Bagnara di Romagna
Emilia Romagna

Bagnara di Romagna è un comune situato nel settore occidentale della provincia di Ravenna, ai confini con la Provincia di Bologna. Il confine tra i due territori è posto, dal 1859, sul fiume Santerno, che scorre ad un chilometro dall'abitato. Il nome originale del paese è semplicemente "Bagnara". Il toponimo completo "Bagnara di Romagna" fu assegnato con un Regio decreto (Torino, 11 gennaio 1863), per distinguere il comune romagnolo da quello di Bagnara Calabra.

Bagnara di Romagna si trova lungo gli Stradelli Guelfi, il percorso parallelo alla Via Emilia che un tempo collegava vari castelli, chiese e residenze signorili, da Bologna fino al mare Adriatico. Tra tutti i borghi fortificati che sorgevano lungo il percorso, quello di Bagnara resta l'unico esempio di castrum medievale tuttora integralmente conservato.

ETIMOLOGIA
Il toponimo originario di Bagnara (“Silva Bagnaria” o “Balnearia”) è collegabile alla qualità del terreno, un tempo circondato da paludi che si estendevano fino al Reno e al Po.

DA VEDERE

La Rocca sforzesca
La maestosa rocca di Bagnara è stata costruita nel XV secolo ad opera dei signori di Imola, i Riario e gli Sforza, sulle rovine del castrum medievale edificato nel 1354 da Barnabò Visconti e andato distrutto nel 1428 nella battaglia contro Angiolo della Pergola. Girolamo Riario, signore di Imola dal 1482, avviò il rifacimento della rocca, conferendole l'aspetto che vediamo ancora oggi. Sotto Caterina Sforza venne completata la costruzione della fortezza: il mastio e il loggiato sono databili a questo periodo.
Il mastio è considerato da molti studiosi una delle migliori opere d'arte fortificatoria del XV secolo in Italia. È suddiviso in tre ordini di casematte, costituite da camere circolari molto ampie, coperte con volte semisferiche laterizie, tuttora ben conservate. Oltre al mastio, elementi di notevole interesse sono il cortile centrale, conservato ancora oggi nell'aspetto rinascimentale, alcuni ambienti interni con i soffitti lignei originali, i supporti in ferro del ponte levatoio posto a mezzogiorno, i loggiati sulle cortine dei lati Est e Nord, il pozzo di riserva d'acqua e la scala a chiocciola formata da 78 monoliti in arenaria sovrapposti. Tutti elementi caratteristici del “bello stile cinquecentesco”.
A partire dal Settecento si procedette alla riconversione del complesso edilizio da un uso militare ad un uso civile. La rocca divenne residenza del commissario del vescovo; in alcuni periodi i suoi locali furono anche destinati a carcere.
Con la fine del dominio pontificio la rocca passò al Regno d'Italia. Lo Stato la mise in vendita, il Comune se l'aggiudicò per il prezzo di 2.570 lire, più 500 lire per le Fosse ad essa adiacenti (in tutto, circa 15.000 euro del 2002). Dopo l'acquisto, il Comune vi stabilì la sede delle scuole elementari, che vi restarono fino al 1926, quando furono trasferite nella sede attuale. Dal 1962 la rocca è la residenza municipale. Negli ultimi anni, dopo i necessari restauri, alcuni spazi sono stati destinati a fini espositivi e museali.

La chiesa arcipretale
Oltre al castello sono numerosi gli edifici religiosi e le chiese nel territorio bagnarese, tra le quali la più antica - la Chiesa della Natività di Maria, ora ricostruita e utilizzata come auditorium - sorse nel 1452.
La Chiesa Arcipretale dei SS. Giovanni Battista e Andrea Apostolo fu eretta sull'antico oratorio di S. Giovanni nel 1484. Edificio ad unica navata e a volta, costruito in tre diverse epoche: la prima (sec. XIII e XIV) è riconoscibile da resti di antiche murature nella parte bassa della fiancata; il secondo rifacimento è del 1653, con il quale vennero erette le otto cappelle laterali; la terza fase è del secolo XVIII (1752-1774) quando l'architetto Cosimo Morelli risistemò le cappelle laterali e ricostruì l'abside ed il presbiterio, arricchendoli con una monumentale ancona ed un altare, opera entrambi dei fratelli Dalla Quercia di Imola.
Pregevoli le opere artistiche al suo interno:
la statua della Madonna del Voto, terracotta policroma del XV secolo;
la fonte battesimale in pietra del XV secolo;
il portale di tabernacolo in arenaria (sec. XV);
la cantoria lignea e l'organo di Giovanni Chianei del 1786, restaurati nel 1994;
i dipinti dei secoli XVII, XVIII e XIX;
il coro ligneo in noce composto di 15 stalli.
Il Santuario della Madonna del Soccorso è stato costruito su progetto di Cosimo Morelli nel 1766, in un luogo che era divenuto nel tempo meta di pellegrinaggi, per la presenza di un ritratto in terracotta di Madonna col Bambino posto su una quercia, al di sopra di una pozza le cui acque divennero miracolose.

Le Fosse castellane e le mura
In tutta la pianura romagnola, Bagnara resta l'unico esempio di “castrum” medievale integralmente conservato. L'intero sistema difensivo comprendente la rocca, il muro di cinta ed il fossato sono perfettamente visibili anche ai nostri giorni.
Le mura sono ancora oggi costeggiate, nella parte interna, dai quattro terragli, le vie sopraelevate che servivono da avvistamento e anche come prima difesa della rocca. Sulle mura erano situati sei bastioni, destinati ad ospitare i soldati con compiti di avvistamento e di difesa. Non è possibile stabilire l'originaria profondità delle Fosse, ma sicuramente ancora nel Seicento l'acqua vi stagnava anche d'estate; il loro prosciugamento fu deciso nel 1738.
Al castello si accedeva attraverso un'unica Porta. Nell'Ottocento, essendo l'unico accesso divenuto insufficiente, si praticarono altre tre aperture carrabili. In seguito all'ultima guerra le Mura andarono quasi completamente distrutte, per cui vennero svolti importanti lavori di ripristino.
Si racconta che nei primi decenni del Novecento stazionasse presso le Mura la mendicante Elvira Pomidori, detta la Munàca, che si fingeva paralitica all'atto di chiedere l'elemosina, ma camminava speditamente quando se ne andava per i fatti propri. I più anziani dicono ancora che fa la Munàca chi si finge tonto per ottenere dei vantaggi.

Villa e Bosco Morsiani
Meta di visitatori da tutto il mondo, Villa Morsiani è una delle più importanti dimore storiche dell'Emilia-Romagna. Di proprietà della stessa famiglia fin dalla costruzione, risale al XV secolo, epoca nella quale l'edificio era completamente fortificato e svolgeva una funzione di supporto alla rocca sforzesca. Le origini della famiglia sono ancora più antiche: il capostipite Morsiano Fortebraccio Morsiani partecipò nel XIV secolo a una Crociata con Alberico da Barbiano.
I conti Morsiani adattarono la villa a dimora gentilizia nel Settecento. Il vasto parco che la circonda risale a questo periodo. Gli interni testimoniano gli interessi culturali, artistici e storici della casata: vi sono conservati mobili, arredi e suppellettili originali (XV-XIX secolo), ben 16 camini di varie epoche, tra cui uno del '400 e un altro che riempie una stanza (il più grande in regione). La biblioteca di famiglia, ricca di diversi incunaboli e cinquecentine, vanta più di 20.000 volumi. I soffitti al piano nobile sono affrescati.
Nella Cappella di famiglia e nelle sale di rappresentanza si conservano importanti opere d'arte sacra come un Cristo dipinto su tavola del '300, una tempera su tavola di Innocenzo da Imola, diverse opere del '500 e '600 bolognese, romagnolo e veneto e la scultura in bronzo dell'Uomo della Sindone", opera originale di Luigi Mattei. Villa Morsiani ospita l'allevamento dei cani San Bernardo “Del Soccorso”[1], considerato il migliore al mondo per questa razza, fondato nel 1939 dal Dott. Antonio Morsiani, ritenuto unanimemente il più importante studioso ed allevatore di San Bernardo della storia, nonché illustre rappresentante della Frutticultura romagnola del Dopoguerra. In quasi 70 anni di attività l'allevamento ha prodotto più di 400 campioni di bellezza in ogni continente. Nel 1996 presso Villa Morsiani è stata istituita la Fondazione Internazionale "Antonio Morsiani" di Studi sul Cane, per ricordare e continuare l'opera dell'illustre cinologo. Nel 2004 il Prof. Giovanni Morsiani, figlio di Antonio e prosecutore del padre, è stato insignito, unico italiano nella storia della Cinofilia, della Medaglia d'Onore della FCI (Federazione Cinologica Internazionale) per meriti cinofili e scientifici.
Un ultimo cenno sul grande Bosco Morsiani, il parco che circonda la villa. Ricco di diversi alberi secolari, circondato da un ampio muro orlato di antiche statue in pietra serena, ospita delle piante considerate veri e propri monumenti verdi, fra cui una quercia di 30 metri e un pioppo nero di 40 metri. Di grande interesse botanico le molte specie autoctone e alcuni colossali ulivi millenari perfettamente ambientati e produttivi. Nel Bosco Morsiani si riproducono naturalmente diverse specie di animali quali ricci, tassi, scoiattoli ed uccelli insettivori e granivori, fra cui fagiani, corvi.

Altri luoghi da visitare

Piazza Marconi. La piazza centrale è il luogo pubblico più importante, il centro di raccolta, di svago, affari, fucina di passioni politiche e ideali dei bagnaresi. Sulla piazza si dava la corda in pubblico ai condannati, passavano le processioni precedute dai confratelli delle varie compagnie; a volte sulla piazza giungeva l'acqua del fiume Santerno in rotta. Nel 2004 Piazza Marconi è stata interessata da un completo recupero storico che ha comportato il rifacimento della pavimentazione.

Palazzo Fabbri si trova sul lato est di Piazza Marconi; nelle varie epoche fu abitazione del sindaco, macelleria ed osteria. Oggi, terminata una preziona opera di restauro è divenuto sede di una locanda. Formidabile testimonianza dell'architettura locale del secolo XIX, è dotato di un piccolo chiostro, con un loggiato in selenite che campeggia al centro del lato est, che appare più antico (probabilmente sei-settecentesco).

ORIGINI E CENNI STORICI
Il sito originario del paese era diverso da quello attuale. Bagnara, attorno al Mille, sorgeva infatti circa un chilometro a sud-est dell'attuale centro abitato. La prima memoria scritta del paese risale all'anno 855 d.C., quando il fondo di “Balnearia” risulta donato dal duca Gisolfo di Imola all'Arcivescovo Giovanni di Ravenna. Il primo conte di Bagnara fu Bennone, Vescovo d'Imola, che ricevette il titolo nel 1129. Di Bagnara vecchia non rimane più nulla: secondo la ricostruzione storica finora prevalente, il castrum fu distrutto l'8 maggio 1222 in una battaglia tra le città di Bologna e Faenza, alleate, che sconfissero Imola, cui apparteneva Bagnara. I sopravvissuti, rimasti senza tetto, si trasferirono in un luogo dove allora sorgeva un oratorio. Nacque così la nuova Bagnara. Nei secoli che seguirono Bagnara fu teatro di battaglie, saccheggi e oggetto di negoziati. Il castrum passò di mano a diversi padroni, che l'ottennero come preda di guerra, o per compravendita, oppure per donazione.

Oltre al vescovo d'Imola, si avvicendarono nel suo possesso Uguccione della Faggiola, i Manfredi, gli Ordelaffi, i Da Polenta, i conti di Cunio, i Visconti (siamo alla metà del Trecento), i Malatesta, gli Estensi, poi nel Quattrocento: di nuovo il vescovo d'Imola, Taddeo Manfredi, Galeazzo Sforza e Galeotto Manfredi. Nel 1482 Bagnara fu assegnata a Girolamo Riario quale dono di nozze da parte di Papa Sisto IV, suo zio, assieme alle città di Imola e Forlì. Alla morte del Riario, ucciso in una congiura a Forlì, gli subentrò la vedova Caterina Sforza.

Caterina è sicuramente uno dei personaggi storici più conosciuti le cui vicende sono legate a Bagnara. Vendicò il marito in maniera spietata e mantenne il possesso di tutte le sue terre, ereditate dal figlio ancora minorenne, Ottaviano Riario. Caterina nulla poté invece contro l'invasione dell'esercito francese di re Carlo VIII, che nel 1494 divenne il nuovo padrone della penisola italiana. Dopo i francesi, Bagnara dovette subire anche il dominio del duca Cesare Borgia, che alla fine dell'anno 1499 conquistò Imola e gli altri castelli posseduti da Caterina fino a Forlì.

Il figlio Ottaviano Riario, giunto intanto alla maggiore età, avviò una campagna per la riconquista dei suoi territori, ma si rivelò non all'altezza del compito. Seguirono decenni di lotte per il possesso di Imola e del suo contado, Bagnara compresa, tra sostenitori del Papa e sostenitori del re di Francia. Bagnara dovette subire sanguinose scorrerie da ambedue la parti. Mentre Imola e le località circostanti finirono sotto il controllo del Papa (cioè “immediatamente soggetti”), su Bagnara la giustizia del tempo non trovò una soluzione. Le due parti raggiunsero un accordo di compromesso solo il 30 luglio 1562: Bagnara sarebbe stata “mediatamente” soggetta alla Santa Sede. Il vescovo di Imola conservava il titolo di conte di Bagnara e manteneva la proprietà su quasi tutto il territorio comunale; aveva anche il potere di amministrare il comune e la giustizia e doveva provvedere alla difesa militare del territorio. Invece il consiglio comunale di Imola aveva il potere di veto sulla nomina del commissario (il sindaco dell'epoca) ed aveva il diritto di esigere le imposte fondiarie. Il XVI secolo, così difficile e pieno di avvenimenti drammatici, si concluse con un altro tragico evento: nel 1591, dopo tre anni consecutivi di carestia, scoppiò un'epidemia di tifo petecchiale che causò in paese oltre 223 vittime. Per Bagnara fu il numero massimo di morti mai riscontrato in un anno nella sua storia.

Nel Seicento andò un po' meglio: la peste “manzoniana” del 1630-31 non toccò il paese. Per questo il consiglio comunale istituì una festa annuale di ringraziamento alla Madonna, detta “del voto”, fissata all'ultima domenica di luglio. La tradizione continua tuttora ai nostri giorni.

Il Settecento fu contraddistinto da diversi flagelli: in primo luogo le guerre di successione, che interessarono indirettamente la Romagna, dove vari eserciti fissarono i loro quartieri invernali e pretendevano vitto, alloggio, legna da ardere, biada per i cavalli e altro dalla popolazione. Nel 1736 all'occupazione straniera si aggiunse anche una grave carestia. Nell'ottobre 1765 si verificarono molti casi di febbre terzana (una febbre intermittente, malarica), accompagnati da epidemie che colpirono il bestiame bovino.

Nel 1797 invasero l'Italia i francesi di Napoleone, che abbatterono il vecchio regime e organizzarono nuove circoscrizioni amministrative e giudiziarie. Il vescovo di Imola perse ogni potere e diritto su Bagnara, mantenendo solamente la guida spirituale della parrocchia. Nel 1810 il Comune di Bagnara fu accorpato a quello di Castel Bolognese. Tutto finì quando la parabola di Napoleone concluse il suo ciclo.

Il 1º gennaio 1814 fu ripristinato il vecchio regime ad opera delle truppe austro-britanniche e nel giro di poco tempo venne ristabilito sulle Romagne il governo dello Stato pontificio. Il vescovo di Imola tornò a fregiarsi del titolo di conte di Bagnara, mentre i poteri amministrativi passarono al cardinal legato. Bagnara tornò ad essere comune e fu inserita, con Imola, nella Legazione di Ravenna.

I successivi avvenimenti politici nazionali ebbero una forte eco nel paese: alcuni bagnaresi parteciparono ai moti mazziniani del 1831; nel 1846 venne festeggiata ufficialmente l'elezione al soglio pontificio del vescovo d'Imola Giovanni Maria Mastai Ferretti (Papa Pio IX); nel 1849, dopo la proclamazione della Repubblica romana, Bagnara subì l'invasione delle truppe austriache che ripristineranno il potere temporale del papato. Gli imperiali entrarono in paese il 22 maggio 1849.

Al 1855 risale l'ultima epidemia di colera in paese, con 16 morti ufficialmente denunciati (ma probabilmente il totale dei decessi raggiunse i 40).

Con l'annessione al nuovo regno, si verificano alcuni importanti cambiamenti istituzionali: l'istruzione primaria divenne obbligatoria, così come la leva militare; la nomina del sindaco passò dal vescovo al re; dal canto suo il Papa decise di scomunicare tutti i cattolici che accettavano di collaborare col governo (decisione legata al Non expedit di Pio IX). Inoltre, passò dalle parrocchie ai comuni la gestione degli istituti di beneficenza nonché la registrazione di nascite, matrimoni e morti. Vennero invece trasferiti direttamente allo Stato i beni ecclesiastici non strettamente necessari al culto. Lo Stato avocava a sé anche i compiti di tutela del territorio (bonifica, difesa contro gli straripamenti del Santerno).

A questi primi anni risale anche la costruzione della prima rete fognaria e delle prime pubbliche latrine. Ma la più importante realizzazione, anche dal punto di vista finanziario, che influì sullo sviluppo del paese fu la costruzione del ponte in legno sul Santerno.

I primi anni del XX secolo sono contrassegnati da grandi cambiamenti sociali: sorgono leghe di braccianti e mezzadri sempre più combattive, nascono i primi sindacati e si verifica l'entrata in politica dei cattolici. Le difficili condizioni economiche in cui si ritrovò la nazione dopo la fine della Prima guerra mondiale generarono tensioni che si fecero sentire anche a Bagnara, dove tanta parte della popolazione viveva ai limiti dell'indigenza. Le tensioni sociali si acuirono e raggiunsero il culmine il 2 maggio 1920 (in pieno biennio rosso), quando i socialisti (primo partito in paese) inaugurarono un monumento ad Andrea Costa, a cui seguirono scontri che provocarono due morti e la proclamazione dello stato d'assedio. Il “biennio rosso” si concluse con la presa del potere del partito fascista, che a Bagnara costrinse il consiglio comunale a dimettersi nell'agosto 1922. Le principali decisioni prese in questi anni furono: la costruzione di un grande alloggio adibito a casa popolare, la costruzione del nuovo edificio scolastico, l'inaugurazione di un parco della Rimembranza e di un nuovo campo sportivo.

Durante la Seconda guerra mondiale Bagnara diede il suo contributo di vittime, militari e civili, e di prigionieri. Del locale Comitato di liberazione fecero parte esponenti di tutti i partiti antifascisti, oltre all'arciprete don Alberto Mongardi, in rappresentanza dei cattolici. Per aver salvato oltre quattrocento persone che si erano rifugiate nella rocca, minata dai nazisti, e per altri gesti di carità e umanità don Alberto Mongardi fu insignito di una medaglia d'argento al merito con palma dalla Croce Rossa.

Il 9 aprile 1945 si registrò il più devastante bombardamento che colpì Bagnara, che causò 26 morti tra i civili. La liberazione di Bagnara avvenne l'11 aprile per opera delle truppe polacche agli ordini del generale Anders. La guerra lasciò un segno profondo: su un totale di 1970 abitanti erano partiti 272 soldati, dei quali 13 non ritornarono più. Tra i civili si contarono 82 morti, 260 feriti, 29 mutilati. I danni economici, oltre alle razzie e alle altre distruzioni, comprendevano 74 case rase al suolo e 138 semidistrutte.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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