Gesualdo
è un comune italiano della provincia di Avellino
in Campania. Il comune sorge nell'Irpinia centrale,
fra le valli del Ansanto e dell'Ufita, a ridosso di
una dorsale. Il suo territorio è caratterizzato
da una forte escursione altimetrica (max 781 m s.l.m.
Località Otica - min 319 m s.l.m. Torrente
Fredane). La casa comunale sorge a quota 676 m s.l.m..
Il territorio comunale di Gesualdo è parte
del distretto sismico dell'Irpinia. In occasione del
terremoto del 1980 vi furono, nel solo comune di Gesualdo,
9 morti, 40 feriti e 605 senzatetto. Il comune di
Gesualdo comprende le frazioni Piano della Croce e
Torre dei Monaci, distanti rispettivamente 2,5 e 4,5
km dal centro cittadino.
VOLO DELL'ANGELO
La religiosità di Gesualdo s'infervora ogni
ultima domenica d'agosto, in occasione della festa
del volo dell'Angelo. Il "volo" ebbe origine
nell'800, esattamente tra il 1833 e il 1876.
Un bambino vestito da angelo viene aggrappato a una
fune di acciaio, tesa tra la torre Nord-Est del castello
(detta appunto Torre dell'Angelo) e il campanile della
chiesa del SS. Rosario, e tirato mediante l'ausilio
di carrucole lungo un tragitto di oltre 100 metri
all'altezza di 25 metri sulla sottostante Piazza Neviera.
Da un'impalcatura a terra esce il diavolo, sbuffando
fumo, dicendo vituperi, con corna e mantello nero.
Inizia una disputa dialettica che riprende i testi
e le scene delle sacre rappresentazioni medioevali.
Il volo dell'angelo ricorre in occasione dei festeggiamenti
in onore di San Vincenzo Ferreri, di cui si conserva
in paese una statua settecentesca.
A causa delle misure adottate per il contenimento
della pandemia di COVID-19, la manifestazione non
ha avuto luogo negli anni 2020 e 2021 secondo i tradizionali
schemi.
IL CENTRO STORICO
Dal castello, che si erge imperioso sulla collinetta,
scende verso la valle l'antico abitato di Gesualdo,
che si snoda a forma di pigna dall'alto verso il basso.
Fino al terremoto del 1980 densamente abitato, oggi
è semideserto, ma pienamente recuperato.
Arroccato tutto attorno al castello, nonostante verso
Est non risulti così scosceso come ad Ovest,
il centro storico è attraversato da strade
pedonali e mulattiere perlopiù pianeggianti,
pavimentate in selciato di pietre locali, forse ricavate
dagli stessi lavori di sbancamento a suo tempo eseguiti
per costruire case e strade. Se osservato in tutti
i suoi particolari (le strade pianeggianti create
in luoghi scoscesi, i collegamenti fra le stesse,
la predisposizione della abitazioni, i terrazzamenti
tutti rivolti verso Sud-Ovest, la visione panoramica
che ogni casa ha senza nulla togliere all'altra che
la precede o che la segue), esso rappresenta un modello
scientifico di alta architettura.
Non a caso negli anni Ottanta la Facoltà di
Architettura dell'Università "Federico
II" di Napoli utilizzò il centro storico
per un approfondito studio architettonico delle strutture
urbanistiche.
CASTELLO DI GESUALDO
Le origini del Castello si fanno risalire alla metà
del VII secolo (epoca longobarda). Il complesso edilizio
è delimitato da quattro torrioni circolari
con cortine cinte da rivellini e con corte centrale,
nella quale vi è una vera da pozzo finemente
lavorata.
Sorto come avamposto difensivo, con il matrimonio
di Carlo Gesualdo e Eleonora D'Este ed il trasferimento
della corte e del cenacolo musicale (fine '500), si
trasforma in dimora signorile di stile rinascimentale.
Sotto il cornicione, a lettere cubitali si legge:
"CAROLUS GESUALDUS EX GLORI ROGERII NORTMANNI
APULIAE ET CALABRIAE DUCIS GENERE CONPSAE COMES VENUSII
PRINCEPS ETC EREXIT" (Carlo Gesualdo, Conte di
Conza, Principe di Venosa, discendente dal glorioso
Ruggero il Normanno, Duca di Puglia e Calabria, ecc.
eresse).
Nel 1855, dopo decenni di abbandono seguiti a rovinosi
terremoti e saccheggi, il Castello divenne di proprietà
della famiglia Caccese che ne dispose una profonda
trasformazione strutturale.
Il 13 ottobre 1913, per l'alto valore architettonico,
storico, artistico e ambientale è stato vincolato
dalla Sovrintendenza ai Beni Artistici ed Ambientali
di Salerno ed Avellino. Il castello è stato
gravemente danneggiato dal terremoto dell'Irpinia
del 23 novembre 1980.
Acquistato dal Comune di Gesualdo e della Provincia
di Avellino agli inizi degli anni duemila, dopo un
lungo lavoro di recupero, è stato riaperto
al pubblico nell'agosto del 2015.
ORIGINI E CENNI STORICI
L'esposizione a sud, sul fianco destro della valle
del fiume Fredane, affluente del Calore Irpino, ha
permesso che il territorio del comune di Gesualdo
fosse frequentato fin dalla preistoria. Lo studioso
Arturo Palma dell'Università degli Studi di
Siena, in alcuni sopralluoghi avvenuti fra il luglio
e l'ottobre del 1975 presso la località "Cave
di Pietra" di Gesualdo, rinvenne "industria
litica […] del tipo clacto-taycoide".
Un insediamento del neolitico finale (XXXI secolo
a.C.-XXV secolo a.C.) è testimoniato dal rinvenimento
in località Capo di Gaudio di alcune scuri
di selce levigata "di tipo conoidale lenticolare
con profilo triangolare isoscele a base convessa"
esposti al museo provinciale, sezione archeologia,
ai nn. 650, 651 e 652. Alla fine del III millennio
a.C. si fanno risalire resti di strutture di un insediamento
e una necropoli con tombe a fosso esplorate dal Penta
nel 1893, in località Fiumane, vicino al fiume
Fredane. Questi rinvenimenti nel territorio gesualdino
testimoniano tracce della presenza umana dell'Eneolitico,
del Neolitico e del Paleolitico.
Ai suddetti ritrovamenti se ne sono aggiunti altri
attribuibili all'epoca romana, caratterizzati da necropoli
e ville localizzate nelle contrade di San Barbato,
Paolino e Volpito che si trovano a qualche chilometro
dal centro storico e nella zona di via Pastene.
Lo storico locale Giacomo Catone sosteneva che la
rocca ed i possedimenti di Gesualdo vennero donati
nel 650 d.C. da Romualdo, duca di Benevento, agli
eredi del cavaliere, che da eroe leggendario, per
difendere il proprio duca, si immolò durante
la guerra tra i Longobardi e i Bizantini capeggiati
dall'imperatore Costante II quando costui tentò
di conquistare l'Occidente. Gli storici Scipione Ammirato,
Giovanni Antonio Summonte, Alessandro Di Meo ed altri,
sostenevano che l'eroe longobardo, balio del duca
Romualdo, si chiamava Gesualdo e di conseguenza bisogna
supporre che la terra donata agli eredi del cavaliere
fosse chiamata Gesualdo. Tutti questi storici si rifanno
all'autorevole Historia Langobardorum di Paolo Diacono,
il quale però dice che l'eroico cavaliere si
chiamava Sessualdo e non parla di donazioni agli eredi.
Altra ipotesi sull'origine del nome è di Cipriano
de Meo, il quale sostiene che il nome medievale di
Gesualdo fosse Gisivaldum, da Gis-wald, dove "Gis"'
è il nome del suddetto cavaliere e "wald"
vuol dire bosco, quindi "Il bosco di Gis",
pertanto confutando le altre tesi che ritenevano la
denominazione Gesualdo derivare dal nome dell'eroico
Cavaliere.
La figura storica del Cavaliere longobardo Gesualdo
si colloca intorno alla metà del VI secolo,
all'epoca del conflitto tra Longobardi e Bizantini
per il controllo dell'Italia meridionale. Nell'anno
663, i bizantini guidati dall'Imperatore Costante
II, detto il Pogonato, misero a ferro e fuoco il fragile
Ducato di Benevento cingendone d'assedio la capitale
allora retta dal principe Romoaldo figlio del duca
di Benevento Grimoaldo. Il giovane principe, ai cui
servigi era il cavaliere, trovandosi in serie difficoltà
a causa dello strapotere dei assedianti ordinò
al Gesualdo di raggiungere a Pavia il padre Grimoaldo
per chiedere rinforzi. Il cavaliere riuscì
ad avvertire il duca che immediatamente dispose l'invio
di rinforzi alla volta di Benevento, ma di ritorno
da Pavia fu vittima di un'imboscata tesagli dai soldati
bizantini che lo catturarono.
L'imperatore bizantino propose al cavaliere di mentire
al suo signore in cambio della libertà; quest'ultimo
finse di assecondare le richieste nemiche e, una volta
condotto davanti alle mura della città, ruppe
l'accordo comunicando agli assediati l'imminente arrivo
dei rinforzi. Le milizie bizantine fiaccate nel numero
e nel morale dopo mesi d'assedio, a causa dell'eroico
gesto del cavaliere e dell'imminente arrivo dei nemici
dal Nord, furono costrette a rompere l'assedio. L'imperatore
Costante II, prima di darsi alla fuga, ordinò
la condanna a morte del Cavaliere. Per sdegno e per
rivalsa, impose che la sua testa mozzata venisse lanciata
oltre le mura e che il suo corpo fosse gettato nel
fiume Calore. La leggenda vuole che il Principe Romoaldo,
in un ossequioso gesto di pietà verso il prode
suo servitore, raccolse il capo mozzato del Cavaliere,
per dargli poi l'onore della più degna delle
sepolture.
Sulla scorta di altri riscontri storiografici, è
lecito pure supporre che la rocca di Gesualdo sia
stata edificata dai Longobardi dopo la Divisio ducatus
tra Radelchi e Siconolfo, come avamposto di difesa
dei confini orientali del gastaldato di Quintodecimo,
entrato a far parte del ducato di Benevento. La sua
costruzione collocata in questo caso nella seconda
metà del IX secolo si giustifica pienamente,
se si considera che la Divisio accelerò il
processo di frazionamento signorile della Longobardia
meridionale e che in questi anni, nel Mezzogiorno,
si verificò nuovamente una penetrazione di
forze esterne che, a parte quelle saracene, fu caratterizzata
dalle invasioni dei Franchi, dei Franco-Spoletini,
dei Bizantini e dalla politica aggressiva del Papato.
I discendenti del primo Gesualdo per quattrocento
anni furono i Signori del territorio, man mano ingrandito;
dipendevano dal Duca di Benevento, e gli furono fedeli
sempre, fino all'estinzione della famiglia, che coincise
con la conquista normanna.
Negli annali storici, la prima
citazione della "rocca di Gesualdo" è
del 1137 e la fa Pietro Diacono, quindi nell'epoca
normanna che Gesualdo cominciò ad avere uno
sviluppo dell'aggregato urbano intorno alla suddetta
rocca che fu trasformata in castrum e poi con il passare
dei secoli da struttura difensiva ad abitativa, fino
a diventare un maestoso e possente castello che caratterizza
il panorama.
La dinastia normanna che signoreggiò
Gesualdo ha avuto origini da Guglielmo, figlio illegittimo
di Ruggero Borsa (di tale Ruggero rimane un'iscrizione
incompleta "… ROGERII NORTHMI APULIÆ
ET CALABRIÆ DUCIS …" nel cortile
del castello). Guglielmo fu il primo signore di Gesualdo
di cui abbiamo notizie con documento del 1141. Questi
sposò Abelarda, signora di Lucera, figlia del
conte di Lecce. Ebbe due figli: Elia ed Aristolfo.
Quest'ultimo guidò un esercito in Terra Santa
ai tempi del re Guglielmo II di Sicilia. Alla morte
di Guglielmo, avvenuta intorno al 1150 (nel 1145 era
sicuramente vivo e nel 1152 era sicuramente morto),
subentrò suo figlio Elia, 2º signore di
Gesualdo.
Il XII secolo coincise con
il periodo di massima espansione della Signoria di
Gesualdo con il dominio esteso su 36 luoghi tra città
e terre situati in tre province, la maggior parte
in Principato Ultra, altre in Principato Citra e Basilicata.
Dal Catalogus Baronum, Elia, figlio di Guglielmo,
risulta signore di una vastissima baronia. Egli amministra
personalmente i feudi di Gesualdo, Frigento, Mirabella,
Paternopoli, San Mango, Bonito, Lucera e San Lupolo
(presso Lucera)..
Dal matrimonio di Elia con
Diomeda nacquero cinque figli: Guglielmo, Roberto,
Ruggero, Goffredo e Maria. Il primogenito Guglielmo
non poté succedere al padre, poiché
aveva partecipato ad una congiura contro il re, e
pertanto alla morte di quest'ultimo subentrò
il secondogenito Ruggero, che aveva ottenuto il titolo
di conte da Enrico VI nel febbraio del 1187.
Ruggero, 3º signore di
Gesualdo non ebbe eredi. La baronia di Gesualdo si
ridusse, in epoca sveva, al solo possesso di Gesualdo,
Frigento, Taurasi e Mirabella Eclano. Il fratello
di Ruggero, Roberto, fu il primo ad assumere il cognome
Gesualdo. Costui ebbe due figli: Elia e Gesualda.
Dopo Ruggero furono signori
di Gesualdo dei tedeschi, nominati da Federico II.
Di essi ricordiamo: Hermann Von Strimberg, Raynaldus
De Lavareta, attestato nella signoria di Gesualdo
fino al 1226.
Successivamente l'imperatore
Corrado IV restituì a Elia II Gesualdo, figlio
di Roberto e nipote abiatico di Ruggero, i beni che
tornarono così alla dinastia Gesualdo. Nel
1246 Elia, d'accordo con il papa, congiurò
contro l'imperatore. Essendo stata scoperta la congiura,
Elia corse dall'imperatore a fare atto sottomissione
per avere salva la vita. L'imperatore, che già
gli aveva tolto le terre di Grottaminarda, lo privò
del titolo principesco, ma gli rese salva la vita.
Successivamente, con l'avvento di Carlo I d'Angiò,
Elia II, per i suoi meriti sui campi di battaglia,
dopo la sconfitta di Manfredi riottenne le sue terre
e nel 1269 fu nominato Giustiziere in alcune terre
della Calabria. Sposò Giovanna di Ponziaco,
dalla quale ebbe quattro figli: Nicolò, Mattia,
Roberto e Francesca, che si maritò con Rainaldo,
signore di Avella, nel 1276.
Alla morte di Elia subentrò
il figlio Nicolò I Gesualdo, 5º signore
di Gesualdo. Egli partecipò alla guerra che
il re Carlo II d'Angiò fece per recuperare
la Sicilia. Nel 1289 fu nominato Capitano della città
di Napoli. Il 20 febbraio 1299 gli fu confermato dal
re Carlo II d'Angiò il possesso della baronia
di Gesualdo. Morì nel 1300. Nicolò I
sposò Giovanna della Marra, dalla quale ebbe
due figlie: Roberta e Margherita. Roberta divenne
moglie di Giacomo di Capua (figlio di Bartolomeo,
Gran Protonotario del regno) e portò in dote
Gesualdo con buona parte della sua baronia insieme
alla città di Frigento; in seconde nozze si
unì a Dragone di Merlotto. Margherita, l'altra
figlia di Nicolò I, fu impalmata dal conte
Americo di Sus. Dal matrimonio di Roberta con Dragone
nacquero due figlie: Maria e Margherita. La primogenita,
a cui spettò il feudo di Gesualdo, sposò
il conte Filippo Filangieri, signore di Candida. Dal
loro matrimonio nacque Giacomo Filangieri, conte di
Avellino. Nel 1335 la famiglia Gesualdo promosse la
fondazione del monastero dei Celestini a Gesualdo,
poi diventata sede del Comune.
Nel 1365 Mattia II Gesualdo,
6º signore di Gesualdo, figlio di Nicolò
II, nipote abiatico di Mattia I comprò da Cobello
Filangieri, per 650 once d'oro, il feudo di Gesualdo
e il casale di Volpito. Ritornò così
il feudo di Gesualdo alla famiglia Gesualdo.
Nella seconda metà del
XV secolo, durante il Regno aragonese, Gesualdo e
il suo castello furono spesso oggetto di azioni guerresche.
Una prima volta, durante la Congiura dei baroni che
spalleggiano gli Angioini per la riconquista del regno,
la rocca di Gesualdo, di cui è signore il conte
Giacomo Caracciolo, nell'ottobre del 1461, è
assediata dall'esercito aragonese. Cannoneggiata e
affamata dall'assedio, dopo la resa, per rappresaglia,
gli abitanti di Gesualdo, che pur hanno aiutato il
re aragonese furono sottoposti ad un mortale sacco
dai saccomanni sforzeschi[16]. Una seconda volta a
fine '400, Luigi Gesualdo, il nuovo signore, pur beneficiato
della libertà da Ferdinando D’Aragona
dopo un primo arresto, passa dalla parte dei Francesi,
questi, accampati al Piano di S. Filippo, fra Frigento
e Gesualdo, sono sbaragliati dagli Spagnoli. Con il
passaggio dell'ex regno di Napoli a provincia della
potente Spagna nel 1504, i baroni e i castelli perdono
definitivamente la loro importanza politico-militare.
Nel censimento dell'anno 1500,
Gesualdo contava 2058 abitanti[19]. Per diritto ereditario
divennero Signori di Gesualdo: Lionetto Gesualdo,
Sansonetto Gesualdo, Luigi II, conte di Conza, poi
Nicolò IV Gesualdo, Luigi III Gesualdo, Fabrizio
I Gesualdo, Luigi IV Gesualdo, che al titolo di conte
di Conza aggiunse, nel 1561, il titolo di principe
di Venosa. A Luigi IV Gesualdo successe Fabrizio II
Gesualdo ed infine Carlo Gesualdo (1566-1613) XII
Signore di Gesualdo, ultimo e più famoso del
casato.
DALL'UNITA' D'ITALIA AD OGGI
A seguito della soppressione del Principato Ultra,
con l'Unità d'Italia Gesualdo entrò
a far parte della provincia di Avellino. Negli anni
successivi all'unificazione nazionale, come molti
paesi del circondario e della vicina Basilicata, divenne
teatro di episodi legati al fenomeno del Brigantaggio.
La miseria e povertà dei decenni post-unitari
indusse ampie fette della popolazione ad una massiccia
emigrazione, in particolare verso le Americhe (Argentina
e Stati Uniti). Il flusso migratorio riprese in modo
cospicuo dopo il secondo conflitto mondiale, in particolare
verso il Venezuela (dove si contano numerose comunità
gesualdine), verso l'Europa, soprattutto in Germania
e Svizzera, e nell'Italia Settentrionale (nutrita
la presenza di gesualdini in Emilia-Romagna).
Fino a metà del secolo scorso, Gesualdo basava
la sua economia prevalentemente sul commercio, in
particolare del bestiame e dei prodotti agricoli.
Le Fiere cittadine, la cui tradizione risale al 1588,
erano assai ricche e conosciute ed attiravano compratori
da tutta l'Irpinia e dalla vicina Puglia.. A sostenere
fortemente l'economia locale contribuivano inoltre
l'agricoltura, con grandi produzioni di ortaggi tra
questi in particolare il sedano, e l'artigianato,
in particolare del legno e della pietra.
Il catastrofico terremoto del 1980 che sconvolse l'Irpinia,
provocò a Gesualdo ingentissimi danni al patrimonio
edilizio e la morte di 7 persone, vittime dei crolli.
Il centro storico cittadino, che era la parte più
densamente popolata, subì gravissimi danni
e rimase del tutto inagibile per molti anni. La lenta
ricostruzione post sisma, durata per decenni e ancora
oggi non del tutto ultimata, dopo un'iniziale ventata
di ottimismo caratterizzata dal fiorire del settore
edilizio e delle attività ad esso legate non
fu seguita da un'efficace azione di rilancio delle
attività produttive.
Negli ultimi anni le istituzioni e le associazioni
locali hanno intrapreso una forte azione di rivalutazione
e rilancio dell'importante patrimonio storico e culturale
del paese nella prospettiva di favorire un possibile
sviluppo turistico.