Moena
è un comune della provincia di Trento. Moena
è il più popolato paese della Val di
Fassa, in Trentino, ed è sito in una conca
tra le Dolomiti. È coronata da spettacolari
gruppi dolomitici, quali: Catinaccio, Sassolungo,
Monzoni e Latemar. Sovrasta l'abitato la chiesa di
San Vigilio, dal campanile gotico, al suo interno
si trovano diverse opere del pittore moenese Valentino
Rovisi (23 dicembre 1715 - 12 marzo 1783), della scuola
di Tiepola. Accanto l'antichissima chiesetta di San
Volfango (1025) con affreschi del XV secolo e un pregevole
soffitto barocco in legno, opera del moenese Giovanni
Guadagnini (XVII secolo). Grazie ai suoi notevoli
impianti sciistici ed alla bellezza del paesaggio,
l'attività economica del paese è passata,
lungo la sua storia più recente (dagli inizi
del 1900), dall'agricoltura, al turismo. Nel folklore
locale però, si ricordano ancora gli ottimi
maiali allevati in questo comune, che danno ai moenesi
il soprannome di "porciè" (porcelli),
che segue la tradizione delle valli di Fiemme e Fassa
di dare un soprannome specifico agli abitanti dei
vari paesi. La cultura, le tradizioni e l'amore per
la lingua del piccolo centro sono molto forti, e vengono
tutelate dall'Istituto Culturale Ladino, che si occupa
di conservare al meglio gli usi e costumi di Moena
e degli altri sette comuni della Valle di Fassa. Dal
1318 il paese è aggregato inoltre alla Magnifica
Comunità di Fiemme.
SPORT
A
Moena risiedono vari campioni, attuali e del passato,
di sport invernali. Il più conosciuto è
Cristian Zorzi, con all'attivo varie medaglie nell'ambito
dello sci di fondo, olimpiche e mondiali. Ogni vittoria
di "Zorro" come è simpaticamente
soprannominato Zorzi, è festaggiata da tutta
la comunità moenese con una grande festa nella
piazza principale del paese. Un altro campione di
oggi da ricordare è Cristian Deville, che pratica
lo sci di discesa. Moena
dal luglio 2002 è sede del ritiro estivo della
Sampdoria. Nelle stagioni precedenti invece è
stata ritiro estivo del Venezia Calcio.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Il territorio del Comune di Moena si colloca storicamente
nel punto di congiunzione tra le Valli di Fiemme e
di Fassa, e tale collocazione ha contribuito a plasmare
il carattere e la natura della comunità in
esso insediata. L'antico nome del paese, "Moyena",
rinvia ad un luogo paludoso, e la tradizione, fissata
nello stemma ottocentesco, vuole il fondovalle prosciugato
da un antico bacino lacustre. Come risulta dai documenti,
il nome passò ad indicare l'intero paese dopo
aver contraddistinto uno dei suoi primi nuclei, situato
sulla destra idrografica dell'Avisio, a monte della
sua confluenza con il Rio di Costalunga, anche oggi
chiamato Moene. Gli
altri agglomerati "storici" sono distribuiti
tra le due sponde del torrente: a sinistra Pecé,
Someda, Ischiacia, Turchìa (storicamente "Contrada
della Brida"); a destra Ciajeòle, Somariva,
Sort e la più discosta Penia con il sottostante
maso di Val e più a sera Medil. Nel 1928 anche
l'abitato di Forno/L Forn venne incluso nel territorio
moenese, dopo aver costituito per secoli una comunità
autonoma.
Non
si può dire con certezza se il territorio sia
stato stabilmente abitato o meno nella preistoria,
cioè prima della venuta dei Romani e prima
del Cristianesimo. Recenti rinvenimenti sporadici
che risalgono al Mesolitico (circa 8000 anni a.C.)
documentano però una frequentazione a quote
che ancora pochi decenni fa venivano ritenute inaccessibili,
come i valichi di San Pellegrino e di Lusia.
L'individuazione di "castellieri retici"
nelle contigue aree di Fiemme e di Fassa, porta inoltre
a ritenere plausibili analoghi insediamenti della
Seconda Età del Ferro (V-IV secolo a.C.) sulle
alture prospicienti il fondale acquitrinoso. Nei secoli
successivi alla "guerra retica" (15 a.C.)
il territorio di Moena partecipa delle vicende che
vedono l'inserimento dell'area atesina e dolomitica
nell'orbita dell'Impero Romano, da cui ha origine
la formazione dell'entità linguistica reto-romana
o ladina. Questi tratti caratteristici si consolidano
nei secoli VI-VIII] grazie agli apporti degli evangelizzatori
provenienti da Aquileia durante i regni dei Longobardi
e dei Franchi. All'epoca carolingia viene fatta risalire
la fondazione delle Pievi, fulcro dell'organizzazione
ecclesiastica e civile delle comunità locali.
La primitiva appartenenza di Moena alla Pieve di San
Giovanni di Fassa, dipendente dalla Diocesi di Bressanone,
non è suffragata da documentazione diretta,
ma viene da taluni studiosi desunta dalla contiguità
geografica e dalla comunanza dei tratti culturali
e linguistici con le popolazioni di quell'area.
Le
prime fonti scritte, che risalgono al 1164, assegnano
chiaramente Moena alla diocesi di Trento, venendovi
in tale anno consacrata una chiesa a San Vigilio da
parte del vescovo Adalpreto. Già dal 1027,
frattanto, l'Imperatore Corrado II il Salico aveva
investito i vescovi di Trento e di Bressanone del
potere temporale. Taluni storiografi avanzano l'ipotesi
che in successive circostanze si sia verificato un
cambiamento di confini tra i due Principati in corrispondenza
dell'abitato di Moena: a causa del passaggio alla
giurisdizione della Pieve di Cavalese, distante parecchie
ore di cammino, la località avrebbe richiesto
ed ottenuto l'erezione di una propria chiesa. Analogamente
dalla lettura dei Patti Gebardini sembra che Moena
non risulti ab origine inserita nella Comunità
di Fiemme, se non a partire dal 1234. Ancora nel 1304
i rappresentanti moenesi, sottoscrivendo una convenzione
con la Comunità di Fassa, agiscono autonomamente.
Soltanto con la ristrutturazione dei Quartieri del
1315 Moena appare interamente inserita nell'ambito
della Comunità di Fiemme.
Altri
elementi confermano la particolare posizione
occupata dal paese nel contesto comunitario. Moena
è subito Capo quartiere e si riserva la prima
voce nelle adunanze comunali; nella sua piazza si
tengono i Placiti, così come a Cavalese; i
suoi Regolani possono proporre un altro candidato
qualora la terna per l'elezione dello Scario non risulti
di loro gradimento. Altre
peculiarità la contraddistinguono in ambito
religioso e civile. Nel 1334 il vicario spirituale
di Trento, quasi certamente a sottolineare la diversità
linguistica, definiva la gente di Moena, "distincta
a plebe flemarum". Un fatto significativo per
la storia di Moena è costituito dalla fondazione
dell'ospizio di San Pellegrino avvenuta nel 1358.
In quest'anno i "frati bianchi" di San Pellegrino
nelle Alpi Apuane ottennero dalla regola di Moena
"un pezzo di terreno prativo e boschivo nella
zona di Alloch", ora passo di San Pellegrino,
per costruirvi un ospizio allo scopo di accogliervi
i viandanti che dovevano attraversare il passo. L'ospizio
tornò più tardi alla regola di Moena
che lo amministrava tramite un affittuario tradizionalmente
detto "priore".
Per
secoli la comunità di Moena poté gestire
in relativa autonomia le proprie risorse, fondate
in gran parte sul possesso comune di vaste aree boschive
e pascolive, e sull'attività di agricoltori
e artigiani. Le istituzioni tradizionali poterono
ben poco all'avvicinarsi della bufera napoleonica.
Subìta una prima occupazione nel marzo
del 1797, la Comunità di Fiemme dovette cedere
ai Francesi nell'inverno 1800-1801. Nel 1809 il governo
bavarese, alleato di Napoleone, abolì i privilegi,
sostituì i Comuni alle antiche "regole"
e introdusse la coscrizione obbligatoria. In quell'occasione
anche a Moena, come nella vicina Predazzo, si verificarono
episodi di protesta che sfociarono successivamente
nella sollevazione popolare capeggiata da Andreas
Hofer. Con la restaurazione del dominio asburgico,
la secolare indipendenza delle Comunità rurali
fu ridotta a nulla più che una pallida testimonianza.
Durante
la prima guerra mondiale fu utilizzato il Forte Someda,
costruito vicino all'ononima frazione. Dopo la prima
guerra mondiale il Comune di Moena si trovò
ad affrontare le difficoltà originate dal mutamento
del regime politico e dall'interruzione di secolari
legami economici e culturali. Dopo il fascismo, riconquistate
le libertà democratiche il paese si apre ad
una fase di nuovo sviluppo basato su una spiccata
vocazione turistica favorita dal senso di ospitalità
dei suoi abitanti. Di
fronte alle sfide della società moderna la
comunità moenese risulta impegnata insieme
all'intera Valle di Fassa nella lunga battaglia civile
per il riconoscimento dell'identità linguistica
e culturale della gente ladina delle Dolomiti.