Verolavecchia
è un comune della provincia di Brescia in
Lombardia. L'attuale territorio è il risultato
dell'unione dei territori comunali del precedente
comune di Verolavecchia e di Monticelli d'Oglio,
avvenuto nel 1842. Fa parte dei comuni del Parco
dell'Oglio Nord. Situato nella Bassa Bresciana,
è attraversato dal fiume Strone e dal fiume
Oglio, quest'ultimo lo divide dalla provincia di
Cremona. Nel territorio di Verolavecchia, accanto
all'italiano, è parlata la lingua lombarda
prevalentemente nella sua variante di dialetto bresciano.
ETIMOLOGIA
Fino al 1198 era conosciuto come Verolavetula. Secondo
alcuni il nome deriva dal latino viriola, piccolo
cerchio. Secondo altri deriva dal fiume Verrone
che scorre in zona. Altri ancora ipotizzano un'origine
dal termine Verona, un misto tra il toponimo e l'idronimo.
Il toponimo si oppone a Verolanuova.
EDIFICI RELIGIOSI
Chiesa
parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo
La chiesa che, nella versione attuale, venne costruita
nella seconda metà del Settecento su progetto
di Domenico Prandini, presenta un'elegante facciata
(restaurata nel 2016) opera di Benedetto Carboni.
L'interno, ad aula unica con tre cappelle per lato,
è stato decorato da alcuni dei più
importanti pittori del Settecento bresciano come
Sante Cattaneo e Francesco Savanni. Nel presbiterio
è conservato un pregevole crocifisso cinquecentesco.
Chiesa
di San Rocco
La pestilenza del 1512-13 portò grande danno
al territorio bresciano. La chiesa di San Rocco
di Verolavecchia fu costruita in seguito ad un voto
di tutta la popolazione ufficialmente stabilita
con un atto del 15 marzo 1514. Fin dal 1512 era
iniziata la fabbrica o doveva sorgere una santellina
nel luogo, dove ora c'è la chiesa. Tra il
1512 e il 1514 le donazioni fioccarono numerose
come le morti dei devoti verolesi e così
la chiesa venne terminata e ancora oggi manifesta
l'impronta di quegli anni. Inizialmente fu affidata
alla scuola del Corpus Domini, in seguito passò
alla confraternita di S. Rocco. La chiesa si articola
in una navata di tre campate, divise un tempo, da
archi traversi e coperte da un semplice tetto a
capanna con travetti in legno a tavelle in cotto
e in un presbiterio pentagonale. Sull'esterno una
zoccolatura di 80 cm segnava l'innalzamento del
suolo circostante e del pavimento della chiesa,
ora ridotta; lungo l'imposta del tetto, correva
una fascia in mattoni disposti ad archetti pensili.
La visita di S. Carlo Borromeo del 1580 annota che
la chiesa era affidata alla scuola del Corpus Domini,
e registra la presenza di un solo altare e la mancanza
della sacrestia. Nel seicento fu sopraelevata di
circa un metro, fatto testimoniato da una cornice
ad archetti in mattoni posta sotto la linea gronda.
Il vescovo Giorni nel 1599 ordinava che si completasse
la costruzione del coro; verso la metà del
Seicento veniva aggiunta la cappella sul lato settentrionale,
con un altare intitolato a Sant'Antonio da Padova.
Furono eseguiti anche importanti restauri anche
nel 1865 e nel 1980. La chiesa conserva una pala
che rappresenta una Madonna con un bambino, l'Angelo
custode, i santi Antonio da Padova, Luigi IX e Bernardino
da Siena attribuita a Francesco Maffei. Si conserva
pure la pala dell'altar maggiore con il bambino
tra i santi Rocco, Sebastiano, Antonio Abate, Pietro,
Nicola e Giovanni Battista.
EDIFICI STORICI
Torre
civica
In via XX Settembre si trova una casa-torre con
un balconcino. Al termine della via uno stretto
passaggio con volta a botte immette in un largo
spazio al centro del quale si erge la Torre civica.
L'andamento arcuato del fronte delle abitazioni
ci fa capire che quello doveva essere il perimetro
esterno del vecchio castello e lo stretto passaggio
la porta del villaggio. La torre presenta una struttura
in mattoni con un'apertura ad arco acuto e una serie
di finestre nella parte terminale. Venne utilizzata
come campanile fino al 1907 ed era dotata di un
orologio del quale sono rimaste solo le lancette.
Sopra una piccola porta si trova un sole con al
centro le lettere IHS che è il segno di una
devozione a S. Bernardino da Siena che predicò,
appunto, la devozione al Santo nome di Gesù.
Villa
Alghisi
In via Nazario Sauro si trova l'ottocentesca villa
del Dosso, cioè la residenza Villa Alghisi
dove il notaio Giovanni Battista nel 1868 sposò
Orsola Rovetta e nel 1874 nacque Giuditta, la futura
madre di Giovanni Battista Montini, diventato papa
con il nome di Paolo VI. Giuditta, nel febbraio
del 1893 conobbe l'avvocato Giorgio Montini di Concesio
e dal loro amore nacquero tre figli: Lodovico, Giovanni
Battista e Francesco. Giovanni Battista terminati
gli studi fu ordinato sacerdote e nel 1954 fu nominato
Arcivescovo di Milano. Nel 1963 venne eletto pontefice
con il nome di Paolo VI. Morì il 6 agosto
1978.È stato proclamato santo il 14 ottobre
2018 da Papa Francesco.
GASTRONOMIA
La
bertolina (in dialetto bresciano la bertùlinà)
è un tipico piatto bresciano. È un
piatto di riciclo, infatti si cucina con l'avanzo
della minestra (solamente la pasta) e l'aggiunta
di un uovo, farina, sale e un goccino di latte.
Può essere servito anche come dolce mettendovi
sopra dello zucchero.
La
frittata a Verolavecchia viene principalmente fatta
con i loertis (luppolo selvatico), che si possono
raccogliere lungo le rive del fiume Strone in primavera.
Queste cimette devono essere sbollentate prima di
poter essere adoperate per le differenti preparazione,
che oltre la frittata comprendono anche il risotto
oppure semplicemente fritti.
La
polenta è senz'altro un altro alimento fondamentale
della cucina ed alimentazione verolavecchiese. Grazie
alle testimonianze di alcune signore, possiamo venire
a conoscenza del fatto che negli anni bui della
seconda guerra mondiale, la polenta veniva consumata
in ogni modo possibile, ad esempio dopo esser stata
cotta nei giorni precedenti essa veniva "appallottolata"
e scaldata nelle braci, magari farcita con dello
strutto o pomodoro, sempre che essi fossero disponibili.
Ai giorni nostri la polenta è l'accompagnatore
classico dei piatti domenicali, immancabile con
lo spiedo bresciano.
Sempre
risalendo ad informazioni degli anni passati possiamo
comprendere come gli animali da cortile o altri
animali, rappresentavano il sostentamento per molte
famiglie di Verolavecchia. Il maiale era il simbolo
dell'utilizzo di ogni parte dell'animale. Oltre
alle carni più pregiate si consumavano, e
si consumano tutt'oggi, parti come la coda, il piede,
il musetto e con il grasso si creano delle sfiziosità
che prendono in dialetto il nome di "grepole",
ossia i ciccioli.
ORIGINI E CENNI STORICI
Si
pensa che il territorio di Verolavecchia fosse abitato
già dai tempi della preistoria. Dall'epoca
romana sono state ritrovate tre lapidi, una a Verolavecchia
e due a Scorzarolo, ora poste nel museo romano di
Brescia. La sua natura geografica la rende abbastanza
isolata: chiusa tra Quinzano e Monticelli a sud
ovest, Scorzarolo e Verolanuova a nord est, non
trovandosi su importanti vie di passaggio ha avuto
lunghi periodi di pace. Infatti, il suo territorio
non è mai stato trascinato in saccheggi o
stragi. Eppure a Verolavecchia c'era un castello
fortificato: di questo rimane la torre gotica. Nel
Quattrocento durante le guerre tra Milano e Venezia,
passarono da Verolavecchia bande armate che ne conquistarono
il castello. Di seguito il borgo di Verolavecchia
entrò a far parte dei domini di Venezia fino
alla fine del XVIII secolo, quando arrivò
l'esercito dei francesi, guidato da Napoleone. In
questi tempi di rivoluzione e di guerre per l'Italia,
la comunità di Verolavecchia costruiva la
Chiesa Parrocchiale (settembre 1647).
Al crollo dell'Impero di Napoleone, tornarono in
Italia gli Austriaci che nel 1814 occuparono queste
terre. Il comune di Monticelli (730 abitanti) venne
aggregato a Verolavecchia. Il comune nel 1856 contava
2900 abitanti (260 Scorzarolo e 800 Monticelli).
Nel 1860, con l'unità d'Italia, Verolavecchia
diventò comune libero e indipendente. Nel
1871 una grande siccità colpì le campagne
di Verolavecchia e seguì un vero periodo
di carestia, accompagnato da una nuova epidemia:
la pellagra (la popolazione si cibava esclusivamente
di farinacei); ne furono colpite circa 600 persone.
Nel 1907 Verolavecchia inaugurava il suo nuovo campanile
affiancato alla parrocchiale. Nel 1928 Verolavecchia
perse la propria autonomia comunale poiché
venne unificata, per legge voluta dal fascismo,
a Verolanuova. Solo dopo i difficili anni del secondo
conflitto mondiale, il paese riconquistò
la sua autonomia (6 marzo 1948). Fra le figure legate
a Verolavecchia ci sono Luigi Contratti, eroe delle
Dieci giornate di Brescia, e Giuditta Alghisi Montini
(madre di san Paolo VI); lo stesso Paolo VI è
cittadino onorario della comunità di Verolavecchia
nella quale ha trascorso parte della sua vita.