Montemiletto
è un comune campano in provincia di Avellino.
Sorge su di una dorsale che separa le valli del Calore
e del Sabato, nell'Irpinia. Posizionato
sul rilievo montuoso che forma lo spartiacque tra
le valli del Calore e del Sabato, nelle colline centrale
dell'Irpinia. Dista dal capoluogo Avellino 20 km.
L'economia è basata principalmente sulla produzione
agricola, sostenuta da una gran quantità di
acque sorgive. Il paese è attraversato dall'autostrada
Napoli-Canosa e dalla via Nazionale delle Puglie.
Una galleria autostradale lunga 1 km passa proprio
sotto il paese.
ETIMOLOGIA
Fonti storiche rilevanti attestano che il nome deriva
da Mons militu, (monte del soldato), ma alcuni ipotizzano
che possa derivare dall'unione di "monte"
e malus, ossia melo.
ORIGINI
La posizione geografica del territorio di Montemiletto,
che si sviluppa per 21,47 kmq lungo un'estesa e rilevata
dorsale collinare tra le valli del Sabato e del Calore,
dà ragione delle remotissime frequentazioni
umane dello stesso. Le più antiche testimonianze
in proposito risalgono infatti al Paleolitico medio
e si riferiscono ad un villaggio capannicolo localizzato
presso la cava Brogna, a circa 1 km dall'abitato.
DA
VEDERE
Montemiletto presenta un notevole patrimonio ambientale
e storico-artistico. Nel paese non c'è angolo,
piazza, strada, palazzo o chiesa che non mostri un
segno tangibile e concreto della sua affascinante
storia, del cammino dell'uomo. Il primo nucleo insediativo,
l'originario castrum normanno, comprendeva, oltre
l'area del castello vero e proprio, lintera
odierna piazza Umberto I. Successivamente, l'abitato
si è ampliato, verso nord, lungo il costone
roccioso, cioè verso il burrone che incombe
su Torre le Nocelle, sino ad assumere l'attuale conformazione
"a foglia" o spina di pesce". La parte
dorsale e mediana è formata da via Margherita,
mentre le "spine" laterali sono costituite
da stretti vicoli che, dipartendosi dalla via centrale,
scendono, con scalini ricavati dalla roccia, lungo
le due scarpate e collegano, in alcuni punti con archi
e sottopassaggi, le pittoresche casupole che, strette
le une alle altre, appaiono anguste, chiuse, quasi
nascoste. Fino al Settecento, queste vie laterali
sono state denominate "Rue" o "Ruve"
(dalla Prima Rua sino alla Sesta), con
termini chiaramente derivati dal francese rue. In
epoca rinascimentale si verificò un'importante
espansione urbanistica con nuove costruzioni al di
fuori dellantica cinta muraria e con la formazione
di corso Sant' Anna e delle attuali via Belvedere
e Piazza Municipio. Il centro antico, situato nella
parte settentrionale dell'odierno territorio comunale,
ad un'altitudine di 600m s.l.m. costruito su una rupe
che cade a strapiombo sul sottostante abitato di Torre
le Nocelle e che domina ad oriente la valle del Calore,
è urbanisticamente ben conservato e presenta
delle emergenze monumentali rilevanti, quali il castello,
alcuni palazzi gentilizi, la chiesa madre dell'Assunta
e quella di Sant'Anna con l'annesso dellex-convento
domenicano, oggi sede del Municipio. Su via Regina
Margherita prospetta la chiesa gentilizia dei Paladino
fondata nel 1758 e dedicata a Sant'Antonio Abate con
gli stemmi nobiliari delle famiglie Baracta e Paladino
riportati sulle lapidi sepolcrali che ne caratterizzano
il pavimento. Tra i beni d'interesse storico-artistico
vanno segnalate, inoltre, la chiesetta a navata unica
della SS. Concezione (un tempo jus patronato della
famiglia Centrella e infatti annessa al loro palazzo
signorile, oggi di proprietà dei Colletti,
al corso Sant'Anna); la cappella campestre della Madonna
delle Grazie, ubicata nei pressi del cimitero, e la
chiesa di Santa Maria della Pietà a Mezzomondo.
Il panorama architettonico, oltre che dalle costruzioni
disposte lungo le tipiche "Ruve", è
contrassegnato dai numerosi palazzi dei notabili locali,
caratterizzati da eleganti portali settecenteschi
(vi sono scolpite alcune date: 1716, 1718, 1738, 1774),
di marmo o con ghiera a bugnato (come nel caso di
palazzo Mazza, oggi Petrillo), sormontati da loggiate
e balconi (palazzo Fusco oggi de Sanctis-De Pascale),
impreziositi dagli antichi stemmi nobiliari posti
spesso sui timpani triangolari spezzati che sovrastano
gli architravi.
FRAZIONE MONTAPERTO
Su un dorsale collinare che fronteggia a mezzogiorno
Montemiletto sorge l'abitato di Montaperto, Comune
autonomo all'Unità d'Italia e poi frazione
di Montemiletto. Di origine longobarda, Montaperto
(il toponimo evoca probabilmente la posizione topograficamente
e visivamente dominante) è ricordato per la
prima volta in un documento del giugno 979, con cui
Ademario, figlio di Sassone, abitante in Montaperto,
dà in pegno a Diletto, figlio di Lupo una vigna
"cum viridario in loco Curti Gualduli, finibus
de Monte aperto[ ...] de una parte fine via antiqua".
Il documento è rogato nell' Actum di Montaperto,
il che indica che il paese era un'autonoma circoscrizione
territoriale amministrativa e giurisdizionale. Nellaprile
1097 la contessa Altruda (discendente dei conti longobardi
di Avellino e moglie di Eriberto, conte normanno di
Ariano), signora di Montaperto, donò la chiesa
di San Nicola de Cibariis con le sue estese proprietà
all abbazia della SS. Trinità di Cava.
Il secolare dominio cavense durò sino al 1716,
quando il principe di Tocco acquisì dagli enfiteuti
il feudo rustico di San Nicola de Cibariis (che comprendeva
anche la chiesa "diruta"), che nel 1718
egli censuò in vari lotti, con l'obbligo di
pagare 700 ducati alla badia. Risorto dopo la distruzione
del 1119 e feudo di due "militi" nell'età
normanna, nel XIV secolo apparteneva a Cantelma de
Cantelmis, ciambellana della regina Sancia, da cui
passò a Carlo Artus, conte di Sant' Agata.
Carlo III di Durazzo lo concesse al Gran Siniscalco
Bartolomeo Tomacelli, nipote del papa Benedetto IX.
Nel 1487 apparteneva a Berardino Filangieri, al quale
fu sequestrato dagli Spagnoli nel 1528. Un documento
fiscale spagnolo del 1531 descrive il paese come posto
in posizione collinare ("sta situada sobra un
collado"), circondato da mura e con un castello
semicollabente ("tiene muros y una casa medio
ruyna da liamada el Castillo"), per cui la posizione
non era strategicamente munita ("no es fuerte").
Anche dal punto di vista demografico ed economico
il paese non presentava una situazione favorevole
per la povertà dell'agricoltura ("no es
tierra muy fertile"), e dei 66 fuochi accatastati
esistevano in realtà meno della metà,
poiché, evidentemente, il paese aveva fortemente
sofferto delle recenti vicende belliche legate all'invasione
dei Francesi di Lautrech. Anche il patrimonio feudale
era ormai abbastanza ridotto. In effetti, il signore
non deteneva più riserva feudale, e senza derrate
né canoni di fitto, la rendita del feudo era
quindi molto limitata. Il "relevio" (tassa
di successione) " del 1559 denunciò infatti
appena 306 ducati, saliti a 400 nel 1609. La decadenza
di Montaperto nell'età moderna emerge altresì
dai dati demografici, che documentano un'assai modesta
crescita della popolazione, segno sicuro, questo,
di stagnazione economica. I "fuochi" passarono
infatti dai 30 del 1446 ai 39 del 1669 ai 51 del 1732
(+70%); le anime, che erano 589 nel 1767, divennero
1.000 nel 1794, 690 nel 1816, 804 nel 1828 e 844 nel
1843 (+43,29%). Venduto ai Pisanelli, il feudo appartenne
a questa famiglia sino al 1597, quando fu venduto
per 13.700 ducati a Giovan Battista di Tocco, a cui
Filippo III permise di permutare il titolo di conte
di Montemiletto in quello di conte di Montaperto con
diploma del 5 dicembre 1608.