Bitonto
è una città della provincia di Bari,
conosciuta come la Città degli ulivi per gli
estesi uliveti che la circondano. La produzione olearia
della città, da sempre legata all'ulivo, ha
origini antichissime. L'olio bitontino, infatti, era
molto rinomato già nel XIII secolo con Venezia,
che lo valutava più di ogni altro nella penisola
italica. La produzione olearia, perfezionata nel corso
del XX secolo, costituisce ancora oggi la più
importante risorsa economica della città. Bitonto
inoltre ha dato il nome al cultivar locale Cima di
Bitonto. Notevole è inoltre il centro storico
che presenta numerosissime chiese tra le quali spicca
la cattedrale: l'esempio più completo del romanico
pugliese. Ci sono inoltre palazzi rinascimentali quali
il Palazzo Sylos calò, e il Palazzo Sylos-Vulpano.
Il 26 maggio 1734 Bitonto fu teatro della battaglia
che oggi porta il suo nome, combattuta tra i borboni
e gli austriaci, che portò definitivamente
il regno di Napoli nelle mani degli spagnoli. Il territorio
comunale di Bitonto si estende per oltre 170 km2,
dall'alta Murgia fino a 2 km dal mare Adriatico, e
confina a nord con il comune di Giovinazzo, a est
con Bari, Modugno e Palo del Colle, a sud con Altamura
e Toritto e a ovest con Terlizzi e Ruvo di Puglia.
Fino al 1928 il comune aveva anche uno sbocco sul
mare Adriatico, in quanto amministrava la frazione
di Santo Spirito, oggi quartiere di Bari. Il centro
abitato si trova sul primo gradino dell'altopiano
della Murgia, ma il territorio comunale nella parte
occidentale, è decisamente collinare, raggiunge
un'altezza massima di 491 m s.l.m. e include il parco
nazionale dell'Alta Murgia. Il centro bitontino accoglie
anche lama Balice (localmente nota come La Majin),
sito naturalistico e paesaggistico recentemente istituito
come parco regionale. La città di Bitonto possiamo
considerarla come tanti raggi che partono da un nucleo
centrale (il centro storico). Il nucleo antico della
città, delimitato dalle mura, sorse su un modesto
rilievo di forma trapezoidale. La città era
collegata a Roma mediante la via Traiana che vi giungeva
da Ruvo di Puglia e passava per una delle cinque porte
(Porta Robustina).
Le
vie del centro storico hanno andamento tortuoso, adattandosi
alla conformazione del terreno, e in alcuni casi terminano
per fare spazio a delle scale. Vi si trovano archi
che ospitano dipinti a soggetto religioso ( ad esempio
"arco Pinto"). Caratteristiche sono le corti
bitontine, tra cui la "corte Fenice", dove
nacque Tommaso Traetta.
Le
strutture più antiche presenti nel centro storico
sono di origine altomedievale mentre le più
recenti sono state innalzate verso la prima metà
del Settecento. Nel cuore del centro storico la cattedrale
si affaccia sull'antistante e omonima piazza, dove
si trova la cosiddetta gloria dell'Immacolata, un
obelisco che sorregge una statua dell Immacolata.
Ancora nel centro storico sono il teatro Traetta,
il torrione Angioino in piazza Cavour, la chiesa di
San Gaetano, il Palazzo Calò, la Porta Baresana
e le mura cittadine.
Nel
XIX secolo, il lato est della città si trasformò
in un piccolo quartiere tagliato da via Traetta. Nella
zona ottocentesca sorge inoltre la chiesa del Crocifisso.
Piazza Marconi segna il confine tra il quartiere più
recente e l' ingresso al centro cittadino.
L'attuale
zona centrale è anch'essa costituita in prevalenza
da palazzi ottocenteschi (tra cui il palazzo Louise-Pannone),
disposti intorno alla piazza Aldo Moro, dove si trova
una statua di Tommaso Traetta. Dalla piazza si dipartono
le arterie principali della città: corso Vittorio
Emanuele II e via della Repubblica Italiana. Sul corso,
che si estende tra la porta Baresana e la Villa comunale,
si affaccia il Palazzo comunale, mentre la via, che
si estende tra il torrione Angioino e la basilica
dei Santi Medici, è la principale strada commerciale,
dotata di portici.
La
chiesa dei Santi Medici segna il confine tra il centro
e la parte settentrionale della città e rappresenta
il punto di riferimento e il monumento più
importante di quest'ultima zona. Qui si sviluppa la
zona artigianale, separata dal resto dell'abitato
mediante la stazione della Ferrotramviaria (linea
Bari-Barletta).
Infine
la parte occidentale si sviluppa lungo la via Ammiraglio
Vacca.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Secondo la tradizione Bitonto sarebbe stata fondata
dal re illirico Botone, dal quale deriverebbe il nome.
Altre ipotesi vedono l'origine del nome di Bitonto
da "Bonum totum" a significare la prosperità
del luogo. La presenza umana nel territorio risale
all'epoca neolitica, testimoniata dai ritrovamenti
di manufatti (ceramica impressa) tra la città
e la costa e da insediamenti in grotte nella Lama
Balice, forse dovuti a gruppi umani provenienti dalla
penisola balcanica approdati circa 10 000 anni fa
sulla costa. Un insediamento dell'età del ferro
è testimoniato presso un'ansa del torrente
Tiflis, nella lama. La città fu un importante
centro peuceta. Successivamente divenne colonia greca
sotto l'influenza di Taranto, come testimoniano le
monete del V secolo a.C. rinvenute nel centro storico,
che riportano, l'effigie dell'eroe tarantino Falanto.
La città era comunque rimasta autonoma, come
testimoniano altre monete della stessa epoca, che
presentano la legenda in caratteri greci "BITONTYNON"
. Una necropoli risalente al IV-III secolo a.C. è
stata inoltre rinvenuta nell'attuale centro urbano.
In epoca romana fu municipio. Un tempio dedicato a
Minerva doveva collocarsi su uno sperone che domina
il Tiflis. La città era attraversata dalla
via Traiana nel punto in cui quest'ultima si ramificava
in due: la mulis vectabilis via per Peucetios citata
da Strabone, che passava per Celiae, Rudiae e Norba
e la via Minucia Traiana, passante per Barium. Le
due vie poi si riunivano ad Egnazia. Fu stazione di
sosta menzionata nell'Itinerarium burdigalense, nell'Itinerario
antonino, nella cosmografia ravennate, nella Tavola
teodosiana e nella Tavola Peutingeriana. Fu inoltre
citata da Marco Valerio Marziale, da Sesto Giulio
Frontino e da Plinio il Vecchio. Quest'ultimo fa riferimento
al nome degli abitanti. Gli scarsi documenti di epoca
longobarda lasciano presupporre che Bitonto abbia
attraversato un periodo di declino. Al V-VI secolo
risalgono i resti di una chiesa rinvenuti negli scavi
sotto l'attuale cattedrale. Nel 975 il catapano bizantino
Zaccaria sconfisse presso Bitonto i Saraceni e uccise
il loro capo, Ismaele; nel 1010 la città fu
teatro della rivolta di Melo di Bari contro i Bizantini.
Sotto il dominio normanno, alla fine del X secolo
si ebbe una fioritura cittadina: la presenza della
sede vescovile è attestata dal 1089. Con Federico
II fu sede amministrativa per la raccolta delle imposte
e rimase nel XIII e XIV secolo nell'ambito del regio
demanio, ossia alle dirette dipendenze della corona.
Il 29 Settembre 1227 inoltre, Bitonto fu teatro della
scomunica, da parte di papa Gregorio IX, di Federico
II accusato di essere sceso a patti con il sultano
al-Malik al-Kamil.
Già nel Duecento iniziarono le dispute di confine
con Bari per il possesso di Santo Spirito, sulla costa.
Nel 1265 il confine venne fissato all'Arenarum, tra
Palese e Santo Spirito, ma il conflitto continuò
ancora nei secoli successivi. Nel 1412 fu possesso
feudale di Giacomo Caldora, duca di Bari, e nel corso
dello stesso secolo passò quindi ai Ventimiglia,
agli Orsini, agli Acquaviva d'Aragona e ai Cordoba.
Nel 1551 la città riacquistò la propria
autonomia, versando al duca di Sessa e alla corona
spagnola una somma di 66 000 ducati. Gli statuti cittadini
furono redatti nel 1565. La disputa di confine con
Bari per il possesso di Santo Spirito, iniziata nel
XIII secolo riprese vigore in quegli anni: nel 1527
Bona Sforza, duchessa di Bari, aveva dichiarato "zona
promiscua" il territorio tra Modugno e il mare.
Il conflitto riprese in seguito tra l'"università"
di Bitonto e quella di Bari: il consiglio di Napoli
nel 1584 fissò nuovamente i medesimi confini
del 1265. Nel Seicento fu la seconda città
di Puglia dopo Lecce e visse una fioritura culturale,
con la bottega di pittura di Carlo Rosa, l'"Accademia
degli Infiammati", il musicista Tommaso Traetta,
il matematico Vitale Giordano e Nicola Bonifacio Logroscino,
attore dell'opera buffa. Nel 1647 vi furono moti insurrezionali
del popolo contro la nobiltà frenati solo dal
conte di Conversano.
Il 26 maggio 1734, durante la guerra di successione
polacca, nel campo di San Leone l'esercito spagnolo
di Carlo di Borbone vi sconfisse gli Austriaci nella
battaglia di Bitonto, assicurando ai Borboni il possesso
del Regno di Napoli. Durante il Risorgimento il bitontino
Giovanni Vincenzo Rogadeo fu nominato da Giuseppe
Garibaldi primo governatore della Puglia e in seguito,
senatore del regno: come sindaco della città,
tra il 1870 e il 1875, promosse un "consorzio
per oli tipici", un "gabinetto di lettura"
e una "scuola serale di disegno", oltre
che occuparsi della viabilità e accessi ferroviari.
Nel 1893 avvenne l'uccisione di un delegato della
finanza e nella vita politica cittadina si sviluppò
il movimento socialista. In seguito ebbero rilevanza
le figure del cattolico Giovanni Ancona Martucci e
del vescovo Pasquale Berardi e ancora di Giovanni
Modugno, aderente alla corrente politica di Gaetano
Salvemini, tra il 1911 e il 1919. Nel 1928 la frazione
di Santo Spirito, unico accesso alla costa, e oggetto
di dispute di confine tra le due città sin
dal XIII secolo, passò al comune di Bari insieme
a parte del territorio circostante, per un totale
di circa 16 km2. Nel 1984 la città fu visitata
da papa Giovanni Paolo II.Durante il Risorgimento
il bitontino Giovanni Vincenzo Rogadeo fu nominato
da Giuseppe Garibaldi primo governatore della Puglia
e in seguito, senatore del regno: come sindaco della
città, tra il 1870 e il 1875, promosse un "consorzio
per oli tipici", un "gabinetto di lettura"
e una "scuola serale di disegno", oltre
che occuparsi della viabilità e accessi ferroviari.
CATTEDRALE
La cattedrale di Bitonto, dedicata a San Valentino,
in stile romanico pugliese, è stata innalzata
nel cuore del centro storico tra l'XI e il XII secolo,
su modello della basilica di San Nicola di Bari. Come
tutte le chiese pugliesi anche la cattedrale di Bitonto
è stata rivestita nel XVIII secolo da stucchi
e decori barocchi, ma l'aspetto originario venne ripristinato
nel corso dei restauri ottocenteschi. La facciata
si presenta tripartita da lesene su tutta l'altezza.
Dei tre portali, quello centrale ha una ricca decorazione
con scene del Nuovo Testamento ed è fiancheggiato
da due grandi grifoni di pietra che tengono una preda
fra gli artigli. Un intreccio di decorazioni vegetali
riempie invece l'architrave, che è sormontato
da un pellicano, uccello che, nella leggenda, offre
il suo cuore ai figli affamati, e simboleggia pertanto
la generosità della Chiesa. Il registro superiore
della facciata è ornato da quattro bifore e
da un rosone a sedici bracci, inquadrato da un edicola
arcuata con sovrarco sormontato da una sfinge e fiancheggiato
dalle sculture di due leoni. Il fianco meridionale
che si affaccia sulla piazza presenta un loggiato
formato da sei esafore, con colonnine e capitelli
scolpiti con protomi (teste) umane tutte differenti
tra loro. L'ultimo dei portali che si aprono nelle
arcate del fianco della cattedrale è detto
Porta della scomunica: da qui papa Gregorio IX scomunicò
infatti Federico II accusandolo di essere sceso a
patti con il sultano Al Kamil durante la crociata
del 1227.
L'interno, con pianta a croce latina, è diviso
in tre navate, ciascuna terminante con un'abside semicircolare.
La navata centrale è separata dalle altre,
da arcate poggianti su colonne. Navata centrale e
transetto sono coperti con un soffitto piano in legno
a decorazione policroma, mentre quelle laterali, sormontate
da matronei, sono coperte con volte a tutto sesto.
Sul lato destro della navata centrale si trova un
ambone riccamente scolpito, dove sono raffigurati
un uccello, forse un grifone, e gli imperatori svevi:
Federico I Barbarossa, Enrico VI, Federico II e il
figlio Corrado. L'iscrizione ( HOC OPUS FECIT NICOLAUS/SACERDOT
ET MAGISTER ANNO MILLESIMO/DUCENTESIMO VICESIMO/NONO
INDICTIONOS SECUNDE) lo attribuisce al prete Nicola,
che partecipò anche alla costruzione del campanile
della cattedrale di Trani e lo data al 1229. Il pulpito
in marmo venne realizzato da Gualtiero da Foggia nel
1240 e presenta frammenti scultorei di grande qualità.
Sotto l'attuale chiesa si trova una chiesa paleocristiana
che conserva i resti di una chiesa precedente (V-VI
secolo). Gli scavi hanno portato alla luce affreschi
e altre decorazioni interne databili tra il IX e il
XII secolo. Sono stati ritrovati inoltre sculture
e mosaici. La cripta è coperta da volte a crociera,
con archi sostenuti da 36 colonne con capitelli decorati.
I pavimenti della chiesa più antica, a causa
della sua lunga frequentazione, subirono diversi restauri,
uno dei quali ne comportò il rifacimento in
grandi tasselli calcarei. È stato rimesso in
luce un antico mosaico rappresentante un grifone,
risalente all'XI secolo, la cui doppia natura (corpo
di leone e testa di aquila) simboleggia la natura
umana e divina di Cristo. Negli scavi sono stati rimessi
in luce anche reperti di epoca precristiana, tra cui
alcune ceramiche protostoriche e delle monete di epoca
romana.
SAN
FRANCESCO
La chiesa, in stile gotico, risale al 1283 e sorge
laddove un tempo doveva essere situata una fortificazione
romana. La facciata presenta due lesene. Il portale
è rettangolare e culmina con un arco a sesto
acuto gotico, sormontato sul registro superiore da
una trifora. All' interno si conserva un affresco
raffigurante la Vergine.
La fondazione della chiesa si deve a Sergio Bove col
permesso di Carlo I d'Angiò. Nel 1286 la chiesa
venne consacrata dal vescovo Leucio. L'adiacente convento
nel 1734 fu utilizzato come ospedale durante la battaglia
di Bitonto e venne chiuso in seguito al decreto di
Gioacchino Murat nel 1809. Nel 1842 la chiesa subì
rifacimenti riguardanti soffitto, altari e sostegni
e nel 1866 venne chiusa al culto. Fu restaurata nel
1993, recuperando la pavimentazione, l'altare e alcuni
dipinti.
EDIFICI
STORICI
Il Palazzo Sylos-Vulpano Oggi monumento nazionale,[20]
è noto per le decorazioni del cortile interno.
Fu costruito nel 1445 per volere di Giovanni Vulpano,
riutilizzando una precedente torre medioevale, i cui
resti sono stati recentemente rinvenuti in corrispondenza
del loggiato. La torre era stata forse costruita intorno
al 1156, quando Goffredo Vulpano giuse a Bitonto per
sfuggire alle devastazioni di Guglielmo il Malo. Secondo
la data incisa sul portale l'opera è da ritenersi
completata solo nel 1501. Fino al 1734 il palazzo
fu in possesso dei Vulpano, e solo dopo l'estinsione
di questa famiglia, passò ai Sylos con i quali
i Vulpano erano imparentati.
Sebbene
il palazzo sia stato terminato agli inizi del XVI
secolo, segue lo stile rinascimentale toscano del
secolo precedente, in particolare nell'impostazione
del cortile quadrangolare centrale. La facciata presenta
un andamento più irregolare, dovuto anche all'adattamento
al pendio naturale del terreno.
Nel
cortile si trova una loggia decorata con pannelli
scolpiti che celebrano le virtù civiche della
famiglia Vulpano (Annibale Vulpano è raffigurato
insieme a Scipione e Antonio Pio Vulpano con l'imperatore
Nerone). Vi si trovano inoltre una scena con il mito
di Orfeo e una con mostri marini. Il portale d'ingresso
mostra invece lo stile tardo-gotico aragonese. L'androne
è coperto da una volta a botte.
Un'epigrafe
nella loggia testimonia le relazioni commerciali intrattenute
dai Vulpano con altre importanti casate italiane.
È inoltre presente uno stemma della famiglia
Vulpano, cui si aggiuse più tardi quello della
famiglia Sylos, quando questa acquistò il palazzo.
L'interno
fu rifatto e della struttura originaria rimangono
solo i piani superiori. In epoca successiva l'edificio
ha subito aggiunte che hanno occupato spazi originariamente
all'aperto. Disabitato dal 1979, non è in buono
stato di conservazione.
Palazzo
Sylos-Calò
In stile tardo-rinascimentale, fu fatto costruire
da Giovanni Alfonso Sylos nella prima metà
del XVI secolo per esaltare la ricchezza e la nobiltà
del casato. L'esterno del palazzo fu costruito nel
1529, mentre il loggiato e gli spazi interni vennero
completati solo nel 1583. Il palazzo si erge sui resti
di una chiesa donata a Francesco Saverio Sylos.
La facciata che dà sulla strada presenta un
aspetto più irregolare, a causa dell'adattamento
all'andamento della via. Il loggiato è realizzato
su due livelli. Il grande portale d'ingresso, che
ricorda quello del Palazzo De Ferraris-Regna, dà
direttamente sul cortile porticato; è in stile
tardorinascimentale, ed è inquadrato da due
lesene, con due effigi imperiali sotto il cornicione.
Il cortile interno, più regolare della facciata,
ha una pianta quadrangolare. Il suo porticato si erge
su otto colonne con capitelli tutti diversi fra loro.
L'androne, come negli altri palazzi bitontini, è
coperto da volte ribassate con lunette e presenta
colonne lisce con capitelli corinzi, ripresi dal rinascimento
fiorentino.
I vani del piano terra presentano volte a botte o
a crociera. È presente una torre cilindrica,
forse adibita originariamente a torre di avvistamento
e difesa. La loggia che si affaccia su piazza Cavour
offre l' espressione più ricca del Rinascimento
pugliese.
Il palazzo, attualmente in restauro, ha subito significative
lesioni strutturali, mentre il danneggiamento delle
coperture ha determinato l'infiltrazione di acqua
che ha favorito la proliferazione di vegetazione soprattutto
sulla parte inferiore dei muri.
Palazzo
De Ferraris-Regna
Il nucleo originario risale al XIV secolo e fu realizzato
dai De Ferraris, nobile familia genovese che si stanziò
nel XIV secolo a Bitonto. Anticamente il palazzo si
estendeva fino all'"arco pinto". Tra il
1586 e il 1639 fu ricostruito per volere della famiglia
Regna (giunta a Bitonto nel XIII secolo con Paolo
Regna, preso in ostaggio a Milano da Federico II).
Il palazzo presenta un portale con colonne di ordine
dorico poggianti su un semplice basamento. I loggiati
interni sono realizzati in epoche diverse: il primo
piano e il cortile risalgono al XIV secolo, mentre
il piano superiore è più recente. Le
finestre sono state trasformate in seguito in balconi.
Il portale è in stile tardorinascimentale,
con la data (1586) incisa sul portale stesso. gran
parte della struttura De Ferraris è andata
distrutta ed oggi ne rimangano solo alcune arcate.
Palazzo
De Lerma
Fu fatto costruire accanto alla cattedrale, in un'area
precedentemente inclusa nelle proprietà del
vescovo nel XVI secolo, da Girolamo De Lerma, duca
di Castelmezzano e appartenente ad una famiglia giunta
in Italia dalla Spagna verso il 1500. Sulla sua destra
preesisteva la chiesetta della Santa Maria della Misericordia,
della quale si conserva il portale principale (risalente
al 1586) con, sulla parte superiore, una scultura
in pietra della Vergine. Il palazzo è coronato
da un ricco cornicione ed è in stile rinascimentale
anche se successivamente vi furono delle trasformazioni
e delle aggiunte in stile barocco, cui seguì
l'aggiunta dei balconi nel XVIII secolo. La facciata
del palazzo è prospiciente con il sacrato della
cattedrale e tra di essi vi è una suggestiva
loggia cinquecentesca di stile rinascimentale, posizionata
ad angolo.
Torrione
Angioino
torre cilindrica del XIV secolo. Ha un'altezza che
supera i 24 m e un diametro di circa 16. Si divide
in tre livelli sovrastanti i sotterranei che, grazie
a cunicoli e gallerie, collegavano il torrione con
le altre venticinque torri all'esterno delle mura.
La sua esistenza è accertata solo nel 1399
in un documento della regina Margherita, consorte
del re di Napoli Carlo III.
Venne utilizzata come torre di avvistamento e di difesa
ma ben presto i sui sotterranei vennero adibiti a
luogo di detenzione. Nel 1503 il duca di Nemours lo
definiva più forte della torre di Bruges e
Montemar lo citò tra i luoghi più forti
del Regno di Napoli. Dotata di mura spesse quasi 5
m è attualmente soggetta a lavori di restauro
e riqualificazione, che stanno riportando alla luce
l'originario fossato e ne permetteranno l'utilizzo
come sede museale.
Mura
le mura cittadine sono dotate di torri normanne a
base quadrata, ed altre torri cilindriche di poco
successive. Delle cinque porte originarie (Pendile,
Nova, Robustina, La Maja e Baresana), restano solo
porta La Maja che deve il suo nome al torrente cui
si affacca, e porta Baresana, così chiamata
perché è rivolta verso Bari. A quest'ultima
sono state aggiunte una statua dell'Immacolata Concezione
e due orologi.
Tempio
di Minerva
A Minerva, che veniva considerata dea protettrice
non solo di Bitonto ma di molte altre città
appule e italiche, veniva attribuito il dono dell'ulivo
alla città. Il tempio era situato sulla via
Traiana dov'è ora situata la chiesa di San
Pietro in Vincoli. La presenza del tempio in quel
periodo è confermata da una lastra di pietra
cubica, del periodo romano, incastonata fra le mura
della sacrestia dell'attuale chiesa.
MUSEI
Museo Diocesano
Oggi si trova nella Curia vescovile, ma ne è
previsto il trasferimento presso l'ex seminario di
San Francesco della Scarpa. La struttura, articolata
su due livelli e dotata di un giardino pensile, ospiterà
oltre 2500 pezzi e sarà il museo diocesano
più grande del mezzogiorno.[24]
Museo
civico "G. D. Rogadeo"
Venne istituito nei primi anni '60, prendendo il nome
dal palazzo che lo ospita, il seicentesco palazzo
Rogadeo, sede anche della biblioteca comunale. Vi
sono esposti soprattutto reperti archeologici di epoca
greco-romana rinvenuti nel territorio bitontino, un
monetario, sculture e dipinti del XVII-XVIII secolo.
Al pian terreno vi è la pinacoteca che conserva
opere di artisti pugliesi dell'ottocento, della donazione
Cuonzo.
Museo
e pinacoteca "Monsignor Aurelio Marena"
Creato tra il 1969 e il 1970, il museo è ospitato
dalla curia vescovile, in dialetto Cretigghie de menzegnaure,
ovvero Cortile del monsignore (il vescovo). Custodisce
opere di arte sacra, tra cui un'icona lignea della
Vergine Odegitria del XIII secolo, un presepe in pietra,
gli affreschi della chiesa di San Leucio, un crocefisso
del XIV secolo di scuola umbra, il dipinto con l'
Adorazione dei pastori, di Marco Pino, del 1576, una
Flagellazione di pittore locale, della prima metà
del XVIII secolo, paramenti liturgici (stole ricamate
in oro zecchino) e un lapidario con elementi decorativi
di Architettura romanica (tra cui un pluteo a tarsie
e un capitello a racemi).
Museo "De Palo-Ungaro"
Raccoglie reperti pre-romani rinvenuti nel territorio
comunale. Il museo offre un quadro molto dettagliato
su quella che fu la civiltà Peuceta e la vita
culturale della città in quel periodo storico.
MANIFESTAZIONI
La devozione per i Santi Medici Cosma e Damiano si
può far risalire al IX secolo, quando giunsero
a Bitonto le reliquie delle braccia dei taumaturghi.
I festeggiamenti, che iniziano il 26 settembre con
una novena di preghiera, culminano la terza domenica
di ottobre, con una processione che dura l'intera
giornata. La processione inizia con l'uscita delle
statue dal santuario: dopo aver passato il portale
della chiesa con una certa lentezza, le statue sono
accolte con un lungo applauso e vengono liberate stormi
di colombe e palloncini che volano sulla piazza antistante.
La processione termina in serata con l'ostensione
delle reliquie e la messa solenne nel santuario, celebrata
dall'arcivescovo.
Molti
fedeli residenti nei centri vicini, per devozione
raggiungono Bitonto a piedi. Moltissimi raggiungono
i piedi delle statue che vengono baciate. Alcuni seguono
la processione con lo sguardo rivolto alle statue
dei santi e camminando all'indietro; tra questi ce
ne sono alcuni che portano lungo l'intero percorso
pesanti ceri, alti anche 2 m e del diametro di 50
cm, camminando scalzi. Questi ultimi, che si posizionano
davanti alle statue (dietro l' intera folla), accompagnano
alcuni gruppi di partecipanti che cantano la devozione
ai due santi. In particolare c' è un uomo che
canta le strofe e altri gruppi di partecipanti, sparsi
per l' intera folla, che lo accompagnano con un ritornello
(la voce arriva tramite particolari megafoni posti
a una certa distanza l'uno dall' altro). Senza mai
fermarsi, neanche quando la voce li viene a mancare
questa persona canta per tutta la durata della processione.
Durante la festa si tiene inoltre una fiera tradizionale.
Cibi tipici di questa occasione sono focaccia e sedano
(fêcazze e äcce).
Nel
1993 è stata istituita la fondazione "Opera
dei Santi Medici Cosma e Damiano di Bitonto",
per dare maggiore sviluppo alle attività di
volontariato medico-sanitarie e di assistenza per
gli indigenti, iniziate già dal 1986 ad opera
di circa 150 volontari (mensa per i poveri, ambulatorio
gratuito, casa di accoglienza per i senza tetto, centro
di ascolto, ospitalità per i profughi). L'
ultimo obiettivo raggiunto è stata la costruzione
di un hospice. Questa struttura, entrata in funzione
recentemente (l'8 luglio del 2007, data di inaugurazione)
ospita un centro di cure palliative (globali) per
malati terminali.
Riti
della Settimana Santa
La
settimana santa è un rito importantissimo a
Bitonto. Non si sente in città che arriva la
Pasqua se non si fanno i sepolcri (re sêbbùlche,
in dialetto bitontino) ma soprattutto se non si celebra
la classica processione del venerdì santo.
Ecco sotto riportati le principali manifestazioni
della settimana santa.
Mercoledì
Santo
Le
due bande cittadine più importanti (Tommaso
Traetta e Pasquale La Rotella) percorrono le vie del
centro storico cittadino. La tradizione vuole che
le due bande simboleggiano Gesù e Maria. Come
Maria, secondo la Bibbia non riesce mai a trovare
suo figlio Gesù, così le due bande non
dovranno mai incontrarsi.
Giovedì
Santo
Il
giovedì Santo è destinato alla visita
dei sepolcri che, secondo la tradizione bitontina
è necessario visitarne almeno sette. Particolare
attenzione deve rivestire la visita ai sepolcri della
chiesa del Purgatorio.Verso le 5,30 vi è l'
esecuzione delle marce tradizionali. Un'ora dopo vi
è invece l'esecuzione delle marce funebri.
Entrambi i concerti sono svolti presso piazza Cattedrale
e piazza Cavour, nel centro storico.
Con
l'avvio delle marce funebri si apre la chiesa del
Purgatorio per la visita ai Sepolcri e alle statue
che saranno portate in processione il giorno seguente.
Verso mezzanotte arriva alla chiesa del Purgatorio
il Trofeo del Legno Santo.
Venerdì
Santo
Il
venerdì santo si tiene la "processione
dei Misteri". Al tramonto, dalla chiesa del Purgatorio
escono tre statue, raffiguranti Cristo Morto, il Legno
Santo e la Madonna Addolorata. Le statue percorrono
tutto il centro storico a passo lento: i portatori
non vogliono che rechino ancora sofferenze al Cristo
e ritornano nella chiesa solo all'alba del sabato
Santo. Alla processione partecipano tutte le confraternite
della cittadina, che aprono la processione sfilando
con gli stendardi, accompagnate dal suono di flauti,
tamburi e trombe della banda cittadina che offre le
marce funebri del maestro Pasquale La Rotella, e preceduti
da un suonatore di pifferi che apre la processione.
La prima ad avanzare è la Confraternita Maria
SS del Suffragio, la più importante nell' organizzazione
rituale.
Segue
la "culla" (in dialetto: la nach) del Cristo
Morto, realizzata a Napoli nel 1880 da Raffaele Vitolo:
in legno intarsiato rosso adornato di putti e fiori
dorati che sorreggono la statua del Cristo morto.
È quindi il turno della statua della Madonna
Addolorata. Con il viso rivolto a terra e gli occhi
straziati è vestita di pizzo nero e mantiene
un fazzoletto fra le mani. La statua dell' addolorata
è la più pesante di tutte, è
arricchita con rose rosse ai suoi piedi e illuminata
da 111 candele (posti in duplice fila intorno alla
statua) che, insieme a fiaccole disposte sui due lati
delle vie, costituiscono le uniche fonti di luce lungo
il percorso della processione: le luci cittadine interessate
da tale percorso infatti, vengono appositamente spente.
L'Addolorata
è seguita inoltre da una copia della Sacra
Sindone realizzata nel 1646 e da due schegge del Sacro
Legno della Croce[26] una delle tre parti (le altre
due si troverebbero a Roma e a Gerusalemme) in cui
era sata divisa la santa croce che, secondo la tradizione,
Elena, madre dell' imperatore Costantino, era riuscita
a prelevare a Gerusalemme. Queste schegge furono donate
dall'arcivescovo di Siponto e Manfredonia nel 1711
e sono racchiuse da una grande croce d'argento e cristallo,
a sua volta inserita in un trofeo floreale che ogni
anno cambia tema; rimane sempre quel dettaglio che
i bitontini conoscono bene: è il forte odore
d'incenso che ne precede l'arrivo. A chiudere la processione
è il sindaco che, sempre per rispettare la
tradizione, è l'ultimo nella lunga folla di
partecipanti.
IMMACOLATA
CONCEZIONE
La festa si svolge nei giorni 25, 26 e 27 maggio ed
è legata al miracolo occorso nel XVIII secolo,
durante la battaglia di Bitonto.
Bitonto
era coinvolta nella guerra per il possesso del Regno
di Napoli, conteso tra austriaci e spagnoli. Il principe
di Belmonte, comandante dell'esercito austriaco, aveva
radunato le proprie forze presso Bari, dove decise
di disporre le difese non alle porte della città,
priva di difese naturali, ma a Bitonto, avvantaggiata
dal vallone della lama Belice. Nonostante questo accorgimento,
gli austriaci vennero ugualmente sconfitti.
All'alba
del 26 maggio 1734 il generale Montemar, comandante
dell'esercito spagnolo, meditava di saccheggiare Bitonto
per punirla della sua fedeltà al nemico: l'esercito
spagnolo stava per mettere a ferro e fuoco la città,
quando al generale apparve lImmacolata Concezione
che gli intimò di «non oltraggiare questa
città, perché è la pupilla dei
miei occhi ed i cittadini sono figli miei».
In
seguito all'evento miracoloso l'Immacolata, già
venerata in città, fu dichiarata patrona di
Bitonto. Il nuovo re del Regno di Napoli, Carlo di
Borbone nominò Montemar duca di Bitonto e in
memoria del miracolo fece erigere sul luogo del campo
di battaglia, oggi Piazza XXVI Maggio 1734, un obelisco
alto 18 metri e a base quadrangolare, noto come Obelisco
Carolino.
Durante
la festa il quadro raffigurante il miracolo viene
esposto sulla "Porta Baresana".
Altre
feste religiose
* Festa di Sant'Antonio da Padova
* Festa di San Francesco da Paola
* Festa di Sant'Anna
* Festa di Maria S.S. del Monte Carmelo
* Festa di Santa Lucia
* Festa liturgica di San Gerardo Maiella,sita nel
Monastero Benedettino.