Gazoldo Degli Ippoliti 
Lombardia

MAPPA INTERATTIVA

Gazoldo degli Ippoliti è un comune di 2.574 abitanti; si trova nella pianura padana tra i fiumi Oglio e Mincio; dista 20 Km da Mantova, suo capoluogo di provincia. I Comuni limitrofi sono: Castellucchio a sud-est, Ceresara a nord, Marcaria a sud, Piubega a ovest, Redondesco a sud-ovest e Rodigo a nord est. Il comune ha un’altitudine media di 34 m s.l.m. e una superficie di 12,9 km² comprendente la frazione di San Fermo (conosciuta per la particolare suddivisione sotto 3 comuni diversi). Il comune è gemellato con la località di Pinzolo in Trentino Alto Adige. Le vie d’accesso per Gazoldo son solamente 2: l’accesso da Piubega a ovest tramite la strada Provinciale 1, e da nord e sud tramite la famosa tratta Romana, via Postumia. Nota di rilievo anche al Museo d'Arte Moderna di Gazoldo con sede in una delle signorili residenze del XVI secolo dei feudatari del luogo, Villa Ippoliti (al civico 126 di via Marconi) fondato nel 1980.

ORIGINI E CENNI STORICI
Del territorio dell’odierno Comune di Gazoldo degli Ippoliti è stata evidenziata la presenza di insediamenti umani risalenti alla preistoria, come testimonia il ritrovamento tra il 1878 e il 1879, in località Bellanda, di numerosi oggetti di bronzo e di una terramara. La stazione palustre di Bellanda si trova a sud - est del paese e consiste in un piccolo promontorio detto dosso; la causa accidentale della scoperta fu la costruzione di una fornace, il cui scavo portò alla luce frammenti di vasi e un coltello di selce. In occasione furono raccolti oggetti di selce e di bronzo, ossa di animali infrante e frammenti di vasi anche ad anse cornute, conservati al Museo Pigorini di Roma e al Museo Chierici di Reggio Emilia. Si trattava di una terramara nel senso più rigoroso del termine, con la sola differenza, rispetto alle terramare padane, che il deposito sembra essersi formato sull’asciutto. La terramara di Bellanda si presentava intatta e alla sua superficie non furono rinvenuti oggetti di età posteriore. Se dopo le vestigia dei terramaricoli non è possibile provare la presenza continua di insediamenti umani sino in tempi storici, indubbiamente la vicinanza di Gazoldo ad una importante strada romana, la via Postumia, fa supporre l’esistenza di una mansio (stazione di posta) in epoca romana. Si sa per certo che Gazoldo ed il suo territorio rientrano nella centuriazione triumvirale del I secolo a.C.; il lamento di Virgilio “Mantua vae miserae nimium vicina Cremonae” ricorda, infatti, la sorte toccata a Mantova, che vide parti delle sue terre migliori ripartite fra i veterani di Augusto a causa della vicinanza di Cremona, i cui terreni, confiscati per il contegno tenuto durante la guerra di Modena, non furono sufficienti a compensare le aspettative dei numerosi assegnatari. In Gazoldo sono state rinvenute tracce romane, monete, resti di tracce di abitato, concretatisi in una muratura romana, tracce di una villa rustica. L’ipotesi dell’origine germanica del toponimo Gazoldo induce a presumere una permanenza nel territorio, accanto a quello romano, di un substrato etnico longobardo che mantenne usanze e tradizioni e che spiega il rapporto terra - signore intorno al X – XI secolo. L’inizio di un’autonomia giurisdizionale del territorio si può collocare cronologicamente intorno alla metà del X secolo, quando vi fu un indebolimento del potere centrale dovuto alla rivalità esistente tra i pretendenti al Regnum, il progressivo esautoramento del conte nelle circoscrizioni comitali, l’invasione degli Ungari, che provocarono l’arroccamento di molti centri abitati del contado, tutti motivi di decadenza delle antiche forme della organizzazione pubblica e di mutamento verso nuove unità territoriali. In questo periodo si sviluppano nuovi organismi, curtes e castra in conseguenza della graduale scomparsa delle circoscrizioni minori del contado dotate di effettivo contenuto giurisdizionale e di funzioni pubbliche, fenomeno che innescherà una profonda trasformazione e darà l’avvio alla dispersione dei poteri giurisdizionali e al frazionamento della sovranità, portando alla formazione di quei nuovi organismi che richiameranno a sé l’esercizio dei poteri giurisdizionali. Nel XIII secolo, dunque, si presupponeva già configurata una identità geografica della villa, a cui non poteva essere disgiunta anche un’identità giuridica. Il trasferimento del possesso di Gazoldo dalla famiglia Mosio a quella dei Bonacolsi e da questi agli Ippoliti avvenne per via femminile; nel 1305, tramite il contratto dotale di Felicina Bonacolsi, Gazoldo entrava definitivamente nei possessi degli Ippoliti. Gli Ippoliti appartengono ad una famiglia di antico lignaggio, le cui origini sembra siano da porsi intorno al 1000. Oriunda della zona di Roma, in quanto la tradizione ne fa capostipite un Ippolito, patrizio romano, sfuggito nel 976 alla tirannia dei Cinzi, ebbe i suoi primi possessi in Reggio. Un’altra tradizione invece vuole che al tempo di Decio o forse di Valeriano e Galliano, un cavaliere romano di nome Ippolito, capitano delle guardie imperiali, sostenesse con altre diciannove persone della sua famiglia il martirio per non abiurare la religione cristiana. A seguito di ciò i superstiti della famiglia del martire abbandonarono Roma per l’Italia settentrionale; la famiglia, pertanto, prese il soprannome del martire Ippolito. Cresciuti in potenza gli Ippoliti si impossessarono di terre nella zona dell’oltre Po, a Novi e a Campagnola; nel XIII secolo possedevano beni nell’isola di Suzzara, dominio del vescovo di Mantova, ma territorio a lungo conteso tra i Comuni di Mantova e Reggio. Dopo il venir meno della signoria dei Bonacolsi, durante una delle discese in Italia dell’imperatore Carlo IV, gli Ippoliti, certamente con l’esborso di una cospicua somma, ottennero il privilegio dell’investitura, che con il titolo comitale, il dominio politico e la diretta dipendenza dall’Impero, poneva Gazoldo al sicuro da possibili mire dei Gonzaga. Con l’investitura avvenuta nel dicembre 1354 ad Albertino Ippoliti, Gazoldo e il suo territorio venne eretto in feudo imperiale e gli Ippoliti ottennero il titolo comitale e la signoria di Gazoldo che manterranno sino all’arrivo delle armate napoleoniche (1796). La natura del feudo imperiale trasferiva agli Ippoliti il potere politico, la completa giurisdizione, esercitata per delega imperiale, nella sua piena integrità, potere comprendente anche la più alta delle podestà, il diritto di comminare la pena capitale. Nella secolare storia del feudo di Gazoldo l’affare della zecca è senz’altro il tema più importante, perché fece balzare il piccolo feudo e i suoi titolari alla ribalta internazionale. Mentre, in precedenza, le vicende di Gazoldo, le controversie interne avevano interessato, oltre ai consorti, i più immediati vicini, con la faccenda della zecca e soprattutto con la produzione di monete adulterate gli Ippoliti riuscirono a far muovere le due massime potenze del tempo: Impero e Papato. Nel 1590, anno in cui appare per la prima volta nel territorio feudale un’officina monetaria, Gazoldo era amministrativamente diviso in 2 “colonnelli”, uno per ogni ramo in cui si era suddivisa la discendenza di Albertino Ippoliti. Il primo colonnello era soggetto ai conti: Paolo, Mattia, Ercole; il secondo ai conti: Massimiliano, Camillo e Francesco. Da un accordo di 6 “condomini” naque la zecca, la cui direzione spettava al più anziano: Paolo. Si deve credere che gli Ippoliti in un primo tempo abbiano battuto moneta propria, secondo testimonianze che raccontano della coniazione di un ducatone d’argento nel 1590. Ma una monetazione propria non poteva certamente trovare facile smercio nel ristretto ambito territoriale del feudo, e avrebbe perduto di valore di conseguenza. Gli Ippoliti, perciò, sarebbero stati spinti a ricorrere alla contraffazione di monete di zecche più accreditate e specialmente alla imitazione di monete di poco valore, sulle quali si dava poca attenzione, perché usate spesso dal popolo e soggette ad un controllo limitato. Gli ippoliti cominciarono a far coniare, nella loro zecca, cavallotti, soldini, muraiole ed imitazione di quelle di altri stati, ma notevole anche la quantità di baiocchelle ad imitazione di quelle battute dal Papa Sisto V. Il problema di questa illecita attività porto a molti diverbi tra i residenti e non di Gazoldo, e tra la famiglia Ippoliti. Massimiliano Ippoliti aveva più volte affermato la sua estraneità, riguardo la coniazione di falsi e furono i conti Francesco e Paolo che fino al 1595 coniarono monete di ogni feudo circostante. I solleciti ai conti ci cessare questa attività illecita furono molto frequentie pare che nella fine del 1595 nel periodo di dicembre il conte Francesco Ippoliti abbia finalmente smesso ogni attività, non solo per le minacce fatte dall’imperatore ma anche dalla vicinanza al territorio Veneto, in cui Gazoldo, avrebbe potuto esser raggiunto facilmente e le minacce concretarsi in via di fatto. L’intervento dell’imperatore, sollecitato dalla diplomazia romana e mantovana fu netto e preciso; intimò la cessazione della coniazione illegale pena l’abrogazione dei privilegi feudali. Con il venir meno del feudo imperiale e con l’avvento dello Stato di diritto, anche in Gazoldo si era finalmente costituita una municipalità; dopo le lotte sostenute, soprattutto nella seconda metà del ‘700 contro i feudatari che avevano sempre osteggiato il formarsi di qualsiasi autonomia amministrativa, il Comune poté confrontarsi su di un piano di parità con gli antichi “ padroni ”. Gazoldo aveva perduto le prerogative statuali che lo avevano caratterizzato sino alla fine del XVIII secolo, i beni feudali erano stati riconosciuti come proprietà all’ultimo feudatario il marchese Carlo Maria Ippoliti, dopo che gli era stata revocata la confisca del feudo e abolita la particolare giurisdizione. Superato il breve periodo napoleonico, che li vide legati al carro del vincitore dal quale ricevettero anche tangibili riconoscimenti, gli Ippoliti tornarono alla antica fedeltà verso quell’Impero, dal quale dipendevano, dal lontanissimo XIV secolo, le loro fortune. La famiglia si estinse a metà del XIX secolo. Anche i censiti di Gazoldo, situato nella media pianura, subirono forti requisizioni, in quanto, la guerra, aveva provocato gravi danni per la quantità dei generi e dei denari consumati e per il profondo sconvolgimento recato alle attività economiche; inoltre aveva accentuato il fenomeno del banditismo e della criminalità diffusa. La partecipazione di Gazoldo agli avvenimenti bellici del 1859 fu indiretta. Essendo molto vicino al teatro di guerra venne coinvolto da entrambi i belligeranti in una serie di servizi e forniture. Nel 1866 la guerra toccò ancora Gazoldo, che fu testimone di uno scontro tra uno squadrone di Lancieri “ Foggia ” ed uno di Ussari del Wurtemberg durante il ripiegamento dell’esercito italiano sulla linea del Mincio all’indomani della sfortunata battaglia di Custoza; lo scontro, avvenuto in pieno centro abitato si risolse con la vittoria dei cavalleggeri italiani e può considerarsi un contributo dato dalla cavalleria italiana all’annessione di Mantova e del Veneto all’Italia. L’episodio doveva segnare profondamente il sentimento patriottico del paese, poiché lo si ritrova citato spesso nella documentazione comunale; infatti, già nel 1867 una nota del Comune di Foggia dava notizia della coniazione di una medaglia commemorativa al merito del 4° Squadrone del Reggimento dei Lancieri, medaglia donata alle “ cento città d’Italia ”. Dopo l’unità il paese continuò la sua attività basata prevalentemente sull’agricoltura; furono apportate migliorie all’abitato con la creazione di una nuova piazza, di un nuovo cimitero; particolare attenzione fu posta da parte del comune all’istruzione con l’ammodernamento delle scuole; Gazoldo diede ancora il suo contributo di vite nella guerra 1915 – 1918; rivive nelle carte del Comune anche questo periodo di sacrifici, con la sequela dei nomi di orfani e di vedove che richiedevano sussidi e pensioni; e per ricordare i caduti gazoldesi fu proposta l’erezione di un asilo per l’infanzia ad essi dedicato con il contributo dell’intera popolazione; nel 1925 fu lo stesso re Vittorio Emanuele III ad inaugurare il monumento ai caduti eretto sulla piazza del paese e a visitare “ l’Istituto Orfani di guerra 1915 – 1918 ”, allogato nel palazzo Ippoliti, attuale sede del Comune, visita che restò memorabile nella storia di Gazoldo.

DATI RIEPILOGATIVI

Popolazione Residente: 2.525 (M 1.244, F 1.281)
Densità per Kmq: 195,4 (dati Istat 2001)
Numero Famiglie 940
Numero Abitazioni 988
Denominazione Abitanti gazoldesi

CAP 46040
Prefisso Telefonico 0376
Codice Istat 020024
Codice Catastale D949

Comuni Confinanti:
Castellucchio, Ceresara, Marcaria, Piubega, Redondesco, Rodigo

Musei nel Comune di Gazoldo degli Ippoliti:
Museo d'Arte Moderna
14001.

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