Palazzo San Gervasio
Basilicata

 
      
Palazzo San Gervasio è un comune della provincia di Potenza in Basilicata. Palazzo San Gervasio, cittadina situata nel nord-est della Basilicata su un altopiano compreso tra due valli, è circondata da una rigogliosa vegetazione e da numerose alture. Si trova a 482 m. s.l.m. Il clima è di tipo temperato-sublitoraneo con estati calde e secche ed inverni piuttosto freddi e umidi. Non è raro superare i 40° in estate ed andare al di sotto dello zero in inverno. La media pluviometrica si aggira intorno ai 700mm annui, con i picchi precipitativi nel periodo autunnale ed invernale. I mesi estivi, invece, sono quelli più secchi. La neve fa la sua comparsa ogni inverno con una media di 20 cm/anno circa.

MANIFESTAZIONI
1ª domenica dopo Pasqua - Festa in onore della Madonna di Francavilla (in paese)
13 giugno - Festa patronale in onore di Sant'Antonio da Padova
16 agosto - Festa in onore di San Rocco
1ª domenica di settembre - Festa in onore della Madonna di Francavilla (al Santuario)

DA VEDERE
Percorrendo le vie del paese si possono ammirare vari palazzi come Palazzo Mancinelli, Palazzo Lancellotti con la cappella di famiglia, Palazzo Pizzuti e Palazzo D’Errico che costruito intorno al 1800, conserva interessanti affreschi e dipinti.

PALATIUM REGIUM
Il castello di Palazzo San Gervasio risale all’epoca normanna, mentre il suo riattamento fu quasi certamente fatto eseguire su progetto di Federico II, che oltre ad essere un grande condottiero ed un sagace ed accorto politico, fu pure un valente ingegnere. La sua costruzione, come palatium regium, risale al 1050 circa; esso aveva prima forma quadrata, che è la forma tipica degli edifici militari normanni, con due torrioni ai lati a pianta quadrata e che, con il tempo e l’opera vandalica degli uomini, sono andati del tutto distrutti. Vi erano anche quattro bifore e una trifora centrali simili ad una loggia, che ancor oggi si possono scorgere, anche se murate; in seguito il primitivo disegno architettonico fu completamente modificato.
Il castello fu prima destinato a residenza di campagna dei principi normanni e come luogo di caccia e di svago degli Svevi: domus solatiorum; in seguito come posto di vedetta e di difesa del territorio ricco di boschi e di pascoli contro i Saraceni che scorazzavano ancora nella vicina Puglia o contro i Bizantini o Greci che combattevano contro i Normanni, i quali volevano a qualsiasi costo soppiantarli, come attestano i cronisti coevi.
Intorno e vicino all’ostello vennero costruite di poi delle casette per il personale dipendente, le quali cominciarono a formare quel rione che si chiamò Santo Spirito e che aveva al suo centro una chiesetta, non più esistente sin dalla fine del Cinquecento, costruita probabilmente, ad opera di devoti lombardi, al servizio dei Normanni (altrimenti non si riuscirebbe a spiegare l’intitolazione della chiesa, nel bel sud d’Italia, a martiri cristiani del nord) dedicata ed intitolata ad uno dei santi martiri del cristianesimo: Gervasio fratello gemello di Protasio, di cui si parla in due Bolle pontificie di Pasquale II (1099-1118): datata, dal Laterano, la prima, 22.5.1103, in cui si accenna all’esistenza di detta Chiesa: «Ecclesiam Sanctorum martyrum Gervasii et Protasii in Bandusino fonte apud Venusiam»; la seconda, datata da Albano il 16.6.1106, in cui si pone la stessa alle dipendenze dell’Arcivescovo di Acerenza. L’imperatore Federico Il fece riattare il castello che gli doveva servire prima come luogo di caccia — che era il suo hobby preferito — e dopo come posto ideale — a causa dei ricchi pascoli ivi esistenti — per l’allevamento della razza dei cavalli, cosiddetti murgesi, allora molto richiesti, e specie quella dei cavalli arabi che l’augusto sovrano, tra le altre, preferiva. In queste scuderie venivano anche selezionati, a cura di un magister aratiarum, i superbi stalloni di razza reale che facevano spicco durante i fastosi cortei imperiali.
Ma il castello fu più frequentato e divenne molto più celebre al tempo di re Manfredi (1232-1266), figlio naturale di Federico II e di Bianca, il quale, dopo la vittoria conseguita durante la battaglia di Foggia, nell’estate del 1255, vi soggiornò a lungo.
Infatti il valoroso principe, ancora ventitreenne, in quel castello, dopo la suddetta vittoria sull’esercito pontificio comandato dal cardinale di Santa Maria in Lata, Ottaviano degli Ubaldini, legato del papa Alessandro IV (1254-1261) e considerato a torto dalla opinione pubblica del tempo come il traditore della causa guelfa per aver stipulato, dopo la sconfitta di Foggia, un trattato con Manfredi in cui egli assecondava i disegni del principe a discapito della causa pontificia (la logica delle cose vuole, però, che chi perde deve sottostare alle proposte del vincitore, pena la ripresa delle ostilità che il Cardinale in quel momento non era in grado, in nessun modo, di affrontare), si ritirò con il suo seguito per ristorarsi dalle fatiche della guerra. Il luogo, d’altronde, era ameno per la salubrità dell’aria e per la copiosità delle acque limpide e salutari e venationibus delectabilem — secondo scrive il cronista Jamsilla, ma, tra i sollazzi della caccia al cinghiale, al cervo e al daino e i refrigeri del bosco33 vicino, il giovane principe, aliquantum aegrotavit, si ammalò molto probabilmente di broncopolmonite tanto che fu prossimo alla morte.

PINACOTECA E BIBLIOTECA "Camillo d'Errico"
Il 2 novembre 1897, due giorni dopo la sua morte, Camillo d'Errico lasciava alla comunità di Palazzo San Gervasio la più grande raccolta d’arte privata del Meridione: 298 tele del XVII e XVIII sec., 500 stampe dello stesso periodo, 8.000 volumi della sua biblioteca (alcune serie uniche al mondo), più due palazzi prospicienti, alla collettività di questo paese. Camillo d'Errico fu uno dei più illuminati esponenti della sua famiglia, di nobili e antiche origini, proveniente da San Chirico nel Lagonegrese. Sindaco di Palazzo nel periodo postunitario, favorì il miglioramento delle condizioni di vita dei suoi concittadini con una serie di provvedimenti: introdusse l'illuminazione elettrica (uno dei primi comuni del Sud a esserne dotato); sistemò le strade; ampliò il cimitero; fondò una biblioteca comunale nel 1893.
Camillo d'Errico non fu, però, soltanto un brillante amministratore, ma è soprattutto un cultore dell'arte e del sapere. La grande raccolta dei dipinti da lui allestita si arricchiva di quadri provenienti sia dal Castello di Palazzo “Palatium Regium” sia da Napoli. La sua pinacoteca annovera tele tra cui opere della scuola napoletana di Salvator Rosa, Massimo Stanzioni, Luca Giordano, Micco Spadaro; della scuola romana di Guido Reni, Carlo Dolci, Carlo Maratta; della scuola bolognese del Guercino e i fratelli Agostino e Annibale Caracci; della scuola fiamminga di Antonio Van Dick, Pieter Brueghel il Vecchio, Pieter Snayers; della scuola spagnola di Diego Rodriguez de Silva y Velásquez e josé de Ribera detto lo Spagnoletto. Non mancano, infine, dipinti delle scuole francese e tedesca. La biblioteca contiene circa 8.000 volumi, fra cui stampe e cronache antiche, testi letterari, giuridici e storici, appunti sulla storia delle chiese presi; le carte di famiglia ordinate in un archivio ricchissimo. Nel 1939, adducendo ragioni di sicurezza, con legge n.1082 del 13 luglio 1939 cui seguiva Regolamento di esecuzione (R.D. 2 ottobre 1940, n.1588) l’allora Ministero dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, disponeva lo spostamento dell’ingente patrimonio nella città di Matera. Dopo che l'amministrazione comunale di Palazzo San Gervasio, ha completato i lavori di restauro di palazzo d'Errico, dal 2003, ad opera del MIBAC e dell'ente morale Camillo d'Errico, si organizzano mostre tematiche con opere appartenenti alla collezione medesima. Il 5 marzo 2008 l’Ente Morale Camillo d’Errico aderisce alla fondazione Euro mediterranea Anna Lindh per il “Dialogo tra le Culture”, con sede nelle biblioteche Alessandrine in Egitto. Questo primo grande riconoscimento dà lustro non solo a Palazzo San Gervasio ma a tutta la regione Basilicata, il C.d.A. dell’ente morale apre le porte non solo all’Italia, ma a tutto il bacino euro mediterraneo per far visionare il proprio patrimonio artistico nel circuito culturale europeo. Il 24 novembre 2008 il Consiglio Regionale della Basilicata approva all'unanimità la L.R. 29/08, sulle "Norme per la valorizzazione della biblioteca e pinacoteca Camillo d'Errico". Dal 18 luglio 2013 al 20 ottobre 2013, è in atto una mostra di "Capolavori del settecento napoletanto" appartenenti alla collezione d'Errico.

BIBLIOTECA "Joseph and Mary Agostine"
Nel 1978,si destinava la somma di un milione di dollari per l’istituzione in Palazzo San Gervasio, di una biblioteca intestata a “ Joseph and Mary Agostine Memorial Library ”. Ben due testamenti, con uguale contenuto, toccarono, questa collettività nel Nord-Est della Basilicata. Oggi la biblioteca è stata inaugurata presso l’ex piazzetta coperta, in Vico Veglia 1.

EDIFICI RELIGIOSI
Chiesa di "San Nicola" del XIX sec. in stile romanico pugliese.
Chiesa di "San Rocco" risalente al 1753.
Chiesa del "Santissimo Crocifisso" del 1500 con interno a tre navate in stile romanico.
Chiesa di "San Sebastiano" (del Settecento)
Chiesa del Rosario (XVII secolo)
Santuario della Madonna di Francavilla

ENOGASTRONOMIA
Prodotti tipici di Palazzo sono i dolci come i Couzuncigghje (calzoncelli), u' Còzone (il calzone), i Crespegghje (le crespelle), le Pèttele (pettole) ossia frittelle fatte con pasta di farina lievitata e lavorata, tutti dolci tipici del periodo natalizio. Sempre tra i dolci, si ricordano la Scarcegghje (la scarcella) e i Laghene che megghieiche lagane con la mollica) tipici delle feste pasquali. Tra le specialità gastronomiche palazzesi troviamo inoltre il Sanguinaccio dolce: crema fatta con sangue di maiale con l'aggiunta di ingredienti come vaniglia e cacao amaro e le Ciambelleine(ciambelle): una ciambella glassata, tipico dolce nuziale. Fra i primi piatti invece vanno menzionate le orecchiette al sugo di coniglio, e i Caponde (capunti): particolare tipo di pasta fatta in casa. Un'altra specialità caratteristica del paese sono i peperoni cruschi, cioè croccanti(Iavelicchje): peperoni rossi essiccati che vengono scottati nell'olio d'oliva, spesso utilizzati come condimento nella pasta o in altri cibi.

ORIGINI E CENNI STORICI
Lo studioso Bozza afferma che Palazzo San Gervasio sorse quando i saraceni distrussero Banzi e cita la Fonte Bandusia, che, secondo i suoi studi, pare sorgesse ad un chilometro circa dal paese. Le origini di Palazzo San Gervasio sono imprescindibilmente connesse a quelle del suo castello normanno-svevo, il Palatium Regium, dal quale il paese prende il nome, così come ne seguì le vicende storiche. Il borgo infatti, si è sviluppato intorno al XI secolo, proprio a partire dal maniero, con la costruzione delle abitazioni per la gente che prestava i propri servigi ai signori che lo abitavano. Il primo rione fu quello dello Spirito Santo, così denominato perché vi sorgeva una chiesetta, Santo Spirito appunto, che diede il nome a questo originario nucleo abitativo nel quale sorgeva un altro piccolo edificio sacro, la chiesa dei santi Gervasio e Protasio, come si evince da due bolle papali del 1103 e del 1106. Proprio di un "casale Gervasii" si parla in un documento del 1082 a proposito della donazione del paese da parte del figlio di Roberto il Guiscardo, conte Ruggero, al Monastero della SS. Trinità di Venosa e infine, la bolla pontificia di papa Innocenzo II chiama "Palatium Sancti Gervasii", nel 1201, la cittadina. Durante la dominazione angioina, nel 1267, Carlo d'Angiò rese il "tenimento di San Gervasio" un avamposto difensivo dell'intera Basilicata, affidando l'incarico di custode a Nicola Frezzano da Venosa.
Alcuni documenti risalenti al 1281 testimoniano come la "marescallia di San Gervasio" fosse la sede delle migliori razze equine, allevate dai sovrani angioini. Sotto Carlo II d'Angiò custode delle foreste di San Gervasio fu Filippo di Grandiprato, che ebbe in affidamento anche il castello. Re Roberto d'Angiò invece, nel 1134 nominò nei territori di San Gervasio e Lagopesole "custode delle foreste e delle difese" Bertranda del Balzo, principe di Altamura. La trasformazione delle regie difese in feudi, iniziata sotto il regno di Giovanna I d'Angiò, proseguì con il suo discendente Carlo III e con suo figlio Ladislao.
Nel 1434 si ha il primo atto di infeudazione. La regina Giovanna II d'Angiò cede infatti il feudo di palazzo San Gervasio alla parente Novella (o Corbella) Ruffo. È il periodo in cui sorge il rione Piano e l'originario Spirito Santo si amplia notevolmente. Agli inizi del XVI secolo il feudo con tutte le sue pertinenze, che rientravano tra i possedimenti regi, vengono dati in concessione a Nicola Maria Caracciolo, marchese di Castellaneta, da Ferdinando il Cattolico. Si hanno dati certi che, nel 1531, il castello fosse in buono stato di conservazione, mentre il paese annoverava una popolazione di 90 fuochi.
Nel 1532 Carlo V d'Asburgo, imperatore d'Austria, concesse in feudo palazzo San Gervasio al barone Ferrante D'Alarcon de Mendoza, inizia per il paese un'epoca di avvicendamenti nella dominazione. Già nel 1544 fu completata l'edificazione della chiesa madre adiacente al castello. Nel 1564 subentra al barone spagnolo Donna Lucrezia della Tolfa, alla quale, nel 1569 seguono i figli Giovannantonio e Girolamo e, nel 1587, Carlo del Tufo. Nel 1595 Casale San Gervasio ottenne il titolo di università. Acquistato nel 1597 dal duca di Aderenza, Galeazzo Pinelli, nel 1600 venne ereditato dal figlio di questi, Cosimo, e poi dal nipote Galeazzo Francesco. Fu ancora venduto dai Pinelli ad Antonio Cattaneo di Genova, nel 1615 e passò alle due sorelle Ippolita e poi Costanza, che aveva sposato il feudatario di Genzano di Lucania, Giovanni De Marinis. Ultimo feudatario fu Giovanni Andrea De Marinis, nei cui possedimenti Palazzo San Gervasio rimase fino al 2 agosto 1806, anno di eversione della feudalità.
All'epoca dei moti partenopei il paese aderì piantando l'albero della libertà in piazza e subendone le conseguenze. Molti patrioti furono assassinati e la cittadina saccheggiata e incendiata per rappresaglia. Il 1809 fu un anno segnato dall'attacco dei briganti, bloccati però prima di arrivare in paese, in via Difesa, dalla Milizia Civile coadiuvata dagli ausiliari e da truppe francesi a cavallo. Un annoso contenzioso tra l'ultimo feudatario, De Marinis, e la popolazione, conclusosi nel 1810 a favore del signorotto che produsse documenti falsi per accaparrarsi la colonia sui Casaleni e sui Castellani, nonché l'uso civico su altre contrade nel bosco, causò gravissimi disagi alla popolazione per trent'anni, mettendone in pericolo la sopravvivenza. Per far fronte alla drammatica situazione furono occupate le terre del latifondo con la violenza e dolosamente incendiate dai palazzesi esasperati.

 
      

 

DATI RIEPILOGATIVI

In aggiornamento

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TERME DI RAPOLLA - POTENZA (PZ)
PONTIFICIO SEMINARIO REGIONALE MINORE - LICEO GINNASIO PARITARIO - POTENZA (PZ)
CANTINA DI VENOSA (PZ)
Casa Maschito - Potenza (PZ)