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Napoli
Campania

Capoluogo della provincia omonima e della regione Campania, è il terzo comune d'Italia per numero di abitanti con una popolazione di quasi un milione di abitanti, pari a oltre un sesto dell'intera popolazione regionale e circa un terzo di quella della sua provincia. Napoli gode di un clima tipicamente mediterraneo, con inverni miti e piovosi e estati calde e secche, ma comunque rinfrescate dalla brezza marina che raramente manca sul suo golfo. Il sole splende mediamente per 250 giorni l'anno. La classificazione climatica di Napoli inserisce la città nella zona climatica "C". La particolare conformazione morfologica del territorio del capoluogo comunque obbliga in questa sede ad aggiungere che la città possiede al suo interno differenti microclimi con la possibilità così di incontrare variazioni climatiche anche significative spostandosi di pochi chilometri.Non mancano però episodi di gelo: restano infatti celebri le nevicate su Napoli del Febbraio 1956, del Gennaio 1985 e del 26 gennaio e 1 marzo del 2005, dove vi furono accumuli fino a 10 cm anche lungo la costa. La città vera e propria si estende tuttavia ben oltre la superficie comunale, sebbene non possa essere univoca una definizione dei suoi confini. Dati ONU del 2005 assegnano all'intero agglomerato urbano napoletano una popolazione di circa 2.200.000 abitanti, ma va ricordato che vi sono dati di diverse fonti che appaiono anche estremamente discordanti a seconda del metodo di calcolo utilizzato (non solo per l'agglomerato urbano ma anche soprattutto per la definizione dei confini dell'area metropolitana).

L'area metropolitana secondo le stime dell'OCSE giungerebbe a circa 3.100.000 abitanti, dietro Milano e Roma. Da altre fonti risulta essere la seconda area metropolitana d'Italia per popolazione dopo Milano, solo per citarne alcune: per l' U.S. Census Bureau and Times Atlas of the World ne stima una popolazione di circa 3 milioni di abitanti, mentre il World Gazetteer ne calcola 3.832.622. L'area metropolitanarisulta, ad ogni modo, una delle più popolose e densamente popolate dell'Unione Europea: è prossima inoltre l'istituzione della città metropolitana che dovrebbe andare a sostituire la Provincia di Napoli. Gli urbanisti chiamano l'intero territorio urbanizzato "la grande Napoli"; la crescita della città è riuscita infatti ad integrare a sé comuni della provincia di Salerno e Caserta quasi senza soluzione di continuità. La costa metropolitana si estende ininterrottamente da Capo Miseno a Castellammare di Stabia. Il comune è composto dalla "città storica" (corrispondente ai quartieri di Avvocata, Chiaia, Mercato, Montecalvario, Pendino, Porto, Posillipo, San Carlo all'Arena, San Giuseppe, San Lorenzo, Stella, Vicaria), da alcune frazioni fuse con la città in varie fasi già dall'epoca di Gioacchino Murat (Arenella, Bagnoli, Miano, Piscinola, Fuorigrotta, Vomero) e dai comuni aggregati infine durante il ventennio fascista (attualmente suddivisi nei quartieri di Barra, Chiaiano, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Secondigliano e Scampìa). I quartieri più popolosi sono appunto quelli corrispondenti al territorio dei comuni aggregati durante il ventennio. La sovrappopolazione di tali zone, che hanno da sole i due terzi della popolazione della città, è dovuta principalmente alla scelta politica - poi rivelatasi fallimentare - di individuare in quei luoghi le aree in cui realizzare gli agglomerati ex legge167/1962 (edilizia residenziale pubblica) e legge 219/1981 (edilizia residenziale pubblica per i terremotati del 1980).

ORIGINE E CENNI STORICI
Alcune tombe risalenti all'epoca eneolitica (fine III millennio a.C.) rinvenute nel quartiere di Materdei, da attribure allaantichissima Cultura del Gaudo provano che l'area cittadina fu abitata già prima dell'arrivo dei coloni greci. La città fu probabilmente fondata dagli abitanti della colonia greca di Cuma attorno all'VIII secolo a.C., con il nome di Partenope, sull'attuale Monte Echia. Tale insediamento sarebbe stato successivamente chiamato Palepolis ("città vecchia"), quando la città sarebbe stata rifondata poco lontano nel V secolo a.C., con il nuovo nome di Néa-pólis, ("città nuova"). Nel 326 a.C., a seguito delle guerre sannitiche, i Romani conquistarono definitivamente la città, che conservò però la lingua greca almeno fino al II secolo d.C. Nei secoli seguenti Napoli ospitò molti patrizi ed imperatori romani che trascorsero qui pause di governo. In particolare, nel 476 d.C. l'ultimo imperatore romano d'occidente RomoloAugusto fu imprigionato nel Castel dell'Ovo. Nel 536 Napoli fu conquistata dai Bizantini durante la guerra gotica e rimase saldamente in mano all'Impero anche durante la susseguente invasionelongobarda, divenendo in seguito ducato autonomo. La vita del ducato fu caratterizzata da continue guerre, principalmente difensive, contro i potenti principati longobardi vicini ed i Saraceni. Attorno al 990, pochi anni dopo l'istituzione dell'arcidiocesi di Capua, Sergio fu il primo arcivescovo della città, quando la sua diocesi fu elevata a provincia ecclesiastica dal Papa, poco dopo che Leone III l'Isaurico, a seguito delle dispute teologiche sorte attorno al movimento iconoclasta, passò le diocesi dell'Italia bizantina sotto l'autorità del patriarcato di Costantinopoli. Nel 1137 i normanni diRuggero II conquistarono la città, ponendo fine al ducato, e Napoli entrò così a far parte del territorio del Principato di Capua, nel neonato Regno di Sicilia, con capitale Palermo; ciononostante la città conservò la sede dell'arcidiocesi. Dopo la dominazione sveva, durante la quale fu compresa nel giustizierato di Terra di Lavoro, nel 1266 gli Angioini occuparono il Mezzogiorno e, non avendo conquistato la Sicilia, insediarono la capitale a Napoli durante il regno di Carlo II, trasformando da allora quella che era stata una delle tante città marinare del Tirreno (Amalfi, Gaeta, Sorrento) in uno dei più importanti centri di potere della penisola italiana. L'ultima grande impresa degli angioini napoletani fu la spedizione militare di Ladislao I di Napoli, il primo tentativo di riunificazione politica d'Italia, agli inizi del XV secolo.

TURISMO
Il turismo, nonostante la vastità dell'offerta monumentale e museale di cui la città dispone non trova sufficiente valorizzazione economica: i problemi d'immagine della città di Napoli legati al problema della criminalità organizzata, nonché l'insufficienza di strutture ricettive di medio-basso livello sono il principale ostacolo al decollo di un'efficiente promozione alberghiera. Il flusso turistico è essenzialmente di passaggio, diretto verso località periferiche Pompei (in cui si registra una media di 3 milioni di turisti l'anno[29]), o le isole del golfo (Capri e Ischia), la costiera sorrentina e quella amalfitana, dove la qualità ambientale e l'offerta ricettiva raggiunge livelli di prestigiointernazionale. Negli ultimi anni si è riscontrata nel porto di Napoli una notevole crescita nel settore croceristico.

Di discreto interesse turistico è anche la tradizione artigianale napoletana, specializzata e promossa in apposite mostre, nell'arte presepiale e nella lavorazionedi ceramiche e porcellane; infine, un importante settore industriale cittadino è occupato dalle produzioni tessile e dell'abbigliamento.

Napoli è una delle città mondiali a maggior densità di risorse culturali e monumenti che ne testimoniano la sua evoluzione storico-artistica; il centro storico,annoverato dall'Unesco tra i patrimoni dell'umanità, è il risultato di sovrapposizioni di stili architettonici, a racchiudere circa 2.800 anni di storia e a testimonianza delle varie civiltà che vi hanno soggiornato; su un territorio relativamente poco esteso sono presenti, tra gli altri, un grande numerodi castelli, residenze reali, palazzi monumentali, chiese storiche e resti dell'età classica. L'eredità di questa storia millenaria si può comunque ammirare anche in tutta la città e nei suoidintorni.

Tuttavia, la scarsa valorizzazione e la mancanza di fondi per eventuali restauri, fa sì che parte di tale patrimonio versi a volte in rovina o in stato di degrado (sono più di 160 le chiese che rischiano di "scomparire", altrettanti i palazzi; ma anche fontane, obelischi, architetture antiche ed altri beni culturali di valore). Per far fronte a questa emergenza, varie organizzazioni e comitati cittadini, stanno cercando di far intervenire l'Unesco.

CASTELLI
La Napoli antica che aveva a lungo goduto di un'eccellente protezione da parte della capitale dell'Impero romano (anchegrazie alla vicinanza con quest'ultima), al passaggio dall'età classica al medioevo, dovette presto ritornare a difendersi da sola. Città di mare e senza difese naturali nell'entroterra, (ma anche destinata ad assumere un ruolo di rilievo), fu protagonista di numerosi assedi che dovette subire soprattutto nel periodo del Ducato autonomo; in questo periodo la città si ritrovò in una continua e quasi ininterrotta sequenza di guerre, prevalentemente difensive, contro i principati longobardi di Benevento, di Salerno e di Capua, gli imperatori bizantini, i pontefici ed infine i Normanni che la riuscirono ad espugnare definitivamente nel 1137.

I castelli difensivi giunti sino a noi intatti nella struttura sono sei, cinque nel centro storico (Maschio Angioino o Castel Nuovo, Castel Capuano, CastelSant'Elmo, Castel dell'Ovo e la Caserma Garibaldi, costruita appunto a mò di castello fortificato), e l'altro in zona periferica, il Castello di Nisida di epoca tardo-angioina che oggi ospita la Colonia di Redenzione per Minorenni. Vanno inoltre menzionati i resti di altri due castelli: il Forte di Vigliena e il Castello del Carmine. Altre stutture della città hanno forme ed aspetto di castelli (Castello Aselmeyer), il cui interesse storico è limitato al significato artistico e decorativo della struttura.

CASTEL NUOVO
I primi castelli di Napoli ebbero per lo più la funzione di residenze reali: Carlo I d'Angiò decise di erigere il Castel Nuovo principalmente come sua residenza. La dinastia Aragonese rimaneggiò le sue strutture, ma del nuovo rifacimento nulla rimane, a parte la Cappella di Santa Barbara. Cinque imponenti torri di piperno e tufo ne delimitano le spesse mura; il notevole arco di trionfo in marmo, fra le torri di Mezzo e di Guardia, fu costruito alla metà del Quattrocento da Francesco Laurana e celebra l'entrata di Alfonso I d'Aragona in Napoli il 26 febbraio 1443. La monumentale Sala dei Baroni, che oggi ospita le riunioni del Consiglio comunale, era la sala centrale del castello. Fu così chiamata perché nel 1487 vi furono arrestati i baroni che congiurarono contro Ferrante I d'Aragona, ivi riuniti dal sovrano per celebrare le nozze della nipote. Oggi l'edificio ospita l'omonimo Museo Civico. Nella sua Sala centrale, Pietro da Morrone, salito al Soglio come Celestino V, nel dicembre 1294 -come ricorda Dante - «fece per viltade il gran rifiuto» aprendo la strada all'ascesa di Bonifacio VIII, dopo un conclave tenutosi nello stesso locale.

EDIFICI RELIGIOSI
Le numerose catacombe cristiane che sorsero fuori le mura, testimoniano sì l'arte, la storia e l'architettura della primissima Napoli cristiana, ma rappresentano anche l'inizio di un'accentuata fede nella nuova dottrina, che per secoli ha caratterizzato la vita socio-religiosa della città; allo stesso modo può essere valutato l'eccessivo numero di luoghi sacri (tra basiliche, chiese, monasteri, ritiri, conventi, ecc..). Per spiegare ciò, vi è da tener conto non solo di questa "predisposizione", ma anche di fondamentali riferimenti storici.

Nel medioevo il popolo fu influenzato dai pellegrinaggi in terra santa: i pellegrini che erano di ritorno da Gerusalemme, spesso approdavano a Napoli, in quanto il suo porto rappresentava uno dei principali punti di rientro nel vecchio continente. Più tardi, a Napoli regnarono Angioini ed Aragonesi (dinastie anch'esse cristiane che diedero maggior credito alla già latente devozione al cattolicesimo); per i secoli successivi la città fu ancora saldamente nel campo della controriforma, direttamente sotto il dominio degli Asburgo di Spagna.

Questi, dunque, furono tra i principali motivi che forgiarono l'etica religiosa della città e giustificano le numerose costruzioni di edifici di culto: nel XVIII secolo Napoli raggiunse il numero record di 100 fra conventi e monasteri, e 500 chiese, tanto che le valse il soprannome di città dalle 500 cupole. In epoca più moderna, il periodo del Risanamento, i terremoti e soprattutto i 181 bombardamenti della seconda guerra mondiale, hanno sottratto alla città partenopea più di 60 chiese; ma, nonostante tutto, Napoli continua a possedere il maggior numero al mondo, di chiese, di conventi ed altre strutture di culto. Anche se siconsiderano solo le chiese storiche, il numero è particolarmente elevato; esse raggiungono infatti le 448 unità.

Molte sono le chiese proibite, dalle porte sbarrate da secoli o abbandonate senza custode ma che spesso contengono anche opere di alto valore artistico (come ad esempio la chiesa di Santa Maria della Sapienza su Via Costantinopoli che contiene tele di Luca Giordano ed un ricco interno barocco). Le chiese napoletane sono testimonianze artistiche, storiche ed architettoniche formatisi nell'arco di diciassette secoli; ad esse, seppur in maniera indiretta, sono legate per lo più le vicende artistiche ed architettoniche della città, nonché i suoi repentini cambiamenti.

Le prime chiese cristiane, a Napoli, risalgono a poco dopo l'editto di tolleranza costantiniano di Milano del 313. In città vi si trovano differenti tipi di "tracce" paleocristiane, le più eclatanti sono: quelle in cui resti absidali, affreschi e quant'altro, sono spesso locati negli ipogei delle ben più recenti chiese barocche e/o rinascimentali; oppure, quelle in cui l'architettura paleocristiana si è fusa con le successive correnti artistiche (un mescolamento che ha poi dato vita a delle vere e proprie chiese "ibride"). Tuttavia, esempi di chiese paleocristiane "pure" e/o pressoché integre, sono riscontrabili invece in alcune catacombe. Tra le più antiche chiese paleocristiane vi è sicuramente la basilica di San Pietro ad Aram; l'edificio, seppur rimaneggiato secondo altri stilemi, possiede ancora marcate origini paleocristiane, come testimoniato soprattutto dai suoi grandi sotterranei che hanno conservato rigorosamente arte ed architettura paleocristiana. Molto simile al caso precedente è la chiesa di San Giorgio Maggiore che possiede al suo interno, un raro esempio di abside antica completa.

Per quanto riguarda le chiese gotiche ricordiamo la basilica di Santa Chiara che con il suo elegante gotico provenzale e la sua navata lunga circa 130 metri edalta 45, è la maggiore opera gotica cittadina: al suo interno, inoltre, vi sono vari monumenti sepolcrali di varie dinastie o famiglie nobiliari dell'epoca oltre ad altri riferimenti artistichi e/o architettonici. Altro punto di riferimento è la chiesa di San Domenico Maggiore, eretta secondo i classici canoni del gotico; venne rimaneggiata nel Rinascimento (a causa soprattutto dei terremoti e incendi che imperversarono in questo periodo), successivamente, fu rimaneggiata anche secondo gli stilemi del barocco. Altro esempio gotico è la San Pietro a Majella, la cui struttura ha conservato l'aspetto sfoglio originario, ad eccezione del soffitto barocco. La chiesa di San Lorenzo Maggiore, invece, rappresenta una pregevole mescolanza in stile gotico francese con quello francescano; anch'essa, subì poi dei ritocchi barocchi.

Il Rinascimento si impose grazie alla presenza di Alfonso d'Aragona, il quale trasformò Napoli in una delle principali città rinascimentali del tempo. In realtà i legami artistici e culturali con Firenze avevano già prodotto un parziale mutamento nel contesto architettonico della città; lo dimostra soprattutto la chiesa del Gesù Nuovo che con la sua classica facciata a punta di diamante, rispecchia i primi esempi e/o elementi rinascimentali della città. Altro esempio rilevante di questa corrente è Sant'Anna dei Lombardi che attraverso le sue grandi cappelle a pianta centrale fa intuire chiaramente come sia stata influenzata dalle analoghe costruzioni fiorentine. Con l'avvento del manierismo, infine, il rinascimento a Napoli è in piena caduta ma ciò nonostante, l'ultimo cinquantennio produce la notevole chiesa rinascimentale di Santa Maria la Nova.

Le chiese monumentali di Napoli si presentano per lo più sotto una veste barocca, ciò è dovuto grazie alla presenza diretta di Caravaggio; egli provocò unostravolgimento nel panorama artistico ed architettonico di Napoli, influenzando intere schiere di urbanisti, architetti, pittori napoletani dell'epoca che, di lì a poco, avrebbero trasformato Napoli in una vera e propria città "barocca".

La certosa di San Martino, tra i maggiori complessi monumentali e religiosi di Napoli, costituisce in assoluto, uno dei maggiori esempi di questa corrente. Un'altro importante esempio barocco della città e non, è la Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro della cattedrale di Napoli: uno dei gioielli universali dell’arte, ricca di marmi, affreschi, dipinti e altre opere d’arte dei migliori artisti dell’epoca è sicuramente uno dei monumenti più importanti del barocco napoletano seicentesco, per l’insieme di decorazioni che videro la partecipazione di artisti di eccezionale levatura.

Tra le più "recenti" chiese monumentali della città, vi sono quelle partorite dal neoclassicismo; queste, si possono dividere in due categorie distinte, ovvero: nella prima, appartengono le chiese che sono ancora vicine al tardo barocco napoletano, conservando ancora un'impronta tipica di quest'ultimo periodo; mentre, nella seconda tipologia appartengono le chiese caratterizzate da interni e/o da facciate severe, che preludono al neoclassico puro. La maggiore opera inerente a questo periodo, nonché uno dei monumenti più celebri della città è la basilica di San Francesco di Paola realizzata da Pietro Bianchi, il quale mostrò nella realizzazione della nuova chiesa grandi qualità ingegneristiche, attestate dalla solidità dell'opera e dall'intelligenza delle soluzioni tecniche

MUSICA
La vita musicale napoletana fu molto intensa già a partire dal XV fino al XVII secolo nell'ambito della polifonia sacra e profana. Dal XVII e soprattutto nel XVIII secolo la Scuola Musicale Napoletana assunse un ruolo preminente nel campo della musica sacra e operistica con musicisti come Alessandro Scarlatti, Giovan Battista Pergolesi, Nicola Porpora.L'intero patrimonio del '700 musicale napoletano e quasi del tutto inedito, oltre 150 biblioteche nel mondo ne conservano i manoscritti,*L'Istituto Internazionale per lo studio del '700 musicale napoletano,si occupa di ricercare, studiare e diffondere la musica della scuola napoletana del '700. Tra i maggiori esperti della musica napoletana del '700 vanno ricordati due napoletani doc il grande Roberto De Simone, ed Enzo Amato che ha riportato alla luce innumerevoli capolavori della suddetta scuola tra cui la Sinfonia Venezia di Pasquale Anfossi da cui si evince un clamoroso plagio Mozartiano.

La canzone classica napoletana, assurta a fenomeno storico nel corso delle annuali feste di Piedigrotta tra l'Ottocento e la prima metà del Novecento e con i successivi Festival della Canzone Napoletana, è oggi un patrimonio tutelato. È attivo da vari anni, presso la sede RAI di Napoli, l'Archivio Sonoro della Canzone Napoletana. Altro fenomeno musicale di particolare interesse è la cosiddetta Sceneggiata che si fonda sulla sceneggiatura di un intero spettacolo teatrale partendo da una canzone di argomento popolare, protagonista indiscusso di quest'arte fu Mario Merola.

La vita musicale napoletana fu molto intensa già a partire dal XV fino al XVII secolo nell'ambito della polifonia sacra e profana. Dal XVII e soprattutto nel XVIII secolo la Scuola Musicale Napoletana assunse un ruolo preminente nel campo della musica sacra e operistica con musicisti come Alessandro Scarlatti, Giovan Battista Pergolesi, Nicola Porpora.L'intero patrimonio del '700 musicale napoletano e quasi del tutto inedito, oltre 150 biblioteche nel mondo ne conservano i manoscritti,*L'Istituto Internazionale per lo studio del '700 musicale napoletano,si occupa di ricercare, studiare e diffondere la musica della scuola napoletana del '700. Tra i maggiori esperti della musica napoletana del '700 vanno ricordati due napoletani doc il grande Roberto De Simone, ed Enzo Amato che ha riportato alla luce innumerevoli capolavori della suddetta scuola tra cui la Sinfonia Venezia di Pasquale Anfossi da cui si evince un clamoroso plagio Mozartiano.

La canzone classica napoletana, assurta a fenomeno storico nel corso delle annuali feste di Piedigrotta tra l'Ottocento e la prima metà del Novecento e con i successivi Festival della Canzone Napoletana, è oggi un patrimonio tutelato. È attivo da vari anni, presso la sede RAI di Napoli, l'Archivio Sonoro della Canzone Napoletana. Altro fenomeno musicale di particolare interesse è la cosiddetta Sceneggiata che si fonda sulla sceneggiatura di un intero spettacolo teatrale partendo da una canzone di argomento popolare, protagonista indiscusso di quest'arte fu Mario Merola.

TEATRO
Il teatro napoletano è una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città. Tra i suoi principali esponenti si citano Antonio Petito, Raffaele Viviani, Roberto Bracco, Eduardo Scarpetta, Eduardo De Filippo e la sua compagnia composta fra l'altro dai fratelli Titina De Filippo e Peppino De Filippo, questi ultimi a loro volta autori teatrali.

Eduardo intraprese una originale attività di scrittura e recitazione teatrale, volta a portare sul palcoscenico l'anima di Napoli e dei suoi abitanti, la napoletanità considerata come cartina di tornasole, attraverso cui evidenziare i caratteri fondamentali dell'umanità e della società contemporanea. Tra le sue commedie più importanti ricordiamo Napoli milionaria!, Il sindaco del rione Sanità, Natale in casa Cupiello, Filumena Marturano, Uomo e galantuomo e Questi fantasmi! (tra l'altro riportata con successo sui palcoscenici di New York nel 2004, dall'attore e regista cinematografico John Turturro).

Tra gli autori contemporanei ricordiamo Roberto De Simone e Annibale Ruccello, prematuramente scomparso, cui si devono i drammi Le cinque rose di Jennifer e Ferdinando, il trio comico cabarettistico de La Smorfia composto da Enzo Decaro, Lello Arena e Massimo Troisi (quest'ultimo anche regista e sceneggiatore). Spicca inoltre il nome di Vincenzo Salemme, tra i suoi scritti Lo strano caso di Felice C., ...E fuori nevica e Premiata Pasticceria Bellavista. Tradizionale maschera napoletana è inoltre la figura di Pulcinella, che, secondo Benedetto Croce, nacque nella Napoli del Seicento da un certo Puccio d'Aniello.

Il teatro massimo della citta è il Teatro di San Carlo (il più capiente d'Italia con 3.000 posti ed il più antico d'Europa in attività), mentre il teatro stabile della città è il Teatro Mercadante. Altri noti palcoscenici sono il Diana, il San Ferdinando, l'Augusteo, il Sannazaro, il Bracco, il Bellini.

Grazie a questa secolare e duratura tradizione teatrale e al numero da record di teatri rispetto alle altre città italiane, la città di Napoli è stata scelta dal governo come sede delle prime tre edizioni del Festival Nazionale del Teatro che si terrà nel triennio 2007-2009.

GASTRONOMIA

La pizza, prodotto culinario napoletano per eccellenza, si diffonde in città tra il Seicento e il Settecento senza avere tuttavia le caratteristiche attuali. Si tratta infatti inizialmente di una variante della focaccia, arricchita con basilico o strutto o alici e più tardi con pomodoro e mozzarella di bufala campana o fior di latte. Solo nell'Ottocento inizia la moda dei buongustai di pizza e la prima vera pizzeria della quale si conosce il nome fu aperta nel 1830 nella zona di Port'Alba. La ricetta classica più nota risale invece al 1889. L'Associazione "Verace Pizza Napoletana" fondata nel 1984 dai più antichi maestri pizzaioli diffonde d'allora la metodologia di produzione e degustazione della verace pizza napoletana artigianale, associando le pizzerie nel mondo che utilizzano i prodotti previsti e la corretta metodologia. Ogni anno a Napoli a settembre si svolge il Pizzafest nella sede della Mostra d'Oltremare dove si può degustare una pizza scegliendo tra le dozzine di pizzerie all'aperto.

La pastasciutta
Non si ferma certo alla pizza il vasto campionario della cucina napoletana. Necessario citare infatti almeno gli spaghetti: l'immagine tipica dell'affamato Pulcinella che s'ingozza con un piatto di spaghetti al pomodoro è tipica dell'iconografia napoletana, ed è stata ripresa anche da Totò nel suo Miseria e nobiltà. Tra i modi più tipici di cucinare gli spaghetti (o anche vermicelli) a Napoli vi è quello di condirli con le vongole. Gli spaghetti alle vongole possono essere o in bianco o col pomodoro e possono essere conditi o con vongole veraci o con lupini. Altra tradizione è quella del ragù, tipico piatto domenicale. Probabilmente derivante dal ragôut francese, il ragù napoletano (o rraù in dialetto, celebrato in una poesia di De Filippo) è una salsa di lunga ed elaborata preparazione (cinque-sei ore di cottura) fatta con pomodoro e carne di vitello o di maiale, soprattutto nel periodo di Carnevale, e va servita su pasta col buco, in particolare i tradizionali ziti.

I dolci
Celeberrima è anche la tradizione dolciaria napoletana, che ha beneficiato degli influssi delle diverse corti (e rispettivi cuochi ufficiali) che si sono succedute nella città. Tra le diverse specialità la più nota è probabilmente la sfogliatella, che può essere "riccia" o "frolla" a seconda della preparazione della pasta sfoglia che la compone: realizzata nel Settecento nel monastero di Santa Rosa situato a Conca dei Marini, nei pressi di Amalfi, il ripieno è a base di crema di ricotta, semolino, vaniglia, cedro scorzette di arancia candite. Vi è poi il babà, forse di origini polacche, dolcetto fatto con pasta morbida imbevuto di sciroppo a base di limone e rum e che poi può essere ricoperto in superficie con crema pasticciera e frutta fresca. Le zeppole mangiate il giorno di San Giuseppe - e che per questo a volte sono confuse con le zeppole di San Giuseppe (bignè alla crema) - sono a Napoli morbide ciambelline ricoperte di zucchero candito.

Ci sono poi dolci legati a festività, come la pastiera che si mangia a Pasqua, fatta con pasta frolla e grano cotto nonché con ricotta, cedro, arancia e zucca candita. A Natale ci sono gli struffoli, piccole sferette fritte ricoperte di diavolilli (confettini colorati), canditi e miele, che si suppone siano stati portati dagli antichi greci (stroungolous è una parola che significa arrotondato). A Carnevale, infine, ci sono le chiacchiere, fritte e ricoperte di zucchero a velo, il migliaccio, fatto con semola, latte e ricotta, ed infine il sanguinaccio, crema in origine fatta di sangue di maiale e oggi di cioccolata aromatizzata con la cannella.

IL PRESEPE
Sebbene la leggenda ritenga che il primo presepe fu realizzato da Francesco d'Assisi nel 1223, questa tradizione è tipicamente napoletana. Tra il XVII e XVIII secolo l'arte del presepe raggiunge le più alte punte artistiche. Molti esemplari sono visibili oggi nel Museo di San Martino. La tradizione è ancora viva per molti napoletani che allestiscono il presepe nelle loro case nel periodo natalizio, acquistando le statuette nella celebre Via San Gregorio Armeno dove si trovano le botteghe dei pastorai.

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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