Arezzo
è un comune toscano capoluogo dell'omonima
provincia. Il
comune di Arezzo è situato alla confluenza
di tre delle quattro vallate che compongono la sua
provincia. Direttamente a Nord della città
ha inizio il Casentino, che è la valle percorsa
dal primo tratto dell'Arno; a Nord-Ovest si trova
il Valdarno Superiore, sempre percorso dall'Arno nel
tratto che scorre fra Arezzo e Firenze; a Sud si trova
la Val di Chiana, una pianura ricavata dalla bonifica
di preesistenti paludi, il cui più importante
corso d'acqua è il canale maestro della Chiana.
Tramite l'agevole valico del Torrino e la valledel
Cerfone, si ha accesso a Est alla quarta vallata,
la Valtiberina, percorsa dal primo tratto del Tevere.
Il territorio del comune è molto ampio e vario:
si passa dalla pianura che si apre sulla Val di Chiana
e sull'Arno, alle colline, a Sud della città,
a zone montuose, soprattutto ad Est. I comuni confinanti
sono numerosi: sul lato Val di Chiana ci sono Civitella
in Val di Chiana e Castiglion Fiorentino; sul lato
Valdarno superiore ci sono Laterina e Castiglion Fibocchi;
sul lato Casentino c'è Capolona; sul lato Val
Tiberina ci sono Anghiari e Monterchi e la provincia
di Perugia, in Umbria.
CLIMA
Il clima della città di Arezzo e delle zone
limitrofe presenta le caratteristiche di continentalità
più accentuate di tutta la Toscana, vista la
lontananza dal mare e la posizione a cavallo tra il
Valdarno e la Val di Chiana con la dorsale appenninica
nelle relative vicinanze. Le precipitazioni presentano
un carattere irregolare, perché la zona può
essere influenzata sia dalle correnti umide atlantiche
che da quelle secche continentali provenienti da settentrione
e da oriente. L'escursione termica risulta elevata
sia nei valori giornalieri che annui. Nella
tabella sottostante sono riportati i valori medi che
si registrano nei dintorni di Arezzo ma possono essere
considerati attendibili anche per la città.
CENNI
STORICI
Arezzo sorse in epoca pre-etrusca in una zona abitata
fin dalla preistoria, come dimostra il ritrovamento
di strumenti di pietra e del cosiddetto "uomo
dell'Olmo", risalente al Paleolitico, avvenuto
nei pressi della frazione dell'Olmo durante i lavori
di scavo di una breve galleria della linea ferroviaria
Roma-Firenze nel 1863. La zona posta alla confluenza
di Valdarno, Valdichiana e Casentino, infatti, è
passaggio naturale per chi voglia attraversare l'Appennino.
Si ha notizia poi di insediamenti stabili di epoca
pre-etrusca in una zona poco distante dall'attuale
area urbana, il colle di San Cornelio, dove si sono
rinvenute tracce di una cinta muraria di difficile
datazione poiché sovrimpresse dalle poderose
mura romane. L'abitato etrusco sorse invece sulla
sommità del colle di San Donato, occupata dall'attuale
città. Si sa che la Arezzo etrusca, con un
nome quasi identico all'attuale, Arretium, esisteva
già nel IX secolo a.C. Arezzo fu poi una delle
principali città etrusche, e molto probabilmente
sede di una delle 12 lucumonie. A questo periodo risalgono
opere d'arte di eccezionale valore, come la Chimera,
oggi conservata a Firenze, la cui immagine caratterizza
talmente la città quasi da diventarne un secondo
simbolo. Al sorgere della potenza di Roma la città,
insieme alle consorelle etrusche, tentò di
arginarne le tendenze espansionistiche, ma l'esercito
messo insieme da Arezzo, Volterra e Perugia fu sconfitto
a Roselle, presso Grosseto, nel 295 a.C.; e così
nel III secolo avanti Cristo Arezzo fuconquistata
dai Romani che latinizzarono il suo nome etrusco Arretium.
Durante
l'epoca romana, specialmente nel periodo repubblicano,
Arezzo divenne un simbolo importantissimo dell'espansione
romana a nord, ed un bastione difensivo del nascituro
impero, grazie alla sua posizione strategica che ne
faceva tappa obbligata per chiunque volesse raggiungere
la sempre più potente città sul Tevere.
Arezzo si trovò dunque a doversi difendere
dai Galli Senoni che marciavano contro Roma. In suo
soccorso giuse una robusta armata guidata dal console
Lucio Metello, che trovò la morte in battaglia
ma arrestò l'avanzata dei barbari. Del fatto
rimane traccia in un toponimo, Campoluci, che indica
il tratto di piana vicino all'Arno in cui il console
combatté e morì. Dopo il fatto, Arezzo
divenne sede di un presidio romano permanente. Rimase
però sempre gelosa della sua autonomia, tanto
che cercò più volte di riconquistare
l'indipendenza nel corso delle guerre civili della
Roma repubblicana, schierandosi prima con Mario e
poi con Pompeo. Silla e Cesare si vendicarono facendone
una colonia per i loro veterani, il che provocò
un notevole riassestamento demografico che cancellò
da Arezzo - come da tutta l'Etruria - le rimanenti
tracce della vecchia cultura. All'inizio dell'età
imperiale la città, operosa e ricca di inventiva,
divenne ricca e prospera come al tempo delle guerre
puniche, quando era stata la principale fornitrice
di armi per la spedizione di Scipione in Africa. Sorsero
numerosi stabilimenti pubblici, come il teatro, le
terme, ed un anfiteatro di notevoli dimensioni che
è giunto fino ai nostri giorni. La vita culturale
ebbe un grande impulso grazie alla feconda attività
del primo degli aretini illustri nel mondo delle arti
e delle lettere, Gaio Cilnio Mecenate, il cui nome
rimarrà per sempre legato alla promozione della
cultura. Arezzo fu anche un centro di lavorazione
dei metalli e, soprattutto, di vasi di ceramica: i
vasi prodotti ad Arezzo erano detti "corallini"
per il loro colore.
Al
crollo dell'impero, Arezzo subì un forte spopolamento
ed una profonda crisi economica, da cui non la salvò
la posizione di relativa importanza in cui la posero
i Longobardi: le dimensioni della città subirono
una contrazione che la riportarono pressappoco a quelle
di epoca etrusca, le campagne si svuotarono e i commerci
languirono a lungo. La situazione non migliorò
neppure con l'arrivo dei Franchi di Carlo Magno -
che non si stanziarono in città come avevano
fatto i Longobardi - la cui impronta nella vita civile
e negli usi quotidiani fu lunga e durevole, ma che
privilegiarono i rapporti con quello che ritenevano
il più alto potere locale, il vescovado. Con
la diffusione del Cristianesimo, infatti, Arezzo era
divenuta sede di episcopato. Si tratta di una delle
poche città di cui sono noti tutti i vescovi
che si sono succeduti fino ad oggi. Dopo il mille
il suo vescovo iniziò a fregiarsi, primo in
Italia, del titolo di "conte". A questo
periodo risalgono il perduto "Duomo Vecchio"
del colle del Pionta, ai cui lavori partecipò
Maginardo, l'attuale Cattedrale e la Pieve di Santa
Maria. Sotto
la protezione del vescovo si sviluppò nel contado
aretino anche un folto numero di abbazie, che contribuirono
a ricostruire un sistema di scambi ed un minimo ambito
culturale. In questo periodo Arezzo vide la nascita
di un altro dei suoi figli illustri: Guido Monaco.
Fattosi benedettino nell'abbazia di Pomposa e successivamente
a Roma, elaborò il nuovo metodo di notazione
musicale ed il tetragramma. Dopo il Mille al potere
feudale, identificato con il vescovo che risiedeva
fuori dalla città sull'altura del Pionta, arroccato
come in un castello, venne affiancandosi un potere
cittadino, l'ordinamento della città ebbe un'evoluzione
e si affermò il libero comune: la presenza
di un console è attestata ad Arezzo nel 1098.
La
duplicità di poteri generò presto un
conflitto tra il vescovo, che vedeva la sua autorità
feudale provenire dall'imperatore e quindi incarnava
la prima espressione del partito ghibellino, e la
magistratura cittadina. L'attrito sfociò in
varie sollevazioni popolari contro il vescovo e nella
rappresaglie di questo, che chiamò in soccorso
l'imperatore Arrigo, il quale scendendo in Italia
verso Roma, trovava per l'appunto Arezzo nella sua
strada. La rappresaglia fu durissima ma non arrestò
lo sviluppo del Comune, che proseguì soprattutto
dopo il concordato di Worms del 1122 che poneva fine
alle controversie tra impero e papato e, di fatto,
alla figura dei vescovi-conti. Èa questo periodo,
all'inizio del XIII secolo, che risale l'avvio della
costruzione della Pieve, concepita per ospitare un
vescovo ridimensionato alle sue funzioni pastorali,
e di altre chiese che accogliessero gli ordini monastici
inurbati forzatamente dopo la confisca dei loro possedimenti
feudali. L'influenza territoriale di Arezzo crebbe
notevolmente culminando con la presa di Cortona, avvenuta
nel 1298 dopo una sanguinosa battaglia. Alla rinnovata
importanza politica si accompagnò una fioritura
culturale: la città si dotò di una università,
lo Studium, i cui ordinamenti risalgono al 1252, brillarono
i primi ingegni della nuova poesia lirica italiana
Guittone d'Arezzo e Cenne de la Chitarra; della scienza
con quel Ristoro che nel 1282 scrisse la prima opera
scientifica in volgare; della composizione del mondo;
e della pittura, con Margaritone d'Arezzo, poi affiancato
da maestri fiorentini e senesi quali Cimabue e Pietro
Lorenzetti. Nel 1304 infine nasceva ad Arezzo, da
un fuoriuscito fiorentino, Francesco Petrarca. Mentre
la potenza di Arezzo cresceva, però, cresceva
anche quella delle città vicine, ed era inevitabile
che si arrivasse allo scontro con Firenze e Siena.
Dopo alterne vicende la Arezzo ghibellina subì
una disfatta contro le armate senesi e fiorentine
nella battaglia di Campaldino (1289) nei pressi di
Poppi. In questa battaglia, a cui partecipò
Dante Alighieri per la parte guelfa, morì anche
il vescovo di Arezzo Guglielmino Ubertini. In seguito
si affermò la signoria dei Tarlati di Pietramala,
il cui principale esponente fu Guido Tarlati che pur
essendo divenuto vescovo nel 1312 continuò
a mantenere buoni rapporti con la fazione ghibellina,
in Toscana e fuori, come ad esempio con gli Ordelaffi
di Forlì. La signoria di Guido Tarlati mise
temporaneamente fine alle dispute di fazione tra i
Tarlati e gli Ubertini e la famiglia guelfa dei Bostoli;
tanto feroci che San Francesco si era rifiutato a
suo tempo di entrare in città, vedendola "infestata
dai diavoli", episodio ricordato da Giotto negli
affreschi della Basilica Superiore di Assisi.
Guido
Tarlati risanò il bilancio delle Stato, portandolo
a una tale floridità che Arezzo prese a battere
moneta propria, ampliò la cinta muraria, concluse
una onorevole pace con Firenze e riuscì ad
allearsi con Siena e ad espandere il dominio territoriale
verso sud e verso est, lui vescovo, a spese dei possedimenti
pontifici; tanto che il Papa da Avignone lo scomunicò
e lo dichiarò eretico. Ciò non gli impedì,
nel 1327, di incoronare imperatore a Milano Ludovico
il Bavaro. In questo periodo si era anche sviluppata
una forte borghesia mercantile che aveva imposto alcune
modifiche nel governo della città, come la
creazione della magistratura del capitano del popolo
e delle corporazioni delle arti, e la costituzione
di una magistratura rappresentativa delle quattro
parti in cui la città venne divisa: porta Crucifera,
porta del Foro, porta Sant'Andrea e porta del Borgo,
alle quali si richiamano i quattro quartieri che disputano
l'odierna Giostra del Saracino.
A
Guido Tarlati passato a miglior vita nel 1327 successe
Pier Saccone, il fratello, che non era purtroppo della
stessa pasta. Arezzo cominciò progressivamente
a perdere terreno nei confronti della rivale Firenze,
perdendo per la prima volta l'indipendenza nel 1337:
Pier Saccone, pressato dagli oppositori interni, dai
nemici esterni (fiorentini e perugini) e dalla crisi
economica, cedette Arezzo a Firenze per dieci anni
in cambio di denaro. Trascorso questo periodo, l'indipendenza
fu recuperata, ma non la prosperità. La seconda
metà del trecento fu caratterizzata tuttavia
da una sostanziale pace sociale, che terminò
bruscamente con il progetto del vescovo Giovanni Albergotti
di fare entrare Arezzo nella sfera d'influenza del
papato. Le lotte tra guelfi e ghibellini riesplosero
con violenza, e la città conobbe più
volte l'esperienza del saccheggio da parte di soldataglie
mercenarie chiamate in soccorso ora dall'una ora dall'altra
parte, o anche venute per l'una e passate all'altra
se questa pagava meglio, secondo il costume dell'epoca.
Ultimo fu il capitano di ventura francese Enguerrand
de Coucy che transitava nella zona diretto a Napoli,
dove doveva attaccare Carlo di Durazzo per conto di
Luigi d'Angiò, e fu assoldato dalla parte ghibellina
che era stata appena espulsa dalla città. Enguerrand
prese con facilità quel che rimaneva di Arezzo,
ma nel frattempo il suo signore Luigi d'Angiò
moriva, lasciando l'armata senza scopo e senza soldo.
Firenze ne approfittò immediatamente, offrendo
al capitano francese quarantamila fiorini perché
consegnasse Arezzo, ed egli accettò. Fu così
che nel 1384 Arezzo fu annessa allo stato toscano
dominato da Firenze. Il dominio fiorentino è
visibile d'ora in poi anche nell'architettura e nell'Arte:
Spinello Aretino fu l'ultimo artista di scuola autoctona;
dopo di lui prevale la scuola fiorentina. In questo
periodo furono realizzati da Piero della Francesca
gli affreschi della Leggenda della Vera Croce nella
Basilica di San Francesco. Il governo fiorentino tentò
di rendersi gradito alla città, riuscendovi
in parte grazie alla saggia elezione a segretario
della Repubblica di un aretino di alto spessore, lo
storico e poeta Leonardo Bruni, che si adoperò
per favorire l'integrazione di Arezzo nel nuovo Stato
toscano ormai, con l'eccezione di Siena e Lucca, interamente
sotto il controllo di Firenze. Vi fu tuttavia un lento
decadimento economico e culturale della città.
La parte più antica, comprendente la rocca
e la Cattedrale, fu profondamente modificata con la
costruzione della Fortezza Medicea, esempio precoce
di fortificazione alla moderna. Nel primo cinquecento
Arezzo si trovò coinvolta in una rivolta antifiorentina,
che oppose a Firenze il capitano di ventura Vitellozzo
Vitelli, il "duca Valentino" Cesare Borgia
e suo padre Papa Alessandro VI, e il re di Francia
Luigi XII. La sommossa si spense però dopo
pochi giorni, e costò la vita al Vitelli che
fu fatto uccidere dallo stesso Cesare Borgia durante
un banchetto, con un metodo cui Niccolò Machiavelli
dedicò un addirittura un trattato datato 1503.
Nel
1525 sulla città e sul contado si abbatté
una pestilenza, cui seguì una carestia che
mise in ginocchio l'economia aretina e portò
ad una nuova sollevazione contro Firenze nel 1529,
anche questa però più legata ad avvenimenti
esterni che ad una vera volontà popolare. I
Medici, che erano stati scacciati da Firenze nel 1527,
avevano ora dalla loro il papa Clemente VII, appartenente
alla famiglia dei Medici. Questi concluse una pace
con l'Impero e si assicurò così una
armata imperiale, comandata da Filiberto d'Orange,
per imporre a Firenze il ritorno dei Medici. L'armata
proveniente da Roma passò dal territorio di
Arezzo, allora parte dei possedimenti fiorentini e
presidiata da una guarnigione fiorentina, e la città
anziché tentare una improbabile resisterenza
all'assedio pensò di profittare della situazione
per riconquistare l'indipendenza, trattando la resa
tramite un ufficiale dell'esercito imperiale originario
della Valtiberina, tale Francesco di Bivignano, detto
"il conte rosso". La guarnigione fiorentina
si rifugiò in fortezza ma fu presto cacciata,
mentre il Conte Rosso si impadroniva di parte del
Valdarno, Anghiari e Sansepolcro. Ma terminata la
contesa con la sconfitta della Repubblica fiorentina
a Gavignana nell'agosto del 1530, i Medici non videro
più la ragione per tenere Arezzo separata dal
resto della Toscana, ed inviarono di nuovo l'esercito
imperiale a prenderne possesso. Nel 1554 cadeva anche
Siena, ed una quindicina di anni dopo tutta la Toscana,
con l'eccezione di Lucca e dello Stato dei Presidi
presso l'Argentario, diveniva Granducato. Cosimo I
Medici attuò ad Arezzo un piano di ristrutturazione
urbanistica a scopi difensivi: il perimetro della
cinta muraria fu ridotto come il numero delle porte,
la fortezza fu ricostruita e ampliata. In questo contesto
fu anche completata la cattedrale, e furono abbattuti
alcuni storici edifici, tra cui l'antico palazzo comunale
e il palazzo del capitano del popolo, per fare spazio
alle Logge dovute alla mano di Giorgio Vasari. Durante
i lavori di scasso vennero rinvenute le celebri statue
di bronzo della Minerva e della Chimera di Arezzo.
Il periodo del Granducato Mediceo a partire dalla
seconda metà del '500 vide peròt, in
tutta la Toscana, un lento ma inesorabile decadimento
economico e culturale accompagnato da decremento demografico,
che si invertirà solo nel settecento, con le
iniziative illuminate di Pietro Leopoldo di Lorena.
Nel XVIII secolo fu portata a termine la bonifica
della Val di Chiana. Nel 1796 cominciò una
campagna militare di invasione dell'Italia da parte
dei Francesi. Il generale comandante di questa invasione
era Napoleone Bonaparte. Anche Arezzo fu conquistata
ma nel 1799 fu il centro del movimento del "Viva
Maria", una delle insorgenze antinapoleoniche
avvenute in quegli anni in Italia. In seguito a questi
fatti Arezzo fu riconosciuta dal Granduca di Toscana
capoluogo di provincia. Nel 1860 il Granducato di
Toscana, e quindi Arezzo, entrò a far parte
del regno d'Italia. In questo periodo, anche grazie
all'avvenuta bonifica della Val di Chiana, Arezzo
ritornò ad essere un nodo delle principali
vie di comunicazione fra Roma e Firenze.
MANIFESTAZIONI
Ogni prima domenica del mese e il sabato precedente
si tiene nel centro storico la "Fiera antiquaria".
Il 9, 10 e 11 settembre di ogni anno si tiene la "fiera
di settembre" (Fiera del Mestolo). L'ultima settimana
di agosto si svolge un concorso corale polifonico
internazionale dedicato a Guido Monaco al quale partecipano
cori di altissimo livello provenienti da tutto il
mondo, nel 2007 sarà sede del Gran Premio Europeo
di Canto Corale. In autunno si svolge il Festival
Internazionale "I Grandi Appuntamenti della Musica"
organizzato dall'Ente Filarmonico Italiano con il
patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali e il contributo dei principali enti territoriali.
Giostra
del Saracino
Nel quadro delle rievocazioni storiche, di cui il
centro Italia è ricco, si colloca la Giostra
del Saracino. Ripristinato in rievocazione storica
nel 1931, la Giostra del Saracino si corre ad Arezzo
nella Piazza Grande il penultimo sabato di giugno
in notturna e la prima domenica di settembre in edizione
diurna. Nella giostra si sfidano i 4 quartieri della
città: Porta del Foro, Porta Crucifera, Porta
S.Andrea e Porta S.Spirito. Ogni cavalieri corre la
lizza in base all'ordine stabilito secondo la prova
generale avuta luogo il giorno precedente, comunemente
chiamata "la Provaccia". Il fantino porta
una lancia con la quale deve colpire il tabellone
sostenuto dal buratto, una statua lignea rappresentate
il Saraceno (da qui il nome). il punteggio è
compreso tra gli zero e i cinque punti; ogni quartiere
corre due volte finché, ricorrendo talvolta
allo spareggio, un quartiere non predomina sugli altri.
CHIESE
Cattedrale: il Duomo, chiesa gotica contenente il
sepolcro di Papa Gregorio X, XIV secolo.
Chiesa di San Domenico: fondata nel 1275 e terminata
all'inizio del Trecento. Vi è esposto il Crocifisso
Ligneo di Cimabue.
Basilica di San Francesco: La Cappella Bacci contiene
l'affresco "La Leggenda della Vera Croce"
di Piero della Francesca.
Santa Maria della Pieve (la Pieve), con una torre
alta 59 metri, detta anche il campanile dalle cento
buche.
San Michele
Badia delle Sante Flora e Lucilla (la Badia).
Santa Maria delle Grazie: santuario quattrocentesco
tardo gotico con portico rinascimentale di Benedetto
da Maiano; altar maggiore in marmo e terracotta smaltata
(fine Quattrocento), opera inconsueta di Andrea Della
Robbia che raffigura nel timpano Madonna con Bambino
tra due angeli, nelle nicchie i Santi Lorentino, Pergentino,
Donato e Bernardino, nel paliotto la Pietà;
all'interno un affresco di Parri di Spinello (Madonna
della Misericordia).
FRAZIONE
DI OLMO
La frazione di Olmo, con i suoi 3.500 abitanti, è
situata a circa 5 km dal centro cittadino. Olmo è
famoso per un importante ritrovamento di un teschio
di Homo sapiens vissuto nel Pleistocene medio. Al
confine tra Olmo e la vicina frazione di S. Anastasio
si trova la storica Villa Mancini. La chiesa del paese
di Olmo risale alla fine degli anni sessanta, fino
al 1995 è appartenuta al movimento dei francescani
e successivamente è stata ceduta alla curia
vescovile. Ultimo frate francescano a guidare la parrocchia
è stato "padre Graziano" ( Sante
Conti ). Negli ultimi anni, inoltre, vi sono state
eseguite varie opere di ristrutturazione ed ampliamento
tra le quali la costruzione del campanile di cui la
chiesa stessa era sprovvista. I santi patroni del
paese sono S. Vincenzo e S. Anastasio che si festeggiano
il 22 gennaio. Per gli amanti delle camminate, delle
corse in montagna a piedi ed in mountain-byke il paese
di Olmo è adatto come punto di partenza in
quanto dallo stesso hanno inizio alcune strade e sentieri
che portano verso il monte Lignano, visibile voltando
lo sguardo ad est, confluendo nel famoso " sentiero
50 " che unisce il lago Trasimeno, partendo da
Passignano (PG), fino al monte della Verna in Casentino
(AR).
FRAZIONE
DI PALAZZO DEL PERO
Palazzo del Pero è una frazione del Comune
di Arezzo ed è il capoluogo della Circoscrizione
6, è situata a 10 km dalla città in
direzione S. Sepolcro. La Circoscrizione con i suoi
102.5 kmq, è poco meno di un terzo di tutto
il Comune. È zona montana e con i 12 abitanti
per kmq, risulta la zona meno densamente popolata.
Le altre frazioni della circoscrizione sono Pieve
a Ranco e Rassinata . La zona ha un grande valore
paesaggistico e racchiude nel suo territorio una serie
di piccoli gioielli artistici come la Pieve di S.Donnino,
risalente al VII secolo(Tafi) le cui absidi (XI secolo)
sono visibili dall' interno della canonica , la Badia
di S. Veriano, il Castello di Ranco e molti altri
ancora.