Casteggio
è un comune della provincia di Pavia. Si trova
nell'Oltrepò Pavese, alla destra del torrente
Coppa, affluente del Po, presso il suo sbocco in pianura.
L'abitato si estende in parte sui primi colli facenti
parte dell'Appennino Ligure, in parte nella pianura
alla destra del Po. È attraversato dalla ex
statale 10 (Padana Inferiore), dalla ferrovia Alessandria-Piacenza
e situato a breve distanza dal casello dall'autostrada
A21 (Torino - Piacenza - Brescia), che si raggiunge
percorrendo la ex statale 35 dei Giovi. La parte più
antica della cittadina sorge su un colle detto Pistornile
e sulle sue pendici. Il centro moderno si trova in
pianura, ai piedi del nucleo più antico, e
nuovi quartieri si estendono anche nelle vallette
vicine. Il
territorio comunale, anch'esso esteso parte in pianura,
parte in collina, è interessato dal corso del
Coppa, che scorre al confine occidentale nella zona
collinare, spostandosi al centro del territorio in
pianura; l'asse della parte collinare è invece
il piccolo torrente Rile, che nasce nel comune di
Calvignano. La collina casteggiana è quindi
divisa dalla valle del Rile in due parti: a ovest,
tra Rile e Coppa, la dorsale che termina nel Pistornile,
a sua volta incisa dalla valletta del Riazzolo che
separa la dorsale principale da una minore, verso
ovest, detta Monfirè; a est i colli su cui
sorge la frazione Mairano, delimitati sul confine
orientale dal torrente Rile San Zeno. Casteggio
è un importante centro vinicolo (rassegna dei
vini pregiati dell'Oltrepò Oltrevini), commerciale
(importanti mercati il mercoledì e la domenica,
fiere in aprile e settembre) e industriale (industria
alimentare, meccanica, calzaturiera).
MANIFESTAZIONI
Nei mesi di giugno e di luglio i venerdì sera
sono rallegrati da mercatini, orchestre ed esposizioni
artistiche di diverso tipo nelle varie piazze e vie
principali. Gli
ultimi giorni di agosto ed i primi di settembre sono
caratterizzati dalla ormai tradizionale "Rassegna
dei vini". Si tiene abitualmente nell'area Truffi
e oltre a presentare una vasta gamma dei vini e dei
cibi tipici della zona pubblicizza numerosi altri
prodotti(automobilistici, domestici...).
DA
VEDERE
gli edifici storici: la Collegiata di San Pietro Martire,
di antichissima origine, ricostruita nel 1814 ma con
il campanile trecentesco, che domina l'abitato; la
chiesa di San Sebastiano, già sede dell'omonima
confraternita, progettata da Lorenzo Cassani (XVIII
secolo), con magnifico stallo corale; il palazzo della
Certosa (1705), che ospita la bibilioteca civica,
l'auditorium Cantù e il civico museo archeologico,
ricco di reperti in gran parte di provenienza locale
(Clastidium). Vicino alla Via Emilia, proseguendo
verso Fumo, si trova la famosa Fontana d'Annibale,
dove questi fece abbeverare i suoi elefanti.
ORIGINI
E CENNI STORICI
La città di Clastidium ebbe origini liguri,
appartenendo a quel popolo che i Greci chiamavano
Anamari, e che corrisponde quasi certamente a quelli
che i Romani chiamavano Marici, distesi tra l'Appennino
e le due sponde del Po attorno a Pavia. I Marici del
Po insieme ai Levi del Ticino fondarono presso la
confluenza dei due fiumi la città di Pavia,
loro comune mercato. Gli Anamari (Marici) e i Levi
sono erroneamente detti Celti da Polibio, ma in realtà
essi vantano origini anteriori all'invasione celtica
e devono essere annoverati tra i popoli liguri. I
Marici presero stanza su un modesto rilievo dominante
la pianura a sud del Po, nell'attuale Oltrepò
Pavese, una collina alquanto scoscesa e impervia nei
fianchi, ma dalla sommità pianeggiante; dunque
di facile difesa quanto di facile popolamento. Casteggio
appare popolata almeno dal VI secolo a.C. Divenuto
uno dei maggiori villaggi della zona, nella forma
del castelliere ("oppidum", città
fortificata, lo dice Livio), conobbe i Romani nel
223 a.C. quando i Marici furono dai primi indotti
a un'alleanza contro gli Insubri. Poco dopo, nel 222
a.C., gli Insubri, appoggiati da mercenari celti provenienti
dalla valle del Rodano, attaccarono la località,
ma furono sconfitti dai Romani prontamente giunti
in soccorso al comando del console Marco Claudio Marcello.
Egli stesso uccise il comandante avversario Virdumaro,
e ne consacrò le ricche vesti (spolia opima)
a Giove Feretrio. La battaglia di Casteggio aprì
ai Romani la via per la sottomissione degli Insubri
e la conquista della loro capitale, Milano. Ebbe una
vasta eco, e il poeta latino Nevio la celebrò
con una tragedia di argomento storico, Clastidium,
uno dei più antichi monumenti della letteratura
latina. Nel 218 a.C. Annibale, giunto nella pianura
padana, dopo aver sconfitto i romani presso il Ticino
(ma Cornelio Nepote pone "presso Casteggio"
anche questa battaglia), corruppe il comandante del
presidio romano di Casteggio, Dasio Brindisino, facendosi
consegnare l'ingente quantità di derrate che
i Romani vi avevano depositato. Con la momentanea
sconfitta dei Romani e la caduta della colonia di
Piacenza, Casteggio tornò indipendente, ma
già nel 197 a.C. il console Quinto Minucio
Rufo costrinse dapprima numerosi "oppida"
liguri alla resa, tra cui Casteggio; poi, in circostanze
non chiare, probabilmente per punire una ribellione,
diede l'abitato alle fiamme. Risorta
successivamente, non riacquistò più
l'antica importanza, ma fu assoggettata alla colonia
di Piacenza, nel cui territorio fu un fiorente centro
di cui restano numerosi reperti provenienti da tombe
e ville. Era attraversata dalla strada tra Piacenza
e Tortona, che collegava la via Emilia Lepidi con
la via Emilia Scauri, da cui il nome di via Emilia,
anche se in origine costituiva un tratto della via
Postumia. Apparteneva
al municipio di Piacenza e con essa alla regione VIII
(Emilia); caduto l'impero, rimase legata a Piacenza,
della cui diocesi costituiva la pieve più occidentale.
In epoca comunale cadde sotto l'influenza pavese,
e nel 1164 Federico I l'assoggettò, con gran
parte dell'attuale Oltrepò, al comune di Pavia.
Con Pavia tenne la parte ghibellina, e subì
gravi danni nelle lotte che la contrapponevano alla
parte guelfa, cui aderivano Tortona e Piacenza. Vi
ebbe la preminenza la famiglia pavese dei Beccaria,
ma rimase libera da signorie feudali fino al XV secolo.
In questo periodo era sede del Capitano da cui dipendeva
tutto l'Oltrepò. Il
nome latino Clastidium era mutato, e se dalle persone
colte era detto Chiasteggio, seguendo il Petrarca
(che così lo chiamò nel Trionfo della
Fama), le trascrizioni della dizione popolare ne sottolineano
una diversa evoluzione e assumono la forma più
svariata (Chiastitium, Chiastezzo, Schiatezzo, per
citarne solo qualcuna). Solo verso la fine del XVII
secolo dalla semplificazione della forma dotta derivò
quella attuale, mentre l'antica forma popolare (che
suonava in dialetto S'ciatès) cadde lentamente
in disuso. Nel
1441 fu infeudata a Cesare Martinengo, ma questa signoria
non poté consolidarsi; nel 1466 gli Sforza
la diedero al loro ministro Angelo Simonetta, ed essendo
il feudo (contea dal 1475) trasmissibile in via femminile,
i suoi signori ebbero vari cognomi pur restando in
una medesima discendenza: così passò
dai Simonetta agli Sforza, ai Bentivoglio, ai Del
Carretto marchesi sovrani del Finale; estintisi questi
all'inizio del XVII secolo, per testamento passò
ai loro cugini Sforza marchesi di Caravaggio; dall'ultima
di essi, Bianca Maria, morta giovanissima (1717),
passò alla figliola neonata, l'omonima Bianca
Maria Sinzendorf, che resse a lungo il feudo, e infine
alle sue figlie, che dal padre avevano il cognome
Doria. Casteggio, ancora fiorente alla fine del medioevo,
subì tali danni dalle guerre tra francesi e
spagnoli del XVI secolo, da non riaversi più
se non due secoli più tardi ("castello
assai bello e grande" lo dice Guicciardini nel
1511; "miserrimo loco" lo si dirà
vent'anni dopo); in questo periodo fu superato dai
centri vicini, Broni, Stradella e soprattutto Voghera.
Quest'ultimo centro divenne capoluogo della provincia
dell'Oltrepò Pavese, passata ai Savoia nel
1743. Sotto
i Savoia anche Casteggio conobbe una notevole ripresa
economica e demografica, culminata nella seconda metà
dell'Ottocento, dopo la deviazione del torrente Coppa
che limitava l'abitato dalla parte della pianura,
con la creazione di un nuovo centro dall'aspetto cittadino,
con ampie vie e viali e una vasta piazza rettangolare
circondata da una cortina di distinti palazzi. Elegante
e "commerciantissima" appariva verso la
fine dell'800, fiorente per un importante mercato
(concesso nel 1532 e forse di origine ancor più
remota), coronata di amene ville di signori pavesi,
milanesi e genovesi. Una grazia forse un po' offuscata
alcuni decenni dopo, con lo sviluppo industriale e
l'ulteriore ampliamento dell'abitato con la costruzione
di edifici piuttosto discordanti con il contesto.
L'ingrandimento del borgo portò anche allo
sdoppiamento della parrocchia: all'antica chiesa collegiata
di San Pietro Martire, nell'alto paese, si affiancò
la nuova parrocchiale del Sacro Cuore, di vaste proporzioni,
situata nel piano.