Quarto
(citato in molte mappe e pubblicazioni come Quarto
Flegreo e noto anche come Quarto Campano) è
un comune della provincia di Napoli. Quarto è
diventato Comune con Decreto Legislativo del 5 febbraio
1948 per scorporo dal comune di Marano (di cui era
frazione). Dalla sua istituzione negli anni '50 la
sua popolazione è cresciuta di quasi sei volte.
Situato a nord-ovest di Napoli, nell'entroterra flegreo,
ha una superficie di circa 14 km². Il
territorio comunale corrisponde pressoché alla
cosiddetta "Piana di Quarto": una depressione
del sottosuolo a forma ellittica, contornata da una
cinta collinare e dovuta a una forte attività
vulcanica altamente esplosiva. Quello
quartese è il più grande cratere spento
dei Campi Flegrei.
Il comune di Quarto giace nellomonima piana,
la cui formazione rientra nellattività
vulcanica flegrea del passato. La
Piana di Quarto è cinta a Sud e ad Est da resti
di edifici vulcanici recenti, a Nord e a Nord-Est
dai resti dell'antica caldera originatasi in seguito
all'eruzione dell' Ignimbrite Campana; ad Ovest invece
vi sono estesi depositi di tufo giallo ampiamente
sfruttato con cave per l'estrazione di materiale da
costruzione.
FORMAZIONE
DELLA PIANA DI QUARTO
Secondo
lo studioso Giuseppe De Lorenzo (che suddivise la
formazione geologica flegrea in 3 periodi) lorigine
della Piana di Quarto risalirebbe al 3° Periodo
Flegreo (circa 11.000 anni fa) caratterizzato da eruzioni
ed esplosioni subaeree di materiale frammentario:
ovvero, dopo un'esplosione che squarciò la
precedente compagine di tufo giallo, si sarebbe creato
un cratere contornato dal materiale eruttato.
Completamente differente lipotesi del vulcanologo
Alfredo Rittmann secondo il quale lorigine della
Piana di Quarto sarebbe da ricondursi ad uno sprofondamento
vulcano-tettonico di una vasta superficie di tufo
giallo avvenuto in seguito a una forte attività
esplosiva con l'emissione dei prodotti del 2°
Periodo Flegreo (tra 36.000 e 11.000 anni fa) e ad
un successivo riempimento di depositi quaternari indifferenziati:
piroclastiti sottili rimaneggiate, depositatesi in
ambiente lacustre e alluvionale.
ETIMOLOGIA
Il nome Quarto deriverebbe dal latino quartus, che
identifica una distanza non bene definita, forse "quarto
miglio", perché proprio al quarto miglio
della via, che oggi è chiamata Campana, sorge
Quarto, così come è indicato anche nello
stemma civico. L'iscrizione sul cippo miliare posto
sulla Via Consolare Campana (in latino: Via Consularis
Puteolis Capuam), che collegava il fiorente porto
di Puteoli alla cittadina di Capua, e da qui direttamente
a Roma tramite la Via Appia, recava l'iscrizione:
"ad Quartum lapidem Campaniæ Viæ".
ORIGINI
E CENNI STORICI
Il
territorio di Quarto fu abitato sin dall'Età
del Bronzo Medio come dimostrerebbero vari ritrovamenti
di frammenti di ceramica e suppellettili. Dopo la
nascita della vicina Cuma per mano degli Euboici e
dopo l'insediamento dell'isola di Pithecusa (l'odierna
Ischia), i coloni greci si spinsero fino all'entroterra
e alla conca di Quarto, attratti dalla fertilità
del terreno e dall'esigenza di crearsi un'autonomia
agricola. Quarto dunque entrò a far parte delle
zone controllate dai Greci e assimilò la lingua
e la civiltà elleniche. Sebbene con i coloni
Greci lo sviluppo e l'importanza della zona quartese
avessero già riscontrato un discreto incremento,
fu solo con i Romani che Quarto assunse una prima
vera connotazione propria di centro abitato. In un
primo momento Quarto nacque come insediamento romano
e trasse il nome dalla sua distanza (al quarto miglio)
da Pozzuoli. Indiscutibile fu infatti il ruolo che
la costruzione della Via Consulare Campana ebbe nello
sviluppo di Quarto. Tale asse fu costruito dai Romani
tra il II e il I secolo a.C. e concepito per collegare
il fiorente porto di Puteolis (all'epoca uno dei più
importanti del Mar Tirreno) con la cittadina di Capuæ,
e da lì fino a Roma grazie alla Via Appia.
Con l'apertura della Via Consolare Campana, tutta
la zona subì un incremento positivo sul piano
commerciale ed ovviamente economico, innescando di
conseguenza una fase di sviluppo della struttura urbana:
dallo studio dei ritrovamenti della zona, si evince
che non si andò creando un unico centro abitato
con un nucleo principale definito, bensì una
serie di abitazioni rurali (ville rustiche) disposte
lungo i vari diverticoli della Via Campana e a mezza
costa lungo le pendici della conca. E parecchie furono
le opere di ingegneria urbanistica e stradale intraprese
dai Romani: basti pensare alla Montagna Spaccata,
una profonda fenditura nella collina realizzata per
consentire il passaggio della Via Consolare Campana.
La Piana di Quarto viene citata da Svetonio nella
sua opera "De vita duodecim Cæsarum"
in relazione agli incredibili fatti che portarono
Ottaviano verso la nomina di "Augustus",
ed è anche menzionata dagli "Atti degli
apostoli" in cui si dice che l'Apostolo Paolo,
sbarcato a Pozzuoli, vi passasse con Luca l'Evangelista
in stato di prigionia sotto la scorta di centurioni,
diretto a Roma. La
strada principale di collegamento con Pozzuoli è
tuttora via Campana, ancora oggi arteria di grande
traffico. Ai lati di questa strada si possono trovare
numerosi insediamenti romani, forni, ville, mausolei,
colombari. La strada attuale, sopraelevata rispetto
a quella originaria, taglia in due un fitto insediamento,
barbaramente mutilato dalla linea ferroviaria Napoli-Roma
che lo attraversa. In particolare mentre si viaggia
da Pozzuoli a Quarto, si può notare ai lati
dei binari un piccolo mausoleo. Il fatto che Quarto
sia stata un popoloso insediamento romano è
testimoniato dai numerosi rinvenimenti archeologici
del sottosuolo. Il monumento più conosciuto,
tuttavia, è un semplice mausoleo, sito in località
Regina della pace.
DA
VEDERE
I luoghi di interesse non sono molti ma quelli che
sono presenti incidono sulla bellezza di questo paese:
la
"Pietra Bianca" che era un cimitero Romano
del medioevo oppure il punto di ristoro.
la piazza di S. Maria con una bellissima fontana che
risalta agli occhi di chi passa;
la via P. Piacasso o Via Cocci, situate entrambe sulla
collina, che insieme a Via S. Maria e a via Marmolito
sono le vie più importanti del paese.
ARCHEOLOGIA
Parte integrante della storia dei Campi Flegrei, quella
di Quarto è unarea di discreto interesse
archeologico.
Se
è vero che furono i romani a fondare Quarto,
è pur vero (come testimonia il ritrovamento
di tracce preistoriche e suppellettili risalenti all'Età
del bronzo medio nelle zone collinari e in località
San Petrillo) che il suo territorio aveva già
precedentemente un ruolo di discreta importanza; ciò
probabilmente anche grazie alla vicinanza con Cuma.
Come
suddetto, Quarto fu fondata dai romani e proprio questi
ultimi vi lasciarono evidenti tracce della loro presenza.
Basti pensare alle grandi opere infrastrutturali realizzate
sul territorio.
Tra
i luoghi più suggestivi dell'area archeologica
di Quarto vi è la Necropoli di Via Brindisi
che ospita il caratteristico Mausoleo a cuspide piramidale,
volgarmente noto come "Fescina".
La
Necropoli di Via Brindisi
È stata portata parzialmente alla luce nel
corso degli anni settanta e ottanta; prima di allora
era visibile solo il livello superiore del mausoleo
a cuspide, utilizzato come deposito di attrezzi agricoli.
Delimitata da una bassa recinzione realizzata in opera
reticolata, ne fanno parte tre mausolei funerari con
basamento quadrangolare e vano ipogeo, un triclinio
all'aperto, alcuni vani di servizio e due recinti
minori.
La
struttura più antica è il monumentale
mausoleo a cuspide piramidale con la recinzione ad
esso pertinente. Attraverso un varco alle spalle del
monumento è possibile accedere al recinto,
originariamente chiuso, in cui si rinvennero tracce
di incinerazioni, urne, anfore con resti di inumati
e tombe a cappuccina che documentano la continuità
d'uso della necropoli fino ad epoca tarda. Anche nell'area
del recinto maggiore vennero alla luce sepolture ad
inumazione. Nell'antichità tali spazi recintati
erano detti ustrinae perché destinati soprattutto
alla cremazione dei defunti. La camera superiore presenta
un ingresso ad arco, visibile non appena si giunge
nella zona archeologica: esso è posto a circa
1 metro di altezza dall'attuale piano di campagna
e, dal momento che non esiste traccia di una rampa
di accesso, si deve ipotizzare in antico l'utilizzo
di scale mobili in legno. Si tratta di un colombario
a pianta quadrangolare esternamente cilindrico, con
volta a botte e dotato di cinque nicchie, molto danneggiato
dall'utilizzo prolungato da parte dei contadini del
luogo. Questo ambiente è più piccolo
rispetto al vano ipogeo posto al di sotto di esso,
sia per dimensioni che per il numero di nicchie ricavate
nelle pareti, tutte con tracce d'intonaco, due a pianta
quadrangolare nelle pareti laterali, ed una a pianta
semicircolare nella parete di fondo. Il taglio nell'attuale
piano pavimentale è stato praticato in epoca
moderna per accedere all'ipogeo.
La
copertura del mausoleo è una cuspide piramidale
a pianta esagonale, con due camere di alleggerimento,
la cui tipologia non trova facili riscontri in ambito
flegreo e campano, ma è diffusa invece in ambito
microasiatico e alessandrino. Il prototipo architettonico
è rappresentato dal celebre mausoleo d'Alicarnasso
del IV sec. a. C. (alto basamento rettangolare sormontato
da una peristasi coronata da piramide a gradini),
che influenzò numerosi monumenti minori in
epoche successive; la ripresa di tale modello nel
monumento di Quarto sembra rientrare in un attardamento
di tale tradizione. Questo fenomeno ben si colloca
nel quadro dei frequenti scambi di natura commerciale
e culturale fra Puteoli - divenuta il grande porto
di Roma nella prima età imperiale e nel cui
ambito territoriale rientrava la piana di Quarto -
e il mondo orientale. Sul retro del monumento, una
scala moderna conduce all'ingresso del dromos, un
corridoio coperto a volta, attraverso il quale si
accedeva al vano sotterraneo situato all'interno del
basamento quadrangolare. Il dromos, nella sua forma
attuale, è il risultato di tre interventi costruttivi,
come si evince da un esame della superficie esterna
della sua copertura, separata in tre parti di differente
tecnica edilizia. Inizialmente esso era coperto da
una piccola volta a botte solo nella parte adiacente
al basamento. Successivamente, anche un primo tratto
del dromos venne dotato di copertura a volta, contemporanea
alla realizzazione del recinto del mausoleo e non
interamente conservata poiché tagliata all'altezza
dell'arco; in base a questo particolare, si deve supporre
un camminamento più lungo dell'attuale, che
probabilmente doveva correre al di sotto di un asse
viario situato in quest'area, sebbene non ancora individuato
con certezza. Infine, anche la zona intermedia venne
ricoperta in opera cementizia di sommaria esecuzione.
Attraverso una piccola rampa di scale ed un ingresso
ad arco si accede all'ipogeo vero e proprio, un ambiente
quadrangolare con volta a botte, interamente intonacato,
con 11 nicchie a pianta semicircolare sulle pareti
cui si appoggiano tre letti con pulvini per i pasti
rituali; due feritoie illuminano il vano dall'alto.
L'ambiente è soggetto a frequenti allagamenti
durante la stagione invernale. Sul retro del mausoleo,
lungo questo ipotetico asse viario, sulla sinistra,
si incontrano altri due spazi recintati, privi di
un varco di accesso, destinati probabilmente anch'essi
a funzioni funerarie (agri religiosi). Appena oltre,
è possibile accedere al grande recinto (maceria),
che ingloba tutto il complesso, attraverso una soglia
di pietra lavica con chiare tracce di tardi rimaneggiamenti
che hanno comportato anche un innalzamento del livello
di calpestio.
Giunti
all'interno, sulla sinistra, realizzato in uno spazio
di risulta, si incontra un piccolo ambiente intonacato
a pianta trapezoidale, pavimentato in cocciopesto,
oggi quasi del tutto privo dell'originaria copertura
(sono visibili sul fondo tracce dell'imposta di una
volta). Per la sua struttura potrebbe avere avuto
funzione di edicola. Procedendo si giunge di fronte
a un triclinio all'aperto, costituito da una mensa
centrale di forma rettangolare e da tre letti a sezione
trapezoidale su tre lati, sistemato a ridosso del
recinto e destinato ai banchetti funebri. È
noto infatti che negli anniversari della morte o nelle
celebrazioni commemorative dei defunti come il dies
violae (22 marzo) e il dies rosae (21 maggio) si consumavano
pasti funebri rituali in appositi triclini, costruiti
negli spazi antistanti il sepolcro, o all'interno
del monumento stesso, oppure su banconi e sedili di
muratura eretti lungo le facciate. Il triclinio appartiene
all'ultima fase del complesso, quando la costruzione
del mausoleo "M" e del triclinio stesso
comportò un ampliamento e la distruzione di
una precedente recinzione. Il mausoleo posto accanto
al triclinio presenta, proprio sul fronte, la scala
di accesso al piano superiore e all'ipogeo e, affiancate
alla scala, due grosse nicchie, la cui funzione, connessa
evidentemente all'utilizzo del triclinio, doveva essere
di ripostiglio per suppellettili.
Dal
solaio (non è ricostruibile l'assetto originario
del piano superiore) si scendeva nel vano ipogeo attraverso
una scala a doppia rampa. L'ambiente, a pianta quadrangolare
e con volta a botte, presenta su tre pareti 15 nicchie
distribuite variamente su uno o due ordini; un'altra
nicchia è ricavata sulla volta di costruzione
della scala. L'illuminazione era garantita da due
feritoie che si aprivano su pareti adiacenti.
Di
fronte e con orientamento opposto, il mausoleo "N"
presenta un basamento a pianta rettangolare, al cui
lato lungo si appoggia la scala che conduceva al livello
superiore. Di quest'ultimo pochi sono gli elementi
conservati, poiché le pareti sono quasi completamente
rasate. Sulla facciata principale, poi, è possibile
notare, all'estrema destra, i resti di un'ulteriore
scala, funzionale esclusivamente all'accesso all'ipogeo.
Il
prospetto del monumento mostra inoltre una panchina
e tre avancorpi, disposti ai due lati e pressappoco
nella zona mediana, con probabile funzione di sostegno
di elementi verticali quali pilastri o colonne, che
dovevano abbellire il fronte dell'edificio. Anche
in questo caso, dal pavimento del piano superiore
si scendeva nell'ipogeo tramite una scala a doppia
rampa. Tale ambiente, con volta a botte, analogamente
agli ipogei già descritti, presenta una pianta
quadrangolare, e riceve luce da due feritoie. Delle
ventidue nicchie, distibuite in due ordini, due, interamente
in stucco, sono del tipo ad edicola, ricavate su pareti
opposte ed inquadrate da un architrave ed un timpano
sorretti da due lesene.
La Montagna Spaccata
La Montagna Spaccata costituisce una delle più
grandiose testimonianze esistenti nei Campi Flegrei
dell'ingegneria stradale romana, sintesi insuperata,
nel mondo antico, di audacia tecnica e di monumentalità.
Si
tratta di un profondo taglio (interessante per le
sue dimensioni, effettuato probabilmente già
in età repubblicana, attraverso l'orlo meridionale
del cratere di Quarto) nella collina tra la Piana
Campana e la Piana di Quarto, realizzato al fine di
permettere il passaggio della Via Consolare Campana.
Il taglio del monte è un'opera abbastanza ardita
e per la realizzazione fu necessario lo sbancamento
delle ultime propaggini del monte Gauro. Il taglio
è largo nella parte superiore 78 metri ed è
alto 50 metri. Presenta una lunghezza di 290 metri,
furono costruiti sui due lati, mura di sostegno con
l'opus reticulatum (di cui tuttoggi restano
visibili alcune sezioni) e successivamente ristrutturato
in opus listatum.
Nella
parte centrale di tale muratura è visibile,
in alto, l'accenno ad un incurvatura che fa pensare
a ciò che resta di un arco destinato a sostenere
la spinta laterale del terreno. Per la sua realizzazione
furono rimossi non meno di 220 mila metri cubi di
terreno. Il manufatto ha resistito a tutti i collaudi
a cui è stato sottoposto lungo l'arco dei secoli
e il sisma del 1980 non ha nemmeno sfiorato le attuali
strutture.
La Mansio
Al quarto miglio della via Consolare Campana sorge
La Mansio un edificio in opus reticulatum e opus listatum,
che racchiude in sé parecchia della storia
di Quarto, costituendo all'epoca romana un posto di
sosta e rifornimento di grande importanza sul collegamento
tra Roma e la Campania.
EDIFICI RELIGIOSI
Santa Maria Libera Nos a Scandalis
Nel 1243 viene consacrata la Parrocchia di S. Maria
Libera Nos a Scandalis.
Questa
Parrocchia è dedicata alla Madonna, sotto il
titolo di "S. Maria Libera Nos a Scandalis.
L'antico titolo "De Scandulis o Ad Scandula
potrebbe derivare dal latino ecclesiastico "Scandulum"
cioè Inciampo, trappola", quindi
è possibile che nel luogo in cui sorgeva l'antica
Chiesa c'era qualche piccolo promontorio o residui
vulcani che erano dinciampo.
Questa
Chiesa è stata, per ironia della sorte, al
centro di una lunga lite gíurisdizionale tra
le diocesi di Pozzuoli e di Napoli, le quali per più
di due secoli (1658 1882) mirarono alla potestà
su di essa. Le prime notizie comunque, risalgono al
XIII secolo e riguardano la sua consacrazione, avvenuta
nel 1243, ad opera del vescovo puteolano Pietro, come
si poteva leggere ancora sul finire del XVII secolo
in un' epigrafe del 1245 posta nella chiesa, ma andata
perduta. Si pensa comunque che essa sorse sul sito
di una cappella più antica.
Se
nulla sappiamo sulle sorti della Chiesa per il XIV
XV secolo, qualcosa trapela per la seconda metà
del '500, quando, avviandosi la trasformazione agricola
del piano di Quarto, i vescovì puteolani provvidero
a mandarvi sacerdotì con il titolo di rettori
per l'assistenza ai contadini maranesi, che lì
andavano stanziandosi.
Nel
1627 il vescovo di Pozzuolí.Lorenzo Mangioio
concesse la Chiesa ai frati Agostiniani Coloriti.
che eressero un conventino attiguo ad essa e dimorarono
in questo per 26 anni, fino a.. quando esso fu soppresso
perché Papa Innocenzo X emanò una Bolla
il 15 ottobre 1652 con la quale abolì i piccoli
conventi. La chiesa fu poi data in custodia a degli
eremiti e le cure religiose furono affidate a cappellani
inviati dalla curia puteolana.
Il
primo dissidio tra la civica amministrazione di Marano
e la diocesi di Pozzuoli sorse dopo qualche anno,
quando nel 1658 lErario di Marano Francesco
Di Lauro, spediva soldati armati e si impadroniva
delle chiavi della chiesa minacciando gli eremiti
che vi erano a custodia di cacciarli ove avessero
fatto celebrare Messa ai preti dì Pozzuoli.
per questo riprovevole episodio;il vescovo puteolano
G.B.Campagna si rivolse alla Camera Apostolica,la
quale nello stesso anno ernise un mandato affinché
non fosse più turbato il pacifico possesso
della diocesi di Pozzuolì sulla Chiesa di S.Maria.
Il
Di Lauro, fu scomunicato per quei fatti dal vescovo
Campagna, e andò a porsi sotto la protezione
dallarcivescovo di Napoli, asserendo di aver
difeso solo i diritti di costui, in quanto la chiesa
di Quarto rientrava nella giurisdizione della diocesi
napoletana.
Essa
infatti avanzava pretese di giurisdizione sulla chiesa
di Quarto, in quanto il villaggio apparteneva territorialmente
al casale di Marano, la cui parrocchia rientrava tra
quelle della diocesi di Napoli. A sostegno di quanto
detto è da scrivere un ulteriore episodio,
la cui gravità fu di ben lunga superiore al
primo. Nel 1698 un certo canonico di Martino napoletano
fece pubblicamente distruggere i due epitaffi di marmo,
e subitamente furono messi nel carro e trasportati
nella casa del Parroco di Marano D. Antonio Mojo.
Le
epigrafi asportate ossia quella relativa alla consacrazione
della chiesa (1243) e laltra riguardante la
concessione ai Coloriti (1627) facevano riferimento
alla giurisdizione del vescovo di Pozzuoli sulla chiesa
di S. Maria. Questi due testi, quindi, erano un serio
impedimento alle mire della diocesi napoletana. Denunzie
e proteste dell episcopato puteolano a nulla
valsero sul piano pratico.
La
chiesa di S. Maria fu da allora amministrata dal casale
di Marano che ne affidò la cura a dei governatori
laici (mastri). Costoro si occupavano
sia degli aspetti religiosi, provvedendo allinvio
periodico di un cappellano, sia degli aspetti veramente
pratici, come la cura delledificio, lamministrazione
delle poche rendite e la raccolta delle offerte. Nei
primi anni del XVIII secolo venne a crearsi una nuova
situazione.
Gli
Agostiniani Coloriti ricevettero in donazione una
Massaria, di moggia, 49 circa con case, camere, ed
altre abitazioni
esposta nel luogo detto il
Pantaleo, a condizione che questi ultimi rientrassero
al conventivo di Quarto.
Il
ritorno dei Coloriti fu ben gradito ai quartesi, poiché
i mastri non riuscivano più a sopperire
ai bisogni spirituali di questi e alle sempre maggiori
cure della malandata Chiesa richiedeva.
In
seguito al ritorno dei Coloriti a Quarto nel 1704,
il sindaco di Marano, Andrea Catone, presentò
memoriale al consiglio collaterale per ottenere il
riaffidamento della chiesa ai Coloriti. Il 12 dicembre
di quellanno alcuni deputati eletti dal casale
di Marano e il procuratore della congregazione degli
Agostiniani Coloriti, stipularono latto di cessione.
Ma avendo il Papa Benedetto XIV abolito la suddetta
congregazione, i frati nel 1753 lasciarono definitivamente
il sito. Il delegato apostolico Celestino Galiani
su sollecitazione del vescovo puteolano Nicola De
Rosa, diede in affidamento a questultimo la
chiesa con lannesso convento.
La
questione però non terminò qui, poiché
la Curia napoletana interpretò il decreto non
riconoscendo al vescovo puteolano della sola commenda
(ossia cura della chiesa) e non anche della giurisdizione.
Nel 1778 il parroco di Marano, Pasquale Carannante,
credette di porre fine alla lite affidando il giudizio
sulla controversia al re di Napoli. Questi quindi
dispose che larcivescovo di Napoli inviasse
sacerdoti della terra di Marano e chiese al vescovo
di Pozzuoli di dare a ciò il suo consenso senza
pregiudizio delle sue ragioni. Carlo Maria Rosini,
eletto vescovo di Pozzuoli nel 1797 riprese con maggiore
ardore dei suoi predecessori la difesa dei diritti
della sua diocesi sulla chiesa. Pertanto ritenendo
che a lui spettasse la giurisdizione sulla chiesa
in quanto succursale della Parrocchia di Pianura,
inviò a Quarto dei sui sacerdoti. Costoro,
però furono fatti oggetto di violente proteste
da parte degli abitanti, sobillati dal clero di Marano.
La Giunta Ecclesiastica, in seguito si pronunziò
affidando la giurisdizione della chiesa alla curia
di Pozzuoli. Ma la lite che sembrava essersi placata
fu invece ripresa nel 1876 quando il vescovo puteolano
Gennaro De Vivo fece collocare il fonte battesimale
nella chiesa, in quanto era molta la distanza del
villaggio della parrocchia di Pianura. In effetti
lo scopo era quello di evitare che i quartesi potessero
battezzare i loro nati nella chiesa parrocchiale di
Marano dato che essi avevano doppia residenza.
Finalmente
il 17 giugno del 1888 dopo lunghi ed estenuanti dibattimenti
la S. Congregazione del Concilio emanò la sentenza
con la quale aggiudicò tutto il territorio
di Quarto al vescovo di Pozzuoli, ponendo fine alla
secolare lite. Attualmente la Chiesa è retta
dai Padri Vocazionisti.
S.S.
Pietro e Paolo
La Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo e' stata istituita
nel 1995 ed e' pertanto costruzione recente. Dal punto
di vista demografico risulta servire circa 9000 abitanti
del comune, per un totale di circa 3500 famiglie.
Il territorio circostante è caratterizzato
da un ambiente prevalentemente rurale e da zone costituite
da abitazioni di tipo residenziale. La parrocchia
si estende per circa il 50% su un piano collinare
con presenza di masserie sparse sul territorio, collegate
da viottoli in terra battuta alle grosse vie. Essa
soffre di scarsa presenza, dovuta allo spostamento
di gran parte dei suoi abitanti fuori del territorio
comunale, per motivi di lavoro. La coltura della terra
e' svolta principalmente dagli anziani, mentre i giovani
preferiscono cercare altro tipo di lavoro (anche se
saltuario) fuori dal comune di origine, adeguandosi
a fare i pendolari o emigrando.
MANIFESTAZIONI
Festa
di S. Maria Libera nos a scandalis [modifica]
Ha luogo il 12 settembre, e si prolunga per circa
una settimana con vari avvenimenti (la processione,
l'asta di beneficenza, giochi di destrezza, fuochi
d'artificio, manifestazioni canore di piazza, e le
giostre nella piazza del mercato! ecc.).
Festa
dei Santi Pietro e Paolo
Si tiene il 29 giugno, e si prolunga per 3 o 4 giorni
con vari avvenimenti (la processione, l'asta di beneficenza,
giochi vari e manifestazioni canore o teatrali di
piazza, ecc.).
Festa
di San Castrese
Si tiene l' 11 febbraio.
Festa
di S. Antonio
È organizzata il 17 di gennaio e prevede la
benedizione degli animali, il palo di sapone e il
cosiddetto "fuocarazzo di Sant'Antuon".
Via
Crucis Vivente
Per le vie di Quarto il venerdì santo si svolge
la Via Crucis, ma una tradizione molto bella e suggestiva
che ormai da qualche anno si è persa era la
Via Crucis Vivente, con personaggi in costume. Nello
spiazzale della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo
era allestito un palco su cui si rappresentava l'ultima
cena e poi dallo spiazzale partiva la Via Crucis Vivente
che attraverso le varie stazioni della passione di
Cristo giungeva dopo diverse ore in villa comunale
dove su una palco erano issate tre croci, e qui veniva
rappresentata la crocifissione e la morte di Cristo.