Varzi
Lombardia

Varzi è un comune italiano della provincia di Pavia in Lombardia. Si trova nell'Oltrepò Pavese, in una conca al centro della valle Staffora, alla destra del torrente omonimo, sulla ex Strada statale 461 del Passo del Penice. Questo paese fa parte del territorio culturalmente omogeneo delle Quattro province (Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza), caratterizzato da usi e costumi comuni e da un importante repertorio di musiche e balli molto antichi. Strumento principe di questa zona è il piffero appenninico che accompagnato dalla fisarmonica, e un tempo dalla müsa (cornamusa appenninica), guida le danze e anima le feste. Fa parte della fascia montana della Comunità Montana Oltrepò Pavese.

DA VEDERE
Chiesa parrocchiale di San Colombano di Monteforte, l'attuale edificio sorse nel 1616 sui resti di un antico edificio fondato dai monaci colombaniani di Bobbio, dipende dal vicariato di Bobbio, Alta Val Trebbia, Aveto e Oltre Penice della Diocesi di Piacenza-Bobbio.
Il tempio della fraternità sorge a Cella di Varzi, a 700 m di altitudine.
Chiesa dei Cappuccini.

ORIGINI E CENNI STORICI
Di probabile origine ligure (il nome contiene la radice var che -cfr. i fiumi Var e Vara - dovrebbe significare fiume), Varzi è noto dal 993, quando era possesso dell'abbazia di San Colombano di Bobbio; in quell'epoca non era che una dipendenza della curtis di Ranzi, attualmente una piccola località nel territorio comunale. Presso Varzi sorgeva l'antica pieve di San Germano, della diocesi di Tortona, da cui dipendevano molti paesi della valle. Come il resto della vallata, cadde sotto il potere dei Malaspina, che ne ebbero regolare investitura nel 1164. Il diploma imperiale non cita ancora Varzi, ma i castelli circostanti. Probabilmente il paese cominciava a svilupparsi grazie ai traffici dei mercanti che, percorrendo la via del sale, dalla pianura risalivano la valle per raggiungere la costa ligure attraverso i passi del Pénice, Brallo e Giovà. La fortuna di Varzi iniziò nel XIII secolo: le successive divisioni ereditarie tra i Malaspina determinarono nel 1221 la separazione tra i Malaspina dello Spino Secco (in Val Trebbia) e dello Spino Fiorito (in Valle Staffora); questi ultimi si divisero nel 1275 tra altre tre linee; il marchese Azzolino, capostipite della linea di Varzi, vi prese dimora, vi fece costruire il castello e fortificò il borgo, facendone il capoluogo di una vasta signoria. Essa comprendeva, oltre che gran parte del comune di Varzi attuale (tranne le frazioni Cella, Nivione e Sagliano che appartenevano al marchesato di Godiasco), il comune di Menconico e parte di quelli di Santa Margherita di Staffora e di Fabbrica Curone. Nel 1320 i Malaspina diedero a Varzi gli Statuti, compilati dal giurisperito cremonese Alberto dal Pozzo.
I Malaspina, seguendo il diritto longobardo che prevedeva la divisione ereditaria tra tutti i discendenti maschi, si suddivisero in molteplici linee, ognuna delle quali aveva poteri sempre più limitati: o su frazioni del territorio (Menconico, Santa Margherita di Staffora, Fabbrica Curone, Pietragavina, Monteforte ecc.) o su quote del capoluogo, che finì per essere amministrato in condominio da una pluralità di marchesi Malaspina, non di rado rissosi e turbolenti. Ne derivò inevitabilmente la rovina del marchesato: non solo dovette riconoscere la supremazia del Duca di Milano, che prese a disporne a proprio piacimento malgrado i diplomi imperiali, ma finì per cadere sotto il dominio di un estraneo, il conte Sforza di Santa Fiora, che dopo aver ottenuto l'investiture del terziere di Menconico in cui si era estinta la locale linea dei Malaspina, a poco a poco acquistò la maggior parte delle quote feudali finendo per essere riconosciuto unico feudatario di Varzi. Ai Malaspina rimaneva solo il titolo di Marchesi, la proprietà del castello e una serie di redditi dispersi e sempre più esigui.
La progressiva rovina dei Malaspina comunque non diminuì la prosperità di Varzi, che rimase il centro dei commerci della valle e uno dei maggiori centri dell'Oltrepò. Il marchesato di Varzi era una delle principali giurisdizioni dell'Oltrepò, cioè uno dei grandi feudi dotati di larga autonomia giudiziaria e fiscale (vedi Oltrepò Pavese (storia)). Nel XVIII secolo, passato ai Savoia nel 1743, fu sede di uno dei tre cantoni giudiziari in cui era divisa la provincia dell'Oltrepò. Il regime feudale ebbe termine nel 1797. In quest'epoca il territorio comunale era molto più piccolo di oggi. All'inizio del secolo successivo furono uniti i soppressi comuni di Bosmenso e Monteforte, che avevano costituito una signoria, nell'ambito della giurisdizione di Varzi, rimasta sempre ai Malaspina.
Unito con il Bobbiese al Regno di Sardegna nel 1743, in base al Trattato di Worms, entrò a far parte poi della Provincia di Bobbio. Nel 1801 il territorio è annesso alla Francia napoleonica fino al 1814. Nel 1859 entrò a far parte nel Circondario di Bobbio della nuova provincia di Pavia e quindi della Lombardia.
Nel 1872 fu unito a Varzi il comune di Pietra Gavina. Nel 1923 venne smembrato il Circondario di Bobbio e suddiviso fra più province. Nel 1929 vi furono uniti i comuni di Sagliano di Crenna, Cella di Bobbio (in parte, il resto del territorio aggregato a Santa Margherita di Staffora) e Bagnaria (che riacquistò l'autonomia nel 1946).
Dopo l'8 settembre del 1943, come in tutto l'Oltrepò Pavese, si formarono le prime bande partigiane e Varzi divenne, sul finire del settembre del 1944, il centro di una zona libera (le cosiddette 'repubbliche partigiane'), comprendente 17 comuni circostanti. Rimase territorio libero fino al 29 novembre[3].
Pietragavina (CC G617) è uno dei castelli citati nel diploma imperiale del 1164; appartenne ai Malaspina di Varzi, poi di una linea detta di Pietragravina, estinta nel XV secolo. Passò allora ai Dal Verme, signori di Bobbio; nel 1723 fu venduto ai Tamburelli di Bagnaria.
Sagliano (CC H663) apparteneva al Marchesato di Godiasco, ed era feudo di una linea dei Malaspina di Oramala e Godiasco. Nel 1863 ebbe il nome Sagliano di Crenna.
Cella (CC C434) è nota sin dall'835, quando dipendeva dall'abbazia di Bobbio; è pure uno dei luoghi citati nel diploma imperiale del 1164. Nelle divisioni ereditarie tra i Malaspina toccò al ramo di Godiasco, da cui derivò il ramo dei Malaspina di Cella. Il marchesato di Cella comprendeva una lunga striscia di terra sul lato occidentale della valle Staffora, nei comuni di Varzi e Santa Margherita, con centri quali Nivione, Capo di Selva, Casale, Castellaro, Cegni, Cignolo e Negruzzo. Il marchese Barnabò Malaspina si ribellò agli Sforza nel 1514 e finì squartato a Voghera; il marchesato fu confiscato e dato agli Sforza di Santa Fiora, feudatari di Varzi. Nel XVIII secolo il marchesato comprendeva molti comuni (i centri già citati), che all'inizio del successivo furono concentrati nel comune di Cella, il quale nel 1863 prese il nome di Cella di Bobbio (essendo Bobbio il capoluogo del circondario cui il comune apparteneva).

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