Vallesaccarda
è un comune italiano della provincia di Avellino
in Campania. Accanto alla lingua italiana, a Vallesaccarda
si parla una varietà del dialetto irpino. Il
comune appartiene alla diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia.
Il settore agro-alimentare costituisce da sempre il
fondamento dell'economia locale. Molte delle produzioni
sono condivise con il resto della Baronia e della
valle dell'Ufita, mentre esclusivi di Vallesaccarda
e della vicina Trevico sono i trilli, una particolare
tipologia di pasta casereccia fregiantesi del marchio
PAT. Relativamente piccolo ma florido e rinomato è
il comparto della ristorazione. Il territorio comunale
è attraversato dall'autostrada A16 e situato
in posizione intermedia fra i caselli di Grottaminarda
e Vallata. Il comune, istituito ufficialmente il 28
maggio 1958, fa parte della Comunità montana
dell'Ufita.
ETIMOLOGIA
Il nome è composto da valle e Saccardo. La
parola Saccardo molto probabilmente si riferisce al
nome della persona che l'ha fondata o che possedeva
la zona su cui sorge il paese.
ORIGINI E CENNI STORICI
Il borgo sin dalle origini seguì sempre le
vicende storiche e feudali di Trevico, dal quale dipese
amministrativamente fino al 1958, anno della sua elevazione
a comune autonomo.
Vallesaccarda è parte integrante della Baronia,
area interna dell'Irpinia racchiusa da tre importanti
vie di comunicazioni naturali: il torrente Fiumarella,
il fiume Ufita, e il fiume o torrente Calaggio. Sono
state rinvenute numerose testimonianze archeologiche,
soprattutto di epoca romana, nelle località
Mattine, Civita, Monte Mauro e Taverna delle Noci,
cioè nelle aree prossime alle antiche vie di
comunicazione quali l'Aurelia Aeclanensis e il diverticolo
che la collegava al Regio Tratturo e fin su alla via
Traiana. Il primo insediamento, un piccolo borgo agricolo,
potrebbe essere dunque di epoca paleocristiana. In
effetti tutta quest'area in età antica era
caratterizzata da tanti vici sparsi sul territorio,
che insieme formavano il pagus una sorta di distretto
agricolo. Una conferma scritturale dell'esistenza
di edifici deriva dal poeta latino Quinto Orazio Flacco,
il quale nella primavera dell'anno 37 a.C., raccontò
della sua sosta, onde recuperare le forze perdute
per il lungo viaggio, in una locanda, individuata
quale "Taverna delle noci", presso Trivicum,
oggi nel territorio di Vallesaccarda (ma al tempo
"tenimento" del vasto agro di Trevico),
mentre era in viaggio verso Brindisi per una missione
diplomatica in compagnia di Mecenate e Virgilio. Con
il disgregarsi dell'unità politica e militare
dell'impero Romano e della sua successiva caduta,
cambiano in Baronia le condizioni di vita e di stabilità.
Le valli fluviali che per secoli avevano condotto
genti attraverso questi monti diventarono i naturali
canali di penetrazione dei popoli barbarici calati
dal nord Europa, i quali fecero strage di genti che,
per tanti anni di pace, avevano vissuto in quelle
ville rustiche che sorgevano nella valle dell'Ufita
e nei centri principali come Aequum Tuticum, Aeculanum
e Fioccaglie di Flumeri. Sotto i Longobardi e i Bizantini
le genti dalle valli salirono in quota, posizionandosi
su colline o alture, che corrispondono alle coordinate
attuali dei paesi della Baronia.
L'importanza di Trevico (semplicemente Vicum o Vico
in epoca medievale) crebbe nel tempo. Sotto i Normanni
divenne sede di diocesi e venne per la prima volta
usato il termine "Baronia" nel 1122 per
indicare i possedimenti di Riccardo filius Riccardi
che divenne appunto barone di Trevico, Contra e Flumeri.
L'abitato doveva già esistere nella seconda
metà del XII secolo, quando ne era signore
Riccardo II de Formari, il quale anche da questo piccolo
borgo inviò alcuni militi alla spedizione in
Terrasanta organizzata da Guglielmo il Buono. Nel
1269 Carlo I d'Angiò fece dono del casale al
francese Provenzale de Bruveriis, cui seguì
nel 1134 Marco Aiossa. Acquistato nel 1343 da Raimondo
del Balzo, lo ebbe per via matrimoniale Nicola Orsini
nel 1375. Seguirono Raimondello del Balzo Orsini (1400),
Giovanni Antonio del Balzo Orsini (1416) e Pirro del
Balzo (1454), cui l'intera Baronia fu tolta da Ferrante
I d'Aragona dopo la fallita Congiura dei Baroni. Nel
1507, dopo la battaglia di Cerignola che aveva visto
la sconfitta dell'esercito francese, Vallesaccarda
passò al capitano spagnolo Consalvo de Cordova,
dalla cui figlia, Elvira, nel 1515 fu venduto a Francesco
I de Goffredo, presidente del Sacro Consiglio Regio.
Alla famiglia dei Loffredo il paese rimase in possesso
fino all'abolizione della feudalità (1806)
con Francesco I (1537), Carlo II (1629), Francesco
IV (1681), Carlo IV (1749), Francesco V (1791). Intorno
al XVI secolo, il borgo era chiamato Vade Saccarda,
da "Vadum", un passaggio pericoloso appartenente
alla famiglia Saccardo de Vico, ivi residente. Nel
Settecento Vallesaccarda si raccoglie intorno alla
piccola chiesa dedicata all'Immacolata che con il
suo campanile segna, lungo l'antico tracciato Trevico-Vallesaccarda-Anzano,
un luogo di sosta per i viandanti. Il tratto di strada
da Vallesaccarda a Trevico tuttora visibile prendeva
il nome di “Lu Custón” a causa
della sua terribile pendenza ed è rappresentato
in un tondo di un pittore spagnolo datato 1695-1705
recuperato in occasione degli studi sul Cinquantenario
del Comune. Con gli anni successivi all'unità
d'Italia, anche queste terre pagarono il loro dazio
in termine di emigrazione, soprattutto verso le Americhe
e l'Australia. Con il terremoto del 1930 Vallesaccarda
perde la sua antica chiesa ma contestualmente, grazie
alla costruzione della nuova rotabile San Sossio-Vallata
esce dal suo isolamento. Il sisma del 1962 e quello
del 1980 creano nuovi danni mentre le successive ricostruzioni
determinano un importante rinnovamento urbanistico
nel centro e nelle campagne.