Montebelluna
è un comune veneto di 30.517 abitanti della
provincia di Treviso. Il capoluogo comunale coincide
con l´antico territorio di Pieve. La circoscrizione
territoriale ha subito le seguenti modifiche: nel
1928 aggregazione di territori del soppresso comune
di Caerano di San Marco; nel 1946 distacco di territori
per la ricostituzione del comune di Caerano di San
Marco (Censimento 1936: pop. res. 3348).
MANIFESTAZIONI
In questa città ogni anno, la prima domenica
di settembre, le contrade di Montebelluna (Biadene,
Busta, Caonada, Centro, Contea, Guarda, Mercato Vecchio,
Pederiva, Posmon, San Gaetano e Sant'Andrea) si sfidano
in una vera e propria gara a squadre tirando un carro
agricolo di 380 kg per 1990 m lungo il percorso in
salita dal Municipio fino a Mercato Vecchio.Questa
è la strada che i mercanti un tempo dovevano
faticosamente percorrere per arrivare a vendere la
loro merce al mercato dell'attuale Mercato Vecchio.
Oggi, infatti, quei carretti vengono caricati di prodotti
tipici della propria contrada. Questa manifestazione
è chiamata "Il Palio del vecchio mercato".
Dal
2000 è stato anche istituito l'Europalio, manifestazione
interna a quella del Palio in cui gareggiano le città
gemellate con Montebelluna contro una squadra di montebellunesi.
QUARTIERE
POSMON
Posmon è un quartiere del comune di Montebelluna,
posto a occidente dell'abitato. Il nome deriva da
"Pos-Bon", cioè pozzo buono, perché
ha la peculiarità di avere una falda acquifera
che scorre sotto la sua superficie. La frequentazione
del luogo sia ha già parecchi millenni indietro,
ma soprattutto dal IX sec. a.C. con la popolazione
dei Veneti. Numerosi sono i ritrovamenti archeologi
che coprono un arco cronologico che va dal IX se.
a.C. al II sec. d.C.. Durante la dominazione della
Serenissima vi furono erette diverse ville.
Villa
Pola: Di questa splendida dimora è rimasta
soltanto una modesta barchessa con portone ad arco
ma, il fatto straordinario è che questo manufatto
di fine '44 è interamente decorato da una fascia
a fresco sulla linea di gronda e, più in basso,
dalle immagini di Carlo Magno e dei dodici paladini.
Villa Cicogna:
Villa Loredan Van Axel:
Villa Giustiniani:
Villa Falier: (XV secolo)
LE VILLE VENETE
Villa
Pisani: Villa Pisani di Biadene si trova ai piedi
del Montello e si raggiunge da via Feltrina imboccando
poi via Consolata. Il corpo centrale della Villa è
arretrato in mezzo a due ali perpendicolari ai lati
che portano nella testata gli stemmi a fresco dei
Correr e di Pisani. Ragguardevole edificio della seconda
metà del XVII secolo costruito da Angelo Correr,
procuratore di San Marco. La struttura, articolata
e imponente, mantiene parte della decorazione interna,
ma ha perduto progressivamente arredi e statue del
giardino. Parte integrante della villa, la cappella
che ospita lAssunta del soffitto attribuita
al giovane Giovambattista Tiepolo.
All'interno molti affreschi e decorazioni furono asportati
o lasciati andare in rovina. La Villa fu utilizzata
da varie famiglie e istituzioni: Grimani, Erizzo,
Pigazzi, Maffei-Fenerolli, Marchesi, Vescovo di Treviso,
PP. Missionari della Consolata. Durante le due guerre
mondiali e nel periodo intermedio fu ospedale militare
e asilo antimalarico. A partire dal 1979 Villa Pisani
passa sotto la proprietà del Comune di Montebelluna
per diventare la sede di diverse associazioni nonché
teatro di numerose manifestazioni di carattere artistico,
culturale e ricreativo. Attualmente è in via
di attuazione, grazie all'intervento di un ente bancario,
il progetto di ristrutturazione del complesso che
riporterà la villa al suo antico splendore.
Villa
Guillon-Mangilli:
Il territorio montebellunese è una vasta distesa
urbanistica che riflette loriginaria dispersione
dei suoi colmelli, ora denominate anche se non coincidenti-
frazioni. Le frazioni di Biadene, Pederiva e Caonada
situate a ridosso della fascia pedecollinare del Montello
appaiono piuttosto defilate dal centro. Ciò
ha dato loro una fisionomia abbastanza definita, in
particolare nel senso di appartenenza dei residenti.
A Biadene, oltre alle citate, spiccano le presenze
di altri edifici residenziali legati alla presenza
dellaristocrazia locale e veneziana. È
il caso divilla Monterumici, Dametto, Garioni e ciò
che rimane dellantica osteria del Mal Capelo,
perno del transito lungo la Feltrina e luogo di incontro
nei secoli per locali e foresti. A Pederiva villa
Guillon Mangilli, seppur risultato di almeno un paio
di stratificazioni rispetto all'originaria villa Bressa,
si segnala soprattutto per le notevoli dimensioni,
imponente riferimento in passato delle articolate
(piano e monte) distese rurali dei proprietari. Villa
Guillon-Mangilli è soprannominata anche "la
casa del francese" e si trova in località
Pederiva. Fu costruita alla fine del XVI sec. dalla
famiglia Bressa, ricca e potente,e passò poi
alla nobile famiglia Mangilli da cui assunse il nome.
L'ultima erede Lucrezia, sposata al conte Benetto
Valmarana, rimasta vedova, s'innamorò del ospite
Roberto Guillon, n musicista francese e quindi lasciò
tutta la sostanza al giovane. Questi ammodernò
e ridusse alla forma attuale la villa verso i primi
dell'800. a villa ha una grande barchessa ad archi
ribassati, un parco immenso con laghetto ed un oratorio
rifatto verso la metà dell'800.
A
Posmon (considerando anche l'antica villa di Visnà)
il quattrocentesco insediamento residenziale favorito
dal passaggio del Brentella ha prodotto un proliferare
di dimore signorili, a partire dalle antiche proprietà
dei Pola (con lo splendido barco quattrocentesco dei
paladini), dei Contarini (con le importantissime vedute
di San Marco e Piazza dei Signori a Treviso di primo
Cinquecento), e dei Cicogna. Per dimensioni e qualità
urbana e architettonica, ricordiamo almeno:
Villa
Giustinian - Edificio dei primi del Seicento, dalla
struttura complessivamente pesante, ma che era al
centro di un luogo di delizie di notevole rilevanza
nonché perno fondamentale dell'assetto urbano
della villa di Posmon. Interessante ladiacenza
che termina con una chiesetta che dà sulla
strada provinciale. Gli interni sono praticamente
spogli. Rimane, nel retro, il sito dellantico
giardino delle meraviglie di Giustinian.
A
Guarda troviamo: Villa Barbarigo (ora Biagi, sede
del Museo Civico) - Barchessa superstite di un complesso
imponente del Seicento, del quale sopravvivono gli
antichi locali del fattore, ora sede degli uffici
del museo. La barchessa è stata restaurata
di recente e ha recuperato parte della patina originaria,
intonata su stilemi di un certo interesse stilistico.
Villa
Mazzolenis (ora Polin) - Semplice ma interessante
edificio di villa della fine del Seicento. Impostato
su un interessante corpo centrale, ledificio
appare asimmetrico a causa di una divisione confinaria
dovuta alla costruzione dei due corpi laterali in
epoche diverse. XVII secolo per il corpo di destra
(oggi Villa Mazzolenis), XVIII secolo per il corpo
di sinistra (oggi Villa Mazzolenis, Polin).
Cappella
di San Vigilio - Si tratta di ciò che rimane
di una struttura chiesastica medioevale risalente
al '200 e appartenente al complesso residenziale vescovile
intitolato a San Vigilio.
Villa
Amistani e Guerresco. Solidi e semplici edifici di
metà Ottocento appartenenti al vasto patrimonio
immobiliare della famiglia Polin
A
Pieve: Villa Burchielati, poi Ferro, Binetti-Zuccareda.
- Edificio profondamente alterato da una profonda
trasformazione grammaticale nellOttocento. Deve
la sua riconoscibilità alla felicissima posizione
che ne ha fatto una quinta iconica del montebellunese.
E ora sede della Fondazione del Museo dello
scarpone. Palazzo Municipale Costruito a metà
dell'Ottocento su progetto di Giuseppe Legrenzi senior.
Loggia dei Grani Saggio architettonico di GioBatta
Dall'Armi e perno del sistema di piazze progettato
in occasione del trasporto dell'antico mercato. Palazzi
cittadini. Si tratta di una serie di edifici ottocenteschi
di nobile e dignitosa fattura costruiti negli anni
immediati successivi alla nascita del nuovo centro
urbano (1872). Da ricordare almeno palazzo Bolzon,
Morassutti, Sarri Dall'Armi e Polin.
A
Contea: Villa Mora (ora Morassutti) - Splendida costruzione
settecentesca vicina ai modi del Tirali e caratterizzata
da interventi successivi di Massari. Si caratterizza
per una struttura articolata (barchesse e chiesetta
a sud prospiciente su via Mora) e per essere immersa
in un vasto parco. Pressoché inaccessibile
-alle visite, alla vista dallesterno e alle
informazioni di ogni tipo- non si conoscono, allo
stato, né il livello di manutenzione, né
la portata dellarredo e delle opere darte
che contiene.
Villa
Corner, poi Pullin - Curioso e interessante edificio
della seconda metà del XVII secolo, recentemente
restaurato e destinato ad ospitare, momentaneamente,
il Centro Prelievi dell'Ospedale di Montebelluna visto
che quest'ultimo è in ricostruzione. Linteresse
per loriginalità delle linee della fronte
si fonde con il carattere emblematico di una struttura
edilizia e architettonica molto diffusa nel territorio:
quella della casa da statio, della casa di campagna
dei ceti abbienti.
MUSEI
Museo
di Storia naturale e Archeologia: (Villa Biagi)
Villa
Binetti-Zuccareda: Villa Binetti-Zuccareda è
situata a fianco dell'antica chiesa di Santa Maria
in Colle. Vi si accede per una lunga gradinata che
conduce ad un'ampia facciata a due piani, con frontone
ricurvo e decorazioni di fine '800. In origine fu
la casa di campagna di Bartolomeo Burchielati (1548-1632),
poi, caduta in abbandono, venne restaurata dall'avvocato
Giovanni Ferro famoso oratore. Successivamente passò
in proprietà al conte Domenico Zuccareda e
, per successione, alla nobile famiglia Binetti. All'interno
nelle sale di questa cinquecentesca dimora, sono ora
esposti tutti i tipi di calzature usate dall'uomo
e gli strumenti utilizzati dal "vecchio calzolaio".
Dal 1984 è la sede del Museo dello Scarpone
e della calzatura Sportiva, che, fin dalla sua fondazione,
si è posto l'obiettivo di custodire la memoria
storica non solo di un prodotto ma dell'intera comunità.
EDIFICI
RELIGIOSI
La
chiesa prepositurale di Santa Maria in Colle
La precoce vocazione alla dispersione spaziale che
caratterizza Montebelluna sembra trovare conferma
nel sito di Santa Maria in Colle. La chiesa è
infatti situata lungo l'ascesa al colle del mercato
è in posizione assolutamente inconsueta e anomala
per una parrocchiale. Si potrebbe ribattere che le
sue funzioni plebane giustificavano la sua separazione
dal territorio, ma sarebbe osservazione puerile. La
prepositurale era, di fatto, la chiesa parrocchiale
dei cinque Communi (nei quali cera solo e non
sempre qualche piccolo oratorio) ed era fonte battesimale
dei Communi autonomi circostanti di Biadene e Caonada,
dotati per l'appunto di propria parrocchiale.
Duomo
della Beata Vergine Immacolata
Grandioso edificio costruito in stile neogotico a
partire dal 1908. Progettato dallingegnere montebellunese
Guido Dall'Armi per volere del prevosto mons. Giuseppe
Furlan, il Duomo di Montebelluna vide una gestazione
molto lunga, dovuta alle numerose difficoltà
che incontrò la fabbrica, a partire
dai problemi derivanti dal terreno paludoso che richiese
una notevole quantità di terra di riporto per
la bonifica. Lavvento della Prima Guerra Mondiale,
il cui fronte era a pochi chilometri dalla città,
rappresentò lunico momento di stasi della
fabbrica, tanto che il Duomo, ancora incompiuto, venne
utilizzato come deposito per munizioni. Dopo la fine
della Grande Guerra si proseguì senza interruzioni
e la chiesa attorno ai primi anni Quaranta del Novecento
si poté dire conclusa, anche se gli ultimi
lavori di sistemazione del presbiterio si conclusero
solo negli anni Sessanta. Lesterno si presenta
incompiuto, a causa del mancato completamento della
facciata: in una vetrata del braccio destro del transetto
è possibile vedere come il progetto originale
del DallArmi prevedesse la realizzazione di
una serie di rifiniture (galleria con statue, guglie
e portali in marmo) mai realizzate. Interessanti,
tuttavia, sono i tre portali in ferro sbalzato, opere
di notevole pregio della ditta Fagherazzi di Venezia.
Di notevole impatto linterno. Tra le opere più
importanti che vi si conservano, troviamo le statue
dei dodici Apostoli, sculture realizzate nei primi
anni del Cinquecento da Giovanni Buora e Bartolomeo
di Domenico Lombardo. Interessanti anche le numerose
vetrate, realizzate tra il 1936 ed il 1949 dalle ditte
Caron e Saggiorato di Vicenza e da Fontana Arte e
Veder Art di Milano; di particolare interesse la composizione
del rosone nella controfacciata (La Natività)
e dellabside (Glorificazione dellImmacolata).
Allinterno troviamo anche degli altari barocchi
di pregevole fattura, trasportati dalla vecchia prepositurale
di Santa Maria in Colle nonché un imponente
organo a tre manuali della ditta Tamburini di Crema.
Chiesa
dei Santi Lucia e Vittore (XVIII secolo) a Biadene
Al suo interno è presente il primo affresco
del pittore Gian Battista Tiepolo (datato circa tra
1716 e 1719), raffigurante lincoronazione della
Vergine e la gloria dei Santi Lucia e Vittore.
ORIGINI
Le prime tracce di attività umana risalgono
all'età della pietra e del bronzo (Paleolitico
medio). La nascita di un vero insediamento si ha però
verso il IX secolo a.C.. Il suo sviluppo fu favorito
dalla strategica posizione geografica all'imboccatura
della valle del Piave, collegamento tra la pianura
e l'area prealpina. Con il tempo diventerà
il più importante centro del Veneto preromano.
Tali informazioni ci sono date dai numerosi rinvenimenti
di aree cimeteriali presso le località di S.
Maria in Colle e Posmon. L'area continua ad essere
abitata durante il periodo romano (dalla romanizzazione
del Veneto tra il II-I sec. a.C. fino al II sec. d.C.).
Montebelluna entrerà a fare parte della centuriazione
del municipio romano Acelum (Asolo). Non è
accora accertata come ipotesi, tantomeno quella che
Montebelluna fosse un centro residenziale (presso
S. Maria in Colle) o un castra romano a difesa dei
reticolati di Asolo e Treviso.
CENNI
STORICI
L'esistenza documentaria della pieve di Montebelluna
coincide con lesistenza, abbondantemente documentata
a partire dal 1100, del castello medioevale, attraverso
la concessione imperiale di Ottone III a Rambaldo
II conte di Treviso e poi divenuto feudo vescovile
allorché, nel 1047 e nel 1065, Enrico III e
Enrico IV lo confermeranno rispettivamente ai vescovi
Rotario e Volframmo. Attorno al feudo prenderà
vita il Comune rurale. Il prologo è del 1107,
anno in cui lavogaro (avvocato) vescovile Guglielmino
gastaldo del castello di Montebelluna concede in livello
il forte e le sue pertinenze. La sanzione giurisdizionale
arriverà poco dopo. Nel 1129 il vescovo Gregorio
rinnova la concessione a livello assieme alla facoltà
per i sudditi locali di darsi autonomi gastaldi, giurati,
attribuendo diritti di custodia e amministrazione
propria con potere di pronuncia di sentenze (facere
laudamentum) e diritti di composizione su reati comuni
(mittere compositiones de scandalis et furtis). Il
citatissimo diploma di Federico I arriverà
a cose fatte, nel 1152, e concernerà il solo
reddito del foro privilegiato (cioè la riscossione
delle tasse sul movimento merci del mercato) al vescovo
Ulrico, il quale, nel 1170, rinnoverà ai vicini
e castellani di Montebelluna laffitto ventinovennale.
La
Pieve di Montebelluna nasce così indissolubilmente
legata al fortilizio (cum castro curte et pertinentiis
suis). E non cè dubbio che il colle fosse
profondamente connaturato allimmagine che delle
sue cinte murarie ci restituisce la registrazione
dello Scoti, nella quale è il castrum a connotare
il loco qui dicitur montebelluna cum muro et frata
et fossatis circumdatum. E sarà sempre la rocca,
da lì in avanti -ossia dalla concessione in
affitto del beneficio mercantile allinterno
della cerchia del castello- a rappresentare lo scenario
-per quel che gli compete- delle tumultuose vicende
che dal 1200 a metà del 300 sconquasseranno
lintera Marca. Passato così sotto la
tutela del Comune di Treviso, il forte subirà
lescalation drammatica delle lotte per il potere
(Ezzelino, Caminesi, Della Scala) e verrà più
volte manomesso se non distrutto e altrettante ricostruito,
sino al colpo mortale della seconda metà del
XIV secolo. La realtà dellevidente ruina
spingerà il Vescovo ad assegnare a livello
ai communisti le sopravvivenze delle fratte e i muri
fratti e le fosse circuenti il castello, presto interrate.
A causa dellinsolvenza della Comunità
vennero presto vendute anche le porte e i resti della
cinta. Del castello, un presidio, affidato, come prescrivevano
gli Statuti cittadini, a due capitani in carica per
sei mesi e adeguatamente stipendiati, e a sei custodi
equipaggiati e armati più o meno sino ai denti,
sul finire del Cinquecento, rimaneva solo la celebre
descrizione del Bonifacio che val la pena di riportare:
La
Rocca sinnalzava nel mezzo del Castello di Montebelluna
grande e popolato assai; indi, poco discosto, erano
due Gironi, lun detto della Cisterna, e laltro
del Capitano; perché quello ad una bella cisterna
era vicino, e in questaltro il capitano del
luogo dimorava: di dentro saggirava una spaziosa
strada vicina alla muraglia, che con alcune torri
era stata assai alta fabbri¬cata: di fuori era
unampia fossa che abbracciava il Castello, at¬torno
al quale era una lunga strada; poi circondavano per
buon spazio le Cerchie, che da unaltra fossa
erano attorniate: e avea questo Castello tre porte:
luna dalla Chiesa a questo Santo con¬sacrata,
di S.Cristoforo si chiamava; laltra era detta
di sotto dal Girone; e la terza Bagnalasino. (G.BONIFACIO,
Istoria di Tre¬vigi, p.187)
La
prima volta che il nome Montebelluna compare nei documenti
ufficiali si può considerare datata attorno
all'anno 1000. Nel 1062 è Enrico IV che assegna
a Volfango, vescovo di Treviso, la Pieve di Montebelluna,
concedendole nel 1063 larghe immunità; nel
1129 è Guglielmo , avogadro del vescovo, che
dà il livello - Castrum et suae pertinentieae-
al comune rurale di Montebelluna, e la falcoltà
di nominare gastaldi, giurati, giudici liberamente
scelti. Concede inoltre al Comune di amministrare
la giustizia, riservandosi la metà delle multe.
La comunità rurale del territorio montebellunese
era: Montebelluna con i villaggi di Caerano di San
Marco, di Trevignano e Falzé, con i borghi
di Guarda, Posmon, Visnà di sopra, Visnà
di sotto e Pederiva; Biadene, Ciano, Volpago del Montello,
Cornuda, Pederobba, Rovigo(Onigo), Coste Crespignaga,
Casella, Giavera del Montello, Sovilla, Nervesa della
Battaglia. Sorta all'incrocio di importanti vie di
comunicazione, si sviluppò in modo celere,
grazie al mercato, al quale giungevano genti e merci
dalle zone bellunesi, feltrine, trevigiane e padovane.
La Rocca che s'innalzava nel mezzo del Castello di
Montebelluna era grande e molto popolata. Circondata
da due Gironi, uno detto della Cisterna, e l' altro
del Capitano, vicino all'alta muraglia con torri scorreva
una strada spaziosa, al di fuori delle mura c' erano
dei fossati. Per accedervi c'erano tre porte. Dal
1200 al 1350 circa la sorte del castello subirà
più volte rovinosi attacchi uscendone spesso
rovinato e anche distrutto, fu sempre ricostruito
fino al colpo mortale della seconda metà del
XIV secolo. A causa dei debiti della comunità,
furono vendute anche le porte e i resti della cinta.
La fondazione del Mercato di Montebelluna si può
considerare risalente al decimo secolo, poiché
esso era già fiorente quando, nel 1157 Federico
Barbarossa aveva concesso il "reddito" al
vescovo di Treviso. Nel 1268, il Mercato di Montebelluna
riceve dal Comune di Treviso il privilegio di fare
il mercato senza pagare il dazio. Il mercato si svolgeva
sulla piazza centrale e si spandeva sulle quattro
vie che salgono da dolci declivi fino al colle.
Il
secolo XIV è stato per Montebelluna e il suo
mercato un grande arco di tempo in cui si è
sviluppata una civiltà e una cultura non indifferente.
Al tempo di Barbarossa e del vescovo Uldarico, era
ritenuta la prima diocesi, sia per benessere che per
moralità, era portata come esempio di saggezza.
così tra una guerra civile e l'altra, pur essendo
martoriata da parte dei daziarii e dalle truppe forestiere,
Montebelluna si espanse fuori dalla cerchia del Castello
e aveva cinto con alte mura le vigne e gli oliveti,
fin da allora celebri per i vini bianchi dolcissimi
e l'olio gustoso, che davano abbondanti guadagni.
Si continuò a fare "mercato", non
solo , ma anche in una pausa di pace, innalzò
in mezzo alla piazza delle biade, una "snella
colonna", sopra un semplice basamento, di tre
gradini, sormontata dalla statua della Vergine, simbolo
di fede in quei tempi perduti, quasi a presidio dei
deboli in quei tempi bellicosi e a difesa dei commerci.
Il
Mercato Franco di Montebelluna Come è ormai
abbastanza noto, il mercato franco di Montebelluna
era sicuramente l'emporio più importante delle
regioni pedemontane e prealpine (buona parte del traffico
si indirizzava verso il feltrino e il bellunese).
Ciò infastidiva tutta una serie di soggetti
pubblici (corporazioni cittadine, Camere Fiscali,
Treviso) e privati. Lo spazio "pubblico"
del mercato, gestito dall'organo di amministrazione
laico della chiesa (Fabrica), i cui spazi (box) venivano
affittati per la vendita, attirò infatti l'interesse
di famiglie locali importanti (Pellizzari,Lorenzato,
Galante, Vendramini)e poi quella di emergenti forestieri
(Van Axel). L'inesorabile e spregiudicata opera di
penetrazione del privato ottenne agli inizi del '700
significativi risultati e più di un quarto
dello spazio mercantile, quello maggiormente prestigioso
del cosiddetto Casteler, venne sottratto alla comunità.
La difesa in ogni caso continuò e produsse
un'infinità di contenziosi con Treviso che
prendevano la strada delle magistrature venete. Venezia
sanzionava la tradizione dell'esenzione, anche e soprattutto
per motivi politici (la fedeltà dei fedelissimi
rustici contava molto di più degli infidi ceti
urbani). E poi non si trattava solo di principi e
tradizioni. Va infatti ribadito che gestire lo spazio
esente del mercato sul colle assicurava alte rendite
alla comunità e sicuro prestigio agli amministratori.
Per governare la Fabrica bisognava essere eletti e
quindi anche tale funzione amministrativa rientrava
nellalveo, sia pur discutibile, della cosiddetta
democrazia diretta delle comunità rurali. Ma,
contrariamente ad altre cariche locali come quella
di mariga (sorta di sindaco eletto a rotazione tra
i capi di casa dei rispettivi communi) governare la
Fabrica era ambìto, talmente ambìto
da spingere alluso di clientele diffuse e determinate
dalla rete dei rapporti di dipendenza economica. I
contadini ricchi erano quasi sempre grossi prestatori
di denaro e sostanzialmente degli usurai. I più
arrembanti (i Dalla Riva, i Lorenzato, i Vendramini,
i de Bettini, i Pellizzari) riuscivano a legare a
sé decine di famiglie sui cui membri indebitati
essi stendevano protezioni e procure, riscatti e ipoteche,
un ombrello a larghe tese persino morali (padrini,
tutele), sino allinevitabile e legittima acquisizione
dei patrimoni vincolati. I protagonisti di queste
ascese patrimoniali erano, di fatto, gli amministratori
della fabbriceria, una decina di persone fra loro
legate da interessi economici e politici, unalleanza
sanzionata e rafforzata, non a caso, dalle strategie
matrimoniali.
La
crescita di Montebelluna proseguirà con linearità
per tutto il Settecento. Il territorio si arricchirà
di nuove ville e di nuove attività artigianali
e produttive. Ma la fine del secolo segnerà
anche la crisi, che diventerà inesorabile,
del vecchio mercato. La popolazione si era ormai da
tempo insediata in piano, là dove si concentrava
la vita attiva, là dove cominciava ad affacciarsi
un certo dinamismo sociale e economico. La crisi del
mercato sarà però soprattutto la crisi
del sito: strade impervie, fangose, poco transitabili;
spazio esiguo e per di più finito; condizioni
igieniche pessime, mancanza dacqua, continue
lamentazioni dei mercanti costretti a disertare, più
o meno in massa, prima di tutto unintera tradizione
che faceva del marcà di Montebelluna il mercato
per antonomasia. Ci vorranno alcuni decenni e un nuovo
Stato prima di prendere atto della realtà.
Sarà necessario anche un cambio amministrativo,
un sindaco di rottura come Domenico Zuccareda, coraggioso
e sufficientemente immune alle pesantissime accuse
di anticlericalismo, un sindaco capace di fare e di
ripassare la mano senza drammi alleterno Clarimbaldo
Cornuda, fortunato progenitore di una serie lunga
di sindaci eterni. E Sarà necessario un giovane
ingegnere come Giovan Battista DallArmi, geniale
autore del cosiddetto nuovo mercato agli inizi degli
anni settanta dellOttocento, volano della nuova
città degli scambi e dei commerci.
Quando
alla fine del 18° secolo tramontò la Repubblica
della Serenissima, la stessa fu venduta agli austriaci
da Napoleone Bonaparte, anche Montebelluna con il
suo Mercato passò nelle mani austriache. La
comunità deliberò di rifare più
agevoli le quattro strade che conducevano al Mercato,
cioè quella per Biadene "Groppa",
quella della Pieve "Rampera", quella per
Caerano di San Marco e quella per Posmon, Chiamata
"Porcellera" perché in quella via
si vendevano i maiali. Nel momento in cui l'Italia
si è costituita in Regno, la millenaria Montebelluna
aveva il suo centro storico, lassù, a quello
che oggi è Mercato Vecchio. Appoggiate al dolce
declivio delle Rive erano alcune ville setteottocentesche
ed alcuni palazzi già vetusti erano dentro
le antiche mura del Castrum dov'erano gli uffici statali
e comunali. Il centro di Mercato Vecchio, non aveva
però, le prerogative, né le poteva pretendere
a causa della sua infelice ubicazione, lontana dalle
vie di grande comunicazione, per diventare il capoluogo
di un vasto territorio intercomunale. Così
nel 1868 dopo varie richieste di alcuni abitanti e
mercanti, i quali richiedevano la sistemazione del
selciato delle strade in quanto pericoloso per il
trasporto delle merci con carri, fu costituita una
commissione, la quale concordò che il Mercato
andava deperendo per l'abbandono in cui era lasciato.
La piazza e le piazzole erano insufficienti per contenere
i compratori, l'acqua per l'abbeveraggio del bestiame
era scarsa e mancavano anche i servizi igienici. Per
la sistemazione fu calcolato che spesa sarebbe stata
enorme, e si iniziò a prendere in considerazione
la possibilità di spostare il Mercato Franco
al piano. Il 22 maggio del 1869, il Consiglio Comunale
delibera il trasporto del Mercato, dal monte al piano.
La domenica del 8 settembre 1872 si inaugurò
il nuovo mercato di Montebelluna.
Come
detto, la posizione di centralità dellarea
nella circolazione dei beni e delle persone continuò
e si rafforzò nel passaggio al Comune moderno
di età napoleonica e austriaca. Tale ormai
consolidata vocazione sarà all'origine delle
prime forme di manifattura e di commercializzazione
della calzatura, attività che, seppur presente
sin dal medioevo, si afferma in modo deciso solo nella
seconda metà dell'Ottocento (dai dieci calzolai
del 1808 si passa ai 36 degli anni trenta, ai 55 del
1873 per arrivare ai 200 di inizio Novecento).
Il
trasporto del mercato al piano (1872) e la conseguente
nascita del centro urbano segnano il passaggio alla
modernità, dando alla cittadina i suoi tratti
ancora riconoscibili (le grandi piazze, gli edifici).
Montebelluna conta allora 7100 abitanti che, nel 1885,
saliranno a 9008 per superare i 10.000 nei primi anni
del 900. Sempre negli anni 60 dell800
gli alunni iscritti allinsegnamento elementare
erano 150 e saliranno a 900 allinizio del secolo
Nonostante
l'alto tasso di emigrazione, fenomeno ben noto in
tutto il Veneto, è in questo periodo, tra la
seconda metà del XIX secolo e i primi decenni
del '900, che la città vive la sua fase più
intensa di sviluppo, anche grazie all'arrivo della
ferrovia (la tratta Treviso-Montebelluna viene inaugurata
il primo aprile 1884). Rimane da ricordare la delibera
del 1886 per la presa stabile del canale irriguo Brentella
(lopera verrà però realizzata
solo nel 1929), la linea ferroviaria Padova-Montebelluna
del 22 luglio 1886 e nel novembre dello stesso anno
la Treviso-Belluno, lelettrificazione del 1903,
lacquedotto di San Giacomo di Fener nel 1901,
i lavori pubbici (costruzione delle carceri nel 1884),
la decisa e imponente sistemazione della viabilità,
listituzione della Banca Popolare (1877), la
ragguardevole espansione edilizia e, ben dentro il
900, linizio dei lavori per la tratta
ferroviaria Montebelluna-Susegana nonché lelaborazione
del progetto che porterà , ben dentro al 900,
della tramvia elettrica.
Allinizio
del secolo si insediano le prime aziende industriale
di media portata e già nel 1904 il distretto
di Montebelluna occupava il quarto posto in Provincia
per potenza istallata. La rapidità dello sviluppo
è peraltro confermata dal fatto che, ancora
nel 1885, lunica attività non agricola
di una certa rilevanza erano le sette filande di bozzoli
che davano lavoro a 140 donne. Lindustrializzazione
dei primi del 900 annovera così la Filatura
Cotonifici Trevigiani, il Cascamificio Bas (poi Filatura
del Piave), gli stabilimenti in via Piave per la produzione
dei perfosfati e solfati di rame e acido solforico,
le manifatture tessili di Biadene e Pederiva, lindustria
alimentare (i pastifici di Biadene, il molino Cerere)
e si allarga progressivamente alla lavorazione del
legno e allo sviluppo dei duecento laboratori del
calzaturiero.
Alla
crescita economica si accompagnarono le prime forme
associazionistiche. In particolare la Società
Popolare di Mutuo Soccorso fondata nel 1870 da una
classe dirigente illuminata e responsabile. Dalle
iniziali e consuete finalità di assistenza
a operai e artigiani, la Società Operaia si
trasformò progressivamente in un volano di
civiltà e di iniziativa culturale. Nel suo
ambito si promosse liscrizione dei soci alla
cassa nazionale della Previdenza Sociale, listituzione
nel 1901 di una Scuola di Disegno applicato alle Arti
e Mestieri, la promozione della Biblioteca Circolante
A. Fogazzaro nel 1911, la Scuola Tecnica
nel 1920. In questo contesto va sicuramente ricordata
la costituzione, nel 1897, della Società per
la costruzione e la gestione di un Teatro Sociale.
Un
paese vitale dunque, come testimonia, almeno in parte,
il noto Resoconto Economico-Morale del 1909 nel quale
vengono riportate con enfasi le conseguenze dei primi
insediamenti industriali e il continuo sviluppo commerciale
della città imperniato sul volano mercantile.