Ponti
sul Mincio è un comune della provincia di Mantova
in Lombardia. Il 30 aprile del 1945 nelle vicinanze
del capoluogo, sul Monte Casale venne combattuto uno
degli ultimi combattimenti della seconda guerra mondiale
in Italia. Fu lo scontro che 2 formazioni di partigiani,
la Brigata Italia (Vr) e la Brigata Avesani, affiancate
dagli Arditi del IX reggimento combatterono contro
un reparto della FLAK tedesca. Nella battaglia morirono
5 Arditi, 3 partigiani ed un soldato americano, Robert
Carlson. Nel 2008 in occasione dell'anniversario della
battaglia il parco giochi comunale fu dedicato alla
sua memoria. A Ponti sul Mincio si trova anche la
"Piccola Caprera" dal 1999 riconosciuto
quale Museo Storico Italiano. Il Museo raccoglie e
conserva i cimeli del Reggimento Giovani Fascisti
e della Campagna dell'Africa Settentrionale 1940-1943.
Prima sala: i caduti del Reggimento e studio del Maggiore
Balisti. Seconda sala: cimeli dei GG.FF. e della Campagna
in A.S. Terza sala: Afrika Korps e truppe Alleate.
ETIMOLOGIA
Il suo significato è chiaro e semplice: Ponti
sul fiume Mincio.
LA BATTAGLIA DI MONTE CASALE
La battaglia di Monte Casale si svolse il 30 aprile
1945 nel territorio di Ponti sul Mincio (MN) ed è
ritenuta uno degli ultimi scontri della seconda guerra
mondiale in Italia. Fu combattuta dai partigiani della
Brigata Italia (Vr) comandata da Enzo (Fiorenzo Olivieri),
dai partigiani della Brigata Avesani comandati da
Bruto assieme agli Arditi del IX reparto d'assalto
che ebbero un sanguinoso scontro con un reparto tedesco
della Flak (la contraerea) che si era asserragliato
sulla cima di una collinetta posta vicino alla strada
che collega Peschiera del Garda a Monzambano. Nello
scontro, che durò dalla mattina fin verso sera,
morirono 5 arditi, il soldato americano Robert Carlson,
e 4 partigiani. Da allora, ogni anno l'amministrazione
comunale di Ponti sul Mincio ricorda con una cerimonia
di commemorazione il sanguinoso combattimento. Nella
notte tra il 29 e il 30 aprile 1945 un forte reparto
di tedeschi proveniente dalle difese sul Po e reduce
dallo scontro con carri americani alla corte Podinare
nel comune di Ceresara, arrivò in prossimità
di Ponti sul Mincio. Lintenzione era quello
di aspettare l'arrivo degli americani e di arrendersi
a loro, e non ai partigiani per paura di rappresaglie,
in quanto già le forze tedesche in pianura
erano tagliate fuori dai collegamenti con i reparti
germani a nord del lago di Garda in quanto già
la 10a divisione da montagna americana aveva occupato
il territorio. Il resto della colonna, unottantina
di uomini, passò inosservato nei pressi del
paese e poi salì sul Monte Casale dove, un
anno prima, aveva condotto esercitazioni. Il primo
gruppo fu subito attaccato dai partigiani di Monzambano
e Castellaro che riuscirono ad avere la meglio e ridurlo
prigioniero. Il secondo, attestato sul monte, venne
via via segnalato dalle vedette partigiane ai vari
distaccamenti. Già dal mattino i tedeschi dalla
sommità cominciarono a sparare sulla strada
di Monzambano per aprirsi un varco. Un colpo freddò
lortolano Giuseppe Bompieri che accorso a una
finestra voleva rendersi conto di cosa succedeva.
Ormai le raffiche dalla collina si ripetevano costituendo
una seria minaccia per tutti quelli che transitavano.
In poche ore sotto il colle si concentrarono non solo
le squadre della Scarpina, ma anche quelle di Ponti,
Peschiera del Garda, Castelnuovo del Garda, Valeggio
sul Mincio, Pozzolengo, Cavalcaselle, tutte appartenenti
al Battaglione «G. Dusi» della Brigata
«Avesani», il cui comandante era «Bruto»
(Luigi Signori). Anche la Brigata «Italia»
che operava nellarea di Valeggio inviò
alcune sue pattuglie agli ordini dei comandanti Adalberto
Baldi, Ezzelino Marangoni e Lorenzo Grassi. «Bruto»
chiese varie volte, mediante megafono, la resa, ma
in risposta ebbe soltanto raffiche di mitragliatrice.
Vista la situazione difficile, si consultò
allora con un soldato americano lì presente,
tale Richard A. Carlson, artigliere inquadrato nella
10ª divisione da montagna Usa. Lamericano
si mise subito in contatto con gli Arditi della 104ª
compagnia, IX reparto dassalto del Gruppo di
combattimento «Legnano», che stazionavano
a Peschiera. Una trentina di questi al comando del
capitano Agostino Migliaccio giunse prontamente sul
posto con armi leggere e mortai. Al momento dellarrivo
i partigiani avevano già spostato un cannone
dalla stazione di Monzambano per essere impiegato.
Intanto nel corso delle prime scaramucce 15 militari
tedeschi scesero dal monte e si consegnarono come
prigionieri. Ma dalla cima, nonostante gli inviti
alla resa ora ci si era messo anche lamericano
si continuava a sparare. Fu a quel punto che
Arditi e partigiani decisero, nonostante il grande
rischio, di avanzare carponi, terrazza dopo terrazza,
fino alla linea del filo spinato. Ormai era piena
battaglia: crepitavano le armi automatiche, i mortai
martellavano la cima e le granate del cannone investivano
la casamatta della sommità. Alle 17.30, dopo
un fuoco durato quattro ore, Monte Casale fu conquistato.
Venne catturato il comandante, un giovane tenente,
si dice delle SS, gravemente ferito, e poi il resto
della compagnia. Nelle trincee furono rinvenuti otto
tedeschi uccisi, fra cui quattro o cinque per mano
dello stesso tenente perché avevano tentato
di arrendersi. Qualcun altro morì altrove o
per ferite o perché giustiziato in modo sommario
dai partigiani. In totale una decina di caduti e 38-40
prigionieri.