MANIFESTAZIONI
1ª domenica dopo Pasqua - Festa in onore della
Madonna di Francavilla (in paese)
13 giugno - Festa patronale in onore di Sant'Antonio
da Padova
16 agosto - Festa in onore di San Rocco
1ª domenica di settembre - Festa in onore della
Madonna di Francavilla (al Santuario)
DA VEDERE
Percorrendo le vie del paese si possono ammirare vari
palazzi come Palazzo Mancinelli, Palazzo Lancellotti
con la cappella di famiglia, Palazzo Pizzuti e Palazzo
D’Errico che costruito intorno al 1800, conserva
interessanti affreschi e dipinti.
PALATIUM REGIUM
Il castello di Palazzo San Gervasio risale all’epoca
normanna, mentre il suo riattamento fu quasi certamente
fatto eseguire su progetto di Federico II, che oltre
ad essere un grande condottiero ed un sagace ed accorto
politico, fu pure un valente ingegnere. La sua costruzione,
come palatium regium, risale al 1050 circa; esso aveva
prima forma quadrata, che è la forma tipica
degli edifici militari normanni, con due torrioni
ai lati a pianta quadrata e che, con il tempo e l’opera
vandalica degli uomini, sono andati del tutto distrutti.
Vi erano anche quattro bifore e una trifora centrali
simili ad una loggia, che ancor oggi si possono scorgere,
anche se murate; in seguito il primitivo disegno architettonico
fu completamente modificato.
Il castello fu prima destinato a residenza di campagna
dei principi normanni e come luogo di caccia e di
svago degli Svevi: domus solatiorum; in seguito come
posto di vedetta e di difesa del territorio ricco
di boschi e di pascoli contro i Saraceni che scorazzavano
ancora nella vicina Puglia o contro i Bizantini o
Greci che combattevano contro i Normanni, i quali
volevano a qualsiasi costo soppiantarli, come attestano
i cronisti coevi.
Intorno e vicino all’ostello vennero costruite
di poi delle casette per il personale dipendente,
le quali cominciarono a formare quel rione che si
chiamò Santo Spirito e che aveva al suo centro
una chiesetta, non più esistente sin dalla
fine del Cinquecento, costruita probabilmente, ad
opera di devoti lombardi, al servizio dei Normanni
(altrimenti non si riuscirebbe a spiegare l’intitolazione
della chiesa, nel bel sud d’Italia, a martiri
cristiani del nord) dedicata ed intitolata ad uno
dei santi martiri del cristianesimo: Gervasio fratello
gemello di Protasio, di cui si parla in due Bolle
pontificie di Pasquale II (1099-1118): datata, dal
Laterano, la prima, 22.5.1103, in cui si accenna all’esistenza
di detta Chiesa: «Ecclesiam Sanctorum martyrum
Gervasii et Protasii in Bandusino fonte apud Venusiam»;
la seconda, datata da Albano il 16.6.1106, in cui
si pone la stessa alle dipendenze dell’Arcivescovo
di Acerenza. L’imperatore Federico Il fece riattare
il castello che gli doveva servire prima come luogo
di caccia — che era il suo hobby preferito —
e dopo come posto ideale — a causa dei ricchi
pascoli ivi esistenti — per l’allevamento
della razza dei cavalli, cosiddetti murgesi, allora
molto richiesti, e specie quella dei cavalli arabi
che l’augusto sovrano, tra le altre, preferiva.
In queste scuderie venivano anche selezionati, a cura
di un magister aratiarum, i superbi stalloni di razza
reale che facevano spicco durante i fastosi cortei
imperiali.
Ma il castello fu più frequentato e divenne
molto più celebre al tempo di re Manfredi (1232-1266),
figlio naturale di Federico II e di Bianca, il quale,
dopo la vittoria conseguita durante la battaglia di
Foggia, nell’estate del 1255, vi soggiornò
a lungo.
Infatti il valoroso principe, ancora ventitreenne,
in quel castello, dopo la suddetta vittoria sull’esercito
pontificio comandato dal cardinale di Santa Maria
in Lata, Ottaviano degli Ubaldini, legato del papa
Alessandro IV (1254-1261) e considerato a torto dalla
opinione pubblica del tempo come il traditore della
causa guelfa per aver stipulato, dopo la sconfitta
di Foggia, un trattato con Manfredi in cui egli assecondava
i disegni del principe a discapito della causa pontificia
(la logica delle cose vuole, però, che chi
perde deve sottostare alle proposte del vincitore,
pena la ripresa delle ostilità che il Cardinale
in quel momento non era in grado, in nessun modo,
di affrontare), si ritirò con il suo seguito
per ristorarsi dalle fatiche della guerra. Il luogo,
d’altronde, era ameno per la salubrità
dell’aria e per la copiosità delle acque
limpide e salutari e venationibus delectabilem —
secondo scrive il cronista Jamsilla, ma, tra i sollazzi
della caccia al cinghiale, al cervo e al daino e i
refrigeri del bosco33 vicino, il giovane principe,
aliquantum aegrotavit, si ammalò molto probabilmente
di broncopolmonite tanto che fu prossimo alla morte.
PINACOTECA E BIBLIOTECA "Camillo d'Errico"
Il 2 novembre 1897, due giorni dopo la sua morte,
Camillo d'Errico lasciava alla comunità di
Palazzo San Gervasio la più grande raccolta
d’arte privata del Meridione: 298 tele del XVII
e XVIII sec., 500 stampe dello stesso periodo, 8.000
volumi della sua biblioteca (alcune serie uniche al
mondo), più due palazzi prospicienti, alla
collettività di questo paese. Camillo d'Errico
fu uno dei più illuminati esponenti della sua
famiglia, di nobili e antiche origini, proveniente
da San Chirico nel Lagonegrese. Sindaco di Palazzo
nel periodo postunitario, favorì il miglioramento
delle condizioni di vita dei suoi concittadini con
una serie di provvedimenti: introdusse l'illuminazione
elettrica (uno dei primi comuni del Sud a esserne
dotato); sistemò le strade; ampliò il
cimitero; fondò una biblioteca comunale nel
1893.
Camillo d'Errico non fu, però, soltanto un
brillante amministratore, ma è soprattutto
un cultore dell'arte e del sapere. La grande raccolta
dei dipinti da lui allestita si arricchiva di quadri
provenienti sia dal Castello di Palazzo “Palatium
Regium” sia da Napoli. La sua pinacoteca annovera
tele tra cui opere della scuola napoletana di Salvator
Rosa, Massimo Stanzioni, Luca Giordano, Micco Spadaro;
della scuola romana di Guido Reni, Carlo Dolci, Carlo
Maratta; della scuola bolognese del Guercino e i fratelli
Agostino e Annibale Caracci; della scuola fiamminga
di Antonio Van Dick, Pieter Brueghel il Vecchio, Pieter
Snayers; della scuola spagnola di Diego Rodriguez
de Silva y Velásquez e josé de Ribera
detto lo Spagnoletto. Non mancano, infine, dipinti
delle scuole francese e tedesca. La biblioteca contiene
circa 8.000 volumi, fra cui stampe e cronache antiche,
testi letterari, giuridici e storici, appunti sulla
storia delle chiese presi; le carte di famiglia ordinate
in un archivio ricchissimo. Nel 1939, adducendo ragioni
di sicurezza, con legge n.1082 del 13 luglio 1939
cui seguiva Regolamento di esecuzione (R.D. 2 ottobre
1940, n.1588) l’allora Ministero dell’Educazione
Nazionale, Giuseppe Bottai, disponeva lo spostamento
dell’ingente patrimonio nella città di
Matera. Dopo che l'amministrazione comunale di Palazzo
San Gervasio, ha completato i lavori di restauro di
palazzo d'Errico, dal 2003, ad opera del MIBAC e dell'ente
morale Camillo d'Errico, si organizzano mostre tematiche
con opere appartenenti alla collezione medesima. Il
5 marzo 2008 l’Ente Morale Camillo d’Errico
aderisce alla fondazione Euro mediterranea Anna Lindh
per il “Dialogo tra le Culture”, con sede
nelle biblioteche Alessandrine in Egitto. Questo primo
grande riconoscimento dà lustro non solo a
Palazzo San Gervasio ma a tutta la regione Basilicata,
il C.d.A. dell’ente morale apre le porte non
solo all’Italia, ma a tutto il bacino euro mediterraneo
per far visionare il proprio patrimonio artistico
nel circuito culturale europeo. Il 24 novembre 2008
il Consiglio Regionale della Basilicata approva all'unanimità
la L.R. 29/08, sulle "Norme per la valorizzazione
della biblioteca e pinacoteca Camillo d'Errico".
Dal 18 luglio 2013 al 20 ottobre 2013, è in
atto una mostra di "Capolavori del settecento
napoletanto" appartenenti alla collezione d'Errico.
BIBLIOTECA "Joseph and Mary Agostine"
Nel 1978,si destinava la somma di un milione di dollari
per l’istituzione in Palazzo San Gervasio, di
una biblioteca intestata a “ Joseph and Mary
Agostine Memorial Library ”. Ben due testamenti,
con uguale contenuto, toccarono, questa collettività
nel Nord-Est della Basilicata. Oggi la biblioteca
è stata inaugurata presso l’ex piazzetta
coperta, in Vico Veglia 1.
EDIFICI RELIGIOSI
Chiesa di "San Nicola" del XIX sec. in stile
romanico pugliese.
Chiesa di "San Rocco" risalente al 1753.
Chiesa del "Santissimo Crocifisso" del 1500
con interno a tre navate in stile romanico.
Chiesa di "San Sebastiano" (del Settecento)
Chiesa del Rosario (XVII secolo)
Santuario della Madonna di Francavilla
ENOGASTRONOMIA
Prodotti tipici di Palazzo sono i dolci come i Couzuncigghje
(calzoncelli), u' Còzone (il calzone), i Crespegghje
(le crespelle), le Pèttele (pettole) ossia
frittelle fatte con pasta di farina lievitata e lavorata,
tutti dolci tipici del periodo natalizio. Sempre tra
i dolci, si ricordano la Scarcegghje (la scarcella)
e i Laghene che megghieiche lagane con la mollica)
tipici delle feste pasquali. Tra le specialità
gastronomiche palazzesi troviamo inoltre il Sanguinaccio
dolce: crema fatta con sangue di maiale con l'aggiunta
di ingredienti come vaniglia e cacao amaro e le Ciambelleine(ciambelle):
una ciambella glassata, tipico dolce nuziale. Fra
i primi piatti invece vanno menzionate le orecchiette
al sugo di coniglio, e i Caponde (capunti): particolare
tipo di pasta fatta in casa. Un'altra specialità
caratteristica del paese sono i peperoni cruschi,
cioè croccanti(Iavelicchje): peperoni rossi
essiccati che vengono scottati nell'olio d'oliva,
spesso utilizzati come condimento nella pasta o in
altri cibi.
ORIGINI E CENNI STORICI
Lo studioso Bozza afferma che Palazzo San Gervasio
sorse quando i saraceni distrussero Banzi e cita la
Fonte Bandusia, che, secondo i suoi studi, pare sorgesse
ad un chilometro circa dal paese. Le origini di Palazzo
San Gervasio sono imprescindibilmente connesse a quelle
del suo castello normanno-svevo, il Palatium Regium,
dal quale il paese prende il nome, così come
ne seguì le vicende storiche. Il borgo infatti,
si è sviluppato intorno al XI secolo, proprio
a partire dal maniero, con la costruzione delle abitazioni
per la gente che prestava i propri servigi ai signori
che lo abitavano. Il primo rione fu quello dello Spirito
Santo, così denominato perché vi sorgeva
una chiesetta, Santo Spirito appunto, che diede il
nome a questo originario nucleo abitativo nel quale
sorgeva un altro piccolo edificio sacro, la chiesa
dei santi Gervasio e Protasio, come si evince da due
bolle papali del 1103 e del 1106. Proprio di un "casale
Gervasii" si parla in un documento del 1082 a
proposito della donazione del paese da parte del figlio
di Roberto il Guiscardo, conte Ruggero, al Monastero
della SS. Trinità di Venosa e infine, la bolla
pontificia di papa Innocenzo II chiama "Palatium
Sancti Gervasii", nel 1201, la cittadina. Durante
la dominazione angioina, nel 1267, Carlo d'Angiò
rese il "tenimento di San Gervasio" un avamposto
difensivo dell'intera Basilicata, affidando l'incarico
di custode a Nicola Frezzano da Venosa.
Alcuni documenti risalenti al 1281 testimoniano come
la "marescallia di San Gervasio" fosse la
sede delle migliori razze equine, allevate dai sovrani
angioini. Sotto Carlo II d'Angiò custode delle
foreste di San Gervasio fu Filippo di Grandiprato,
che ebbe in affidamento anche il castello. Re Roberto
d'Angiò invece, nel 1134 nominò nei
territori di San Gervasio e Lagopesole "custode
delle foreste e delle difese" Bertranda del Balzo,
principe di Altamura. La trasformazione delle regie
difese in feudi, iniziata sotto il regno di Giovanna
I d'Angiò, proseguì con il suo discendente
Carlo III e con suo figlio Ladislao.
Nel 1434 si ha il primo atto di infeudazione. La regina
Giovanna II d'Angiò cede infatti il feudo di
palazzo San Gervasio alla parente Novella (o Corbella)
Ruffo. È il periodo in cui sorge il rione Piano
e l'originario Spirito Santo si amplia notevolmente.
Agli inizi del XVI secolo il feudo con tutte le sue
pertinenze, che rientravano tra i possedimenti regi,
vengono dati in concessione a Nicola Maria Caracciolo,
marchese di Castellaneta, da Ferdinando il Cattolico.
Si hanno dati certi che, nel 1531, il castello fosse
in buono stato di conservazione, mentre il paese annoverava
una popolazione di 90 fuochi.
Nel 1532 Carlo V d'Asburgo, imperatore d'Austria,
concesse in feudo palazzo San Gervasio al barone Ferrante
D'Alarcon de Mendoza, inizia per il paese un'epoca
di avvicendamenti nella dominazione. Già nel
1544 fu completata l'edificazione della chiesa madre
adiacente al castello. Nel 1564 subentra al barone
spagnolo Donna Lucrezia della Tolfa, alla quale, nel
1569 seguono i figli Giovannantonio e Girolamo e,
nel 1587, Carlo del Tufo. Nel 1595 Casale San Gervasio
ottenne il titolo di università. Acquistato
nel 1597 dal duca di Aderenza, Galeazzo Pinelli, nel
1600 venne ereditato dal figlio di questi, Cosimo,
e poi dal nipote Galeazzo Francesco. Fu ancora venduto
dai Pinelli ad Antonio Cattaneo di Genova, nel 1615
e passò alle due sorelle Ippolita e poi Costanza,
che aveva sposato il feudatario di Genzano di Lucania,
Giovanni De Marinis. Ultimo feudatario fu Giovanni
Andrea De Marinis, nei cui possedimenti Palazzo San
Gervasio rimase fino al 2 agosto 1806, anno di eversione
della feudalità.
All'epoca dei moti partenopei il paese aderì
piantando l'albero della libertà in piazza
e subendone le conseguenze. Molti patrioti furono
assassinati e la cittadina saccheggiata e incendiata
per rappresaglia. Il 1809 fu un anno segnato dall'attacco
dei briganti, bloccati però prima di arrivare
in paese, in via Difesa, dalla Milizia Civile coadiuvata
dagli ausiliari e da truppe francesi a cavallo. Un
annoso contenzioso tra l'ultimo feudatario, De Marinis,
e la popolazione, conclusosi nel 1810 a favore del
signorotto che produsse documenti falsi per accaparrarsi
la colonia sui Casaleni e sui Castellani, nonché
l'uso civico su altre contrade nel bosco, causò
gravissimi disagi alla popolazione per trent'anni,
mettendone in pericolo la sopravvivenza. Per far fronte
alla drammatica situazione furono occupate le terre
del latifondo con la violenza e dolosamente incendiate
dai palazzesi esasperati.