Sant'Agata de' Goti
Campania

Sant'Agata de' Goti è una Città di 11.000 abitanti della Provincia di Benevento. Dista da Benevento circa 35 km. Da Caserta 25 km. Da Napoli 50 km. La cittadella storica si erge su uno sperone tufaceo tra due affluenti del fiume Isclero, all' incrocio di profondissimi valloni, su quello che in un tempo geologico deve essere stato l' epicentro di un violentissimo sisma; l' intera città si sviluppa alle falde del monte Maineto (556 m.), oltre il torrente Martorano. La pianta della Città antica è a semicerchio e misura 1 Km in lunghezza, con diametro diretto da sud a nord lungo la sponda del Martorano dove ha scavato una profondissima gola, particolarmente evidente nella sua parte sud-occidentale. Tutto il territorio comunale si stende alle falde del monte Taburno con un' escursione altimetrica di 1283 metri, con un minimo di 40 ed un massimo di 1323 metri; monte celebrato da Virgilio e ricco di sorgenti favolose, e infatti le fontane della Reggia di Caserta sono alimentate da acque estratte da questo territorio (sorgenti del Fizzo) e convogliate nell'acquedotto carolino, architettato da Luigi Vanvitelli, che attraversa per molta parte del suo percorso le colline prospicienti Sant' Agata. La città di Sant' Agata de' Goti, come tante città e paesi meridionali, ha risentito dell' emigrazione all' estero (Svizzera e Germania) nel dopoguerra. Ma, una nuova emigrazione è in atto a causa del mancato o distorto sviluppo economico-sociale di questi decenni. La popolazione residente conta all' incirca 12.000 abitanti, inclusi quelli che pur conservando ufficialmente la residenza, vivono e lavorano fuori paese. Una buona metà della popolazione vive nei borghi e nelle campagne, che negli ultimi decenni hanno goduto di un buon grado di sviluppo economico, sociale e civile, in gran parte dovuto ai finanziamenti nazionali ed europei.

ETIMOLOGIA
Sull'attuale nome della città sono due le teorie più accreditate. Secondo una prima teoria l'attuale nome di Sant'Agata de' Goti risalirebbe al VI secolo d.C.,allorché i Goti, sconfitti nel 553 d.C. nella battaglia del Vesuvio, ottennero di rimanere nei territori come sudditi dell'Impero, una colonia si sarebbe stabilita in questo territorio, fondando l'attuale città. Tale teoria non è però suffragata da nessuna testimonianza scritta. Una seconda teoria invece sostiene che S. Agata debba l'appellativo de' Goti ai De Goth. Nel 1313 d.C. Roberto d'Angiò concesse il feudo di S. Agata alla famiglia guascona dei De Goth. Ed è solo dopo l'esperienza dei De Goth che compare per la prima volta, nel 1502, il toponimo Sant'Agatae de Goctis. A questo bisognerebbe aggiungere che dato il persistere delle due terminologie, e dato che il termine comune rimane "Sant' Agata", si possa essere verificata una crasi, o una fusione. Però, sicuramente i Goti veneravano la martire cristiana Agata, e avevano edificato in sua devozione le chiese di Sant' Agata de Marenis e Sant' Agata Sopraporta, da cui prende origine il nome di questa città.

DA VEDERE
L'importanza della città è nel rappresentare un modello di struttura urbanistica alto-medievale, conservata pressocché integra, e di avere recuperato e ben conservato alcuni dei suoi monumenti più antichi come i seguenti:

Il Duomo- La sua fondazione risale al X sec., al periodo cioè in cui Sant' Agata de' Goti ridivenne sede vescovile (970). E' stato più volte riedificato o ristrutturato in sèguito alle distruzioni sismiche, in cui è andata persa la maggior parte delle sue strutture architettoniche, come le colonne di marmo verde e il pavimento musivo, di cui rimane solo una porzione nel presbiterio. La cripta romanica, restaurata di recente, mostra elementi architettonici di riutilizzo da templi antecedenti, forse addirittura pagani. La facciata e l' atrio sono allineati all' asse stradale più che all' orientamento della chiesa, e sia l' una che l' altro sono costituiti di elementi architettonici di recupero: probabilmente sono le uniche strutture originarie, rimaste indenni attraverso i secoli e i terremoti. In realtà, l' atrio è sempre stato sentito e usato dalla cittadinanza come una struttura civica piuttosto che come pronao di luogo sacro.
S.Menna- E' la chiesa più antica di Sant' Agata (X sec.), ubicata di fronte al Castello ma orientata longitudinalmente con l' abside a nord. Fu costruita per ordine del conte Normanno Roberto figlio di Rainulfo e fu consacrata nel settembre del 1114 da papa Pasquale II quando andò a visitare Benevento. tale particolare si rileva da una lapide esistente all'ingresso della chiesa, nel lato destro. Fino al XVII sec. conteneva le reliquie di S. Menna, S. Brizio e S. Socio, spostate nel Duomo. La chiesa ha un atrio con accesso laterale, all' interno tre navate su due file di colonne, e pavimento a mosaico cosmatesco, fra i più antichi dell' Italia meridionale anteriore di pochi anni a quello conservato nel coro di S. Nicolò di Bari. Un' iscrizione marmorea a caratteri bizantini inserita nel pavimento è databile al VI sec. e darebbe corpo all' ipotesi di una preesistenza di edificio religioso del tardo antico.L'archivolto della porta è lavorato a fogliame assai rigido e porta alle due estremità due testine di leoni ed è del tutto simile a quello esistente nel portico del Duomo. L'architettura della Chiesa è identica a quella di certe chiese del Veneto di Grado e di Aquilea e questo si spiega con l'occupazione di S.Agata da parte dei Goti.
Il Castello- Originariamente pensato come fortezza militare, in sèguito venne adattato a Palazzo Ducale, dimora patronale e sede di giurisdizione quando Sant' Agata de' Goti divenne centro regio di giurisdizione. Fu fatto costruire dal conte Roberto figlio di Rainulfo conte di Alife, poi duca di Puglia. E' stato abitato dai principi della Real Casa di Artois di Francia, dagli Acquaviva, dai Della Ratta, dai Carafa ed era dimora preferita dai baroni dei luoghi circonvicini che vi si trattenevano buona parte dell'anno. Sorge di fronte la chiesa di S. Menna e nella parte orientale era collegato ad un grande parco (la zona conserva tuttora tale nome) dove ferveva la caccia. E' sovrastato da una collina che conserva l'antico nome di Guardia, da dove l'inquieto conte dominava il piano sottostante onde prevenire le mosse dei nemici che si avvicinavano alla fortezza. Esteriormente presenta un aspetto tozzo, e in origine era munito di quattro torri angolari, di cui resta una adibita a carcere mandamentale fino a pochi decenni addietro. Sorprende di questa torre ex-carceraria la compattezza e finitezza stilistica; è sicuramente di epoca posteriore, catalana o aragonese (XV sec.). Si presume che le altre torri siano state spianate per liberare spazio in un luogo già angusto. Lasciato per secoli all' abbandono per la parte di spettanza comunale, e per l' altra parte al capriccio "architettonico" di famiglie proprietarie, conserva sale e saloni affrescati con bella mano. Era anche dotato di cappella palatina interna e di una chiesa comitale esterna dedicata a S. Menna. Per essere plurisecolare, risulta in sempiterna ristrutturazione. Uno degli ultimi proprietari fu l'avv. Goffredo Viscardi.

Molte altre testimonianze e vestigie della sua storica originalità sono visibili nel denso tessuto delle sue vie e vicoli, nonché nel suo vasto comprensorio, esteso più di quello dello stesso capoluogo Benevento. Esse sono costituite degli innumerevoli frammenti incastonati nei palazzi signorili e case comuni, oltre che nei vari edifici pubblici. Altre rovine, come ad esempio quelle di un antichissimo monastero benedettino, si trovano nei pressi immediati del centro storico.

ECONOMIA
Olio, leggero e profumato quello delle colline adiacenti, un po' grasso quello di campagna; vino, rossi e bianchi di grande sentore e retrogusti fruttati; frutta (mele e ciliegie in special modo), ortaggi, cereali e legumi. Nelle campagne santagatesi, fra le specialità di frutta, si coltiva la mela annurca, prodotto che nel 2006 ha ottenuto il marchio IGP (Indicazione gegrafica protetta). Il frutto, piccolo e schiacciato, si caratterizza per le proprietà organolettiche: polpa bianca compatta, acidula e profumata. Era già conosciuta e apprezzata nell' antichità romana, e citata da Gaio Plinio Secondo noto come Plinio Il Vecchio che nel suo Naturalis Historia ne localizza l'origine nella zona di Pozzuoli; oggi la mela annurca viene coltivata in tutta la Regione Campania. Qui operano molti centri agrituristici, ben gestiti e ben organizzati, e qualcuno anche di notevole qualità; in città operano bar, rosticcerie, ristoranti e posti di intrattenimento, tutti di buona qualità.

ORIGINI E CENNI STORICI
Per le evidenti considerazioni di topografia del luogo, appare chiaramente che l' odierna Sant'Agata de' Goti fu fondata sull' attuale sito (V-VI sec.) perché ritenuto particolarmente idoneo alla difesa dalle incursioni dei nemici, certamente non lontano dall'antico sito della città sannitica Saticula, città ai confini della Campania.
Si può con una certa evidenza ritenere sicuro che la Città insista sul territorio dell' antica Saticula, e che ne rappresenti la continuità storica e civile, se tale "continuità" non venga scambiata con il concetto storiografico della "continuità", che è cosa diversa. A sostegno di questa che è più di una ipotesi c' è la tradizione, sia scritta che orale, tramandata nei lunghi secoli della sua storia fino a noi, che ha pur un suo valore di storiografica testimonianza. Va anche detto che nessun' altra città rivendica con altrettanta probabilità la continuità della sua fondazione con la storia di Saticola quanto Sant' Agata de' Goti. Ma, questo a parte, l' equazione Saticola-S. Agata de' Goti si fonda su una concomitanza di fatti, di eventi, di contingenze, di situazioni, sia di carattere storiografico, sia toponomografico, sia archeologico. L' areale dei Saticolani, così come è possibile ricostruirlo dagli scrittori di storia romani e non, giaceva sulla riva sinistra del Volturno, fra le valli e le colline prospicienti il monte Taburno, e si estendeva fino al limite del territorio campano vero e proprio.
Se si stabilisce un confronto tra la ricostruzione dell' areale occupato dai Saticolani sulla base delle fonti degli autori latini (T. Livio, Virgilio), dalle quali risulta che la città sannita aveva i suoi confini a Nord con Capua, a Est con Caudium, a Ovest con i territori campani; la ricostruzione del territorio amministrativo di Sant' Agata de' Goti in epoca borbonica, e la ricostruzione mappale dell' antica Diocesi (980 circa; e a tale proposito va ricordato che per prassi consolidata ereditata dal Diritto pubblico romano la Chiesa tendeva a sovrapporre l' amministrazone religiosa a quella civica), se ne deduce visivamente che il territorio di Sant' Agata de' Goti va a ricoprire pari pari il territorio dell' antica Saticula.
Stabilita una lettura corretta del racconto liviano, sembra che l' agrum Saticulanum corrisponda effettivamente al territorio di Sant' Agata de' Goti. Comunque, dopo la definitiva sconfitta dei Sanniti (293 a.C.) Saticula, o piuttosto il suo territorio se è vero che l' antica città venne rasa al suolo, ospitava una colonia romana, di cui resta testimonianza una lapide (42-39 a.C.), inserita nell' atrio del Duomo di Sant' Agata, dedicata a C. Ottaviano Augusto.
Da questo momento Saticula sparisce dalle carte geografiche e dalla storia antica, e di essa non si rinviene più menzione; si perderà anche la memoria storica del suo luogo di edificazione, se non una labile ma persistente memoria locale. È rimasto tuttavia tra Sant' Agata de' Goti e Presta (probabilmente l' antica Plistia), sua frazione, un lungo campo archeologico arato abbondantemente (e spesso fraudolentemente) nel sec. XVII e XVIII, ma anche più recentemente durante gli scavi per la posa del metanodotto, ma dei reperti di cui all' epoca si è favoleggiato non è rimasta traccia localmente. Nel periodo della colonizzazione romana gli antichi abitatori di Saticula si dispersero nel territorio, fondando vari centri abitati sulla base dell' appartenenza parentale: di questa occorrenza è rimasta testimonianza nella ricorrenza toponomastica e nella cognominanza prevalente nell' area della sua fondazione.
Alla tarda antichità (forse addirittura già al III sec.) risale lo stabilimento di una sede vescovile presso la comunità di cristiani di questi luoghi. La sede fu poi rimossa quando vi si stabilì la colonia di Goti ariani.
L'origine dell' attuale toponimo di questa città non è del tutto certa, ma stando alle cose concrete si deve ritenere che sia legata al culto della martire catanese Agata, di cui erano devoti quei Goti che, sconfitti e cacciati da Napoli nel 553, dichiaratisi servitori del re Teodorico e convertitisi alla religione cristiana, in questo luogo si trasferirono e vi fondarono una colonia. Va però anche ricordato che i Goti ariani erano presenti in numero notevole in tutto il Sannio, ed erano devoti a Maria Vergine e all' Assunta, agli Apostoli Pietro e Paolo, al cui culto sono dedicate rispettivamente il Duomo e la chiesa di San Pietro in località prossima al centro cittadino.
Ma, stando alla ricostruzione di alcuni studiosi, il culto locale alla santa siciliana, di cui a reliquia si conserva un dito nel Duomo, deriva più probabilmente da Capua, dove l' aveva introdotto San Germano. Due chiese furono erette al culto della martire Agata tra il secolo VI e VII: Sant' Agata de Marenis e Sant' Agata Sopraporta, entrambe distrutte e mai più ricostruite. E' così molto probabile che proprio queste chiese abbiano trasmesso il proprio nome all' intero centro antico, con l' estensione dei Goti a significarne l' attribuzione dell' edificazione.
Tuttavia, è anche da prendere in considerazione che la trascrizione del toponimo possa avere subito modifiche estemporanee e approssimative, e quindi può destare dei sospetti sulla sua reale significazione: Sant' Agata dei Goti o Sant' Agata de' Goti? In molti documenti ufficiali la trascrizione latina tramanda il toponimo "Sanctae Agathae Gothorum", in cui il riferimento ai Goti è senza alcun dubbio certo. Significativo poi è il plurale Sanctae Agathae, in riferimento forse alle due chiese.
I Longobardi portarono a termine l' occupazione del Principato Ultra (le provincie di Avellino e Benevento) tra il 570 e il 625, e andarono ad installarsi nei siti gotici superstiti che avevano conservato una sia pur minima struttura urbana, fra cui Benevento e Sant' Agata de' Goti. Difatti, già dall' inizio del VII sec. la città rientrava nel Ducato di Benevento, un cui duca, Radoaldo, (deceduto nel 647) sarebbe stato tumulato con la sua famiglia nella chiesa di Sant' Agata de Marenis: ne farebbe fede una lapide funeraria che vi si sarebbe conservata fino al XVIII sec. e poi sparita da Sant' Agata. Se si trattasse dello stesso Radoaldo, allora questi potrebbe essere stato prima conte di Sant' Agata, e in tale veste salvato dall' intervento di Bertario abate di Montecassino presso l' imperatore Ludovico. Tale circostanza, e i resti di un Monastero benedettino, farebbero pensare che la città sia anche entrata nell' influenza di Montecassino.
Le due chiese dedicate a sant' Agata, di culto ariano, non vennero più ricostruite probabilmente perché si era già in fase di pieno recupero del potere temporale della Chiesa Cattolica e del Papa. Dai Goti in poi, il periodo cioè al quale generalmente risale la fondazione di Sant' Agata, la città visse di tutte le vicende storiche delle varie ondate migratorie dei popoli nordeuropei, e ne subì i repentini e selvaggi passaggi di mano, gli improvvisi avvicendamenti di dominio nonché improvvidi trasferimenti di casato.
Della presenza dei Goti a Sant' Agata non è rimasta pressocché traccia, se non qualche reperto architettonico riutilizzato nell' edificazione delle chiese cittadine. Qualcosa di più è rimasta del dominio longobardo nel Ducato di Benevento di cui Sant' Agata faceva parte: da uno scritto di E. Berteaux si legge che "una delle colonne della porta è appoggiata sopra un largo capitello capovolto, decorato di losanghe tagliate a faccette, che può essere un avanzo dell' edificio longobardo", e poi "un capitello a forma di canestra con due ordini di strisce incurvate alla parte superiore può essere appartenuto anch' esso alla chiesa longobarda". Elementi di architettura longobarda sono stati rinvenuti recentemente anche nei lavori di ristrutturazione della chiesa di Sant' Angelo de Munculanis, come colonne e capitelli di gusto chiaramente longobardo.
Sull' odierno sito di Sant' Agata de' Goti non si sono trovate tracce di interesse archeologico databili all' epoca romana o preromana; per cui è da ritenere che il luogo abbia cominciato a diventare un centro abitato nella fase avanzata della discesa dei popoli nordici in Italia (intorno al VII-VIII secolo. ), e l' urbanizzazione dovette avvenire in tempi abbastanza rapidi a causa dell' urgenza della sicurezza della popolazione locale. Difatti, già nell' XI secolo veniva edificata la chiesa di S. Menna, eretta su colonne di marmo con capitelli di gusto altomedievale, pavimento musivo cosmatesco di pregevolissima fattura (ma da alcune emergenze recenti si sospetta di una preesistenza di edificio di culto religioso): la chiesa fu poi consacrata dal Papa Pasquale II durante il passaggio per Sant' Agata, nel corso della sua visita pastorale a Benevento, nel 1110. Evidentemente, in tale periodo era ancora in costruzione la Chiesa Cattedrale, dedicata a SS. Maria Vergine Assunta, più volte nei secoli rifabbricata e ristrutturata, perdendo nelle calamità dei terremoti colonne, pavimento e arredi originari. Molti degli elementi architettonici sia della chiesa di S. Menna che del Duomo, come peraltro delle altre chiese cittadine, sono di riutilizzo da fabbricati precedenti, forse di chiese più antiche, se non di templi pagani.
Delle molte chiese edificate a partire dal VII-VIII secolo sono rimaste al culto quattro-cinque; diverse andarono distrutte e mai più ricostruite; un paio sono state deconsacrate e dedicate a funzioni museali ed espositive. Tra il XII e il XIII secolo, vi fu a Sant' Agata un fervore di culto religioso straordinario, che favorì l' edificazione di molte altre chiese, cappelle e l' insediamento di Ordini Religiosi, con i loro Monasteri, come l' Ordine francescano e l' Ordine dei Redentoristi, di Sant' Alfonso Maria de' Liguori (vescovo dal 1762 al 1775). Che fu grande vescovo della Diocesi di Sant' Agata, dottore della Chiesa, e trasformò la Città in un piccolo grande centro di attività religiose.
Nel periodo tra il X e XII sec. una nuova organizzazione sociale, basata sulla signoria fondiaria, e la riorganizzazione pastorale-amministrativa della Chiesa (diocesi e parrocchie) portò all' incastellamento. Questi due processi andarono avanti di pari passo. E' più o meno il periodo in cui cominciarono le autonomie locali, e in questo spirito venne edificato anche a Sant' Agata il Castello: una mastodontica struttura che ha sfidato il tempo e i terremoti. All' origine, il Castello santagatese era circondato di quattro torri di difesa poste agli angoli, ma fu concepito eminentemente per assolvere alle nuove funzioni amministrative e giuridiche del feudo, nonché a residenza del signore. Una piccola reggia feudale. Nel frattempo, il Principato di Benevento fu smembrato in Contee e Gastaldati (IX sec.). Così, Sant' Agata de' Goti uscì dall' influenza di Benevento (tranne che per la nomina dei vescovi) e dopo un periodo di relativa stabilità subì la sorte di passare di mano in continuazione, a seconda delle convenienze di questo o quel feudatario. La città venne presa dai Longobardi, poi fu concquistata dall' Imperatore Ludovico II (886), poi passò ai Normanni, al Papa Gregorio IX. Appartenne a Bartolomeo Siginulfo, conte di Caserta e al provenzale Isnard de Pontèves. Nel 1038 vi si rifugiò Pandolfo IV di Capua assieme al vescovo Basilio di Montecassino, per sfuggire a Corrado II, e aiutato poi dai Bizantini vi si difese per nove anni. Nel 1343 fu concessa a Carlo Artus, figlio naturale di Roberto III d'Artois: il suo sarcofago di marmo artisticamente rifinito si può vedere nella chiesa di S. Francesco. Dal 1400 in poi appartenne a varie famiglie feudali, tra cui gli Aquaviva, ai Cosso, al Duca di Maddaloni Marzio Carafa, che la tenne fino all' eversione dalla feudalità (1806) con le leggi di G. Murat.
Del periodo feudale, i secoli '400 e '700 furono particolarmente fervidi di attività urbanistica, di recupero di chiese e cappelle, di fondazione di monasteri; e inoltre furono i secoli in cui maggiormente si esplicò una intensa e in qualche caso originaria esposizione artistica, rivolta soprattutto al decoro delle molte chiese cittadine e delle frazioni.
Nel Regno di Napoli la feudalità ebbe termine ufficialmente nel 1806, quando Il re G. Murat emanò le famose leggi di eversione dal sistema feudale, leggi peraltro mai abolite nemmeno al ristabilimento in Europa dell' assolutismo e del reinsediamento delle vecchie dinastie monarchiche (1815). Finì quindi l' epoca dell' organizzazione socio-economica fondata sulla feudalità ereditaria e ci si avviò alla spartizione selvaggia delle terre, il cui possesso verrà poi progressivamente regolato da leggi proprietarie. In quel periodo signori di Sant' Agata erano i Carafa di Maddaloni, fra i maggiori feudatari del Regno, che commissionarono degli affreschi nel Castello, forse a T. Giaquinto.
Le leggi antifeudali del Murat ricalcavano e attualizzavano lo schema politico del conservatorismo sociale di Napoleone, orientato al rafforzamento dei ceti propietari terrieri, istintivamente portati al moderatismo, anche estremo. Il feudo di Sant' Agata venne smembrato e finì in proprietà, e in non pochi casi in appropriazione selvaggia, di famiglie più o meno nobili, o della borghesia forense; anche nelle campagne si affermò un vasto ceto di piccoli e medi proprietari terrieri. In questo quadro, a Sant' Agata si andò formando una stratificazione sociale politicamente imperniata sulla grande-media proprietà. Dei restanti, tutti quelli che non si fecero preti o sacrestani, finirono braccianti o cantinieri.
Tale era la situazione sociale di questa città all' indomani dell' Unità d' Italia. Nel Regno di Napoli il regime dei Borboni barcollava da tutte le parti, ma si opponeva pervicacemente a qualunque proposta di unificazione nazionale. Si capì allora che solo attraverso l' abbattimento della dinastia borbonica si sarebbe arrivati all' unità nazionale e al superamento dei limiti di sviluppo del Meridione. A ciò lavorava da tempo la borghesia (finta) rivoluzionaria di Napoli e del Regno, in combutta con i Savoia. In tutta la Valle Caudina, oltre che a Benevento, si andarono formando comitati insurrezionali, alla cui organizzazione politica e paramilitare si distinse Giuseppe De Marco, nome non nuovo anche a Sant' Agata. E stranamente, proprio a Sant' Agata, che pure era uno dei centri più importanti della zona, non si riuscì ad organizzare alcun comitato rivoluzionario, benché qualcuno vi lavorasse e i sacerdoti del basso clero nascostamente vi simpatizzassero. Addirittura, si fecero notare elementi che misero in atto gesti apertamente filoborbonici e antirivoluzionari.
Nel corso dei secoli eventi catastrofici, quali terremoti (terribile quello del 5 novembre 1456 che la rovinò tutta), incendi, e pestilenze (il paese fu spopolato quasi per intero dalla peste del 1656) distrussero più volte l' antico centro storico alto-medievale di Sant' Agata, danneggiando gravemente il patrimonio documentale e testimoniale della città, sicché adesso risulta difficile e precaria la ricostruzione di alcuni periodi della sua storia. Alla distruzione e consunzione naturale si aggiunse poi l' opera distruttiva di speculatori di rovine postsismiche e, nell' estesa area archeologica dei dintorni, di scavatori di tombe più o meno clandestini, che ha sconvolto un' antica necropoli e siti di non ancora valutabile valore storico.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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CONSORZIO AGRARIO PROVINCIALE BENEVENTO (BN)
INNOVA SERVIZI E TECNOLOGIE - FORMAZIONE PROFESSIONALE - TELESE TERME - SAN SALVATORE TELESINO (BN) - BENEVENTO
CANTINA DEL TABURNO - FOGLIANISE (BN)