Quarto 
Campania

Quarto (citato in molte mappe e pubblicazioni come Quarto Flegreo e noto anche come Quarto Campano) è un comune della provincia di Napoli. Quarto è diventato Comune con Decreto Legislativo del 5 febbraio 1948 per scorporo dal comune di Marano (di cui era frazione). Dalla sua istituzione negli anni '50 la sua popolazione è cresciuta di quasi sei volte. Situato a nord-ovest di Napoli, nell'entroterra flegreo, ha una superficie di circa 14 km². Il territorio comunale corrisponde pressoché alla cosiddetta "Piana di Quarto": una depressione del sottosuolo a forma ellittica, contornata da una cinta collinare e dovuta a una forte attività vulcanica altamente esplosiva. Quello quartese è il più grande cratere spento dei Campi Flegrei. Il comune di Quarto giace nell’omonima piana, la cui formazione rientra nell’attività vulcanica flegrea del passato. La Piana di Quarto è cinta a Sud e ad Est da resti di edifici vulcanici recenti, a Nord e a Nord-Est dai resti dell'antica caldera originatasi in seguito all'eruzione dell' Ignimbrite Campana; ad Ovest invece vi sono estesi depositi di tufo giallo ampiamente sfruttato con cave per l'estrazione di materiale da costruzione.

FORMAZIONE DELLA PIANA DI QUARTO

Secondo lo studioso Giuseppe De Lorenzo (che suddivise la formazione geologica flegrea in 3 periodi) l’origine della Piana di Quarto risalirebbe al 3° Periodo Flegreo (circa 11.000 anni fa) caratterizzato da eruzioni ed esplosioni subaeree di materiale frammentario: ovvero, dopo un'esplosione che squarciò la precedente compagine di tufo giallo, si sarebbe creato un cratere contornato dal materiale eruttato.
Completamente differente l’ipotesi del vulcanologo Alfredo Rittmann secondo il quale l’origine della Piana di Quarto sarebbe da ricondursi ad uno sprofondamento vulcano-tettonico di una vasta superficie di tufo giallo avvenuto in seguito a una forte attività esplosiva con l'emissione dei prodotti del 2° Periodo Flegreo (tra 36.000 e 11.000 anni fa) e ad un successivo riempimento di depositi quaternari indifferenziati: piroclastiti sottili rimaneggiate, depositatesi in ambiente lacustre e alluvionale.

ETIMOLOGIA
Il nome Quarto deriverebbe dal latino quartus, che identifica una distanza non bene definita, forse "quarto miglio", perché proprio al quarto miglio della via, che oggi è chiamata Campana, sorge Quarto, così come è indicato anche nello stemma civico. L'iscrizione sul cippo miliare posto sulla Via Consolare Campana (in latino: Via Consularis Puteolis Capuam), che collegava il fiorente porto di Puteoli alla cittadina di Capua, e da qui direttamente a Roma tramite la Via Appia, recava l'iscrizione: "ad Quartum lapidem Campaniæ Viæ".

ORIGINI E CENNI STORICI
Il territorio di Quarto fu abitato sin dall'Età del Bronzo Medio come dimostrerebbero vari ritrovamenti di frammenti di ceramica e suppellettili. Dopo la nascita della vicina Cuma per mano degli Euboici e dopo l'insediamento dell'isola di Pithecusa (l'odierna Ischia), i coloni greci si spinsero fino all'entroterra e alla conca di Quarto, attratti dalla fertilità del terreno e dall'esigenza di crearsi un'autonomia agricola. Quarto dunque entrò a far parte delle zone controllate dai Greci e assimilò la lingua e la civiltà elleniche. Sebbene con i coloni Greci lo sviluppo e l'importanza della zona quartese avessero già riscontrato un discreto incremento, fu solo con i Romani che Quarto assunse una prima vera connotazione propria di centro abitato. In un primo momento Quarto nacque come insediamento romano e trasse il nome dalla sua distanza (al quarto miglio) da Pozzuoli. Indiscutibile fu infatti il ruolo che la costruzione della Via Consulare Campana ebbe nello sviluppo di Quarto. Tale asse fu costruito dai Romani tra il II e il I secolo a.C. e concepito per collegare il fiorente porto di Puteolis (all'epoca uno dei più importanti del Mar Tirreno) con la cittadina di Capuæ, e da lì fino a Roma grazie alla Via Appia. Con l'apertura della Via Consolare Campana, tutta la zona subì un incremento positivo sul piano commerciale ed ovviamente economico, innescando di conseguenza una fase di sviluppo della struttura urbana: dallo studio dei ritrovamenti della zona, si evince che non si andò creando un unico centro abitato con un nucleo principale definito, bensì una serie di abitazioni rurali (ville rustiche) disposte lungo i vari diverticoli della Via Campana e a mezza costa lungo le pendici della conca. E parecchie furono le opere di ingegneria urbanistica e stradale intraprese dai Romani: basti pensare alla Montagna Spaccata, una profonda fenditura nella collina realizzata per consentire il passaggio della Via Consolare Campana. La Piana di Quarto viene citata da Svetonio nella sua opera "De vita duodecim Cæsarum" in relazione agli incredibili fatti che portarono Ottaviano verso la nomina di "Augustus", ed è anche menzionata dagli "Atti degli apostoli" in cui si dice che l'Apostolo Paolo, sbarcato a Pozzuoli, vi passasse con Luca l'Evangelista in stato di prigionia sotto la scorta di centurioni, diretto a Roma. La strada principale di collegamento con Pozzuoli è tuttora via Campana, ancora oggi arteria di grande traffico. Ai lati di questa strada si possono trovare numerosi insediamenti romani, forni, ville, mausolei, colombari. La strada attuale, sopraelevata rispetto a quella originaria, taglia in due un fitto insediamento, barbaramente mutilato dalla linea ferroviaria Napoli-Roma che lo attraversa. In particolare mentre si viaggia da Pozzuoli a Quarto, si può notare ai lati dei binari un piccolo mausoleo. Il fatto che Quarto sia stata un popoloso insediamento romano è testimoniato dai numerosi rinvenimenti archeologici del sottosuolo. Il monumento più conosciuto, tuttavia, è un semplice mausoleo, sito in località Regina della pace.

DA VEDERE
I luoghi di interesse non sono molti ma quelli che sono presenti incidono sulla bellezza di questo paese:

la "Pietra Bianca" che era un cimitero Romano del medioevo oppure il punto di ristoro.
la piazza di S. Maria con una bellissima fontana che risalta agli occhi di chi passa;
la via P. Piacasso o Via Cocci, situate entrambe sulla collina, che insieme a Via S. Maria e a via Marmolito sono le vie più importanti del paese.

ARCHEOLOGIA
Parte integrante della storia dei Campi Flegrei, quella di Quarto è un’area di discreto interesse archeologico.

Se è vero che furono i romani a fondare Quarto, è pur vero (come testimonia il ritrovamento di tracce preistoriche e suppellettili risalenti all'Età del bronzo medio nelle zone collinari e in località San Petrillo) che il suo territorio aveva già precedentemente un ruolo di discreta importanza; ciò probabilmente anche grazie alla vicinanza con Cuma.

Come suddetto, Quarto fu fondata dai romani e proprio questi ultimi vi lasciarono evidenti tracce della loro presenza. Basti pensare alle grandi opere infrastrutturali realizzate sul territorio.

Tra i luoghi più suggestivi dell'area archeologica di Quarto vi è la Necropoli di Via Brindisi che ospita il caratteristico Mausoleo a cuspide piramidale, volgarmente noto come "Fescina".

La Necropoli di Via Brindisi
È stata portata parzialmente alla luce nel corso degli anni settanta e ottanta; prima di allora era visibile solo il livello superiore del mausoleo a cuspide, utilizzato come deposito di attrezzi agricoli. Delimitata da una bassa recinzione realizzata in opera reticolata, ne fanno parte tre mausolei funerari con basamento quadrangolare e vano ipogeo, un triclinio all'aperto, alcuni vani di servizio e due recinti minori.

La struttura più antica è il monumentale mausoleo a cuspide piramidale con la recinzione ad esso pertinente. Attraverso un varco alle spalle del monumento è possibile accedere al recinto, originariamente chiuso, in cui si rinvennero tracce di incinerazioni, urne, anfore con resti di inumati e tombe a cappuccina che documentano la continuità d'uso della necropoli fino ad epoca tarda. Anche nell'area del recinto maggiore vennero alla luce sepolture ad inumazione. Nell'antichità tali spazi recintati erano detti ustrinae perché destinati soprattutto alla cremazione dei defunti. La camera superiore presenta un ingresso ad arco, visibile non appena si giunge nella zona archeologica: esso è posto a circa 1 metro di altezza dall'attuale piano di campagna e, dal momento che non esiste traccia di una rampa di accesso, si deve ipotizzare in antico l'utilizzo di scale mobili in legno. Si tratta di un colombario a pianta quadrangolare esternamente cilindrico, con volta a botte e dotato di cinque nicchie, molto danneggiato dall'utilizzo prolungato da parte dei contadini del luogo. Questo ambiente è più piccolo rispetto al vano ipogeo posto al di sotto di esso, sia per dimensioni che per il numero di nicchie ricavate nelle pareti, tutte con tracce d'intonaco, due a pianta quadrangolare nelle pareti laterali, ed una a pianta semicircolare nella parete di fondo. Il taglio nell'attuale piano pavimentale è stato praticato in epoca moderna per accedere all'ipogeo.

La copertura del mausoleo è una cuspide piramidale a pianta esagonale, con due camere di alleggerimento, la cui tipologia non trova facili riscontri in ambito flegreo e campano, ma è diffusa invece in ambito microasiatico e alessandrino. Il prototipo architettonico è rappresentato dal celebre mausoleo d'Alicarnasso del IV sec. a. C. (alto basamento rettangolare sormontato da una peristasi coronata da piramide a gradini), che influenzò numerosi monumenti minori in epoche successive; la ripresa di tale modello nel monumento di Quarto sembra rientrare in un attardamento di tale tradizione. Questo fenomeno ben si colloca nel quadro dei frequenti scambi di natura commerciale e culturale fra Puteoli - divenuta il grande porto di Roma nella prima età imperiale e nel cui ambito territoriale rientrava la piana di Quarto - e il mondo orientale. Sul retro del monumento, una scala moderna conduce all'ingresso del dromos, un corridoio coperto a volta, attraverso il quale si accedeva al vano sotterraneo situato all'interno del basamento quadrangolare. Il dromos, nella sua forma attuale, è il risultato di tre interventi costruttivi, come si evince da un esame della superficie esterna della sua copertura, separata in tre parti di differente tecnica edilizia. Inizialmente esso era coperto da una piccola volta a botte solo nella parte adiacente al basamento. Successivamente, anche un primo tratto del dromos venne dotato di copertura a volta, contemporanea alla realizzazione del recinto del mausoleo e non interamente conservata poiché tagliata all'altezza dell'arco; in base a questo particolare, si deve supporre un camminamento più lungo dell'attuale, che probabilmente doveva correre al di sotto di un asse viario situato in quest'area, sebbene non ancora individuato con certezza. Infine, anche la zona intermedia venne ricoperta in opera cementizia di sommaria esecuzione. Attraverso una piccola rampa di scale ed un ingresso ad arco si accede all'ipogeo vero e proprio, un ambiente quadrangolare con volta a botte, interamente intonacato, con 11 nicchie a pianta semicircolare sulle pareti cui si appoggiano tre letti con pulvini per i pasti rituali; due feritoie illuminano il vano dall'alto. L'ambiente è soggetto a frequenti allagamenti durante la stagione invernale. Sul retro del mausoleo, lungo questo ipotetico asse viario, sulla sinistra, si incontrano altri due spazi recintati, privi di un varco di accesso, destinati probabilmente anch'essi a funzioni funerarie (agri religiosi). Appena oltre, è possibile accedere al grande recinto (maceria), che ingloba tutto il complesso, attraverso una soglia di pietra lavica con chiare tracce di tardi rimaneggiamenti che hanno comportato anche un innalzamento del livello di calpestio.

Giunti all'interno, sulla sinistra, realizzato in uno spazio di risulta, si incontra un piccolo ambiente intonacato a pianta trapezoidale, pavimentato in cocciopesto, oggi quasi del tutto privo dell'originaria copertura (sono visibili sul fondo tracce dell'imposta di una volta). Per la sua struttura potrebbe avere avuto funzione di edicola. Procedendo si giunge di fronte a un triclinio all'aperto, costituito da una mensa centrale di forma rettangolare e da tre letti a sezione trapezoidale su tre lati, sistemato a ridosso del recinto e destinato ai banchetti funebri. È noto infatti che negli anniversari della morte o nelle celebrazioni commemorative dei defunti come il dies violae (22 marzo) e il dies rosae (21 maggio) si consumavano pasti funebri rituali in appositi triclini, costruiti negli spazi antistanti il sepolcro, o all'interno del monumento stesso, oppure su banconi e sedili di muratura eretti lungo le facciate. Il triclinio appartiene all'ultima fase del complesso, quando la costruzione del mausoleo "M" e del triclinio stesso comportò un ampliamento e la distruzione di una precedente recinzione. Il mausoleo posto accanto al triclinio presenta, proprio sul fronte, la scala di accesso al piano superiore e all'ipogeo e, affiancate alla scala, due grosse nicchie, la cui funzione, connessa evidentemente all'utilizzo del triclinio, doveva essere di ripostiglio per suppellettili.

Dal solaio (non è ricostruibile l'assetto originario del piano superiore) si scendeva nel vano ipogeo attraverso una scala a doppia rampa. L'ambiente, a pianta quadrangolare e con volta a botte, presenta su tre pareti 15 nicchie distribuite variamente su uno o due ordini; un'altra nicchia è ricavata sulla volta di costruzione della scala. L'illuminazione era garantita da due feritoie che si aprivano su pareti adiacenti.

Di fronte e con orientamento opposto, il mausoleo "N" presenta un basamento a pianta rettangolare, al cui lato lungo si appoggia la scala che conduceva al livello superiore. Di quest'ultimo pochi sono gli elementi conservati, poiché le pareti sono quasi completamente rasate. Sulla facciata principale, poi, è possibile notare, all'estrema destra, i resti di un'ulteriore scala, funzionale esclusivamente all'accesso all'ipogeo.

Il prospetto del monumento mostra inoltre una panchina e tre avancorpi, disposti ai due lati e pressappoco nella zona mediana, con probabile funzione di sostegno di elementi verticali quali pilastri o colonne, che dovevano abbellire il fronte dell'edificio. Anche in questo caso, dal pavimento del piano superiore si scendeva nell'ipogeo tramite una scala a doppia rampa. Tale ambiente, con volta a botte, analogamente agli ipogei già descritti, presenta una pianta quadrangolare, e riceve luce da due feritoie. Delle ventidue nicchie, distibuite in due ordini, due, interamente in stucco, sono del tipo ad edicola, ricavate su pareti opposte ed inquadrate da un architrave ed un timpano sorretti da due lesene.


La Montagna Spaccata
La Montagna Spaccata costituisce una delle più grandiose testimonianze esistenti nei Campi Flegrei dell'ingegneria stradale romana, sintesi insuperata, nel mondo antico, di audacia tecnica e di monumentalità.

Si tratta di un profondo taglio (interessante per le sue dimensioni, effettuato probabilmente già in età repubblicana, attraverso l'orlo meridionale del cratere di Quarto) nella collina tra la Piana Campana e la Piana di Quarto, realizzato al fine di permettere il passaggio della Via Consolare Campana. Il taglio del monte è un'opera abbastanza ardita e per la realizzazione fu necessario lo sbancamento delle ultime propaggini del monte Gauro. Il taglio è largo nella parte superiore 78 metri ed è alto 50 metri. Presenta una lunghezza di 290 metri, furono costruiti sui due lati, mura di sostegno con l'opus reticulatum (di cui tutt’oggi restano visibili alcune sezioni) e successivamente ristrutturato in opus listatum.

Nella parte centrale di tale muratura è visibile, in alto, l'accenno ad un incurvatura che fa pensare a ciò che resta di un arco destinato a sostenere la spinta laterale del terreno. Per la sua realizzazione furono rimossi non meno di 220 mila metri cubi di terreno. Il manufatto ha resistito a tutti i collaudi a cui è stato sottoposto lungo l'arco dei secoli e il sisma del 1980 non ha nemmeno sfiorato le attuali strutture.


La Mansio
Al quarto miglio della via Consolare Campana sorge La Mansio un edificio in opus reticulatum e opus listatum, che racchiude in sé parecchia della storia di Quarto, costituendo all'epoca romana un posto di sosta e rifornimento di grande importanza sul collegamento tra Roma e la Campania.


EDIFICI RELIGIOSI

Santa Maria Libera Nos a Scandalis
Nel 1243 viene consacrata la Parrocchia di S. Maria Libera Nos a Scandalis.

Questa Parrocchia è dedicata alla Madonna, sotto il titolo di "S. Maria Libera Nos a Scandalis”. L'antico titolo "De Scandulis o Ad Scandula” potrebbe derivare dal latino ecclesiastico "Scandulum" cioè “Inciampo, trappola", quindi è possibile che nel luogo in cui sorgeva l'antica Chiesa c'era qualche piccolo promontorio o residui vulcani che erano d’inciampo.

Questa Chiesa è stata, per ironia della sorte, al centro di una lunga lite gíurisdizionale tra le diocesi di Pozzuoli e di Napoli, le quali per più di due secoli (1658 1882) mirarono alla potestà su di essa. Le prime notizie comunque, risalgono al XIII secolo e riguardano la sua consacrazione, avvenuta nel 1243, ad opera del vescovo puteolano Pietro, come si poteva leggere ancora sul finire del XVII secolo in un' epigrafe del 1245 posta nella chiesa, ma andata perduta. Si pensa comunque che essa sorse sul sito di una cappella più antica.

Se nulla sappiamo sulle sorti della Chiesa per il XIV XV secolo, qualcosa trapela per la seconda metà del '500, quando, avviandosi la trasformazione agricola del piano di Quarto, i vescovì puteolani provvidero a mandarvi sacerdotì con il titolo di rettori per l'assistenza ai contadini maranesi, che lì andavano stanziandosi.

Nel 1627 il vescovo di Pozzuolí.Lorenzo Mangioio concesse la Chiesa ai frati Agostiniani Coloriti. che eressero un conventino attiguo ad essa e dimorarono in questo per 26 anni, fino a.. quando esso fu soppresso perché Papa Innocenzo X emanò una Bolla il 15 ottobre 1652 con la quale abolì i piccoli conventi. La chiesa fu poi data in custodia a degli eremiti e le cure religiose furono affidate a cappellani inviati dalla curia puteolana.

Il primo dissidio tra la civica amministrazione di Marano e la diocesi di Pozzuoli sorse dopo qualche anno, quando nel 1658 l’Erario di Marano Francesco Di Lauro, spediva soldati armati e si impadroniva delle chiavi della chiesa minacciando gli eremiti che vi erano a custodia di cacciarli ove avessero fatto celebrare Messa ai preti dì Pozzuoli. per questo riprovevole episodio;il vescovo puteolano G.B.Campagna si rivolse alla Camera Apostolica,la quale nello stesso anno ernise un mandato affinché non fosse più turbato il pacifico possesso della diocesi di Pozzuolì sulla Chiesa di S.Maria.

Il Di Lauro, fu scomunicato per quei fatti dal vescovo Campagna, e andò a porsi sotto la protezione dall’arcivescovo di Napoli, asserendo di aver difeso solo i diritti di costui, in quanto la chiesa di Quarto rientrava nella giurisdizione della diocesi napoletana.

Essa infatti avanzava pretese di giurisdizione sulla chiesa di Quarto, in quanto il villaggio apparteneva territorialmente al casale di Marano, la cui parrocchia rientrava tra quelle della diocesi di Napoli. A sostegno di quanto detto è da scrivere un ulteriore episodio, la cui gravità fu di ben lunga superiore al primo. Nel 1698 un certo canonico di Martino napoletano fece pubblicamente distruggere i due epitaffi di marmo, e subitamente furono messi nel carro e trasportati nella casa del Parroco di Marano D. Antonio Mojo.

Le epigrafi asportate ossia quella relativa alla consacrazione della chiesa (1243) e l’altra riguardante la concessione ai Coloriti (1627) facevano riferimento alla giurisdizione del vescovo di Pozzuoli sulla chiesa di S. Maria. Questi due testi, quindi, erano un serio impedimento alle mire della diocesi napoletana. Denunzie e proteste dell’ episcopato puteolano a nulla valsero sul piano pratico.

La chiesa di S. Maria fu da allora amministrata dal casale di Marano che ne affidò la cura a dei governatori laici (“mastri”). Costoro si occupavano sia degli aspetti religiosi, provvedendo all’invio periodico di un cappellano, sia degli aspetti veramente pratici, come la cura dell’edificio, l’amministrazione delle poche rendite e la raccolta delle offerte. Nei primi anni del XVIII secolo venne a crearsi una nuova situazione.

Gli Agostiniani Coloriti ricevettero in donazione “una Massaria, di moggia, 49 circa con case, camere, ed altre abitazioni… esposta nel luogo detto il Pantaleo”, a condizione che questi ultimi rientrassero al conventivo di Quarto.

Il ritorno dei Coloriti fu ben gradito ai quartesi, poiché i “mastri” non riuscivano più a sopperire ai bisogni spirituali di questi e alle sempre maggiori cure della malandata Chiesa richiedeva.

In seguito al ritorno dei Coloriti a Quarto nel 1704, il sindaco di Marano, Andrea Catone, presentò memoriale al consiglio collaterale per ottenere il riaffidamento della chiesa ai Coloriti. Il 12 dicembre di quell’anno alcuni deputati eletti dal casale di Marano e il procuratore della congregazione degli Agostiniani Coloriti, stipularono l’atto di cessione. Ma avendo il Papa Benedetto XIV abolito la suddetta congregazione, i frati nel 1753 lasciarono definitivamente il sito. Il delegato apostolico Celestino Galiani su sollecitazione del vescovo puteolano Nicola De Rosa, diede in affidamento a quest’ultimo la chiesa con l’annesso convento.

La questione però non terminò qui, poiché la Curia napoletana interpretò il decreto non riconoscendo al vescovo puteolano della sola “commenda” (ossia cura della chiesa) e non anche della giurisdizione. Nel 1778 il parroco di Marano, Pasquale Carannante, credette di porre fine alla lite affidando il giudizio sulla controversia al re di Napoli. Questi quindi dispose che l’arcivescovo di Napoli inviasse sacerdoti della terra di Marano e chiese al vescovo di Pozzuoli di dare a ciò il suo consenso senza pregiudizio delle sue ragioni. Carlo Maria Rosini, eletto vescovo di Pozzuoli nel 1797 riprese con maggiore ardore dei suoi predecessori la difesa dei diritti della sua diocesi sulla chiesa. Pertanto ritenendo che a lui spettasse la giurisdizione sulla chiesa in quanto succursale della Parrocchia di Pianura, inviò a Quarto dei sui sacerdoti. Costoro, però furono fatti oggetto di violente proteste da parte degli abitanti, sobillati dal clero di Marano. La Giunta Ecclesiastica, in seguito si pronunziò affidando la giurisdizione della chiesa alla curia di Pozzuoli. Ma la lite che sembrava essersi placata fu invece ripresa nel 1876 quando il vescovo puteolano Gennaro De Vivo fece collocare il fonte battesimale nella chiesa, in quanto era molta la distanza del villaggio della parrocchia di Pianura. In effetti lo scopo era quello di evitare che i quartesi potessero battezzare i loro nati nella chiesa parrocchiale di Marano dato che essi avevano doppia residenza.

Finalmente il 17 giugno del 1888 dopo lunghi ed estenuanti dibattimenti la S. Congregazione del Concilio emanò la sentenza con la quale aggiudicò tutto il territorio di Quarto al vescovo di Pozzuoli, ponendo fine alla secolare lite. Attualmente la Chiesa è retta dai Padri Vocazionisti.

S.S. Pietro e Paolo
La Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo e' stata istituita nel 1995 ed e' pertanto costruzione recente. Dal punto di vista demografico risulta servire circa 9000 abitanti del comune, per un totale di circa 3500 famiglie. Il territorio circostante è caratterizzato da un ambiente prevalentemente rurale e da zone costituite da abitazioni di tipo residenziale. La parrocchia si estende per circa il 50% su un piano collinare con presenza di masserie sparse sul territorio, collegate da viottoli in terra battuta alle grosse vie. Essa soffre di scarsa presenza, dovuta allo spostamento di gran parte dei suoi abitanti fuori del territorio comunale, per motivi di lavoro. La coltura della terra e' svolta principalmente dagli anziani, mentre i giovani preferiscono cercare altro tipo di lavoro (anche se saltuario) fuori dal comune di origine, adeguandosi a fare i pendolari o emigrando.


MANIFESTAZIONI

Festa di S. Maria Libera nos a scandalis [modifica]
Ha luogo il 12 settembre, e si prolunga per circa una settimana con vari avvenimenti (la processione, l'asta di beneficenza, giochi di destrezza, fuochi d'artificio, manifestazioni canore di piazza, e le giostre nella piazza del mercato! ecc.).

Festa dei Santi Pietro e Paolo
Si tiene il 29 giugno, e si prolunga per 3 o 4 giorni con vari avvenimenti (la processione, l'asta di beneficenza, giochi vari e manifestazioni canore o teatrali di piazza, ecc.).

Festa di San Castrese
Si tiene l' 11 febbraio.

Festa di S. Antonio
È organizzata il 17 di gennaio e prevede la benedizione degli animali, il palo di sapone e il cosiddetto "fuocarazzo di Sant'Antuon".

Via Crucis Vivente
Per le vie di Quarto il venerdì santo si svolge la Via Crucis, ma una tradizione molto bella e suggestiva che ormai da qualche anno si è persa era la Via Crucis Vivente, con personaggi in costume. Nello spiazzale della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo era allestito un palco su cui si rappresentava l'ultima cena e poi dallo spiazzale partiva la Via Crucis Vivente che attraverso le varie stazioni della passione di Cristo giungeva dopo diverse ore in villa comunale dove su una palco erano issate tre croci, e qui veniva rappresentata la crocifissione e la morte di Cristo.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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CONSERVATORIO DI MUSICA SAN PIETRO A MAJELLA - NAPOLI
ISTITUTO NAZARETH - NAPOLI - NA
HELEN DORON EARLY ENGLISH TEEN ENGLISH - NAPOLI
ASSOCIAZIONE TERMALISTI ISOLA DI ISCHIA
FONDAZIONE IDIS CITTA' DELLA SCIENZA - NAPOLI (NA)
ITER - ISTITUTO DI TERAPIA RELAZIONALE - CASERTA (CE) - NAPOLI (NA)