Conversano
è un comune della provincia di Bari, situato
a circa 30 Km a sud di Bari, sui primi rilievi della
Murgia. Sorge sul sito dell'antica città di
Norba ed è sede del vescovado della Diocesi
di Conversano-Monopoli.
DA
VEDERE
LE
MURA MEGALITICHE
Nel VI secolo a.C. l'abitato di Norba raggiunse l'apice
della potenza e della ricchezza. A quel tempo si fa
risalire un'importante opera di fortificazione, attorno
alla collina dove sorgeva la città. Tale cinta
muraria, formata da enormi blocchi di pietra locale,
grandi fino a un metro cubo, è in parte conservata.
In molti tratti essa è stata inglobata nelle
costruzioni successive, ma talvolta emerge per qualche
metro dal tessuto murario ordinario.
IL
CASTELLO
Sorge sul punto più alto dell'acropoli cittadina,
in una posizione in grado di dominare l'intero territorio
circostante fino al mare e delimita l'antico largo
della Corte, un'ampia piazza dalla forma irregolare
da sempre fulcro della vita politica locale. Del castello,
che si presenta oggi come una cittadella in pietra
costituita da edifici appartenenti a diverse epoche
e gusti architettonici, si può apprezzare ora
l'aspetto inespugnabile, ora la raffinatezza degli
ambienti signorili più tardi. Esso è
stato residenza dei conti di Conversano per quasi
sette secoli, sin da epoca normanna. Tuttavia la sua
storia è ben più antica: probabilmente
già al tempo della guerra greco-gotica (VI
secolo d.C.) sullo stesso luogo sorgeva un edificio
di difesa che inglobava un tratto delle mura megalitiche
dell'antica città di Norba. Di sicuro i primi
feudatari normanni imposero nell'XI secolo la ricostruzione
di un maniero sulle rovine del precedente. Del nucleo
originario normanno si conserva oggi una torre a base
quadrata, nota come Torre Maestra e un affresco posto
sulla volta dell'ingresso originario, raffigurante
i santi Cosma e Damiano. In seguito, importanti lavori
di ampliamento furono realizzati, tra gli altri, dai
conti Lussemburgo (XIV secolo) che promossero l'edificazione
dell'alta torre circolare all'angolo nord, proprio
dove il crinale dell'acropoli si faceva più
ripido. Intorno al 1460, gli Acquaviva costruirono
una torre a base dodecagonale, più tozza e
con le mura a scarpata, particolarmente ardita dal
punto di vista ingegneristico: al suo interno infatti,
è presente una cisterna attorno alla quale
gira un corridoio munito di caditoie, essenziali per
la difesa della città. I secoli successivi
videro l'ulteriore trasformazione dell'edificio che
a mano a mano andava perdendo i caratteri del maniero
per configurarsi come elegante dimora signorile, adatta
al prestigio dei potenti feudatari. L'ingresso attuale
si apre lungo il muro di cinta posto su piazza Conciliazione,
costruito nel 1710 per volere della contessa Dorotea
Acquaviva. È possibile così accedere
a un cortile interno che a sua volta garantisce l'accesso
al porticato tardo-rinascimentale. Ulteriori interventi
sul complesso edilizio si sono susseguiti sino alla
fine dell'Ottocento. Attualmente il castello è
solo parzialmente acquisito al patrimonio comunale,
mentre alcune ali - inclusa la camera nuziale decorata
con le scene dell'Antico Testamento di Paolo Finoglio
- sono tuttora proprietà private. Nell'area
pubblica dell'edificio ha oggi sede la Pinacoteca
civica che espone le grandi tele del ciclo della Gerusalemme
Liberata sempre opera del Finoglio.
LA
CATTEDRALE
Dedicata a Santa Maria Assunta, sorge anch'essa sull'acropoli
cittadina, ben all'interno delle antiche mura megalitiche,
e presenta i suoi quattro lati completamente isolati
dalle costruzioni circostanti. Le origini dell'edificio
attuale sono databili presumibilmente alla fine dell'XI
secolo, quando si avviò la riedificazione della
cattedrale sullo stesso luogo dove sorgeva una chiesa
precedente, probabile riadattamento di un edificio
di culto precristiano. Nel corso dei secoli, la cattedrale
fu oggetto di ripetuti interventi di restauro. Nel
1359 il vescovo Antonio d'Itri promosse il completamento
dell'arredo scultoreo, in particolare intervenendo
sulla facciata. Nel periodo barocco, gli interni della
chiesa furono radicalmente trasformati secondo il
gusto dell'epoca: le pareti interne furono coperte
di stucchi, il soffitto fu ribassato e dipinto con
immagini sacre e motivi ad arabeschi, ulteriori altari
alterarono la scansione degli spazi nelle navate laterali.
Nel 1877 l'architetto locale Sante Simone propose
di restituire alla cattedrale la bellezza delle linee
dell'originale tempio romanico. Tale progetto, che
venne fortemente avversato dall'opinione pubblica
locale, fu attuato accidentalmente qualche decennio
dopo, a seguito delle ingenti distruzioni generate
nel 1911 dall'incendio che distrusse completamente
gli interni della chiesa. A parte pochi arredi salvati
dalle fiamme, fu possibile recuperare solo la facciata
e la parte absidale. La ricostruzione, promossa dai
vescovi Antonio Lamberti e Domenico Lancellotti, fu
completata nel 1926 quando la cattedrale venne riaperta
al culto. Nel 1997, la cattedrale è stata elevata
a basilica minore da Giovanni Paolo II. Lo stile architettonico
attuale segue i canoni del romanico pugliese, con
una pianta a croce patibulata, ossia a T, e le absidi
rivolte a oriente. La facciata a capanna è
tripartita da lesene e caratterizzata nella parte
superiore da un rosone quattrocentesco a dodici raggi
e doppia cornice, e ai lati di questo, da due rosoni
più piccoli. Lungo la facciata si aprono tre
portali: quello centrale presenta una ricca decorazione
scultorea con due leoni stilofori che reggono idealmente
un protiro a timpano. All'interno, le tre navate,
munite di matronei, corrispondono alle tre absidi
semicircolari del presbiterio. Un affresco quattrocentesco
di scuola pisana ricopre l'intera abside sinistra.
Ai lati delle navate si aprono degli archi ciechi
dove hanno sede, tra gli altri decori, i due più
importanti arredi scampati alle distruzioni dell'incendio
del 1911: un crocifisso ligneo del XV secolo e l'icona
della Madonna della Fonte, protettrice della città.
L'ICONE
DELLA MADONNA DELLA FONTE
L'immagine sacra esposta in cattedrale è un'icona
databile attorno al XIII secolo. Secondo la tradizione,
comunque, essa sarebbe giunta a Conversano nel 487
assieme al primo vescovo Simplicio, che l'aveva salvata
dall'incendio di una chiesa in Africa durante gli
scontri con i seguaci dell'arianesimo. Le vicende
che secondo la tradizione accompagnarono l'arrivo
del quadro a Conversano sono pure leggendarie, in
quanto la barca sulla quale viaggiava il vescovo per
ben due volte fu allontanata dall'approdo previsto,
a Polignano, prima di sbarcare sul litorale di Cozze,
a pochi chilometri da Conversano. Per approfondimenti
consulta la voce Madonna della Fonte.
IL
MONASTERO DI SAN BENEDETTO
Secondo una tradizione non attestata da fonti, il
primo insediamento di monaci benedettini a Conversano
risalirebbe al VI secolo. Di sicuro esso nel X secolo
godeva di un certo benessere, rafforzato nel 1098
dal primo conte di Conversano Goffredo d'Altavilla
che concesse al monastero i diritti fiscali sul vicino
centro di Castellana. Nel 1110 papa Pasquale I dispose
che il monastero sarebbe stato direttamente soggetto
alla Santa Sede e concesse ai monaci il diritto di
eleggere autonomamente il proprio abate. Veniva così
sciolto il vincolo tra il monastero e il vescovo locale.
Una bolla di papa Alessandro IV del 1256 concesse
all'abate conversanese anche la giurisdizione ordinaria
sul clero di Castellana. Solo pochi anni dopo i benedettini
abbandonarono Conversano, forse per essersi opposti
al re di Sicilia Manfredi. Nel 1266 papa Clemente
IV affidò il monastero ad un gruppo di monache
cistercensi esuli dalla Grecia guidate da Dameta Paleologo,
probabilmente imparentata con la famiglia reale di
Costantinopoli. Nonostante fosse ora occupato da un
ordine religioso femminile, San Benedetto non perse
le antiche prerogative e anzi papa Gregorio X concesse
alla badessa di poter indossare la mitra e il pastorale,
che erano insegne vescovili, e le confermò
la piena giurisdizione sul clero di Castellana. L'eccezionale
situazione, pressoché unica nella cristianità
occidentale, fece coniare per il monastero di San
Benedetto la dizione di Monstrum Apuliae ("stupore
di Puglia"). Contemporaneamente alla crescita
del prestigio e del potere delle badesse - molte delle
quali nei secoli successivi sarebbero appartenute
alla famiglia comitale Acquaviva d'Aragona - crebbero
però anche le occasioni di attrito con il vescovo
della cittadina e il clero castellanese. Già
nel 1274 si registrarono le prime controversie giurisdizionali.
Particolarmente vivaci furono quelle tra il 1659 e
il 1665. Gli attriti perdurarono sino ai primi anni
dell'Ottocento, quando i decreti murattiani di abolizione
dei diritti feudali e di scioglimento degli ordini
religiosi posero fine alla storia del monastero benedettino.
Il complesso monastico occupa una vasta porzione del
centro storico all'interno delle mura megalitiche,
delle quali ingloba ampi tratti. La chiesa conserva
una parte della cinta muraria dell'XI secolo. Il monumentale
ingresso laterale, del 1658, presenta una coppia di
leoni su cui si innestano due colonne corinzie e un
protiro riccamente decorato. In corrispondenza dell'ingresso
laterale si erge un campanile barocco la cui sommità
è ricoperta di maioliche bicrome. Le stesse
maioliche rivestono la cupola che si apre sulla navata
centrale. L'interno a tre navate è oggi un'aula
di forma rettangolare impreziosita da decorazioni
barocche: l'abside fu eliminato nel XVI secolo per
favorire la costruzione di grande altare centrale.
Tra gli altari laterali, quelli di San Benedetto e
San Biagio conservano due tele di Paolo Finoglio.
Altre opere sono attribuite a Carlo Rosa e Nicola
Gliri. Sotto la chiesa si apre una cripta dell'XI
secolo dedicata a San Mauro con due navate e archi
a sesto tondo. Il chiostro medievale, risalente ai
secoli XI-XIII, ha forma trapezoidale. Le colonne
binate che reggono il portico hanno capitelli in pietra
intagliata. Parte del complesso monastico ospita attualmente
il museo civico archeologico.
LA
CHIESA DI SANTA CATERINA
Si tratta di un piccolo edificio romanico a circa
1 km fuori dal centro abitato. La costruzione risale
forse al XII secolo e probabilmente venne realizzata
da alcuni monaci basiliani stabilitisi nell'area.
La principale caratteristica della chiesa è
la sua pianta quadrilobata con una cupola centrale
internamente emisferica racchiusa in un tiburio ottagonale,
sul quale insiste un lanternino. Gli interni, in passato
affrescati, si presentano ora spogli da ogni decorazione
e permettono di cogliere meglio l'armoniosità
dei volumi.
In assenza di documenti che ne attestino la data di
edificazione, la datazione del monumento è
problematica e potrebbe essere fatta risalire ad un
periodo compreso tra l'XI e il primo XIV secolo. L'adozione
di una pianta così poco diffusa nell'ambito
dell'architettura religiosa occidentale svelerebbe
degli influssi bizantini. Essa è stata infatti
messa in relazione con altri edifici religiosi realizzati
nell'area tra Venosa e Canosa. Per tale ragione la
chiesa di Santa Caterina è stata riconosciuta
monumento nazionale.
ROVINE E TORRE DI CASTIGLIONE
A circa 5 km dal centro cittadino in direzione sud-est,
sulla cima di un colle boscoso della contrada Castiglione
si staglia un'alta torre a base quadrata, probabilmente
con un nucleo trecentesco e rifacimenti del tardo
Cinquecento. L'ingresso alla torre è in posizione
sopraelevata e richiedeva presumibilmente un ponte
levatoio; la sommità è coronata di beccatelli.
Attorno alla torre vi sono i resti di una cinta muraria
con basamento megalitico che delimitava la cima del
colle, dove sono emersi i resti di alcune strade,
case e botteghe e i ruderi di una chiesa di impianto
basilicale con abside semicircolare, della quale si
ha memoria con il titolo dell'Annunziata. Il toponimo
Castiglione, associato ad un centro abitato di modeste
ma non trascurabili dimensioni, ricorre infatti nei
documenti dal X secolo al 1494 quando probabilmente
la piccola comunità si raccolse in Conversano.
Ma il villaggio occupava in realtà il sito
di un insediamento abitato almeno dall'età
del bronzo e vivo in epoca romana, alla quale sembra
fare riferimento l'impianto urbanistico. Secondo alcune
interpretazioni, Castiglione potrebbe corrispondere
alla località riportata nella Tabula Peutingeriana
col toponimo Ad Veneris. Oggi l'intera area è
stata recuperata ed è tutelata insieme ai laghi
di Conversano.
IL CASTELLO DI MARCHIONE
Si tratta in realtà di un'elegante tenuta di
caccia, fatta costruire dagli Acquaviva d'Aragona
in un bosco, oggi scomparso, a 6 km da Conversano,
presumibilmente attorno al 1730. L'edificio, alla
cui realizzazione intervenne Vincenzo Ruffo o altri
architetti di scuola vanvitelliana (mentre è
dubbio il ruolo rivestito dallo stesso Vanvitelli),
si presenta come una costruzione a pianta quadrata,
i cui quattro vertici sono caratterizzati da tozze
torri circolari in pietra. Il piano superiore, raggiungibile
mediante un'imponente scala esterna a doppia rampa,
presenta in facciata un loggiato coperto. Trasformato
in masseria a metà del XIX secolo, il castello
di Marchione nel 1976 è stato riconosciuto
come monumento nazionale. Gli interni, oggi recuperati
allo splendore originario, ospitano il ritratto di
Giangirolamo II eseguito da Paolo Finoglio.
IL
SANTUARIO DEI SANTI COSMA E DAMIANO
Il primo edificio di culto in Puglia realizzato su
modelli barocchi fu fatto erigere nel 1636 dal conte
Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona, probabilmente
come ex voto ai santi Medici per la guarigione del
figlio Cosimo. Sullo stesso luogo sorgeva una chiesa
preesistente dedicata a San Matteo. La sobria facciata
della chiesa introduce mediante un unico portale ad
un'aula interna poco illuminata, nella quale però
la luce si riverbera sulle fastose decorazioni dorate
ed esalta l'alternarsi dei pieni e dei vuoti dato
dalla scansione delle cappelle laterali. Gran parte
dell'arredo iconografico è opera di Paolo Finoglio,
che si avvalse anche degli aiuti Carlo Rosa e Cesare
Fracanzano. Il soffitto, interamente affrescato tra
le cornici aggettanti, reca l'apoteosi dei santi Medici
contornata da alcune scene della loro vita. Nella
chiesa si venera santa Rita da Cascia, che fu canonizzata
grazie al riconoscimento di un miracolo avvenuto a
Conversano nel 1887. Per tale ragione, dal 1997 i
legami tra la cittadina pugliese e Cascia sono sanciti
da un "gemellaggio di fede".
LA
CHIESA DEL CARMINE
Anch'essa barocca, venne realizzata nel 1652 per volere
della contessa Isabella Filomarino della Rocca, moglie
di Giangirolamo II. Gli interni, ad unica navata secondo
le disposizioni liturgiche del Concilio di Trento,
presentano una pregevole decorazione in stucchi bianchi
e oro. In particolare, l'altare maggiore, con la pala
dipinta dall'artista bitontino Nicola Gliri, di scuola
finogliesca, si connota per il forte movimento ascensionale.
Da segnalare anche il coro in legno intagliato e dorato.
LA
CHIESA DI SANTA MARIA DELL'ISOLA
Sorge a circa 2 km dal centro cittadino, lungo l'antico
tracciato viario che conduceva - e conduce tuttora
- a Bari. Venne costruita nel 1462 presso un'antica
chiesa rupestre poi abbandonata. Secondo la leggenda
infatti intorno alla metà del XV secolo la
Vergine Maria sarebbe apparsa ad una fanciulla indicandole
il luogo dove avrebbe trovato una grotta con un suo
dipinto. L'edificazione della chiesa fu patrocinata
dai conti Giovanni Antonio Orsini del Balzo e Giulio
Antonio Acquaviva. Sin dall'inizio essa venne affidata
all'Ordine dei Frati Minori osservanti detto degli
Zoccolanti, che l'amministrarono fino ai primi anni
del XIX secolo.
L'edificio si presenta oggi con un'architettura tardo-gotica
e un arredo interno per lo più rinascimentale.
L'insolita pianta a due navate è frutto dell'ampliamento
della chiesa realizzato nel 1530. Nell'abside della
navata più antica è conservato il cenotafio
(monumento funebre senza la salma) di Giulio Antonio
Acquaviva, ucciso nell'assedio di Otranto del 1481.
L'opera, realizzata dall'artista salentino Nuzzo Barba
in pietre policrome, rappresenta le virtù cardinali
e teologali che contornano un'immagine del conte e
di sua moglie entrambi vestiti di un saio francescano.
Un epitaffio ricorda i meriti del feudatario e le
circostanze della morte. Tra gli altri elementi decorativi
della chiesa, si menzionano gli affreschi seicenteschi,
gli altari in legno scolpito e dipinto e il grande
crocifisso in cartapesta e legno che viene portato
in processione per la città in occasione del
Venerdì Santo.
Il monastero sorge attorno a due chiostri: il più
piccolo è il più antico e presenta al
centro un pregevole pozzo barocco con fregi realizzati
in ferro battuto. Quello più grande rappresenta
, tramite statue e affreschi, i santi, per lo più
di tradizione francescana.
I
LAGHI DI CONVERSANO
La natura carsica dell'agro di Conversano è
evidente nelle numerose doline prive di inghiottitoio
che contraddistinguono il territorio comunale e che
a seguito di piogge abbondanti si trasformano in piccoli
bacini idrici. L'importanza di tali depositi d'acqua
per l'agricoltura di un territorio altrimenti privo
di acque superficiali fece sì che già
in epoca romana, nei punti più bassi delle
depressioni naturali, venissero costruite delle cisterne
profonde fino a 12 metri, allo scopo di immagazzinare
l'acqua il più a lungo possibile preservandola
dall'evaporazione. Undici di tali cisterne sono tuttora
conservate e sono state sino ad epoca recente utilizzate
come fonte di approvvigionamento idrico per i campi
circostanti. Il particolare habitat dei laghi risulta
fondamentale per la fauna anfibia e rettile; in particolare,
si riscontra la presenza del tritone italico, del
rospo smeraldino e della biscia d'acqua. Dal 1985
pertanto i laghi di Conversano sono stati dichiarati
riserva naturale erpetologica. Essi inoltre costituiscono
un punto di sosta per le migrazioni di diverse specie
avicole, quali anatre, oche, aironi e fenicotteri.
Recentemente, l'Unione Europea ha li ha classificati
come siti di interesse comunitario per per la conservazione
del patrimonio naturale.
DA
VISITARE
Museo civico archeologico: ospitato presso il Monastero
di San Benedetto, presenta un percorso guidato relativo
al popolamento di una vesta area del sud-est barese
in epoca preistorica ed espone i ritrovamenti archeologici
relativi agli abitati di Norba e Castiglione.
Pinacoteca civica, presso il castello. Espone in particolare
l'intero ciclo della Gerusalemme Liberata di Paolo
Finoglio.
Polo bibliotecario: comprende la biblioteca ed emeroteca
civica "Maria Marangelli" e la biblioteca
del Centro Regionale dei Servizi Culturali (CRSEC),
ambedue site presso l'ex convento di San Giuseppe.
Biblioteca del seminario vescovile: contiene una ricca
collezione di manoscritti e libri dal Cinquecento
all'Ottocento, più una sezione moderna dedicata
alle opere di teologia e di storia locale ed ecclesiastica
e ai microfilm di manoscritti relativi a Conversano
custoditi in altre biblioteche italiane ed europee.
Nella stessa sede sono esposti circa 4000 reperti
di mineralogia.
Grande orchestra di fiati Gioacchino Ligonzo: recentemente
intitolata al compositore e direttore di banda conversanese,
che la diresse nella seconda metà del XX secolo,
la banda musicale nacque già nel Settecento
alla corte degli Acquaviva. Dal 1832 essa fu resa
un'istituzione stabile e presto divenne anche un'apprezzata
scuola di composizione bandistica. Recentemente, la
banda della città di Conversano è stata
insignita di diversi premi a livello nazionale e ha
partecipato a tournée all'estero.
FRAZIONI
Nel territorio di Conversano, a 8 km dalla cittadina,
sorge la frazione di Triggianello, sorta nel 1878
come villaggio operaio annesso ad uno stabilimento
per la lavorazione e il commercio dei prodotti vitivinicoli
di proprietà di Saverio De Bellis: egli provvide
alla costruzione delle abitazioni per le famiglie
dei lavoratori e diede all'insediamento il nome di
"Villanova", che era anche il marchio con
il quale era commercializzato il vino che vi si produceva.
Il villaggio fu dotato di un ufficio postale e telegrafico
e in pochi anni sfiorò i seicento residenti.
Nonostante le aspettative dell'imprenditore De Bellis,
la frazione non fu mai connessa alla rete ferroviaria
e questa fu una delle cause del suo mancato ulteriore
sviluppo.
Oggi
l'abitato di Triggianello, che ha mantenuto l'originaria
vocazione agricola, si caratterizza per l'imponente
chiesa di Santa Maria Addolorata, costruita nel 1916
e dichiarata Parrocchia nel 1939, fuori scala rispetto
alle modeste dimensioni della frazione proprio perché
fu progettata per servire un abitato che nelle intenzioni
sarebbe dovuto essere molto più vasto.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Le origini della città risalgono quanto meno
all'età del ferro, quando le popolazioni indigene,
iapige o peucezie, fondarono su una collina più
alta del territorio circostante una città di
nome Norba e la dotarono di possenti mura in pietra
(il toponimo infatti significherebbe "città
fortificata"). La felice ubicazione di Norba,
probabilmente posta lungo un importante asse viario,
la rese sin dall'inizio un abitato fiorente, al centro
dei traffici tra le colonie magnogreche della costa
e le popolazioni indigene dell'interno. L'ampia necropoli
risalente al VI secolo a.C. ha restituito infatti
decine di tombe con ricchi corredi funerari, in parte
di matrice ellenica. Nel
268 a.C., con l'occupazione romana dell'Apulia, anche
Norba perse la propria autonomia; ciò nonostante,
mantenne un ruolo rilevante anche sotto la dominazione
di Roma, come attestato dai cospicui ritrovamenti
di utensili in terracotta, armature e gioielli. L'abitato
non sopravvisse però alla dissoluzione dell'impero,
presumibilmente per opera dei Visigoti che invasero
l'Apulia nell'anno 411. Già a partire dal V
secolo d.C., non molto tempo dopo la presumibile scomparsa
di Norba, e nello stesso luogo, le fonti attestano
l'esistenza del toponimo Casale Cupersanem, che probabilmente
fu sede vescovile sin dall'VII secolo. Ma fu dalla
metà del XI secolo, con la dominazione normanna
delle regioni meridionali della penisola italiana,
che il luogo assurse a vero e proprio centro di potere:
intorno al 1054 Goffredo d'Altavilla nipote di Roberto
il Guiscardo, prese il titolo di comes Cupersani e
fece della cittadina il fulcro di un'amplissima contea,
estesa per buona parte della Puglia centro-meridionale,
tra Bari e Brindisi e fino a Lecce e Nerito (Nardò).
L'importanza della corte conversanese nel panorama
nobiliare di quegli anni è ben attestata dall'aver
ospitato a Conversano per alcuni mesi il duca di Normandia
Roberto II detto il Cortacoscia, figlio del re d'Inghilterra
Guglielmo il Conquistatore, che era di passaggio in
Puglia al termine della prima crociata; Roberto II
sposò anzi Sibilla, figlia di Goffredo, e ricevette
una dote ampia abbastanza per riscattare l'ipoteca
di 10.000 ducati sul ducato di Normandia accesa prima
della partenza per la Terrasanta. Intanto, a Conversano,
Goffredo confermò i diritti fiscali sull'intero
agro della limitrofa Castellana in favore dei monaci
benedettini, presenti in Conversano probabilmente
dall'VIII secolo. Alla morte di Goffredo (avvenuta
nel 1101 secondo Lupo Protospata), la contea andò
in eredità a suo figlio Roberto e poi al secondogenito
Alessandro. Nel 1132, sconfitto da Ruggero II di Sicilia,
Alessandro fuggì in Dalmazia perdendo la contea
di Conversano, che 1134 Ruggero II assegnò
a suo cognato Roberto I di Bassavilla. Nel 1138 gli
succedette il figlio Roberto II (dal 1154 anche conte
di Loritello) che vi regnò fino alla morte
(1182). Seguì un periodo nel quale il feudo
tornò alla dirette dipendenze del regio demanio,
con la parentesi del decennio 1197-1207 in cui fu
possedimento di Berardino Gentile. Più tardi
furono conti di Conversano per quasi un secolo i Brienne
(1269-1356), fino alla morte senza eredi del duca
d'Atene Gualtieri VI. La contea passò quindi
più volte di mano in mano tra molti importanti
casati, soprattutto per via matrimoniale: gli Enghien
(1357-1381 e 1394-1397), i Lussemburgo (1381-1394
e 1405-1407), i Sanseverino (1397-1405), i Barbiano
(1411-1422), gli Orsini (1423-1433), i Caldora (1434-1440)
e gli Orsini del Balzo (1440-1455). L'ultimo conte
Orsini del Balzo era Giovanni Antonio, figlio di Raimondo
principe di Taranto e di Maria d'Enghien (che poi
avrebbe sposato in seconde nozze Ladislao I d'Angiò).
Giovanni Antonio diede in dote l'intera contea di
Conversano - che comprendeva i centri di Castellana,
Casamassima, Castiglione (centro abitato poi scomparso,
tra Conversano e Castellana), Noci e Turi - a sua
figlia Caterina, sposa del duca d'Atri Giulio Antonio
Acquaviva. Iniziava così nel 1455 il lungo
possesso del feudo di Conversano da parte della casata
degli Acquaviva che, salvo una parentesi di quattro
anni, lo avrebbe detenuto ininterrottamente sino all'abolizione
dei diritti feudali del 1806. Giulio Antonio Acquaviva,
ritenuto dai contemporanei un valente condottiero,
si distinse soprattutto nella battaglia di Otranto
contro i Turchi (1481). Quello stesso anno morì
in battaglia per un'imboscata, lasciando il feudo
in eredità a suo figlio Andrea Matteo. Anche
costui eccelse in numerose battaglie; il suo comportamento
eroico gli valse il riconoscimento, da parte del re
di Napoli Ferdinando I, del privilegio di aggiungere
all'arma del suo casato quella reale e di modificare
il cognome in Acquaviva d'Aragona. Le sue fortune
a corte però furono offuscate dall'accusa di
aver preso parte alla cosiddetta congiura dei baroni,
tanto che patì la prigione e la temporanea
perdita della contea a beneficio del duca di Termoli,
Andrea di Capua (1504-1508). Tornato a Conversano,
ebbe modo di distinguersi come mecenate, bibliofilo
e letterato e fu incluso nell'Accademia di Jacopo
Sannazzaro. Morì nel 1529, mentre Conversano
era funestata da un'epidemia di peste. Alla casata
degli Acquaviva d'Aragona apparteneva anche il celebre
Guercio delle Puglie, il conte Giangirolamo II (1600-1665),
che amministrò il feudo dal 1626 al 1665 circondato
da enorme potere, molti nemici e molte leggende. Le
cronache lo descrivono come un feudatario dispotico
e senza scrupoli, avvezzo alla violenza gratuita e
in grado di sfruttare ogni circostanza per accrescere
il suo potere. Così fu in occasione dell'effimera
repubblica napoletana di Masaniello (1647) che si
propagò anche in Puglia: benché la corona
spagnola si fosse rivolta a Giangirolamo perché
riportasse all'ordine le terre pugliesi sollevatesi
contro i signori locali (cosa che avvenne ad esempio
in Terra d'Otranto a San Cesario e Nardò),
quando i rivoltosi di Martina ripararono nel territorio
di Conversano, il conte accordò loro protezione
per servirsene più avanti come esecutori delle
azioni più efferate nei confronti dei suoi
sudditi meno docili, come accadde a Locorotondo in
occasione del sacco del 1648. Ben presto, i tanti
nemici di cui si era circondato fecero giungere notizia
alla corte spagnola degli abusi di Giangirolamo, che
nel 1550 fu pertanto tradotto a Madrid e imprigionato.
Proprio quando si apprestava a tornare nel suo feudo
lasciato nel frattempo nelle mani di sua moglie Isabella
Filomarino della Rocca, morì vittima della
malaria. Era il 1665. In realtà la figura del
Guercio resta incompleta senza menzionare il mecenatismo
della sua corte. Si trattava certamente di un preciso
programma politico, volto ad accrescere il prestigio
del casato. Tuttavia Giangirolamo e sua moglie Isabella
arricchirono la collezione di famiglia che con loro
giunse a contare oltre cinquecento dipinti e svariate
altre opere d'arte, tra mobili e suppellettili; diedero
inoltre ospitalità al pittore Paolo Finoglio,
che nel lungo soggiorno conversanese (1622-1645) fu
autore di diverse opere: dagli affreschi della camera
degli sposi, alle dieci grandi tele del ciclo ispirato
alla Gerusalemme Liberata, ambedue ospitati nel castello,
alle fastose decorazioni nelle chiese cittadine del
Carmine e dei Santi Cosma e Damiano che venivano edificate
in quegli anni. Anche la costruzione dei trulli di
Alberobello fu un espediente di Giangirolamo per eludere
l'editto vicereale che richiedeva l'assenso della
corte per la fondazione delle città: grazie
alla particolare tecnica costruttiva a secco, ogni
volta che si approssimava l'ispezione regia il Guercio
poteva dare ordine di distruggere i tetti delle abitazioni,
che in seguito sarebbero stati ricostruiti agevolmente.
Il prestigio di Conversano e il potere del casato
raggiunto da Giangirolamo II non sarebbe stato eguagliato
dai suoi eredi. Nel 1690 la cittadina fu investita
da una epidemia di peste che in due anni falcidiò
la popolazione e indebolì l'economia locale.
Con il Settecento le condizioni della nobiltà
meridionale gradualmente mutarono e alla tensione
bellica del passato si sostituirono l'amministrazione
dei beni e il loro godimento. Attorno al 1730 gli
Acquaviva edificarono a pochi chilometri da Conversano
il castello di Marchione, un'elegante casino di caccia,
e iniziarono a dedicarsi soprattutto all'allevamento
dei loro cavalli. Successivamente, presero a soggiornare
più spesso a Napoli che nel feudo conversanese,
che quindi lentamente andava perdendo il ruolo di
primo piano ricoperto nei secoli precedenti. A lungo,
la realtà conversanese fu caratterizzata dalla
non facile coabitazione di tre poteri: oltre ai potenti
conti del luogo, infatti, la cittadina registrava
la presenza del vescovo della locale diocesi, che
a lungo detenne un rilevante potere temporale nei
confronti di alcuni dei centri vicini. Ad essi si
aggiungeva la presenza della badessa del monastero
di San Benedetto, detentrice di un'inusitata autorità,
religiosa e temporale, tanto da essere stata definita
Monstrum Apuliae. L'abolizione dei diritti feudali
(1806) e il decreto di soppressione del monastero
di San Benedetto (1810) non rappresentarono per la
cittadina un momento di apertura degli spazi di libertà;
la restaurazione borbonica anzi determinò uno
stato di oppressione che, come in molte altre città
del regno, sfociò nella costituzione di alcune
società segrete. Conversano vide infatti la
formazione di due vendite carbonare attorno alle quali
si raccoglievano anche alcune tra le menti più
aperte della vivace borghesia cittadina, di orientamento
liberale. Dal 1849 fu addirittura il vescovo locale,
Giuseppe Maria Mucedola, di radicate idee giobertiane,
a diventare il più acceso sostenitore a Conversano
dell'unità d'Italia, tanto che sollecitò
alcuni dei sacerdoti della diocesi a partecipare ai
moti insurrezionali del 1859 contro il governo borbonico.
Durante il suo episcopato (1849-1865) promosse il
locale seminario, che divenne in breve punto di riferimento
per alcuni tra i più brillanti docenti del
Mezzogiorno tanto da attrarre studenti da tutta la
Puglia, talvolta più per amore degli studi
che per effettiva vocazione. Per tale ragione, nel
1876 fu aperto un convitto per i laici che ne avessero
voluto frequentare le lezioni. Dopo l'unità
d'Italia, alcune vicende hanno contraddistinto la
storia di Conversano: nel 1877 vi si costituì
una delle prime società operaie di mutuo soccorso
italiane. Nel 1886 una rivolta della popolazione nei
confronti dei soprusi del mai sopito notabilato locale
sfociò nell'incendio del municipio e del suo
prezioso archivio. Nel 1911 le fiamme distrussero
accidentalmente la cattedrale, che ne risultò
gravemente danneggiata nei decori e nelle strutture
portanti; la ricostruzione fu completata nel 1926.
Nel 1921, prima quindi della marcia su Roma, il giovane
deputato socialista locale Giuseppe Di Vagno fu assassinato
al termine di un comizio nel vicino comune di Mola
di Bari. Nel 1959 Maria Marangelli fu tra le prime
donne-sindaco d'Italia. Il dopoguerra e gli anni della
ricostruzione, sono stati caratterizzati a Conversano
delle lotte sociali e sindacali della locale Camera
del Lavoro guidata dal segretario Domenico Bolognino.
Egli riuscì durante la sua segreteria, ad aggregare
e sostenere le istanze della popolazione contadina
e bracciantile, costituente in gran parte la nuova
classe povera. Attraverso una costante ed energica
opera di rivendicazione dei diritti, il sindacato
riuscì in maniera rilevante a risollevare le
condizioni della classe proletaria, garantendo non
solo ai lavoratori, ma anche ai disoccupati,
ai bisognosi, ai vecchi pensionati e non pensionati
migliorate condizioni di vita.