Marano
di Napoli è un comune in provincia di Napoli.
Oggi la cittadina è parte integrante dell'agglomerato
urbano di Napoli.
ETIMOLOGIA
E' probabilmente legato al nome latino di persona
Marius più il suffisso -anus che indica appartenenza,
ossia proprietà.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Il
territorio su cui sorge Marano di Napoli mostra tracce
di presenza umana risalente all' età neolitica.
Insediamenti umani, databili ad ottomila anni fa,
infatti, sono stati recentemente individuati sulla
direttrice Marano-San Rocco. Dall'età neolitica
fino agli Osco-Sanniti c'è un vuoto di circa
seimila anni, ma si sa che gli Osci lasciarono tracce
nella Masseria Spinosa, nell'area di Vallesana e nei
pressi di Monteleone. Purtroppo ruspe impietose hanno
distrutto ogni cosa; tuttavia questo popolo ci ha
lasciato tre strade che ancora oggi sono percorribili:
Cupa dei cani, Pendine e Cupa Orlando (Via Consularis
Campana, per i Romani). Il territorio maranese è
zeppo di tracce romane: la più importane testimonianza,
nell'ambito dell'architettura funeraria in Campania,
è il Mausoleo detto Ciaurro.Poco tempo fa Marano
ha potuto conoscere cinque splendide statue rinvenute
sul suo territorio, attualmente conservate nel Museo
Archeologico di Napoli. Tali statue raffigurano uno
schiavo liberato di nome Dama, sua moglie Terzia,
anch'essa ex-schiava (entrambi appartenuti all'imperatore
Tiberio), Ercole e due fauni. Marano aveva il privilegio
di affacciarsi sia verso Pozzuoli (importante porto
commerciale nel periodo imperiale) che verso Atella
(pianura campana, luogo d'origine della farsa Atellana),
era crocevia di attività economiche, ludiche,
religiose. La Via Consularis Campana, che con le sue
ventuno miglia collegava le due importanti città,
era trafficatissima: vi transitarono Augusto, Virgilio,
il corteo che trasportava a Roma il cadavere di Tiberio
e, secondo una leggenda, addirittura l'apostolo Pietro.
I Romani vi costuirono sontuose ville, mausolei, altari
votivi. Dopo i Romani fu la volta dei Bizantini, dei
Normanni, degli Svevi edegli Angioini. In questi secoli
sorsero i nuclei originari della città: un
antico villaggio dal nome di Balisano o Vallesana,
un altro meno ricco e rigoglioso che era il vero e
proprio casale di Marano ed infine il casale di Turris
Marano (o Marano delle Torri), nei pressi di Monteleone.
In questa zona, che all'epoca faceva parte del guado
di Napoli, l'imperatore Federico IIfece edificare
un castello adibito a residenza di caccia, che alla
sua morte fu incendiato da una sollevazione popolare
e fu fatto ricostruire da Carlo I D'Angiò nel
1275. Quest'ultimo, obbligando sessanta famiglie a
risiedere nelle vicinanze del castello, fu il fondatore
dell'attuale frazione di San Rocco. Un altro castello
fu edificato nell' attuale frazione di Torre Caracciolo;
con la venuta degli spagnoli, Marano divenne un grande
cantiere e nel 1630 Marano comprendeva Quarto e l'attuale
Monte Rusciello. Su tale enorme distesa governavano
ben tre principi: la principessa Caterina Manriquez
che aveva avuto il feudo dell'attuale centro storico
della città, il principe Capece Galeota sui
possedimenti di San Rocco, Monteleone e Quarto, il
principe Ruffo Scilla che dominava sulla collina fino
a Pianura. Dal 1704 tutta Marano passerà ai
nobili Caracciolo. Con l'unità d'Italia e con
il nuovo secolo, Marano subì tutte quelle trasformazioni
sociali tipiche della modernità. Fino agli
anni sessanta era prettamente un centro agricolo:
oggi si avvia a percorrere le tappe del terziario.
MAUSOLEO
DEL CIAURRO
Il ciaurro è un mausoleo funebre Romano risalente,
probabilmente, Al I-I sec d.C. Tutt ora non
si sa bene chi fosse stato sepolto, ma sono state
fatte diverse supposizioni:Dapprima si è pensato
che appartenesse a Tirone, oratore e discepolo di
Cicerone, uomo politico, oratore e filosofo romano.
Sarebbe stato molto più facile risalire alla
sua identità se si fossero trovate le ossa,
ma come ben sappiamo molti romani si facevano bruciare
e le loro ceneri venivano riposte in delle nicchie.
Lunica cosa di valore ad essere trovata (a parte
lintera struttura) è un cofanetto ornato
con allinterno ben 30 monete dargento.
Il Ciaurro occupa unarea di circa 400 m3, le
sue pareti presentano delle nicchie le quali contenevano
le ceneri di Tirone, il perimetro dellentrata,
come anche quello della finestra, è fatto con
mattoni di cotto i quali, dopo unattenta analisi,
hanno riscontrato di provenire dai Campi Flegreo,
Essendo che il terreno presenta molte tracce di zolfo.
Le pareti, come anche le nicchie sono di tufo, forse
proveniente dalla stessa collina dei Camaldoli; nelle
pareti di tufo furono intarsiati dei rombi per rendere
ancora più suggestiva lintera scena.
Una volta il Ciaurro presentava anche una grande cupola
distrutta, poi, dagli agenti atmosferici, per fortuna,
però, il secondo piano si è salvato
ed il crollo della cupola ha fortunatamente
causato solo la rottura del pavimento e non il crollo
dellintero vano. Lunico piano intatto
è il piano terra il quale si trova a circa
3 metri sotto il livello attuale della villa che prende
nome dallo stesso mausoleo. La scoperta del Ciaurro
avvenne per caso e furono dei ragazzini a trovarlo,
anche se già si era consapevoli della sua esistenza.
Inizialmente fu usato come fienile e poi come deposito
di qualunque oggetto. Ma fu solo larcheologo
Chianese, nel secolo scorso, a rendersi conto del
suo valore e venne costruita una grande villa chiamata
appunto Ciaurro dedicata proprio a questo
grande mausoleo.
IL
PATRONO SAN CASTRESE
San Castrese, santo patrono di Marano di Napoli, visse
nel V sec. d.C. durante le persecuzioni dei Vandali.
Gianserico, re dei Vandali voleva costringere 12 vescovi
a rinnegare la propria fede. Non sapendo come convincerli,
decise di chiedere consiglio ad Aristotemo che consigliò
di farli salire su delle navi e farli affondare; ma
i 12 vescovi si salvarono miracolosamente. Questi
ultimi approdarono sulle rive della città e
ognuno prese la propria strada e uno di essi, chiamato
Castrese, andò a Sessa Aurunca. Passò
molto tempo e Aristotale si ammalò così
chiese perdono al vescovo Castrese tramite la moglie
( Beatrice) e guarì. Quando Castrese capì
che stava per morire lo disse a tutti e decise di
celebrare una messa e sapeva che quella sarebbe stata
lultima messa. I maranesi conoscevano molto
bene Castrese a causa degli scambi commerciali che
cerano tra i 2 paesi, così alla morte
di Castrese i maranesi chiesero alla città
di Sessa Aurunca una reliquia del vescovo e gli fu
concesso il braccio, questo è ancora conservato
nella statua di san Castrese e la sua tomba non fu
mai ritrovata. La chiesa di San Castrese ha 3 navate
ed è stata costruita tra il XV e XVI secolo
d.C. precisamente nellanno 1600 d.C. Nella chiesa
di San Castrese è conservato la fonte battesimale
( testimonianza dellepoca romana assieme al
Ciaurro). Non si sa chi labbia scolpita, ha
una pianta ottagonale e su di esso sono scolpite le
facce di tre donne che raffigurano: la giovinezza,
la maturità e la maternità. Oltre a
queste figure femminili erano rappresentati anche
stemmi e sigle. La fonte apparteneva alla famiglia
Visconti (una famiglia nobile di Milano) e quando
nel 1598 fu costruita la chiesa di san Castrese, i
Visconti la regalarono alla comunità religiosa
della zona. Su questa fonte battesimale si è
discusso molto: si pensa che fosse di epoca romana
e che gli stemmi siano stati aggiunti in futuro.
I
MESTIERI ANTICHI
Con levoluzione della società, alcuni
antichi mestieri tipici di Marano sono andati perduti;
tra questi quello dei montesi,che lavoravano
nelle cave di tufo della zona. I cestai
lavorano ancora oggi legno di castagno o di faggio,
facendo uso persino dei denti, per produrre cesti
destinati per lo più al lavoro dei campi. Altri
artigiani indispensabili per landamento delleconomia
locale erano i carrai, che costruivano
e riparavano i carri, e gli scalari, la
cui specialità era il cosiddetto
treppiedi. I mugnai, proprietari
dei mulini, erano addetti alla macinazione del grano.
MANIFESTAZIONI
Mercato cittadino (martedì)
Mercatino dell'artigianato e delle pulci (sabato)
lunedi in albis Festeggiamento in onore di Maria SS.
della Cintura
PRODOTTI TIPICI
La ciliegia della Recca
Prende il nome dalla collinetta maranese dove l'albero
cresce fin dal XVI secolo. Il mese dell'Arecca, la
tipica ciliegia di Marano, che ha un colore rosa-pallido
ed un frutto duro, carnoso e bianco, è giugno.
Si racconta che l'albero fu importato dall'amante
del re di Spagna, Caterina Manriquez, quando fu cacciata
da Madrid a seguito della scoperta della sua tresca,
ad opera della regina, e fu spedita a Marano col titolo
di principessa. Costei, per ricordarsi della sua terra,
portò con sé una dozzina di alberelli
di ciliegio. Oggi rimangono solo pochi alberi di questa
varietà di ciliegie poiché, con l'espansione
edilizia, molti di essi sono stati abbattuti per lasciar
posto alle case. Nonostante ciò per le sue
caratteristiche organolettiche che la rendono unica
essa si è diffusa in tutta Italia.
I
piselli Santa Croce
Dal nome della località che domina la conca
di Quarto, assieme alle ciliegie della Arecca, erano
il prodotto tipico di Marano. Ricercatissimi per la
forma ultrafine e per il sapore dolcissimo, precocissimi
invadevano i mercati di tutta l'Italia fino al giorno
di San Giuseppe e sparivano quando le altre qualità
non erano ancora giunte a maturazione. Oggi sono un
coltura molto rara e preziosa per la sua qualità.