Caggiano

Caggiano è un comune di 3.010 abitanti in provincia di Salerno. Il paese è collocato su un rilievo dell'Appennino lucano, al confine del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. In direzione sud-ovest ha di fronte la catena dei monti Alburni al di là della quale si trova il mare di Paestum ed il golfo di Salerno. La contrada "Marevicino", posta ad ovest del centro abitato, raggiunge la quota di 828 m s.l.m. Ai piedi del rilievo su cui sorge l'abitato, la zona pianeggiante, di natura paludosa, è denominata "Lago". Nel fondovalle scorrono i fiumi Melandro e Tanagro. In tutto il territorio sono presenti oltre venti sorgenti, ben distribuite tra le diverse contrade. Il comune confina ad est con i comuni di Vietri di Potenza e Sant'Angelo Le Fratte, della provincia di Potenza, in Basilicata, a nord con Salvitelle e a sud-est con Polla, Auletta e Pertosa, che appartengono invece alla stessa provincia di Salerno.

ETIMOLOGIA
L'origine dell'odierna denominazione del comune è controversa. Il Catalogus baronum ("Catalogo dei Baroni" normanni) riporta la forma "Cavianus", che sarebbe derivato dal nome latino "Cavius", forse il nome del proprietario del fondo agricolo. Il nome sarebbe quindi stato volgarizzato nelle forme "Cajus", "Cajanus", e "Cajano", fino ad arrivare all'attuale "Caggiano". Secondo altri il nome deriverebbe dal "pagus Cajani", attestato in epoca romana. Infine secondo un'altra ipotesi il nome potrebbe essere di origine bizantina, come "Cauchighiano", "Caughiano", "Cacanio", "Caciano" e, attraverso altre trasformazioni, "'Caggiano". Un'altra denominazione attestata in epoca bizantina sembra essere stata quella di "Fajanus".

DA VEDERE

Chiesa di S. Salvatore
La chiesa madre del Santissimo Salvatore (XI-XII secolo) presenta la facciata in stile romanico e l'interno ad una sola navata e con volta affrescata. Nel XV secolo svolse di fatto il ruolo di cattedrale, avendo ospitato i vescovi della soppressa diocesi di Satriano (Satriano di Lucania), distrutta dalla regina Giovanna II di Napoli. Subì diversi rifacimenti e il campanile moderno, in cemento armato, è opera dell'ingegnere Salvatore Ruiz degli inizi del XX secolo. Ospita un altar maggiore seicentesco con trono in legno dorato, altri dieci altari, nove dei quali furono sotto il patronato delle principali famiglie del paese, diversi dipinti e un pergamo ligneo scolpito da Fortunato Cafaro. Nella chiesa vi sono 9 altari che ancora riportano il nome delle famiglie del paese che ne rivestirono il patronato: Immacolata Concezione ai Colonna; Annunciazione ai Solimena; Arcangelo Michele agli Altilio; Maria del Soccorso agli Oliva; Sant'Egidio e di Santa Teresa ai Morrone-Di Stasio; San Giuseppe ai Sabini; Santa Maria delle Grazie ai Casale; San Nicola di Bari ai Carusi-Abbamonte; Santa Monica ai Mignoli-Morrone. Sono, inoltre, noti i nomi degli arcipreti che si sono succeduti a partire dal prima metà del XIV secolo.

DA VEDERE INOLTRE
Il monumento funerario degli Insteii e dei Gresii, di epoca augustea, aveva forma di tempietto su podio. Gli elementi architettonici che appartenevano al sepolcro sono in esposizione presso la bibloteca nell'ex convento dei Padri Riformati.
Presso la località di Santo Stasio si conservano i resti pertinenti probabilmente ad una villa rustica di epoca tardo-imperiale (fregi dorici, una statua in calcare, un un nucleo di iscrizioni e resti murari).
Il castello di Caggiano, si trova sul lato orientale del paese, l'unico non difeso naturalmente e consiste in tre torri unite da un muro, con due porte d'accesso (dette, nel dialetto locale, "ncap' lu pont" e "'mmocca lu pont", ovvero "bocca del ponte"). Nei pressi delle due porte era la cappella dedicata a san Luca, conosciuta anche come "Cappella della Guardia".I primi apprestamenti difensivi risalgono forse al IX-X secolo, mentre i resti attualmente più evidenti risalto all'epoca normanna, nell'XI secolo. Nel XIV e XV secolo la fortezza venne trasformata in residenza signorile. I Gesualdo vendettero nel XVI secolo gran parte del castello alle famiglie Isoldi (sudest) e Abbamonte (nord) e il settore nord-occidentale passò nel XIX secolo in proprietà dei Carrucci. Tuttora è di proprietà privata
Le mura cittadine, sottoposte ad un recente restauro, presentano dalle due originarie, quattro porte di accesso, due delle quali, sul lato orientale, collegate al castello. Altre porte di accesso alla città erano la "Pertuccia" e la "Male vicino"
La chiesa di Santa Caterina fu in origine (XI secolo) dedicata al culto greco-ortodosso e presenta pianta a croce greca. Fu danneggiata dal terremoto del 1857. La parte ancora conservata dell'edificio venne ripulita internamente agli inizi del XX secolo e vi furono aggiunti gli affreschi sulla volta del presbiterio. Conserva sul soffitto a cassettoni della navata tre tele di Nicola Peccheneda ("Corpo di Cristo", "Martirio di santa Caterina", "San Carlo Borromeo"), mentre altri due dipinti si trovano sulla parete ("Cristo che assolve l'adultera" e "Conversione della Samaritana") e un'altra (Maria Santissima del Carmine e san Simone) nel braccio sinistro del transetto, l'unico conservato. I dipinti sono datati al 1769. Un dipinto di Muccioli di Salvitelle del 1604 e raffigurante "San Mattia" si trova sopra l'altare del santo. Sopra l'altare maggiore in marmo si trova una statua lignea di "Santa Caterina" con diadema in argento.
La chiesa di Santa Maria dei Greci (XI secolo) fu forse la prima chiesa eretta nel paese, con un'originaria pianta a croce greca. Risalirebbe secondo la tradizione locale, alla metà del VI secolo ed era inizialmente affidata ai monaci basiliani e fu in seguito chiesa ortodossa fino al 1570. La chiesa Nel 1770 fu rimaneggiata con pianta a croce latina. Vi si conservano l'altar maggiore in marmo e un altare in legno dedicato a san Bartolomeo. In abbandono, ne crollò il tetto, ma è attualmente in via di recupero. Vi è sepolto Andrea Raguseo "de Venetiis, ultimo vescovo della diocesi di Satriano, morto nel 1439.
Fuori dal paese, su una roccia sono presenti i ruderi della cappella di Santa Veneranda, risalente probabilmente all'XI secolo, a navata unica e con abside semicircolare, distrutta da un terremoto nel Settecento.
La cappella di San Luca Evangelista, sorta ai piedi del castello nel XIII secolo, si presenta a navata unica e con un'edicola in pietra al di sopra del portale in facciata.
Il colle di Sant'Agata, fuori dal centro abitato, in direzione nord, conserva i ruderi di una mansio dei Templari del XIII secolo, con una chiesa a navata unica racchiusa in un recinto fortificato con torri, dedicata a Sant'Agata, risalente al XII secolo. Dopo la soppressione dell'ordine nel 1312 le sue proprietà passarono al ordine degli Ospitalieri (oggi ordine di Malta), che gestiva già l'ospizio di San Giovanni. Secondo un erudito locale del XIX secolo, don Alessio Lupo, sacerdote nel paese, un manoscritto del 1572 riportava gli edifici templari come ancora esistenti e i loro ruderi erano ancora ben visibili nel XVIII secolo. Il nome della chiesa è passato alla denominazione dell'attuale contrada e una leggenda popolare narra dell'esistenza di un tesoro in una grotta sovrastante, che sarebbe stato nascosto dai Templari prima della loro fuga, ma che sarebbe stato custodito da un mostro.
Il convento dei Padri Riformati sorse al di fuori del centro storico, sulla cima di un'altura nel 1634 e si articola intorno al chiostro a due piani. Il terreno, con una preesistente cappella dedicata a Santa Sofia, venne donato dall'università (comunità) di Caggiano nel 1635. La chiesa, completata nel 1717 con il contributo dei cittadini, fu dedicata al santo patrono del paese, sant'Antonio di Padova e rifatta ancora nel 1749. Conserva due delle tre navate originarie, dopo la distruzione della navata destra per far posto al convento e vi sono custodite tele di Nicola Peccheneda. Il convento venne soppresso nel 1866 e in seguito ospitò un osservatorio meteorologico geodinamico e attualmente è occupato dalla canonica della chiesa e dalla biblioteca comunale, con un antiquarium che conserva i materiali archeologici provenienti dal monumento funerario degli Insteii.
I portali del centro storico del paese, in particolare in via Marvicino, presentano il "picchiotto" (truzzulatùr), usato per bussare, semplice ad anello, oppure decorato con vari motivi, da quelli antropomorfi a quelli animalistici. Sono inoltre spesso presenti serrature con ghiere ornate, e stipiti, archi e chiavi con decorazioni scolpite.
Altre cappelle presenti nel paese sono:
Cappella di San Biagio, nella contrada omonima.
Cappella di San Gennaro, costruita nel 1692 annessa al palazzo dei Salinas.
Cappella di San Giacomo, condivisa con i comuni di Auletta e Salvitelle, dove annualmente si celebra una solenne funzione religiosa
Cappella di San Sebastiano, distrutta dal terremoto del 1857
Cappella di San Vito, nella contrada omonima e ora distrutta.

ORIGINI
Secondo un racconto mitologico i monti Alburni (nella parlata locale culùo-nn) sono sede dei Titani che qui si sarebbero rifugiati dal mar Tirreno per sfuggire all'ira di Nettuno. Secondo una laggenda locale ad ogni terremoto i Titani si spostano verso est, proprio nella direzione del paese.

CENNI STORICI
Il territorio entrò a far parte dei domini romani dopo le tre guerre sannitiche (343 - 290 a.C.). Durante la seconda guerra punica Annibale vi tese un agguato al console romano Marco Claudio Marcello e non lontano Spartaco fu definitivamente sconfitto presso Dianum (l'antico centro da cui prende il nome il Vallo di Diano) [senza fonte].
Sotto il dominio dei Romani il territorio faceva parte dell'ager Volceianus, territorio della città di Volcei, attuale Buccino e i suoi abitanti fecero parte della "tribus Pomptina". Sono attestate numerose epigrafi e la famiglia degli Instei costruì una tomba monumentale nella località San Stasio. Con la riorganizzazione dioclezianea il territorio di Caggiano fece parte della nuova Regio III Lucania et Bruttii (provincia della Lucania e del Bruzio).
Durante il periodo delle invasioni barbariche il territorio fu percorso da Vandali e Visigoti e fu interessato nel VI secolo dalle guerre tra Goti e Bizantini.
Il territorio passò quindi sotto il dominio dei Longobardi, a cui si deve probabilmente un rafforzamento delle fortificazioni, databile tra l'VIII e il IX secolo. Da alcuni importanti centri sulla costa rimasti in potere dei Bizantini si rifugiarono verso l'interno preti e monaci, per lo più di rito greco, perseguitati dagli iconoclasti.
Con l'indebolimento dei Longobardi, nel X-XI secolo si ebbe una nuova espansione bizantina verso l'interno, e questo rinnovato legame con il mondo greco è testimoniato a Caggiano dall'edificazione di chiese di rito greco, come Santa Caterina e Santa Maria dei Greci].
Nell'XI secolo l'Italia meridionale venne conquistata dai Normanni guidati da Roberto il Guiscardo. A Caggiano, il loro arrivo, intorno al 1070 fu segnato dal rafforzamento delle fortificazioni preesistenti e dalla costruzione di un castello, sul sito di precedenti opere fortificate. Il luogo aveva infatti notevole importanza a controllo delle vie verso la Calabria e la Puglia, percorse dai pellegrini diretti in Terra Santa.
Intorno al castello si sviluppò quindi un piccolo borgo, primo nucleo dell'attuale abitato, con alcune dimore ed altri edifici che ben presto ottenne il titolo di università feudale. Nel XII secolo i Templari vi eressero una mansio in contrada "Sant'Agata", mentre l'ordine degli Ospitalieri (il futuro Ordine di Malta) gestiva l'ospedale dedicato a San Giovanni. Con la soppressione dei Templari nel 1312 anche la mansio di Caggiano fu ceduta agli Ospitalieri.
Il primo signore di Caggiano di cui si abbia notizia è un certo Guglielmo de Cauciciano, citato in un atto di donazione del 1092 conservato nell'archivio della Badia di Cava. Da questi la signoria passò al figlio Roberto, che in un primo momento vi associò anche i fratelli Guglielmo e Omfrida, e successivamente al figlio di Roberto, Ruggero.
Nel 1246 i fratelli Roberto e Guglielmo, presero parte alla congiura di Capaccio contro il ghibellino Federico II di Svevia e a favore del guelfo Carlo I d'Angiò: con il fallimento della congiura i fratelli dovettero rifugiarsi a Roma, mentre il feudo di Caggiano venne loro confiscato e nel 1250 alla morte di Federico II, venne attribuito all'illustre medico salernitano Giovanni da Procida.
In seguito alla vittoria di Carlo d'Angiò su Manfredi di Svevia a Benevento nel 1266 il feudo fu nuovamente restituito Roberto di Cauciciano, figlio dello spodestato Guglielmo, insieme ai casali di Sant'Angelo Le Fratte e di Salvitelle.
Nel 1284 il feudo passò a Mattia Gesualdo, che aveva sposato Costanza, ultima discendente legittima della famiglia dei Cauciciano.
Il nuovo signore di Caggiano si mantenne fedele agli Angioini: nel 1284 fu nominato da Carlo I "Giustiziere della Basilicata" e quattro anni dopo fu nominato cavaliere da Carlo II. Espanse inoltre i suoi domini, acquisendo anche Pertosa, Castiglione e Paterno. Nel 1330 gli successe il primogenito Niccolò e a questi prima il figlio Giovanni e poi l'altro figlio Mattia, che acquistò la signoria di Pescopagano e fu ciambellano di Roberto d'Angiò e della regina Giovanna.
Luigi Gesualdo partecipò alla congiura dei baroni contro Ferdinando II d'Aragona e fu quindi privato del suo feudo, mentre il castello veniva in parte demolito. Il feudo venne affidato a Giacomo Caracciolo, conte di Buccino, che fece ricostruire le fortificazioni. Dopo la firma dell'armistizio di Lione tra Luigi XII di Francia e Ferdinando d'Aragona, nel 1504, Luigi Gesualdo fu reintegrato nei suoi precedenti possedimenti. Morì nel dicembre del 1518.
Nel corso del XV secolo Caggiano aveva anche dato i natali agli umanisti Gabriele Altilio e Crisostomo Colonna.
Nel 1674 la signoria dei Gesualdo ebbe termine con Gianbattista Ludovisio, principe di Venosa e di Piombino e signore di Caggiano, che vendette il feudo a Prospero Parisani di Tolentino. La famiglia, secondo l'opuscolo "Veritatis Statera" di padre Arcangelo da Caggiano discendeva dalla nobile famiglia dei Suardo, di origini tedesche.
Il marchese Vincenzo Parisani Buonanno si distinse per un governo particolarmente duro ed oppressivo e fu denunziato nel 1754 al "Tribunale Regio". Il marchese fu sottoposto ad un lungo processo che si concluse con un'assoluzione. Dopo aver inutilmente tentato di assalire il castello i cittadini caggianesi lo denunziarono nuovamente e il nuovo procedimento giudiziario si protrasse fino alla vigilia della rivoluzione francese.
La diffusione degli ideali rivoluzionari fece nascere anche a Caggiano un "Club della Libertà", guidato da Vincenzo Lupo e da Giuseppe Antonio Abbamonte. Il regime borbonico arrestò il primo e costrinse all'esilio il secondo, che divenne in seguito Segretario generale del ministro delle finanze nella Repubblica Cisalpina. Nel 1799 quando il generale francese Championnet proclamò a Napoli la repubblica napoletana, Abbamonte, conosciuto a Caggiano come "don Peppe", fu nominato presidente del Comitato Centrale.
L'ordinamento delle amministrazioni locali istituito durante l'occupazione francese e i regni di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat (1809-1810), con il consiglio comunale (decurionato) che eleggeva il sindaco, sopravvisse alla Restaurazione
I Caggianesi presero parte ai moti del 1820-1821 e del 1831. Il paese venne inoltre colpito da una notevole crisi economica e si sollevò ancora nel 1848, In seguito alla nuova suddivisione amministrativa del regno di Napoli, il paese fece parte del distretto di Sala nel "Principato di Citeriore" e fu capoluogo di circondario.
Nella notte tra il 16 e il 17 dicembre del 1857 fu colpito da un forte terremoto.
La crisi si perpetuò fino alla fine del XIX secolo incrementando il fenomeno dell'emigrazione soprattutto verso gli Stati Uniti, il Venezuela, l'Argentina e il Brasile.
Soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, il paese si è sviluppato ed esteso a valle delle vecchie mura di cinta ed il centro storico si è progressivamente spopolato. Oggi Caggiano è così diviso in due aree: il centro storico di origine romano-medioevale, racchiuso tra le mura, e l'area moderna. In questi ultimi anni, però, forestieri hanno cominciato ad acquistare case proprio nel centro storico per trascorrervi i periodi di ferie ed il fine settimana.
La popolazione ha accusato sensibili flessioni demografiche in corrispondenza di 3 ondate migratorie verso le Americhe (essenzialmente USA) all'inizio del XX secolo e tra le due guerre mondiali, ed ancora le Americhe (oltre che verso gli USA anche in direzione di Venezuela ed Argentina) ma progressivamente sempre più spesso l'Europa (essenzialmente la Germania Occidentale) ed il nord Italia nel secondo dopoguerra. In particolare, tra il 1921 ed il 1936 la popolazione è passata da 3516 abitanti a 3061, perdendo 455 unità (13% ovvero una media di 30 persone l'anno); nel ventennio 1951-1971 si è passati da 3817 abitanti a 3397, perdendo 420 unità (11% pari a 21 persone annue).
Oggi la popolazione si è attestata poco sopra le 3000 unità.
La prima guerra mondiale causò diverse vittime tra i paesani (38 morti in combattimento, 7 dispersi, 9 in prigionia ed altri 10 per malattie contratte in guerra) e altre ne fece la seconda guerra mondiale (18 morti in combattimento, 4 dispersi e 7 per malattia).
Le principali attività economiche sono l'agricoltura, l'allevamento, l'artigianato ed il commercio. I maggiori prodotti ricavati dal terreno sono cereali, olive ed uva. Scarsa è la superficie boschiva, per la maggior parte di demanio comunale.
Sono, inoltre, presenti alcune piccole aziende manufatturiere, meccaniche e di trasformazione alimentare.
Il terremoto del 23 novembre 1980, contrariamente a quanto avvenuto nei comuni limitrofi, ha solo sfiorato Caggiano senza provocare né morti né feriti, tanto che nell'occasione già nelle prime ore successive all'evento partirono gruppi di volontari per soccorrere i paesi vicini. D'altra parte anche in passato eventi sismici distruttivi hanno più spesso risparmiato Caggiano di quanto non sia successo ai comuni che lo circondano.