Schio
è un comune della provincia di Vicenza in Veneto.
Schio è per numero di abitanti il terzo comune
della provincia di Vicenza, situato all'imboccatura
della Val Leogra e attorniato da un anfiteatro montagnoso
che ha sfavorito lo sviluppo di culture contadine
e commerciali, favorendo quindi lo sviluppo industriale
(specialmente dell'arte laniera) come mezzo di sostentamento.
L'antica cultura rurale, comunque ancora presente
in questa cittadina, è testimoniata soprattutto
dalla presenza di molte contrade nei suoi colli e
montagne. Il territorio è caratterizzato da
un'ampia presenza mineraria nel sottosuolo sfruttato
dall'uomo, fin dall'antichità, richiamando
numerose popolazioni e favorendone l'insediamento.
Queste popolazioni bonificarono il territorio e vi
impiantarono numerose colture, dagli ortaggi alle
granaglie, dalla frutta ai pascoli. Il territorio
può essere idealmente suddiviso in quattro
ambienti principali: nei monti circostanti, oltre
i 1000 metri si può notare una grande presenza
di conifere, con pini, abeti e larici. Sulla sommità
del monte Novegno è presente il pino mugo,
genziane e numerose altre specie vegetali. Il monte
Summano, che domina la città, viene considerato
un patrimonio floristico unico in Europa. Vi si possono
trovare circa 1000 specie di piante e fiori diversi
e su questo piccolo monte è reperibile circa
il 7.5% dell'intera flora europea, il 15% di quella
italiana e più del 30% di quella veneta, a
sua volta una delle più ricche d'Italia; nei
luoghi di elevata umidità si possono trovare
numerosi boschi di faggi; boschi di piante mesofile
tra i 1000 e i 300 metri di quota. Qui la natura è
particolarmente rigogliosa, favorita da terreni più
umidi e ricchi di sostanze nutritive. Non è
raro trovare animali come caprioli, volpi e numerose
specie di mammiferi di piccole dimensioni; boschi
di piante termofile sotto i 500 metri di quota con
arbusti e piante di piccole dimensioni. La circoscrizione
territoriale ha subito le seguenti modifiche: nel
1928 aggregazione di territori del soppresso comune
di Magrè Vicentino e nel 1969 aggregazione
di territori del soppresso comune di Tretto.
ETIMOLOGIA
Il nome "Schio" deriva da "scledum",
termine latino medioevale indicante una pianta della
famiglia della quercia. Nonostante il nome sia relativamente
recente, Schio non è certo una città
di recente fondazione. Le prime tracce della presenza
dell'uomo in questo territorio risalgono addirittura
all'epoca preistorica e vengono documentate da una
vasta serie di reperti archeologici rinvenuti in zona.
ECONOMIA
Grazie alla ricchezza del territorio e ad una forte
vocazione imprenditoriale, Schio risulta essere un
caso abbastanza peculiare all'interno del panorama
economico italiano. In passato sorsero poche grandi
imprese, che catalizzarono le attività e l'economia
non solo della città ma anche di tutto il territorio
circostante (ad esempio la Lanerossi diede lavoro
a generazioni di vicentini). In epoche più
recenti sono proliferate aziende di piccole e medie
dimensioni, aziende famigliari e artigiane sparse
in tutto il vasto territorio di cui Schio è
a capo. Il settore economico trainante resta sicuramente
l'industria e l'artigianato, in particolare l'industria
metalmeccanica, laniera, alimentare, dolciaria e delle
confezioni oltre ad alcune prestigiose presenze (anche
se numericamente meno rilevanti) legate all'industria
farmaceutica, dei marmi, calzature ecc. Negli ultimi
anni l'industria tessile ha attraversato una grave
crisi che ha comportato la perdita di migliaia di
posti di lavoro.
Schio possiede una vasta zona industriale ai margini
del centro abitato, creata alla fine degli anni sessanta
e poi espansa nei decenni fino alla realizzazione
di una seconda zona industriale.
La logistica dei trasporti all'interno della città
e tra Schio e le città confinanti è
in continuo sviluppo, da ricordare l'apertura del
Traforo Schio-Valdagno, a pedaggio, lungo 4690 metri
e scavato sotto il monte Zovo, traforo nato appunto
per collegare queste due città legate da intensi
scambi commerciali. Attualmente è ulteriormente
diminuita l'importanza dell'agricoltura nel territorio,
anche se è notevolmente aumentata la qualità
dei prodotti e la meccanizzazione del settore. Il
turismo invece sta dimostrando un grande sviluppo,
grazie alla presenza di realtà di grande interesse
naturalistico e ambientale, essendo Schio immersa
in un ambiente artistico, religioso, culturale, naturalistico
e paesaggistico di grande pregio.
DA
VEDERE
L'elemento culturale probabilmente più importante
di Schio è il museo all'aperto di archeologia
industriale. Propone ai visitatori la scoperta di
un vastissimo patrimonio di storia industriale dell'area
di Schio. La scoperta del patrimonio storico-artistico
del territorio viene realizzata grazie alla possibilità
di coinvolgere le persone interessate nell'osservazione
diretta dell'ambiente storico di Schio. Il percorso
guidato prevede inizialmente un momento introduttivo
di presentazione di materiale audiovisivo e storico,
cui segue la visita diretta per lo studio attivo del
territorio storico cittadino, con possibilità
di scelta tra i due itinerari specifici, il primo
legato alla Fabbrica Alta e ad un percorso che segue
la storia laniera di Schio, mentre il secondo serve
ad illustrare come veniva prodotta l'energia grazie
ad un sistema di canali artificiali. In Zona Industriale
2, il primo di aprile 2006 è stato inaugurato
il Museo naturalistico entomologico "nel Regno
delle Farfalle", Patrocinato dal Comune di Schio.
Il Museo si trova al piano terra di un futuristico
edificio che fra tutti gli altri si distingue per
i suoi colori caldi e accoglienti: pareti in marmo
arancio rosato, colonne rosse e imponenti, pavimentazione
esterna ad opus incertum, piante e fiori che costeggiano
l'ampio piazzale adibito a parcheggio per auto e pullman
e vetri a specchio che riflettono tutte le montagne
circostanti del territorio dell'alto vicentino. Come
si entra nel museo ci invade il buio, smorzato appena
da alcuni led colorati al primo ingresso. L'illuminazione
è stata appositamente ideata per una perfetta
conservazione del colore delle oltre 10.000 farfalle
esposte, rappresentanti tutte le 250 specie diurne
conosciute in Italia: la luce di una determinata area
si accende solo alla presenza di una persona, in modo
che le farfalle ricevano la luce per meno tempo possibile.
Le farfalle sono conservate e contenute in teche,
e sono esposte innanzi a gigantografie che rappresentano
il loro ambiente naturale di vita, dalle Alpi agli
Appennini, dai ghiacciai al mare: in questo modo si
vuol far rivivere le farfalle, non in senso fisico
ma con l'immaginazione e la fantasia. Tutto questo
grazie anche alle preziose informazioni dettate da
tanti anni di osservazioni sul campo e alla costante
presenza dei componenti della famiglia Giancarlo Paglia,
che offre la guida gratuita al servizio di tutti i
visitatori. La visita è suddivisa in ben quarantotto
stazioni disposte a loro volta a formare cinque percorsi
itineranti: temporale, ambientale, geografico, scientifico
ed ecologico. Completano il percorso undici intervalli,
dove sono esposti gli insetti amici e nemici delle
farfalle, le farfalle della notte e le farfalle del
mondo. La visita può durare anche qualche ora,
ed è adatta sia per studenti che famiglie ed
anziani. Il percorso è perfettamente agibile
anche per disabili. Merita una menzione Il mondo dei
treni in miniatura, l'esposizione permanente allestita
dal Gruppo Fermodellisti Alto Vicentino presso alcune
sale della "C.A.S.A.", la casa di riposo
cittadina: un plastico di circa 100 metri quadri (uno
dei più grandi d'Italia) curato in ogni dettaglio,
con 400 metri di binari, scambi, passaggi a livello,
gallerie, quattro stazioni ferroviarie, e naturalmente,
moltissimi esemplari (circa un migliaio) di modelli
di locomotive e vagoni. La Biblioteca Civica "Renato
Bortoli" ha sede presso l'antico Ospedale Baratto,
in pieno centro cittadino. Fondata nel 1953, ha un
patrimonio librario di circa 120.000 unità
oltre che circa 300 periodici ed una sezione bambini
e ragazzi che conta circa 12.000 titoli. Custodisce
inoltre archivi storici di interesse locale e nazionale.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Schio si trova in una posizione strategica di comunicazione
e quindi ha da sempre attratto numerosi esempi di
civiltà. Famosissima è ad esempio la
pista dei Veneti che passa di qui e attraversa tutto
il Veneto, dall'Adige al Piave, che permise agli antichi
Veneti) di colonizzare questo territorio. I Romani
conquistarono questa zona all'incirca verso il 222
a.C. costruendovi numerose vie di comunicazione, quali
ad esempio la via Postumia che collega Genova con
Aquileia, passando anche per Vicenza. Ai confini tra
Schio e Santorso verso la contrà Rio esiste
una vasta sopraelevazione artificiale a pianta quadrata,
di circa 400 m di lato che si pensa debba trattarsi
di un antico trinceramento romano. Da questo e altri
ritrovamenti si desume che Schio rappresentasse per
i Romani un importante punto di fortificazione. Quando
l'Impero romano cominciò a perdere il suo dominio,
Schio subì numerose altre invasioni. Di questo
periodo i documenti sono pochi, ma si sa che col V
secolo cominciarono ad avvicendarsi le invasioni barbariche
discese da settentrione. Nel 568, guidati da Alboino,
scesero in Italia i longobardi. Vi sono numerosi reperti
che testimoniano la loro presenza nella zona di Schio.
Anche questi, considerarono Schio come un importante
nucleo difensivo, dove attestarono importanti sistemi
difensivi. Il centro storico di Schio si sviluppò
attorno ad un quadrivio formato dall'incrocio delle
maggiori vie commerciali, al castello e al duomo.
Non è ben chiara la data di nascita del Comune
di Schio, ma i primi documenti comunali ritrovati
sono datati 1275 e riguardano l'alienazione dei beni
comitali. Il periodo medioevale fu molto travagliato
da un punto di vista politico, in quanto si susseguirono
numerosi dominanti. In questo periodo si imposero
alcune famiglie di conti (i Maltraversi) e vi fu un
breve dominio degli Scrovegni e dei Lemici di Padova,
poi vennero gli Scaligeri, signori di Verona, che
infeudarono Schio ai Nogarola. Venne quindi la dominazione
viscontea con il conte Giorgio Cavalli. Vi fu, dai
primi del Quattrocento, un lungo periodo di dominio
della Repubblica di Venezia, durante il quale Schio
conobbe un grande sviluppo economico e sociale. La
città diventò infatti col tempo il principale
luogo di produzione laniera della Serenissima, sfruttando
un artigianato già ben avviato. La popolazione
scledense si specializzò sia nello sfruttamento
delle vene metallifere, attività che le permise
di integrare la magra rendita agricola, sia nell'arte
laniera, fino a sostituirsi come centro di produzione
a Vicenza e a ottenere nel 1701 il privilegio della
produzione dei panni alti. A Schio, una nuova combinazione
dei fattori produttivi determinò, a partire
dagli anni trenta del Settecento, l'ascesa veramente
spettacolare del lanificio, fondata sull'innovazione
di prodotto: i panni detti ad uso estero mischi (misti),
cioè tessuti con materia prima cardata, tinta
e mescolata nelle diverse colorazioni. Il motore del
cambiamento fu l'iniziativa, o meglio le diverse iniziative,
che il patrizio veneziano Niccolò Tron assunse
a Schio a partire dal 1718. Egli, di ritorno dall'ambasceria
d'Inghilterra, condusse con sé alcuni tecnici
inglesi e cercò d'introdurre la lavorazione
di tessuti più moderni e leggeri: le londrine
seconde sul modello marsigliese per i mercati del
Levante e i panni mischi, secondo la moda del principato
di Liegi (Vérviers) e dello Wiltshire, per
il mercato italiano. Se alle sue imprese non arrise
il successo sperato, lo stimolo venne efficacemente
raccolto dagli altri produttori, che seppero innestare
i nuovi segreti di lavorazione, appena appresi, all'interno
di un pattern di competenze tecniche già acquisite,
utilizzando intensivamente le abbondanti risorse lana
e di acqua. Già nel 1746, erano circa 600 le
pezze prodotte ad uso estero e il ritmo espansivo
divenne via via più incalzante, fino a raggiungere
oltre 16.000 pezze all'anno negli anni novanta, per
circa 130 fabbricanti, con 500-550 telai attivi. Nel
secondo Settecento, il lanificio di Schio si affacciò
alla ribalta internazionale: la piccola e appartata
cittadina sul Leogra, che però nel frattempo
era di molto cresciuta in ricchezza e popolazione,
divenne assieme alla Val Gandino, nel bergamasco,
il principale centro laniero italiano, cosa di cui
presero poi più esatta coscienza le autorità
del napoleonico Regno d'Italia. Grazie alle esenzioni
daziarie ed altre facilitazioni concesse dalla Repubblica
marciana ai mercanti - imprenditori, a partire dal
1755, era cambiato anche il rapporto con le autorità
pubbliche centrali: non più così lontane,
come in precedenza, non più percepite ormai
come possibili ostacoli alla libertà d'impresa
o interessate solo a premere sulla leva fiscale. Ciò
è tanto vero che il Deputato alle fabbriche,
sorta di ministro dell'industria, il patrizio veneziano
Prospero Valmarana, si portò di persona a Schio
nel 1764, per visitare un luogo che gli apparve un
concentrato di portenti, a causa dell'ordine, della
ricchezza e dell'operosità che vi regnavano.
Egli infuse nella sua relazione un sentimento di sincera
ed entusiastica ammirazione per i risultati raggiunti
da una comunità che viveva tutta sulla lana
e che aveva anche saputo sfruttare al meglio la mano
tesa dallo Stato. Inoltre, a Schio cambiarono rapidamente
l'organizzazione e i rapporti di produzione: comparvero
grandi tessiture, gran parte della manodopera si trovò
in una condizione tipicamente operaia, vennero aperte
alcune tintorie altamente specializzate, come quella
allora famosa e privilegiata di Lorenzo Scomason.
Negli anni ottanta, vennero addirittura appositamente
costruite le prime grandi manifatture accentrate,
come quelle dei Garbin e dei Conte, dove trovava posto
l'intero processo lavorativo, ad esclusione della
filatura. Fu questa, meglio ancora di quella promossa
da Alessandro Rossi nel secolo seguente, la vera rivoluzione
industriale della Val Leogra, irreversibile e destinata
a lasciare un segno indelebile su tutto lo sviluppo
economico e sociale successivo, nonostante la grave
crisi della prima metà dell'Ottocento, durante
la dominazione asburgica. La vicinanza dei luoghi,
le identiche condizioni geografiche, climatiche, culturali,
la stessa dotazione di risorse: era inevitabile che
l'esempio vincente di Schio stimolasse un'analoga
evoluzione anche nelle valli del Chiampo e dell'Agno.
La prima campagna italiana di Napoleone si concluse
con la distruzione della Repubblica Veneta, da lui
mercanteggiata con l'Austria nel Trattato di Campoformio
del 16 ottobre 1797. La storia di Schio e Vicenza
si trova inserita in questi grandi avvenimenti. Gli
abitanti di Schio, rimasti molto legati a Venezia,
si dimostrarono subito ostili nei confronti dei francesi,
e furono molte le occasioni di contrasto (anche estremamente
violento) con gli invasori, e spesso fu necessario
mobilitare l'esercito francese con l'armeria pesante
per placare gli insorti. Un esempio su tutti da ricordare
fu la sollevazione del 1809 in occasione dell'ennesimo
dazio imposto dai francesi, questa volta sulla macinazione
dei prodotti agricoli. La protesta partì da
Valdagno, si estese a Monte di Malo arrivò
a Schio per poi allargarsi a tutta la fascia prealpina.
Da una testimonianza scritta di Pietro Negri, il Procuratore
del Tribunale di Schio, si può capire con quale
forza e determinazione gli abitanti di Schio e d'intorni
si opposero a questo nuovo dazio, mettendo a ferro
e fuoco gli uffici pubblici, il tribunale, la gendarmeria
e aprendo le carceri. Si fondò una sorta di
nuovo governo e solo con l'intervento di alcuni personaggi
illustri e rispettati dai cittadini si evitò
una ulteriore degenerazione del conflitto. A causa
della scarsa organizzazione, all'arrivo dei contingenti
francesi i rivoltosi furono dispersi e la situazione
fu riportata alla normalità. Questo evento
però, viene riportato come uno dei fatti più
importanti avvenuti durante la dominazione francese
di questi territori e permette di capire l'esasperante
situazione socio-economica in cui si trovava la popolazione
in quel periodo. A quell'epoca l'economia scledense
si basava principalmente sulla lavorazione della lana
in cui Schio vanta da sempre un posto di primissimo
ordine. Sotto il dominio napoleonico, quest'industria
però decadde e le industrie e i commerci vennero
quasi totalmente annullati. La situazione cambiò
solo molto più tardi, con l'arrivo di Alessandro
Rossi.