate da Dameta Paleologo, probabilmente imparentata con la famiglia reale di Costantinopoli. Nonostante fosse ora occupato da un ordine religioso femminile, San Benedetto non perse le antiche prerogative e anzi papa Gregorio X concesse alla badessa di poter indossare la mitra e il pastorale, che erano insegne vescovili, e le confermò la piena giurisdizione sul clero di Castellana. L'eccezionale situazione, pressoché unica nella cristianità occidentale, fece coniare per il monastero di San Benedetto la dizione di Monstrum Apuliae ("stupore di Puglia"). Contemporaneamente alla crescita del prestigio e del potere delle badesse - molte delle quali nei secoli successivi sarebbero appartenute alla famiglia comitale Acquaviva d'Aragona - crebbero però anche le occasioni di attrito con il vescovo della cittadina e il clero castellanese. Già nel 1274 si registrarono le prime controversie giurisdizionali. Particolarmente vivaci furono quelle tra il 1659 e il 1665. Gli attriti perdurarono sino ai primi anni dell'Ottocento, quando i decreti murattiani di abolizione dei diritti feudali e di scioglimento degli ordini religiosi posero fine alla storia del monastero benedettino. Il complesso monastico occupa una vasta porzione del centro storico all'interno delle mura megalitiche, delle quali ingloba ampi tratti. La chiesa conserva una parte della cinta muraria dell'XI secolo. Il monumentale ingresso laterale, del 1658, presenta una coppia di leoni su cui si innestano due colonne corinzie e un protiro riccamente decorato. In corrispondenza dell'ingresso laterale si erge un campanile barocco la cui sommità è ricoperta di maioliche bicrome. Le stesse maioliche rivestono la cupola che si apre sulla navata centrale. L'interno a tre navate è oggi un'aula di forma rettangolare impreziosita da decorazioni barocche: l'abside fu eliminato nel XVI secolo per favorire la costruzione di grande altare centrale. Tra gli altari laterali, quelli di San Benedetto e San Biagio conservano due tele di Paolo Finoglio. Altre opere sono attribuite a Carlo Rosa e Nicola Gliri. Sotto la chiesa si apre una cripta dell'XI secolo dedicata a San Mauro con due navate e archi a sesto tondo. Il chiostro medievale, risalente ai secoli XI-XIII, ha forma trapezoidale. Le colonne binate che reggono il portico hanno capitelli in pietra intagliata. Parte del complesso monastico ospita attualmente il museo civico archeologico.

LA CHIESA DI SANTA CATERINA
Si tratta di un piccolo edificio romanico a circa 1 km fuori dal centro abitato. La costruzione risale forse al XII secolo e probabilmente venne realizzata da alcuni monaci basiliani stabilitisi nell'area. La principale caratteristica della chiesa è la sua pianta quadrilobata con una cupola centrale internamente emisferica racchiusa in un tiburio ottagonale, sul quale insiste un lanternino. Gli interni, in passato affrescati, si presentano ora spogli da ogni decorazione e permettono di cogliere meglio l'armoniosità dei volumi.
In assenza di documenti che ne attestino la data di edificazione, la datazione del monumento è problematica e potrebbe essere fatta risalire ad un periodo compreso tra l'XI e il primo XIV secolo. L'adozione di una pianta così poco diffusa nell'ambito dell'architettura religiosa occidentale svelerebbe degli influssi bizantini. Essa è stata infatti messa in relazione con altri edifici religiosi realizzati nell'area tra Venosa e Canosa. Per tale ragione la chiesa di Santa Caterina è stata riconosciuta monumento nazionale.


ROVINE E TORRE DI CASTIGLIONE
A circa 5 km dal centro cittadino in direzione sud-est, sulla cima di un colle boscoso della contrada Castiglione si staglia un'alta torre a base quadrata, probabilmente con un nucleo trecentesco e rifacimenti del tardo Cinquecento. L'ingresso alla torre è in posizione sopraelevata e richiedeva presumibilmente un ponte levatoio; la sommità è coronata di beccatelli. Attorno alla torre vi sono i resti di una cinta muraria con basamento megalitico che delimitava la cima del colle, dove sono emersi i resti di alcune strade, case e botteghe e i ruderi di una chiesa di impianto basilicale con abside semicircolare, della quale si ha memoria con il titolo dell'Annunziata. Il toponimo Castiglione, associato ad un centro abitato di modeste ma non trascurabili dimensioni, ricorre infatti nei documenti dal X secolo al 1494 quando probabilmente la piccola comunità si raccolse in Conversano. Ma il villaggio occupava in realtà il sito di un insediamento abitato almeno dall'età del bronzo e vivo in epoca romana, alla quale sembra fare riferimento l'impianto urbanistico. Secondo alcune interpretazioni, Castiglione potrebbe corrispondere alla località riportata nella Tabula Peutingeriana col toponimo Ad Veneris. Oggi l'intera area è stata recuperata ed è tutelata insieme ai laghi di Conversano.


IL CASTELLO DI MARCHIONE
Si tratta in realtà di un'elegante tenuta di caccia, fatta costruire dagli Acquaviva d'Aragona in un bosco, oggi scomparso, a 6 km da Conversano, presumibilmente attorno al 1730. L'edificio, alla cui realizzazione intervenne Vincenzo Ruffo o altri architetti di scuola vanvitelliana (mentre è dubbio il ruolo rivestito dallo stesso Vanvitelli), si presenta come una costruzione a pianta quadrata, i cui quattro vertici sono caratterizzati da tozze torri circolari in pietra. Il piano superiore, raggiungibile mediante un'imponente scala esterna a doppia rampa, presenta in facciata un loggiato coperto. Trasformato in masseria a metà del XIX secolo, il castello di Marchione nel 1976 è stato riconosciuto come monumento nazionale. Gli interni, oggi recuperati allo splendore originario, ospitano il ritratto di Giangirolamo II eseguito da Paolo Finoglio.

IL SANTUARIO DEI SANTI COSMA E DAMIANO
Il primo edificio di culto in Puglia realizzato su modelli barocchi fu fatto erigere nel 1636 dal conte Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona, probabilmente come ex voto ai santi Medici per la guarigione del figlio Cosimo. Sullo stesso luogo sorgeva una chiesa preesistente dedicata a San Matteo. La sobria facciata della chiesa introduce mediante un unico portale ad un'aula interna poco illuminata, nella quale però la luce si riverbera sulle fastose decorazioni dorate ed esalta l'alternarsi dei pieni e dei vuoti dato dalla scansione delle cappelle laterali. Gran parte dell'arredo iconografico è opera di Paolo Finoglio, che si avvalse anche degli aiuti Carlo Rosa e Cesare Fracanzano. Il soffitto, interamente affrescato tra le cornici aggettanti, reca l'apoteosi dei santi Medici contornata da alcune scene della loro vita. Nella chiesa si venera santa Rita da Cascia, che fu canonizzata grazie al riconoscimento di un miracolo avvenuto a Conversano nel 1887. Per tale ragione, dal 1997 i legami tra la cittadina pugliese e Cascia sono sanciti da un "gemellaggio di fede".

LA CHIESA DEL CARMINE
Anch'essa barocca, venne realizzata nel 1652 per volere della contessa Isabella Filomarino della Rocca, moglie di Giangirolamo II. Gli interni, ad unica navata secondo le disposizioni liturgiche del Concilio di Trento, presentano una pregevole decorazione in stucchi bianchi e oro. In particolare, l'altare maggiore, con la pala dipinta dall'artista bitontino Nicola Gliri, di scuola finogliesca, si connota per il forte movimento ascensionale. Da segnalare anche il coro in legno intagliato e dorato.

LA CHIESA DI SANTA MARIA DELL'ISOLA
Sorge a circa 2 km dal centro cittadino, lungo l'antico tracciato viario che conduceva - e conduce tuttora - a Bari. Venne costruita nel 1462 presso un'antica chiesa rupestre poi abbandonata. Secondo la leggenda infatti intorno alla metà del XV secolo la Vergine Maria sarebbe apparsa ad una fanciulla indicandole il luogo dove avrebbe trovato una grotta con un suo dipinto. L'edificazione della chiesa fu patrocinata dai conti Giovanni Antonio Orsini del Balzo e Giulio Antonio Acquaviva. Sin dall'inizio essa venne affidata all'Ordine dei Frati Minori osservanti detto degli Zoccolanti, che l'amministrarono fino ai primi anni del XIX secolo.
L'edificio si presenta oggi con un'architettura tardo-gotica e un arredo interno per lo più rinascimentale. L'insolita pianta a due navate è frutto dell'ampliamento della chiesa realizzato nel 1530. Nell'abside della navata più antica è conservato il cenotafio (monumento funebre senza la salma) di Giulio Antonio Acquaviva, ucciso nell'assedio di Otranto del 1481. L'opera, realizzata dall'artista salentino Nuzzo Barba in pietre policrome, rappresenta le virtù cardinali e teologali che contornano un'immagine del conte e di sua moglie entrambi vestiti di un saio francescano. Un epitaffio ricorda i meriti del feudatario e le circostanze della morte. Tra gli altri elementi decorativi della chiesa, si menzionano gli affreschi seicenteschi, gli altari in legno scolpito e dipinto e il grande crocifisso in cartapesta e legno che viene portato in processione per la città in occasione del Venerdì Santo.
Il monastero sorge attorno a due chiostri: il più piccolo è il più antico e presenta al centro un pregevole pozzo barocco con fregi realizzati in ferro battuto. Quello più grande rappresenta , tramite statue e affreschi, i santi, per lo più di tradizione francescana.

I LAGHI DI CONVERSANO
La natura carsica dell'agro di Conversano è evidente nelle numerose doline prive di inghiottitoio che contraddistinguono il territorio comunale e che a seguito di piogge abbondanti si trasformano in piccoli bacini idrici. L'importanza di tali depositi d'acqua per l'agricoltura di un territorio altrimenti privo di acque superficiali fece sì che già in epoca romana, nei punti più bassi delle depressioni naturali, venissero costruite delle cisterne profonde fino a 12 metri, allo scopo di immagazzinare l'acqua il più a lungo possibile preservandola dall'evaporazione. Undici di tali cisterne sono tuttora conservate e sono state sino ad epoca recente utilizzate come fonte di approvvigionamento idrico per i campi circostanti. Il particolare habitat dei laghi risulta fondamentale per la fauna anfibia e rettile; in particolare, si riscontra la presenza del tritone italico, del rospo smeraldino e della biscia d'acqua. Dal 1985 pertanto i laghi di Conversano sono stati dichiarati riserva naturale erpetologica. Essi inoltre costituiscono un punto di sosta per le migrazioni di diverse specie avicole, quali anatre, oche, aironi e fenicotteri. Recentemente, l'Unione Europea ha li ha classificati come siti di interesse comunitario per per la conservazione del patrimonio naturale.

DA VISITARE
Museo civico archeologico: ospitato presso il Monastero di San Benedetto, presenta un percorso guidato relativo al popolamento di una vesta area del sud-est barese in epoca preistorica ed espone i ritrovamenti archeologici relativi agli abitati di Norba e Castiglione.
Pinacoteca civica, presso il castello. Espone in particolare l'intero ciclo della Gerusalemme Liberata di Paolo Finoglio.
Polo bibliotecario: comprende la biblioteca ed emeroteca civica "Maria Marangelli" e la biblioteca del Centro Regionale dei Servizi Culturali (CRSEC), ambedue site presso l'ex convento di San Giuseppe.
Biblioteca del seminario vescovile: contiene una ricca collezione di manoscritti e libri dal Cinquecento all'Ottocento, più una sezione moderna dedicata alle opere di teologia e di storia locale ed ecclesiastica e ai microfilm di manoscritti relativi a Conversano custoditi in altre biblioteche italiane ed europee. Nella stessa sede sono esposti circa 4000 reperti di mineralogia.
Grande orchestra di fiati Gioacchino Ligonzo: recentemente intitolata al compositore e direttore di banda conversanese, che la diresse nella seconda metà del XX secolo, la banda musicale nacque già nel Settecento alla corte degli Acquaviva. Dal 1832 essa fu resa un'istituzione stabile e presto divenne anche un'apprezzata scuola di composizione bandistica. Recentemente, la banda della città di Conversano è stata insignita di diversi premi a livello nazionale e ha partecipato a tournée all'estero.

FRAZIONI
Nel territorio di Conversano, a 8 km dalla cittadina, sorge la frazione di Triggianello, sorta nel 1878 come villaggio operaio annesso ad uno stabilimento per la lavorazione e il commercio dei prodotti vitivinicoli di proprietà di Saverio De Bellis: egli provvide alla costruzione delle abitazioni per le famiglie dei lavoratori e diede all'insediamento il nome di "Villanova", che era anche il marchio con il quale era commercializzato il vino che vi si produceva. Il villaggio fu dotato di un ufficio postale e telegrafico e in pochi anni sfiorò i seicento residenti. Nonostante le aspettative dell'imprenditore De Bellis, la frazione non fu mai connessa alla rete ferroviaria e questa fu una delle cause del suo mancato ulteriore sviluppo.

Oggi l'abitato di Triggianello, che ha mantenuto l'originaria vocazione agricola, si caratterizza per l'imponente chiesa di Santa Maria Addolorata, costruita nel 1916 e dichiarata Parrocchia nel 1939, fuori scala rispetto alle modeste dimensioni della frazione proprio perché fu progettata per servire un abitato che nelle intenzioni sarebbe dovuto essere molto più vasto.

ORIGINI E CENNI STORICI
Le origini della città risalgono quanto meno all'età del ferro, quando le popolazioni indigene, iapige o peucezie, fondarono su una collina più alta del territorio circostante una città di nome Norba e la dotarono di possenti mura in pietra (il toponimo infatti significherebbe "città fortificata"). La felice ubicazione di Norba, probabilmente posta lungo un importante asse viario, la rese sin dall'inizio un abitato fiorente, al centro dei traffici tra le colonie magnogreche della costa e le popolazioni indigene dell'interno. L'ampia necropoli risalente al VI secolo a.C. ha restituito infatti decine di tombe con ricchi corredi funerari, in parte di matrice ellenica.
Nel 268 a.C., con l'occupazione romana dell'Apulia, anche Norba perse la propria autonomia; ciò nonostante, mantenne un ruolo rilevante anche sotto la dominazione di Roma, come attestato dai cospicui ritrovamenti di utensili in terracotta, armature e gioielli. L'abitato non sopravvisse però alla dissoluzione dell'impero, presumibilmente per opera dei Visigoti che invasero l'Apulia nell'anno 411. Già a partire dal V secolo d.C., non molto tempo dopo la presumibile scomparsa di Norba, e nello stesso luogo, le fonti attestano l'esistenza del toponimo Casale Cupersanem, che probabilmente fu sede vescovile sin dall'VII secolo. Ma fu dalla metà del XI secolo, con la dominazione normanna delle regioni meridionali della penisola italiana, che il luogo assurse a vero e proprio centro di potere: intorno al 1054 Goffredo d'Altavilla nipote di Roberto il Guiscardo, prese il titolo di comes Cupersani e fece della cittadina il fulcro di un'amplissima contea, estesa per buona parte della Puglia centro-meridionale, tra Bari e Brindisi e fino a Lecce e Nerito (Nardò). L'importanza della corte conversanese nel panorama nobiliare di quegli anni è ben attestata dall'aver ospitato a Conversano per alcuni mesi il duca di Normandia Roberto II detto il Cortacoscia, figlio del re d'Inghilterra Guglielmo il Conquistatore, che era di passaggio in Puglia al termine della prima crociata; Roberto II sposò anzi Sibilla, figlia di Goffredo, e ricevette una dote ampia abbastanza per riscattare l'ipoteca di 10.000 ducati sul ducato di Normandia accesa prima della partenza per la Terrasanta. Intanto, a Conversano, Goffredo confermò i diritti fiscali sull'intero agro della limitrofa Castellana in favore dei monaci benedettini, presenti in Conversano probabilmente dall'VIII secolo. Alla morte di Goffredo (avvenuta nel 1101 secondo Lupo Protospata), la contea andò in eredità a suo figlio Roberto e poi al secondogenito Alessandro. Nel 1132, sconfitto da Ruggero II di Sicilia, Alessandro fuggì in Dalmazia perdendo la contea di Conversano, che 1134 Ruggero II assegnò a suo cognato Roberto I di Bassavilla. Nel 1138 gli succedette il figlio Roberto II (dal 1154 anche conte di Loritello) che vi regnò fino alla morte (1182). Seguì un periodo nel quale il feudo tornò alla dirette dipendenze del regio demanio, con la parentesi del decennio 1197-1207 in cui fu possedimento di Berardino Gentile. Più tardi furono conti di Conversano per quasi un secolo i Brienne (1269-1356), fino alla morte senza eredi del duca d'Atene Gualtieri VI. La contea passò quindi più volte di mano in mano tra molti importanti casati, soprattutto per via matrimoniale: gli Enghien (1357-1381 e 1394-1397), i Lussemburgo (1381-1394 e 1405-1407), i Sanseverino (1397-1405), i Barbiano (1411-1422), gli Orsini (1423-1433), i Caldora (1434-1440) e gli Orsini del Balzo (1440-1455). L'ultimo conte Orsini del Balzo era Giovanni Antonio, figlio di Raimondo principe di Taranto e di Maria d'Enghien (che poi avrebbe sposato in seconde nozze Ladislao I d'Angiò). Giovanni Antonio diede in dote l'intera contea di Conversano - che comprendeva i centri di Castellana, Casamassima, Castiglione (centro abitato poi scomparso, tra Conversano e Castellana), Noci e Turi - a sua figlia Caterina, sposa del duca d'Atri Giulio Antonio Acquaviva. Iniziava così nel 1455 il lungo possesso del feudo di Conversano da parte della casata degli Acquaviva che, salvo una parentesi di quattro anni, lo avrebbe detenuto ininterrottamente sino all'abolizione dei diritti feudali del 1806. Giulio Antonio Acquaviva, ritenuto dai contemporanei un valente condottiero, si distinse soprattutto nella battaglia di Otranto contro i Turchi (1481). Quello stesso anno morì in battaglia per un'imboscata, lasciando il feudo in eredità a suo figlio Andrea Matteo. Anche costui eccelse in numerose battaglie; il suo comportamento eroico gli valse il riconoscimento, da parte del re di Napoli Ferdinando I, del privilegio di aggiungere all'arma del suo casato quella reale e di modificare il cognome in Acquaviva d'Aragona. Le sue fortune a corte però furono offuscate dall'accusa di aver preso parte alla cosiddetta congiura dei baroni, tanto che patì la prigione e la temporanea perdita della contea a beneficio del duca di Termoli, Andrea di Capua (1504-1508). Tornato a Conversano, ebbe modo di distinguersi come mecenate, bibliofilo e letterato e fu incluso nell'Accademia di Jacopo Sannazzaro. Morì nel 1529, mentre Conversano era funestata da un'epidemia di peste. Alla casata degli Acquaviva d'Aragona apparteneva anche il celebre Guercio delle Puglie, il conte Giangirolamo II (1600-1665), che amministrò il feudo dal 1626 al 1665 circondato da enorme potere, molti nemici e molte leggende. Le cronache lo descrivono come un feudatario dispotico e senza scrupoli, avvezzo alla violenza gratuita e in grado di sfruttare ogni circostanza per accrescere il suo potere. Così fu in occasione dell'effimera repubblica napoletana di Masaniello (1647) che si propagò anche in Puglia: benché la corona spagnola si fosse rivolta a Giangirolamo perché riportasse all'ordine le terre pugliesi sollevatesi contro i signori locali (cosa che avvenne ad esempio in Terra d'Otranto a San Cesario e Nardò), quando i rivoltosi di Martina ripararono nel territorio di Conversano, il conte accordò loro protezione per servirsene più avanti come esecutori delle azioni più efferate nei confronti dei suoi sudditi meno docili, come accadde a Locorotondo in occasione del sacco del 1648. Ben presto, i tanti nemici di cui si era circondato fecero giungere notizia alla corte spagnola degli abusi di Giangirolamo, che nel 1550 fu pertanto tradotto a Madrid e imprigionato. Proprio quando si apprestava a tornare nel suo feudo lasciato nel frattempo nelle mani di sua moglie Isabella Filomarino della Rocca, morì vittima della malaria. Era il 1665. In realtà la figura del Guercio resta incompleta senza menzionare il mecenatismo della sua corte. Si trattava certamente di un preciso programma politico, volto ad accrescere il prestigio del casato. Tuttavia Giangirolamo e sua moglie Isabella arricchirono la collezione di famiglia che con loro giunse a contare oltre cinquecento dipinti e svariate altre opere d'arte, tra mobili e suppellettili; diedero inoltre ospitalità al pittore Paolo Finoglio, che nel lungo soggiorno conversanese (1622-1645) fu autore di diverse opere: dagli affreschi della camera degli sposi, alle dieci grandi tele del ciclo ispirato alla Gerusalemme Liberata, ambedue ospitati nel castello, alle fastose decorazioni nelle chiese cittadine del Carmine e dei Santi Cosma e Damiano che venivano edificate in quegli anni. Anche la costruzione dei trulli di Alberobello fu un espediente di Giangirolamo per eludere l'editto vicereale che richiedeva l'assenso della corte per la fondazione delle città: grazie alla particolare tecnica costruttiva a secco, ogni volta che si approssimava l'ispezione regia il Guercio poteva dare ordine di distruggere i tetti delle abitazioni, che in seguito sarebbero stati ricostruiti agevolmente. Il prestigio di Conversano e il potere del casato raggiunto da Giangirolamo II non sarebbe stato eguagliato dai suoi eredi. Nel 1690 la cittadina fu investita da una epidemia di peste che in due anni falcidiò la popolazione e indebolì l'economia locale. Con il Settecento le condizioni della nobiltà meridionale gradualmente mutarono e alla tensione bellica del passato si sostituirono l'amministrazione dei beni e il loro godimento. Attorno al 1730 gli Acquaviva edificarono a pochi chilometri da Conversano il castello di Marchione, un'elegante casino di caccia, e iniziarono a dedicarsi soprattutto all'allevamento dei loro cavalli. Successivamente, presero a soggiornare più spesso a Napoli che nel feudo conversanese, che quindi lentamente andava perdendo il ruolo di primo piano ricoperto nei secoli precedenti. A lungo, la realtà conversanese fu caratterizzata dalla non facile coabitazione di tre poteri: oltre ai potenti conti del luogo, infatti, la cittadina registrava la presenza del vescovo della locale diocesi, che a lungo detenne un rilevante potere temporale nei confronti di alcuni dei centri vicini. Ad essi si aggiungeva la presenza della badessa del monastero di San Benedetto, detentrice di un'inusitata autorità, religiosa e temporale, tanto da essere stata definita Monstrum Apuliae. L'abolizione dei diritti feudali (1806) e il decreto di soppressione del monastero di San Benedetto (1810) non rappresentarono per la cittadina un momento di apertura degli spazi di libertà; la restaurazione borbonica anzi determinò uno stato di oppressione che, come in molte altre città del regno, sfociò nella costituzione di alcune società segrete. Conversano vide infatti la formazione di due vendite carbonare attorno alle quali si raccoglievano anche alcune tra le menti più aperte della vivace borghesia cittadina, di orientamento liberale. Dal 1849 fu addirittura il vescovo locale, Giuseppe Maria Mucedola, di radicate idee giobertiane, a diventare il più acceso sostenitore a Conversano dell'unità d'Italia, tanto che sollecitò alcuni dei sacerdoti della diocesi a partecipare ai moti insurrezionali del 1859 contro il governo borbonico. Durante il suo episcopato (1849-1865) promosse il locale seminario, che divenne in breve punto di riferimento per alcuni tra i più brillanti docenti del Mezzogiorno tanto da attrarre studenti da tutta la Puglia, talvolta più per amore degli studi che per effettiva vocazione. Per tale ragione, nel 1876 fu aperto un convitto per i laici che ne avessero voluto frequentare le lezioni. Dopo l'unità d'Italia, alcune vicende hanno contraddistinto la storia di Conversano: nel 1877 vi si costituì una delle prime società operaie di mutuo soccorso italiane. Nel 1886 una rivolta della popolazione nei confronti dei soprusi del mai sopito notabilato locale sfociò nell'incendio del municipio e del suo prezioso archivio. Nel 1911 le fiamme distrussero accidentalmente la cattedrale, che ne risultò gravemente danneggiata nei decori e nelle strutture portanti; la ricostruzione fu completata nel 1926. Nel 1921, prima quindi della marcia su Roma, il giovane deputato socialista locale Giuseppe Di Vagno fu assassinato al termine di un comizio nel vicino comune di Mola di Bari. Nel 1959 Maria Marangelli fu tra le prime donne-sindaco d'Italia. Il dopoguerra e gli anni della ricostruzione, sono stati caratterizzati a Conversano delle lotte sociali e sindacali della locale Camera del Lavoro guidata dal segretario Domenico Bolognino. Egli riuscì durante la sua segreteria, ad aggregare e sostenere le istanze della popolazione contadina e bracciantile, costituente in gran parte la nuova classe povera. Attraverso una costante ed energica opera di rivendicazione dei diritti, il sindacato riuscì in maniera rilevante a risollevare le condizioni della classe proletaria, garantendo non solo ai lavoratori, ma anche “ai disoccupati, ai bisognosi, ai vecchi pensionati e non pensionati” migliorate condizioni di vita.

DATI RIEPILOGATIVI

in aggiornamento

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CONSERVATORIO DI MUSICA NINO ROTA - MONOPOLI - BA
ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BARI