Piansano
è un comune in provincia di Viterbo che dista
dal capoluogo circa 40 km. ed è situato ad
8 km ad ovest del lago di Bolsena, Piansano confina
con i comuni di Valentano, Capodimonte, Tuscania,
Arlena di Castro e Cellere. Interamente in area vulcanica,
il territorio si è formato con l'attività
tardoquaternaria dell'apparato vulsino, databile a
circa sessantamila anni fa. Vi predomina dunque il
tufo, duro e compatto, sul quale poggia il centro
abitato, mentre il territorio tutt'intorno offre un
paesaggio collinare mutevole e dolcemente ondulato.
Pascoli e campi seminati lasciano poco spazio ai boschi,
un tempo estesissimi ma oggi sopravvissuti in minima
parte negli scoscendimenti del terreno. L'altitudine
sui 400 metri, precipitazioni e temperature medie
sui 12 - 13 gradi hanno prodotto una vegetazione a
bosco misto, con diffusione dominante del cerro. La
vite, un tempo diffusissima (tanto da campeggiare
sullo stemma comunale), è oggi quasi del tutto
scomparsa, come anche la coltura dell'olivo, mai veramente
radicata nonostante le incentivazioni. Il territorio
è stato sempre intensamente sfruttato per la
produzione cerealicola (soprattutto grano e orzo)
e per l'allevamento degli ovini, che per generazioni
hanno costituito le due componenti dell'economia locale.
ETIMOLOGIA
Potrebbe derivare da un nome di persona non identificabile
con l'aggiunta del suffisso -anus. Più probabilmente
il nome deriva dall'unione di "piano" e
l'aggettivo "sano" (in riferimento alla
salubrità del luogo).
ORIGINI
E CENNI STORICI
Abitato fin dalla preistoria, come dimostrano reperti
di armi in selce risalenti all'età neolitica
ed esposti anche al museo preistorico Pigorini di
Roma, il territorio presenta abbondantissime tracce
dell'età etrusco-romana, particolarmente a
cominciare dalla fine del IV secolo e gli inizi del
III secolo a.C. Sulle numerose tombe ricche di suppellettili
(ormai completamente depredate), e sui resti di insediamenti
sparsi e tracciati viari, spiccano le vestigia di
una cittadina etrusco-romana sviluppatasi un poco
a sud-est dell'attuale centro abitato, in località
Poggio di Metino (Po' de Metino, in dialetto), per
ben nove secoli, ossia dalla fine del IV a.C. a metà
del VI d.C., e che molti identificano in Maternum,
il misterioso centro abitato che la tavola peutingeriana
pone sulla importante via Clodia come stazione intermedia
tra Tuscania e Saturnia. Scomparso quasi di colpo
il centro abitato, soltanto in epoca carolingia ritroviamo
le tracce di un agglomerato rurale dal nome di Platjanula,
o anche Plautjanu, che fin dall'anno 838 risulta appartenere
al vasto patrimonio del monastero di San Salvatore
sul Monte Amiata. La comparsa del toponimo Planzano,
quasi evidente corruzione di Plauziano, fa ipotizzare
una originale derivazione etimologica da Plautianus,
variante di Plotianus, che vuol dire letteralmente
di Plozio, appartenente a Plozio, laddove Plozio,
era il nome di una gens romana che potrebbe essere
stata interessata alla centuriazione di questa zona,
ossia alla sua assegnazione in lotti a veterani e
cittadini romani. Le cronache medievali parlano poi
di un Castrum Planzani, o direttamente di Pianzano,
nell'orbita di Tuscania ma conteso dalle varie signorie
dell'epoca, con ripetuti interventi diretti della
Chiesa. Dai signori di Bisenzo, che con alterne vicende
lo tennero di fatto dalla seconda metà del
XII secolo fino al 1338, il castello passò
poi ai prefetti di Vico e finalmente ai Farnese, i
quali se ne impadronirono intorno al 1385 e ne fecero
distruggere definitivamente il castello nel 1396.
Il territorio rimase un "fondo", una tenuta,
per oltre un secolo e mezzo, durante il quale la Chiesa
ne dispose a piacimento assegnandolo a questo e a
quello, fino a quando nel 1537, con la creazione del
ducato di Castro ad opera di Paolo III Farnese, il
territorio non fu inserito nel nuovo staterello di
cui seguì le vicende. Fatto ripopolare nel
1560 da una colonia di casentinesi - evento che segna
la vera e definitoria rinascita del paese - il borgo
assistette ad una rapida e inarrestabile espansione,
che lo portò in breve tempo ad eguagliare e
superare quella di altri centri vicini. Nel 1649,
con la distruzione di Castro, Piansano fu di nuovo
incamerato dalla Santa Sede e per tutto il '700 seguì
la sorte di tutti gli altri paesi dell'ex ducato,
concessi in blocco in affitti novennali a vari appaltatori.
È in questo periodo che fiorisce la figura
di Lucia Burlini (1710 - 1789), l'umile operaia del
telaio vissuta nella scia di San Paolo della Croce,
morta in concetto di santità ed oggi proclamata
Venerabile. Nel 1790 il territorio di Piansano fu
concesso in enfiteusi al conte Alessandro Cardarelli
di Roma, che lo tenne fino al 1808, quando la Camera
apostolica vendette il feudo al principe polacco Stanislao
Poniatowski. Questi a sua volta lo rivendette nel
1822 al conte Giuseppe Cini di Roma, che ne rimase
proprietario fino al 1897, quando il latifondo fu
aggiudicato all'asta al Monte dei Paschi di Siena.
Nel 1909 anche la banca toscana lo rivendette a più
persone, alle quali però fu in gran parte espropriato
dall'Opera nazionale combattenti dopo la Prima Guerra
Mondiale, perché fosse assegnato ai reduci
dalla Grande Guerra.