Rionero in Vulture
Basilicata

 
      

Rionero in Vulture, chiamato generalmente Rionero, è un comune della provincia di Potenza. È stato insignito della Medaglia d’argento al merito civile per atti di abnegazione durante il secondo conflitto mondiale. La città di Rionero è conosciuta in Italia anche per la sua ricchezza di acque Minerali. Qui opera l'azienda "Fonti del Vulture", che produce la famosa "Acqua Lilia" ed è luogo di estrazione dell'acqua Gaudianello, azienda con sede a Melfi. Inoltre è un rinomato centro produttivo di vini, come l'Aglianico del Vulture, il Moscato bianco e di olio come l'Olio DOP del Vulture. Rionero ospita il CROB, uno dei più importanti centri sulla ricerca oncologica a livello nazionale. Si trova su due colline a sud-est del Vulture, vicino al confine con la Campania e la Puglia, a 656 metri sul livello del mare. Il suo territorio si estende per 53,1 km² ed i suoi abitanti sono divisi tra il centro abitato e le frazioni di Monticchio Bagni e Monticchio Sgarroni. Rionero è uno rinomato produttore dell'Aglianico del Vulture, vino DOC considerato tra i migliori rossi d'Italia e un ottimo accompagnamento con l'arrosto e i formaggi molto stagionati. Proprio l'aglianico di Rionero ha ricevuto undici gran menzioni ed una medaglia d’oro nell'edizione Vinitaly del 2010. In aggiunta, il comune è un grande esportatore di acque minerali, le cui sorgenti rappresentano da millenni un grande bacino idrominerario. Le aziende Fonti del Vulture (ora parte della Coca Cola Company) e Gaudianello (la cui sede legale è a Melfi, sebbene l'estrazione venga effettuata nella frazione di Monticchio Bagni) negli ultimi anni hanno ricevuto ottimi consensi ed esportano la loro produzione in tutta Italia. Altro prodotto da menzionare è l'olio d'oliva del Vulture, di colore giallo ambrato con riflessi verdi e di sapore fruttato con un lieve tono piccante.

ETIMOLOGIA
La prima parte del nome è un composto di rio (ruscello) e dell'aggettivo nero, in riferimento al colore di un fiume che appare scuro per la presenza di pietre nerastre. La specifica si riferisce alla sua collocazione geografica.

MANIFESTAZIONI
1 gennaio - Festa della Madonna della Misericordia presso la chiesa situata di fronte alla stazione FFSS di Rionero
17 gennaio - Festa in onore di Sant’Antonio Abate presso la chiesa di Sant’Antonio e tradizionale pettolata per l'inizio del carnevale
19 marzo - Tradizionali falò sparsi nei rioni della città
25 marzo - Festa dell'Annunciazione - titolare della chiesa parrocchiale SS. Annunziata
25 aprile - Festa del Santo Patrono San Marco Evangelista
26 maggio - Festa della Madonna di Caravaggio (la statua lignea si trova presso la chiesa SS. Annunziata
Giovedì Santo - Sacra Rappresentazione dell’Ultima Cena presso il Palazzo Fortunato
Sabato Santo - Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo. Processione per le vie della città.
domenica dell'ottava di Pasqua - Processione della Madonna del Carmelo dalla chiesa di Sant'Antonio Abate fino in chiesa madre
2 maggio - Festa di San Mauro
13 giugno - Processione in onore di Sant'Antonio
ultima domenica di giugno - Processione per le vie cittadine del Sacro Cuore di Gesù
2ª domenica di agosto' - Festa in onore della Madonna del Carmelo e processione per le vie del centro storico
lunedi dopo la seconda domenica di agosto - processione della Madonna del Carmine dalla chiesa madre fino alla chiesa di Sant'Antonio Abate
26 settembre - Festa dei SS. Medici Cosma e Damiano presso la chiesa SS. Annunziata
24-25 dicembre - Presepe vivente

DA VEDERE

Chiesa di San Marco Evangelista
Detta anche Chiesa Madre e costruita nel 1695, fu dedicata nel 1700 a San Marco Evangelista, patrono di Rionero. Fino al 1728 presentava una navata, ma in seguito venne ricostruita completamente secondo la struttura attuale a croce latina, con la facciata in stile barocco e con tre navate. L'interno è costituito da una cupola, due cappelle laterali, soffitto a cassettoni nella navata centrale. Nel 1798 ebbe il titolo di "Arcipretura collegiata di San Marco Evangelista", retta da un regolamento e da norme molto restrittive. I terremoti del 1851, 1930 e 1980 hanno seriamente danneggiato la struttura, più volte restaurata nel rifacimento del soffitto, del tetto e degli altari.

Chiesa del SS. Sacramento
Fu edificata ove era situata l’antica chiesa di Santa Maria di Rivonigro, cuore del primitivo nucleo abitato scomparso nella prima metà del 1300. Fu parrocchia rurale concessa agli albanesi nel 1530, che praticarono il rito greco fino al 1627, quando il vescovo di Melfi, Diodato Scaglia, li indusse al rito latino. In origine l’edificio era formato da un'unica navata e nel 1794 venne ampliato con l’aggiunta di una navata laterale. Nel 1826 la "Confraternità dei Morti" fece sostituire il vecchio campanile con un altro a base quadrata, la cui cuspide è stata ripristinata nel 2004, dopo essere stata danneggiata dal terremoto del 1980. Nella Sacrestia è conservata una tela del XVI secolo, “la Madonna col Bambino e San Giovannino” di Luca Giordano.

Chiesa della SS. Annunziata
La data di costruzione è piuttosto incerta (si pensa agli inizi del 1700, analizzando le decorazioni di tardo barocco del soffitto). La chiesa della SS. Annunziata sorse come oratorio privato per conto del nobile di Rionero Marcantonio Di Silvio, che la dedicò alla Beata Vergine Annunziata. Secondo i primi registri di battesimi, matrimoni e defunti, l'edificio divenne parrocchia nel 1780. Dopo i lavori di restauro, la parrocchia, su richiesta dei cittadini, fu spostata nella "Chiesa di Caravaggio" nel rione "Costa" fino al mese di maggio 1831, quando il vescovo Sellitti ne permise il ritorno. A causa del terremoto del 1851, la parrocchia tornò di nuovo nella chiesa di Caravaggio (dopo verrà riportata definitivamente nel suo luogo originario). Dopo il terremoto del 1980, il parroco don Domenico Travierso fece apportare altri restauri: i pilastri vennero rinforzati, la torre campanaria venne abbattuta e la porta d'ingresso venne rifatta con decorazioni di lamine bronzee.

Chiesa di Sant'Antonio Abate
Di origini incerte, si pensa sia stata costruita dagli abati benedettini di Monticchio tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, stando allo stile architettonico dei muri e delle finestre molto simile a quello del castello e della Cattedrale di Santa Maria Assunta di Melfi e della Abbazia della SS. Trinità di Venosa. L'edificio ha subito vari restauri dopo i terremoti del 1316, 1651, 1851. La chiesa di Sant'Antonio fu anche luogo di incontro il 1º aprile 1502 tra Louis d'Armagnac, duca di Nemours e Consalvo Fernandez di Cordova, supremi comandanti degli eserciti francese e spagnolo, incontratisi per decidere la spartizione del Regno di Napoli. Una lapide posta all'esterno ricorda questa riunione.

Chiesa di San Nicola
Cappella privata fatta costruire da don Leonardo De Martinis per la sua famiglia nel 1769 in onore di San Nicola di Bari. In passato esisteva anche la Chiesa di Caravaggio, consacrata dal vescovo Luca Antonio della Gatta, costituita da una navata e da un unico altare alla Madonna di Caravaggio. Venne distrutta dal terremoto del 1930 e non fu più riedificata. Altri edifici religiosi sono la Chiesa del Santissimo, dedicata a San Michele, e la Chiesa di San Pasquale, costruita dai Corona, famiglia agiata del posto, nel 1773.

Palazzo Fortunato
Il più importante degli edifici signorili della città. Fu costruito agli inizi del '700, quando Carmelo Fortunato, ascendente di Giustino, lasciò Giffoni Sei Casali per stabilirsi a Rionero. Tra la fine del '700 e gli inizi dell'800, il palazzo venne ampliato dal figlio Pasquale e, in seguito, dal nipote Anselmo. Qui l'11 aprile 1807 si fermò il sovrano Giuseppe Bonaparte, durante un viaggio da Venosa a Valva. Il palazzo ospitò anche Ferdinando II di Borbone nel 1846, durante il suo viaggio da Potenza a Melfi e il presidente del consiglio Giuseppe Zanardelli nel 1902. Con Giustino Fortunato, il palazzo divenne punto di incontro di diversi intellettuali tra cui Benedetto Croce, Gaetano Salvemini e Francesco Saverio Nitti. Nel 1970, il Palazzo Fortunato è stato acquistato dall'amministrazione comunale e, attualmente, ospita la Biblioteca Comunale ed è sede di varie manifestazioni culturali.

Palazzo Pierro
Situato nel centro storico, fu costruito nella seconda metà del XVIII secolo, come attestato dalla data incisa sulla chiave del portale in pietra viva. I proprietari erano persone di spicco della zona, ad esempio l'avvocato Francesco "Ciccio" Pierro è stato sindaco della località per vari anni, oltre che consigliere e deputato provinciale. Dopo il terremoto del 1980, il Palazzo Pierro fu oggetto di ristrutturazione, conservando lo stile architettonico originario.

Orologio del "Rione Costa"
In genere chiamato Orologio della Costa, sorge nel rione omonimo ed offre un suggestivo panorama del comune. Venne costruito su commissione della Giunta comunale (delibera del 21/12/1888) per collocarvi il vecchio orologio. Il progetto venne attuato dal perito Giulio Pallottino, mentre la costruzione venne curata dal muratore Francesco Di Lonardo. La sua posizione strategica garantiva a tutti i cittadini (a quel tempo) di poter osservare l'orario in qualsiasi punto della città, ai tempi in cui l'orologio non era alla portata di tutti.

Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale
Collocato vicino alla Chiesa del SS. Sacramento, per onorare i 180 rioneresi morti durante il conflitto. Inaugurato il 26 giugno 1927, è sormontato da una scultura che rappresenta due giovani soldati e dietro domina la statua della dea Minerva, simbolo della Vittoria.

Stele ai Trucidati della Seconda Guerra Mondiale
Eretta nel "Rione Sant'Antonio", nello stesso punto in cui 16 rioneresi furono barbaramente uccisi dai soldati nazisti il 24 settembre 1943. Il 29 settembre 2003, l'on. Pierferdinando Casini, allora presidente della camera dei deputati, giunse a Rionero per rendere omaggio al loro sacrificio e donare al comune la medaglia al merito civile.

Resti antichi romani
Un insediamento agricolo termale del periodo romano, scoperto in epoca recente, nel 2004. Gli scavi archeologici videro la partecipazione di ricercatori provenienti dalle università di Alberta (Canada), Sydney (Australia) e Ben Gurion (Israele).[11] Il complesso ha conosciuto diverse fasi storiche. Il nucleo originario è costituito dai resti di una villa patrizia e di un impianto termale il quale, secondo le ricerche effettuate, risale all'incirca tra il I e il II secolo a.C.; una seconda fase di costruzione sarebbe avvenuta nel II secolo d.C., confermata dal ritrovamento di una moneta dell'imperatore Marco Aurelio Probo. Altre modifiche, come la costruzione di un ninfeo, sono datate IV secolo d.C. e verso la fine del V secolo d.C. fu aggiunta un'abside dotata di circa 11 metri di diametro. Nel VI secolo d.C., le nuove strutture furono dotate di un sistema di forticazione e, nel VII secolo d.C., avvennero le ultime operazioni di ampliamento. Durante le ricerche è stata anche rinvenuta una statua in marmo della dea Afrodite, probabilmente datata I sec. d.C. e risalente alla scuola prassitelica. Il simulacro è attualmente conservato presso la biblioteca comunale.

ORIGINI E CENNI STORICI
Il territorio era abitato nel IV secolo a.C., come provano le tombe rinvenute nelle località "San Francesco", "Cappella del Priore" e "Padulo". Resti di un acquedotto di epoca romana sono visibili sulla fiumara di Ripacandida, nei pressi dell'attuale abitato. Nel III secolo a.C. entrò a far parte dell'agro di Venusia (l'attuale Venosa). Scavi archeologici in corrispondenza della "Torre degli Embrici" hanno riportato alla luce nel 2004 un insediamento agricolo-termale, risalente agli ultimi secoli avanti Cristo e proseguito fino al tardo Medioevo. Una bolla di papa Eugenio III datata 1152 diede vita a "Santa Maria di Rivonigro", casale del feudo di Atella, a sua volta appartenente al vescovo di Rapolla. Con la caduta dell'impero romano e l'avvento delle invasioni barbariche, il circondario di Rionero vide l'arrivo dei normanni, che si stanziarono soprattutto nella frazione di Monticchio, facendo del castello locale la loro roccaforte, il quale fu probabilmente costruito prima del loro arrivo. La zona divenne in seguito luogo di rifugio per i monaci Basiliani, giunti dalla penisola balcanica per evitare le persecuzioni iconoclastiche. Anche l'ordine religioso si stanziò a Monticchio, ove costruirono anche un'abbazzia. In epoca sveva, si ritiene da alcuni storici che la zona di Rionero fu residenza di caccia di Federico II, ove il sovrano, che trascorreva gran parte del suo tempo libero a Melfi, si recava nei boschi del monte Vulture per esercitare la sua grande passione. Con la fine del governo svevo, il casale fu colpito da un vertiginoso aumento delle tasse, che compromise già le condizioni abbastanza misere dei suoi abitanti. Nel 1316, in seguito ad un bando di Giovanni d'Angiò che accordava esenzioni e immunità per popolare l'allora neonata Atella, Rionero fu quasi del tutto abbandonata per circa un secolo. Il casale di Rionero fu ripopolato nel 1456, quando Atella fu distrutta da un violento terremoto e gran parte degli abitanti furono costretti a ricostruire e ripopolare il vicino casale. In questo periodo giunse anche una comunità di contadini, discendenti degli albanesi emigrati a Melfi. La comunità albanese si stabilì nei pressi della "Chiesa dei Morti", ove professarono il loro culto di rito greco fino al 1627, quando il vescovo Diodato Scaglia li conduce al culto latino.
Durante la dominazione spagnola, la città ebbe un periodo di pace e di prosperità. In data 1 aprile 1502, Rionero ospitò nella chiesa di Sant'Antonio Louis d'Armagnac, duca di Nemours e Consalvo Fernandez di Cordova, rispettivamente comandanti degli eserciti francese e spagnolo, i quali si incontrarono per stipulare accordi sulla spartizione del Regno di Napoli.
Gravemente colpita dal terremoto del 1694, la sua popolazione in quel periodo non superava settecento persone. In seguito la nobile famiglia Caracciolo, ai quali spettava il feudo, concessero il disboscamento, il dissodamento e la coltivazione dei terreni occupati dai boschi della località "Gaudo". Grazie alla sua posizione di frontiera tra Campania e Puglia, Rionero ebbe un certo incremento economico e demografico: nel 1735 gli abitanti erano giunti a circa 3000, nel 1752 a circa 9000. Durante la Repubblica Napoletana del 1799, Rionero partecipò attivamente ai moti e vi fu piantato l'Albero della libertà. I rioneresi Michele Granata e Giustino Fortunato senior furono importanti esponenti della repubblica partenopea ma, dopo la sua caduta, Granata fu condannato a morte nel dicembre dello stesso anno mentre Fortunato si salvò con la fuga. Quest'ultimo venne poi reintegrato da Gioacchino Murat e, con la seconda restaurazione borbonica, divenne primo ministro del Regno delle Due Sicilie. Nel 1811, Rionero avevano superato gli 11000 abitanti e divenne Comune autonomo con decreto di Gioacchino Murat il 4 maggio dello stesso anno, grazie all'impegno di Giustino Fortunato senior.[6] Nell'aprile 1848, in piena rivoluzione agraria sotto il Regno delle Due Sicilie, a Rionero si registrarono forti tumulti contro il latifondismo. I contadini rioneresi, dopo aver costretto con la forza il sindaco ad abolire il dazio sul macinato, invasero il bosco di Lagopesole appartenente alla famiglia Doria, non sopportando il fatto che un famiglia estranea al regno avesse possedimenti che dovrebbero spettare ai contadini. All'alba dell'unità d'Italia, Nicola Mancusi, sacerdote, patriota e responsabile del comitato insurrezionale di Avigliano, vedendo un solido appoggio da parte delle classi medie, scelse Rionero per installare un altro comitato nel giugno 1860, che avrebbe agevolato la cosiddetta insurrezione lucana in favore di Giuseppe Garibaldi. Il 17 agosto dello stesso anno, l'allora sindaco di Rionero, Giuseppe Michele Giannattasio, con il quadro di Garibaldi in mano, scese in piazza gridando "Viva Garibaldi!" e assieme ad altri sostenitori come Emanuele Brienza, Canio Musio, Nicola Mennella, Achille D'Andrea, Achille Pierro, Francesco Pennella e Costantino Vitelli, al comando di un gruppo di 54 volontari si recano a Potenza. Con la caduta del Regno delle Due Sicilie e la sua annessione al nuovo regno d'Italia, le speranze però andarono deluse e le promesse di una risoluzione della questione demaniale da parte del nuovo governo non vennero attuate. suscitando un forte malcontento del ceto popolare. Così Rionero divenne uno dei maggiori centri del brigantaggio postunitario e diede i natali al più noto brigante del periodo, Carmine Crocco detto "Donatello", un bracciante che si arruolò come garibaldino durante la spedizione dei Mille e che, dopo la delusione ricevuta per la mancata clemenza per il suo passato da disertore, passò nelle file borboniche per combattere i borghesi e l'esercito unitario, divenendo comandante di un'armata di 2000 uomini. In quattro anni, Crocco sconvolse la zona del Vulture, dell'Irpinia, della Capitanata e le sue scorrerie arrivarono fino al Molise e al Salento.
Un altro noto brigante originario di Rionero fu Michele di Gè, che aderì al brigantaggio quando l'armata di Crocco era stata quasi del tutto debellata. Con la fine del brigantaggio, Rionero fu sconvolta ancor di più da povertà e miseria. Grazie all'impegno del meridionalista Giustino Fortunato, originario di Rionero, le gravose condizioni di vita della città vennero parzialmente alleviate: con la diffusione di vaccini antimalarici, con la costruzione di un asilo dedicato alla madre Antonia Rapolla e della stazione ferroviaria di "Rionero-Atella-Ripacandida", inaugurata il 21 settembre 1897. Nel 1902, l'allora primo ministro Giuseppe Zanardelli, in viaggio per conoscere di persona le problematiche dell’Italia Meridionale, fece visita a Rionero accompagnato da Fortunato ed alloggiò nel suo palazzo tra il 26 e il 29 settembre. Nel settembre 1943, si registrò a Rionero una delle più tristi tragedie della sua storia, ove 18 rioneresi furono trucidati da alcune truppe naziste. Già dal 16 settembre la popolazione rionerese, per paura della distruzione da parte tedesca dei magazzini dei viveri, assalta gli stessi magazzini del Rione Sant'Antonio, portando via sacchi di farina, di riso e altri generi alimentari. I nazisti spararono sulla folla uccidendo un diciassettene, Antonio Cardillicchio, e diedero fuoco ai magazzini, ove perì una donna, Elisa Giordano Carrieri. Il 24 settembre, il contadino Pasquale Sibilia, svegliato dalle grida della figlia, esce di casa con un fucile e, vedendo un sergente dei paracadutisti, che sembrava rubargli una gallina, gli spara ferendolo di striscio e il militare risponde al fuoco colpendo Sibilia all'inguine. A causa del gesto del contadino, il capitano dei paracadutisti, su ordine di un ufficiale tedesco, fece catturare 16 persone che, insieme a Sibilia vengono barbaramente uccisi a colpi di mitragliatrice. Uno soltanto, Stefano Di Mattia, creduto morto perché svenuto, sfugge al massacro giacendo sotto i corpi dei compagni. Una stele eretta sul luogo dell’eccidio ne ricorda la tragedia per la quale la città di Rionero ha ottenuto la Medaglia d’Argento al Merito Civile.
Il 3 ottobre 2009, riceve il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, ospitato nel palazzo Fortunato nel convegno "Mezzogiorno e unità nazionale - verso il 150° dell'Unità d'Italia", affrontando la tematica del Risorgimento, del Mezzogiorno e rendendo omaggio alla memoria di Fortunato. I successivi e periodici flussi emigratori fecero diminuire la popolazione sino agli attuali 13.000 abitanti.
DATI RIEPILOGATIVI

Popolazione Residente 13.533 (M 6.672, F 6.861)
Densità per Kmq: 254,4
Superficie: 53,19 Kmq

CAP 85028
Prefisso Telefonico 0972
Codice Istat 076066
Codice Catastale H307

Denominazione Abitanti rioneresi
Santo Patrono San Marco
Festa Patronale 25 aprile

Il Comune di Rionero in Vulture fa parte di:
Comunità Montana del Vulture
Associazione Nazionale Città del Vino

Località e Frazioni di Rionero in Vulture
Monticchio Bagni, Monticchio Sgarroni

Comuni Confinanti
Aquilonia (AV), Atella, Barile, Calitri (AV), Melfi, Rapolla, Ripacandida.

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CANTINA DI VENOSA (PZ)
Casa Maschito - Potenza (PZ)
TERME DI RAPOLLA - POTENZA (PZ)
PONTIFICIO SEMINARIO REGIONALE MINORE - LICEO GINNASIO PARITARIO - POTENZA (PZ)