Sciacca
è un comune della provincia di Agrigento. È una città
di mare, turistica e termale. Ricca di monumenti e chiese, è
nota fra l'altro per il suo storico carnevale. La cittadina di Sciacca
si trova sulla costa del Canale di Sicilia tra le foci del fiume Platani
e Belice, a circa 65 metri sul livello del mare: ad est sinnalza
il Monte San Calogero alto 386 metri, alle cui falde scaturiscono, per
un percorso di circa sei chilometri, le famose acque termali. È
situata a forma di anfiteatro sul mare a mezzogiorno della Sicilia,
di fronte all'isola di Pantelleria e Tunisi, a metà strada tra
le rovine di Selinunte, Eraclea Minoa, ed Agrigento. Secondo lo storico
Savasta (1843) il nome di Sciacca si scriveva con la lettera X, cioè
Xacca derivato da Xech, dal nome saraceno Xech, che sta per Signora
e Governatrice. Xechi erano, inoltre, chiamati dai Saraceni i governatori
delle piazze come attesta il Fazello (1498-1570). Secondo altri Xacca
deriva da Xach che vuol dire Mercurio (forse per un famoso tempio dedicato
a questa divinità), oppure Pomona (dea dell'abbondanza). Poi
in latino si scrisse Sacca. Altre spiegazioni sul suo nome le diedero
gli studiosi Licata (1881) e Ciaccio (1900). La più recente,
comunque, la si deve al Sacco (1925), secondo il quale il vocabolo Sciacca
non è altro che un participio femminile attivo della prima coniugazione
del verbo sordo (arabo) Saqqua che porta l'idea separare, dividere,
fendere. Lo stesso autore i riferisce che Sciacca è stata così
chiamata perché sin dall'inizio del dominio musulmano segnò
il confine che separava due province o distretti o contrade. Il fatto
che Sciacca si trovava quasi a metà strada fra Marsala e Girgenti
giustifica, secondo lo studioso, tale designazione da parte dei conquistatori
africani. Lo stesso Michele Amari non dubita sull'origine araba del
nome. La tesi sopra descritta non ha trovato però conferma da
parte di Giovanni Alessio (1938), secondo il quale la teoria sopraccitata
è valida per un corso d'acqua o una catena montuosa, ma non per
un centro abitato. Diversi studiosi negli ultimi anni ritengono che
il suo nome derivi dall'arabo "Syac", che significa "bagno";
altri da "al Saqquah", risalente al culto per il dio siriano
"Shai al Quaaum".
ORIGINI
Le origini di Sciacca sono antichissime, probabilmente al tempo dei
Sicani o dei Fenici. Nel VII a. C., secondo Tucidide, gli abitanti di
Selinunte avevano costruito, come confine del loro territorio, un castello
che prese il nome di Terme Selinuntine. Le prime testimonianze che il
territorio di Sciacca fosse abitato nella preistoria sono convalidate
dai reperti di scheletri umani e da alcuni massi intagliati, che probabilmente
servivano per sedersi o dormire. Alcuni segni grafici, meglio visibili
nel periodo in cui visse il Fazello, si sono quasi cancellati, ma recenti
studi ne hanno confermato l'esistenza. Questi importantissimi segnali
di civiltà remota si sono trovati nella Grotta Stufa, sulla vetta
del Monte Cronio, odierno Monte san Calogero. Sembra certo, pertanto,
che sin dai tempi più antichi, l'uomo abbia trovato in questo
monte il sollievo che scaturiva dalle sue sorgenti. Secondo la leggenda,
i Bagni a vapore (le cosiddette stufe di San Calogero) sul Monte Cronio
sarebbero stati impiantati da Dedalo circa mille anni prima dell'era
cristiana. Costui, fuggito da Creta per paura che Minosse lo trucidasse,
giunse in Sicilia dove venne accolto da Cocalo, re sicano che viveva
nella città di Inico. Grato per l'ospitalità ricevuta,
Dedalo costruì per il re il Castello di Camico su una cima di
difficile accesso, nel quale il sovrano custodì i suoi tesori.
Minosse, venuto a conoscenza del nascondiglio di Dedalo, raggiunse la
Sicilia, in territorio agrigentino, presso la città che dallo
stesso prese il nome di Minoa. Subito dopo, inviò dei messi a
Cocalo affinché gli consegnassero il fuggiasco. Cocalo accettò
la proposta e invitò Minosse al suo castello, ma mentre questi
fece il bagno, lo fece soffocare dalle sue figlie, restituendo il cadavere
al suo popolo e giustificando la morte del re come se fosse stata causata
dall'essere scivolato nell'acqua calda. Le ceramiche ritrovate nelle
grotte del Monte Cronio, risalenti al periodo di transizione fra l'età
della pietra e quella del bronzo, fanno ritenere che la città
di Cocalo fosse posta in questo sito. Secondo accreditati storici, la
spedizione militare in Sicilia di Minosse, conclusasi con la sua uccisione,
trova la sua spiegazione nel tentativo del re cretese di conquistare
quella città, così ricca di acque termali, luogo di culto
sacro a Cocalo, supremo sacerdote del dio delle acque. Poche sono le
notizie storiche certe. I Saccensi così vengono chiamati
gli abitanti di Sciacca ritengono che l'antica città fosse
ubicata nella valle formata dal Monte Nadore e dal Monte San Calogero,
a circa sei chilometri dall'odierna cittadina. In questo posto sono
venuti alla luce avanzi di fondamenta di grandi dimensioni. Ciò
confermerebbe l'esistenza dell'antica città abitata da popolazioni
sicane. Le iscrizioni fenicie, invece, confermerebbero il passaggio
dei Fenici.
CENNI
STORICI
Con la colonizzazione greca, capitanata da ntoniu pipa, i selinuntini
probabilmente formarono un agglomerato urbano che per le caratteristiche
del luogo ricco di acque minerali chiamarono Terme Selinuntine. Ciò
si suppone che sia avvenuto non molto tempo dopo la fondazione della
stessa Selinunte. Il sito si trova nell'odierna parte orientale di Sciacca.
Questa parte di territorio assommava le tre caratteristiche principali
che la resero famosa, e che furono la ragione della continuazione della
sua esistenza: i bagni della valle, le officine di ceramisti e le fosse
scavate nella roccia per la conservazione del grano.
Facendo parte del territorio di Selinunte, Terme Selinuntine subì
le stesse vicende storiche. Con la sua caduta nel 409 a.C. in mano cartaginese,
Terme Selinuntine accolse parte della popolazione scampata alle distruzioni
della città, e fu anche teatro di due importantissime battaglie
durante la dominazione greco-punica. La prima battaglia, avvenuta nel
383 a.C., è stata quella della Cabala in cui Dionisio di Siracusa
ebbe la meglio sui Cartaginesi. Secondo la ricostruzione di alcuni storici
venne ucciso il duce Magone (tesi non condivisa dalle fonti ufficiali,
secondo le quali Magone perì durante il viaggiò di ritorno
in Africa) il quale fu sepolto nell'attuale contrada che porta il suo
nome col titolo di Baronia. Esistono delle pietre a forma di cono che
gli stessi storici hanno indicato come monumento funebre eretto dai
Cartaginesi per ricordare il loro capo.
Nella seconda battaglia, quella di Cronio (avvenuta dovera ubicata
l'antica città, come già ricordato, nella valle fra il
Nadore e San Calogero) si ebbe nel 378 a.C. ed Imilcone, figlio di Magone,
riuscì a conquistare con uno stratagemma a danno di Dionisio
il territorio selinuntino e quello agrigentino, raggiungendo i confini
del fiume Alico.
A tal proposito Pollieno ci racconta che Imilcone aveva posto il suo
quartiere generale nella città di Cronio, i cui abitanti erano
favorevoli ad arrendersi. Ciò però non avvenne perché
furono ostacolati dai generali di Dionisio. Imilcone però non
si arrese ed, approfittando del vento contrario ai suoi nemici che si
erano stabiliti nei pressi della città, incendiò il bosco
che li divideva. In questo modo il fumo gli permise d'entrare in città
senza essere notato dai capi siracusani.
Le guerre fra le due popolazioni, siceliota e punica, videro in sostanza
il territorio di Terme Selinuntine attraversato dagli eserciti di Dionisio,
Timoleone, Agatocle e Pirro.
Nel III secolo d.C. Terme Selinuntine venne chiamata Aquae Labodes e
con i Romani, nel IV secolo d.C., divenne Stazione Postale per le comunicazioni
con l'Impero. Successivamente la città venne rappresentata sulla
carta geografica da un grande edificio di forma quadrangolare. Ciò
fa supporre che nel periodo romano fosse divenuta molto importante,
forse la sede principale direzionale delle Poste di tutta la Sicilia.
Nel 840 il centro di Sciacca venne occupato dagli Arabi, promettendo
obbedienza e tributi: da allora si chiamò col nome attuale. Nel
860 fu distrutta Caltabellotta. Moltissimi profughi trovarono rifugio
a Sciacca e il Vescovado fu trasferito sul Monte San Calogero ove aveva
sede l'antica Crono. Durante questa dominazione, per la città
furono anni prosperi per la sua popolazione. La città assurse
grande importanza non solo per la sua felicissima posizione, ma soprattutto
perché a metà strada fra due importantissime città,
quali Mazara e Girgenti. In questo periodo divenne capoluogo delle Circoscrizioni
Territoriali e poté godere dei pieni diritti di proprietà
e di culto. Tra l'895 e il 1040 in Sicilia vi furono contrasti fra Arabi
e Berberi, e la popolosa città di Sciacca subì le conseguenze
dei suoi dominatori.
Il paese ad oriente era abitato dai Figulini, che sin d'allora erano
conosciuti per la lavorazione della creta. A mezzogiorno e ponente soggiornavano
gli Ebrei, poi la città sestese ancora, e sorse una borgata
che prese il nome di Rabato.
Nel 1087 Sciacca fu conquistata dai Normanni, i quali mantennero nel
territorio le divisioni che avevano compiuto gli Arabi e la città
continuò ad essere il capoluogo del suo territorio, rimanendo
anche capitale delle vicine circoscrizioni territoriali.
Secondo lo storico arabo Edrisi, i confini erano delimitati nel modo
seguente: ad oriente dal fiume Platani, ad occidente dal fiume Belice,
a nord dalla catena di monti dopo Caltabellotta e a sud dal mare. Questi
confini furono confermati successivamente dal Conte Ruggero I, al quale
si deve la costruzione delle Fosse granarie del caricatore, la riorganizzazione
del servizio navale e l'imposizione del dazio sul grano da esportare.
Il caricatore, che si trovava a sud del Borgo della Cadda, rimase in
funzione sino al 1336, quando ne venne costruito un altro fuori Porta
del Mare.
Al conte Ruggero si deve anche la costruzione delle mura e dei bastioni
della città, nonché l'edificazione del castello Vecchio.
Fuori le mura restarono i tre vecchi sobborghi: quello dei Figuli, quello
dei Musulmani detto Rabato e quello degli ebrei chiamato Cadda.
Sciacca, per lungo tempo, conservò il suo status di città
demaniale, ad eccezione del periodo in cui il conte Ruggero la concesse
in feudo alla figlia Giuditta (o Giulietta), sposa di Roberto Zamparrone.
A tal proposito si racconta che Giuditta era fuggita con Roberto Zamparrone
contro la volontà del Conte, e per sfuggire alle ire del padre
abbia trovato rifugio in una grotta sul Monte San Calogero. Il romita
Mauro dell'ordine Cluneacense, che abitava su quel monte, chiese clemenza
al Gran Conte, il quale perdonò i due fuggitivi che rientrarono
al castello. Dopo aver ottenuto la dispensa del Papa, il conte Ruggero
li unì in matrimonio. Le nozze si svolsero nella chiesa di San
Pietro annessa al castello. Fu così che il nome di Giuditta venne
legato alla città di Sciacca. Nello stemma, usato fino al 1860,
Giuditta volle raffigurata Santa Maria Maddalena in mezzo a due leoni
rampanti. Diverse sono state le interpretazioni sul suo significato.
Una vede nella Madonna la stessa Giuditta, e nei due leoni il padre
e il fratello Ruggero II. Un'altra vede nella Madonna la città
di Sciacca, e nei due leoni i fiumi Belice e Platani. Lo stemma attuale
che la città ha adottato è quello ritenuto anteriore al
periodo di Giuditta. Raffigura un cavaliere con la sua armatura che
corre verso il Castello delle tre Torri. Alcuni lo personificano in
Agatocle. A Giuditta si deve la costruzione di alcune chiese ed il Monastero
delle Giummare. La sua morte avvenne tra il 1134 e il 1136. Fra gli
abitanti di Sciacca è sempre viva la sua memoria e da molti è
ricordata come la seconda fondatrice della città.
Durante il periodo svevo in Sicilia, Sciacca ottenne parecchi privilegi,
come venivano riconosciuti in tutte le città demaniali. Il Comune
venne retto da un Magistrato, avente il diritto d'inviare i propri rappresentanti
al Parlamento. Nel 1231 il paese divenne centro commerciale per lo scambio
delle merci all'ingrosso, autorizzato dal Governo: lo scambio delle
merci al minuto venne affidato ad un giurato deputato. I beni della
contessa Giuditta passarono a Federico II che divenne erede anche dei
feudi normanni. Questi confermò i privilegi di cui godeva la
città. A lui si deve anche l'origine di alcuni casali fra i quali
quello di Burgimilluso che poi divenne Casale di Menfi. A Federico II
successe il figlio Corrado II il quale, malgrado fosse contrastato dal
Papato, riuscì a regnare in Sicilia fino al 1254, anno della
sua morte. A questultimo subentrò Manfredi che, incoronato
re nel 1258, mantenne Sciacca città demaniale con tutti i suoi
privilegi. Con la morte di Manfredi, e di Corradino scoraggiò
il governatore angioino che si ritirò a Messina. Nel 1268 Sciacca
fu assediata da Carlo I d'Angiò, e l'anno successivo sarrese.
In questo periodo la città fu sottoposta a soprusi d'ogni sorta.
Con la rivolta del Vespro il paese si ribellò e si costituì
in Comune libero. Capitano fu eletto Isidoro Incisa, di nobile famiglia.
Quando Pietro III d'Aragona, nella Chiesa della Martorana a Palermo,
fu proclamato re di Sicilia nel 1282, Sciacca contribuì a dare
il suo aiuto con le sue galere a sostegno delle lunghe guerre contro
gli Angioini. Fra le tante, per importanza, va ricordata la partecipazione
di Sciacca e il suo naviglio alla battaglia di Ponza nel 1300: in quell'occasione
fu fatto prigioniero il capitano della città Isidoro Incisa,
che poi riuscì a fuggire e mettersi in salvo. Un'altra grande
battaglia si combatté proprio a Sciacca nel 1302 e il suo assedio
durò quarantacinque giorni: gli abitanti resistettero fino all'arrivo
delle truppe di Federico II. Intanto nel campo nemico era scoppiata
una pestilenza che decimò l'esercito, costringendo Carlo II a
ritirarsi e chiedere la pace: venne firmata nel 1302 a Caltabellotta.
Il re, per riconoscenza dell'eroismo dimostrato, concesse l'immunità
dei dazi doganali e da ogni altro diritto della regia curia sulle merci
importate ed esportate, cosicché Sciacca divenne città
franca.
Rotta la pace di Caltabellotta nel 1312, ebbero nuovamente inizio gli
assalti degli Angioini in Sicilia, durati fino al 1373. Durante questo
periodo Sciacca divenne parecchie volte teatro di guerra e fu cinta
d'assedio dalle truppe angioine. Si difese eroicamente ma non poté
evitare i contrasti con fra le potenti nobili famiglie che parteggiavano
per le due dinastie. In un primo momento ebbero la meglio i Polizzi
e i Chiaramonte sui Peralta e i Ventimiglia, e Sciacca si schierò
con gli Angioini a scapito degli Aragonesi. Successivamente, nel 1355,
la città passò in mano ai Peralta e nel 1360, quando la
principessa Costanza d'Aragona si fermò a Sciacca per poi ripartire
e raggiungere il consorte Federico III a Catania, furono gli stessi
Peralta a dimostrare che non era cessata la loro solidarietà
verso gli aragonese. In questo anni a Sciacca venne istituita la carica
di Capitano di guerra per la difesa della città. Tale compito
fu affidato a Guglielmo Peralta che divenne, durante il regno di Federico
III, il più potente e importante signore di Sciacca e del territorio
circostante. Il Peralta, oltre ad essere conte di Caltabellotta, poiché
era apparentato col re, possedeva vasti territori avuti in eredità,
per occupazione o per concessione regia. Dal re aveva ottenuto la rappresentanza
della Magna Curia, cioè l'istituzione di una suprema autorità
con funzioni giudiziarie inappellabili.
Forte di questo appoggio, il Peralta riuscì persino a battere
moneta ed istituire una vera zecca. Grazie all'appoggio di altre nobili
famiglie riuscì a consolidare il suo potere tanto da essere investito
dal re della facoltà delle concessioni feudali. Alla morte del
re, il Peralta fu uno dei quattro vicari per la tutela della regina
Maria di Sicilia appena quindicenne. Gli altri tre vicari erano gli
Alagona, i Chiaramonte e i Ventimiglia. Nel 1390 la regina Maria si
sposava col re Martino il Giovane, ma i vicari e i baroni di Sicilia
riunitisi a Castronovoyy stabilivano di ricevere la regina Maria ma
non Martino, condividendo la volontà del papato che consideravano
gli aragonesi scismatici. Nel 1392 i sovrani giungevano a Trapani e
Guglielmo Peralta col figlio Nicolò ed altri nobili si recavano
per rendergli omaggio. Dei tre vicari si schierava contro soltanto Chiaramonte
e così Sciacca ebbe confermati tutti i privilegi concessi dai
sovrani precedenti. L'arresto e la condanna a morte del Chiaramonte
e il fermo dell'Alagona provocavano però una rivolta popolare.
Il re Martino chiedeva al Peralta il suo appoggio per domare i rivoltosi
ma questi in un primo momento si dimostrò contrario. Il figlio
Nicolò, poiché la rivolta sallargava a macchia di
leopardo verso l'entroterra, non tardava a convincere il padre ad affrontare
le truppe catalane comandate da Don Pietro Queralt. Nel territorio di
Sambuca del 1395 ebbe luogo una disastrosa battaglia e, malgrado la
sconfitta subita dal Peralta, le truppe nemiche non osarono avvicinarsi
a Sciacca. Poco dopo moriva il vecchio Guglielmo. Nel periodo in cui
tenne il potere Guglielmo Peralta, a Sciacca venne realizzato il Castello
Nuovo, una vera fortezza inaccessibile costruita sulla roccia. Inseguito
fu detto Castello dei Luna perché da loro abitato. Il giovane
Nicolò, figlio di Guglielmo, mantenne la carica di capitano della
città, e la carica di guardiano del Castello Vecchio e di quello
Nuovo.
Nel 1391 moriva anche Nicolò, e il re Martino, recatosi a Sciacca
per i funerali, alloggiò nel Castello Nuovo. Per assicurarsi
la continuità dei buoni rapporti, stabilì di dare in moglie
allo zio conte Artale Luna la figlia di Nicolò, Margherita Peralta,
malgrado l'amore della giovane era per il coetaneo Perollo, figlio di
un'altra nobile famiglia. Le nozze vennero celebrate a Sciacca nel 1400
alla presenza del re, e furono causa di un triste episodio che passò
alla storia come Caso di Sciacca. Infatti, la guerra civile che si scatenò
ebbe origine dalle controversie sorte tra la famiglia dei Perollo d'origine
normanna e quella dei Luna d'origine catalana durante il regno di Alfonso
V in Sicilia, durato dal 1400 al 1529 con immani conseguenze, riducendo
la città in uno stato di miseria ed abbandono. Dopo le suddette
nozze, la famiglia Perollo non sopportò la prepotenza del sovrano
e scatenò un odio viscerale verso la nobiltà catalana
e straniera alla quale il Luna apparteneva. A questo odio dei Perollo
saggiunge quello di Bernardo Cabrera, conte di Modica, che avrebbe
pure preteso di fare sposare Margherita al figlio, in modo da poter
ancora di più ampliare il suo controllo territoriale. Deceduti
Martino il Vecchio e il figlio Martino il Giovane, in Sicilia gli abitanti
aspiravano ad avere un loro re. Si erano intanto formati tre fazioni:
una catalana capeggiata da Bernardo Cabrera, un'altra dalla regina Bianca,
moglie di Martino il Giovane che il re aveva sposato dopo la morte di
Maria, e un'altra ancora della nobiltà siciliana a cui aderivano
molti Comuni che si erano ribellati alla regina. Il conte Luna seguiva
la fazione di Cabrera, ma gli abitanti di Sciacca rimasero fedeli alla
regina. Nel 1411 il Cabrera occupava la città, ma no il Castello
Vecchio, difeso ad oltranza da Pietro Garro. Un intervento della regina
liberò il castello e la città. Nel 1416, il prestigio
della famiglia Peralta passò ad Antonio, il figlio del Luna,
che ebbe dal re Alfonso la concessione della castellania di Sciacca.
Dava cioè il massimo onore oltre il diritto di dimora nel Castello
Vecchio.
Durante il periodo in cui regnò Alfonso V Sciacca, grazie alla
sua posizione, divenne una delle città più importanti
della Sicilia. Ma ancora una volta le rivalità tra le famiglie
Luna e Perollo turbarono la sua prosperità. Tale rivalità,
estesasi alla popolazione, culminò nella lite che i Luna e i
Perollo ebbero per la rivendicazione della Baronia di San Bartolomeo.
Nel 1438 intanto la città veniva venduta a Giovanni Ventimiglia,
marchese di Geraci, ma nel 1443 veniva riscattata. Nel 1448 l'intervento
del viceré faceva concordare una pace tra le famiglie Luna e
Petrollo, ma non passò molto tempo che fu violata. L'occasione
sebbe nel 1459 quando Antonio Luna stava partecipando alla processione
della Santa Spina di Cristo. Giunto dinanzi al palazzo dei Perollo,
il Luna insultò il rivale pubblicamente, forse convinto che non
venisse ascoltato vedendo le finestre chiuse. Le imposte saprirono
improvvisamente e Pietro Perollo raggiunse il corteo ferendo il rivale.
I suoi uomini incendiarono le case dei Luna, portarono lo scompiglio
tra i fedeli e si rifugiarono nel castello di Geraci. Dopo questatto
terroristico, il viceré inviò a Sciacca il luogotenente
del Maestro Giustiziere, Giacomo Costanzo, per istruire un processo
e punire i fautori di questi fatti. Ritornato da Caltabellotta, Antonio
Luna scatenò la sua vendetta, facendo assassinare familiari e
parenti dei Perollo, distruggendo le loro case, e persino la città
subì gravi danni. Il re Giovanni I, succeduto ad Alfonso V, per
evitare nuove sciagure alla città, esiliò i Luna e i Perollo
dal regno e confiscò tutti i loro beni. Nel 1494 Ferdinando V
insigniva la città col titolo di Degna per la sua gloriosa storia,
il suo vasto territorio e per la sua bellezza. Giacomo Perollo diveniva
potente signore e otteneva la carica d'amministrare la giustizia e le
attività del Comune. Diveniva anche deputato al Parlamento.
Ma gli odi non si erano assopiti e nel 1528 quando vennero uccisi sette
componenti della banda di Marco Lucchesi, accanito nemico del Perollo,
riesposero le rivalità. Non molto tempo dopo l'eccidio degli
uomini di Lucchesi, giungeva a Sciacca il corsaro Sina Bassà
il quale offriva il riscatto del barone di Solanto. Respinte le offerte
del Luna accoglieva quelle del Perollo. Il Luna oer vendicarsi dell'affronto,
nel 1529, con un esercito d'un migliaio di uomini cinse d'assedio ed
entrò nel Castello Vecchio. Il Perollo, tradito da una spia,
fu ucciso. I parenti però non sarresero, ottenendo un decreto
con il quale il Luna veniva condannato a morte ed i suoi beni confiscati.
Fuggito, Il conte si recò a Roma per ottenere la clemenza di
Carlo V e di Clemente VII ma, non essendogli accordata, si suicidò
buttandosi nel Tevere. Nel 1542 gli abitanti Sciacca si rivoltarono
contro le persecuzioni del Santuffizio, rivolgendosi al Parlamento
per fermare gli inquisitori: l'abolizione in Sicilia avverrà
due secoli dopo.
Il periodo intercorrente tra il 1554 e il 1712 a Sciacca è caratterizzato
da terremoti, rivoluzioni, fame e miseria. Malgrado ciò sorgono
chiese e nuovi palazzi, mentre Filippo II conferma Sciacca Urbs dignissima
et fidelissima. Nel 1647 la città si ribella e vengono aboliti
i dazi sul vino e sul macinato, non prima però che i manifestanti
raggiungessero il Comune, incendiando l'archivio ed uccidendo il maestro
notaro. Nel 1713 la Sicilia con Vittorio Amedeo II di Savoia riaveva
il proprio re e così anche Sciacca festeggiava. Nel 1718 la Spagna
mandava però la sua flotta per ristabilire il governo spagnolo
in Sicilia e anche Sciacca si sottomise. Ciò provocò la
reazione dell'Austria e la città fu messa nuovamente sottassedio
capitolando dopo tre giorni. Era il 1720 e il presidio spagnolo venne
smantellato, cosicché Sciacca obbedì all'imperatore Carlo
VI. Nel 1726 Carlo VI concludeva la pace con la città di Tripoli,
Tunisi e Sciacca. Malgrado vivesse ancora nella miseria, venne agevolata
nei suoi commerci in quanto venne evitato il pericolo dei corsari che
infestavano i mari lungo quelle rotte. Nel 1734 Carlo di Borbone occupava
la Sicilia ed a Sciacca veniva istituito il consolato del mare. La città
si riprendeva dal suo torpore e venivano intensificati i traffici via
mare, nonché via terra con la costruzione dell'arteria per Palermo.
Nel 1759 a Carlo III di Borbone succedeva Ferdinando I, il quale conferì
a Sciacca la facoltà di giudicare nelle cause civili e criminali.
La Costituzione del 1820 aboliva i privilegi ed affermava l'uguaglianza
dei cittadini. Alla città venne riconosciuto l'antico nome: Distretto
di Selinunte con Sciacca capoluogo. Nel 1821, Ferdinando aboliva la
Costituzione e Sciacca diveniva provincia di Girgenti. Sorta la carboneria,
la città partecipò con i suoi patrioti alle rivolte per
l'indipendenza dai Borboni. Nel 1860 giungeva Garibaldi a Marsala e
Sciacca faceva sventolare nel palazzo comunale la bandiera tricolore.
Acclamato dal popolo, veniva riconosciuto il costituito Comitato rivoluzionario,
il quale dichiarava decaduto il governo borbonico e proclamata l'annessione
al Regno d'Italia.
MONUMENTI
Sciacca conserva molte opere d'interesse artistico. Le sue mura, risalenti
a varie fasi costruttive, rappresentano un complesso unitario. Sono
molto spesse e quelle più recenti del 1550 si sovrapposero a
quelle più antiche del 1330-1335 circa. Si chiamano ancora col
nome del viceré Giovanni De Vega che li fece costruire e diresse
i lavori.
Le tre porte d'accesso alla città sono tutte rimaneggiate. Porta
Palermo che si trova nei pressi della Piazza Sturzo e fu riedificata
nel 1753 durante il Regno di Carlo III di Borbone ha delle belle
colonne in cima adornate da un gruppo scultoreo con una grande aquila,
in stile barocco. La Porta San Salvatore, del XVI secolo, che si trova
in Piazza Carmine, è ricca di belle sculture rinascimentali.
La Porta San Calogero, che si trova nell'omonima piazza, è del
1536.
ARCHITETTURA
RELIGIOSA
L'antica Cappella di San Giorgio dei Genovesi è stata costruita
nel 1520 dai numerosi mercanti genovesi, residenti a Sciacca per curare
i loro affari. Non è più officiata e si trova vicino il
porto ed è in parte interrata. La Chiesa di Maria SS. del Soccorso
o Duomo si trova in Piazza Don Minzioni e risale al XII secolo. Fondata
da Giulietta (Giuditta) la Normanna, figlia del conte Ruggero, il suo
rifacimento è stato eseguito nel 1656 su progetto di Michele
Blasco. La chiesa ha tre ampie navate con monumentali archi in stile
normanno. La facciata non è stata completata e mostra delle colonne
e dei portali ad arco curve. Completano la decorazione della facciata
tre sculture di Antonello e Domenico Gagini. All'interno si conservano
numerose opere del 1400-1500 fra le quali una scultura di Antonello
Gagini ed una statua, raffigurante la Madonna della Catena, attribuita
a Francesco Laurana.
Nei pressi della Chiesa Madre si trova la chiesa di SantAntonio
Abate, risalente al XV secolo. Appartiene invece al Cinquecento, anche
se fu ristrutturata nel 1613, la Chiesa del Collegio, che si trova sulla
via Roma. Ha un bellissimo portale a timpano triangolare e l'interno
è ad unica navata con cappelle incassate. Nel presbiterio si
trova una tela di Domenico Domenichino, mentre in una delle cappelle
si trova una Madonna del 1655 di Michele Blasco.
Un altro bellissimo esempio d'architettura è la Chiesa di San
Domenico e il suo Convento, risalenti al 1176 la prima e al 1742 il
secondo. La chiesa, in stile barocco, ha una sola navata con otto cappelle:
si trova in Corso Vittorio Emanuele. Al XII secolo appartiene la Chiesa
del Carmine nell'omonima piazza, che incorpora la Chiesa del Salvatore.
Col suo bellissimo rosone medievale.
In Piazza Carmine si trova anche la Chiesa di Santa Margherita del 1342
fatta erigere da Eleonora d'Aragona, moglie del Peralta. L'ultimo restauro
si è completato nel 1994, dopo che la stessa chiesa venne rifatta
nel 1595 con delle bellissime colonne angolari con architravi, fregi
e cornici. È aperta al pubblico ma non al culto, per cui viene
utilizzata per mostre, convegni e concerti. L'ingresso principale è
catalano, mentre il portale marmoreo che si trova sulla destra viene
attribuito a Laurana, realizzato nel 1468. L'interno, ad unica navata,
è barocco e conserva stucchi policromati ed affreschi di Ferraro
del XVII secolo. Sull'altare si trova un'icona in marmo del 1507-1512,
una statua in legno del 1544, opera di Frigia, che raffigura Santa Margherita,
ed un organo ligneo del 1641. Nella navata si trovano sei grandi riquadri
e tanti medaglioni realizzati dal Portulani tra il 1529 e il 1530.Purtroppo
sono da rilevale gli evidenti e stridenti contrasti e stonatunature
architettoniche tra la suddetta chiesa e un orribile stabile degli anni
60 che insiste sul lato sinistro della pregevole chiesa.
La Chiesa dello Spasimo di Corso Vittorio Emanuele è del 1632
e nel vicino Convento si trova il Cortile del Palazzo Fazzello costruito
nel Cinquecento. La Chiesa di San Michele, che si trova in Piazza Noceto,
fu fondata da Guglielmo Peralta nel 1371 e poi venne ricostruita nel
XVII secolo. Si conserva un portale con architrave ed un portale gotico.
L'interno è a tre navate con colonne ed archi al centro. La chiesa
conserva anche un crocifisso del Quattrocento, due acquasantiere del
Cinqucento, una scultura ed un polittico del Cinquecento ed una statua
seicentesca in legno di San Michele.
Nella stessa Piazza Noceto si trova la Chiesa di Santa Maria dell'Itria
ed il suo monastero: sono state volute anchesse dal Peralta. La
chiesa (detta anche di Badia Grande) è del 1776, ma fu fondata
nel 1380.
La Chiesa di San Nicolò La Latina, che si trova in Piazza San
Nicolò, risalente al XII secolo, ha un bellissimo prospetto decorato,
tipico dell'architettura arabo-normanna.
Più importante è la Chiesa di Santa Maria delle Giummare
in via Valverde, voluta da Giuditta e rifatta nel XVI secolo dopo una
prima erezione avvenuta nel 1103. La fiancheggiano due torri merlate.
All'interno, ad unica navata, si trova sulla sinistra la cinquecentesca
Cappella della Madonna delle Grazie. Da ammirare il rilievo dai San
Gerolamo, un'acquasantiera del Quattrocento, un crocifisso cinquecentesco
ed una Vergine col Bambino nell'altare maggiore attribuito a Laurana.
Datata al 1753, la Chiesa di SantAgostino che si trova
alla fine di via Valverde conserva all'interno una statua della
Vergine di G. Gagini del 1538 e bellissimi portali barocchi.
Datata al XV secolo, la Chiesa di San Francesco che si trova
in via Agatocle conserva bellissime pitture del saccense Rossi.
Altre chiese sono dedicate a: San Giuseppe (XVI secolo), San Vito (XVIII
secolo), San Francesco di Paola (1627) ed il suo Convento del 1224 (adibito
ad auditorium, sala congressi e mostre), Santa Caterina (1796), Santa
Maria del Giglio (XVII secolo), Purgatorio (1691), San Pietro (1885),
San Leonardo (1797), Santa Maria di Loreto (1930), Olivella (XIX secolo)
Madonnuzza (1693).
ISOLA
FERDINANDEA
A circa 26 miglia marine dalla costa di Sciacca, a pochi metri dalla
superficie del mare sul cosidetto banco di Graham sorge un vulcano attivo
che nel 1831 eruttò formando una piccola isola che venne chiamata
Isola Ferdinandea.Il primo ad approdare sull' isola dopo alcuni primi
tentativi falliti fu l' ammiraglio britannico James Graham che riusci'
a piantarci sopra la bandiera britannica.Dopo qualche giorno una delegazione
di cartografi francesi riusci' ad approdare e tracciare alcune piantine
dell'isola.Questa delegazione battezzò l' isola con il nome di
Julia.Dopo alcune settimane un' altra delegazione di geologi e cartografi
borbonici riusci' a mettere piede sull' isola e tracciare altre piantine
e battezzarono l'isola con il nome di Ferdinandea in onore al re delle
due Sicile Ferdinando di Borbone.Le tre nazioni stavano ancora litigando
per il possesso dell' isola,peraltro situata in mezzo al canale di Sicilia
e quindi in una posizione estremamente strategica,che essa lascio' tutti
di stucco inabissandosi tra flutti e vapori cinque mesi dopo.
ECONOMIA
Le fonti principali di reddito dell'economia di Sciacca sono il turismo
e la pesca. Il suo porto moderno ospita circa cinquecento natanti tra
pescherecci e piccole imbarcazioni, che quasi ogni anno scaricano oltre
cinquemila tonnellate di pesce. La sua flotta peschereccia comprende
circa duecento barche ed è la seconda in Sicilia dopo quella
di Mazara del Vallo. Tale attività impegna, comprese le strutture
a terra, quasi duemila persone con un fatturato annuo che supera i cinquanta
miliardi. I tipi di pesca più note sono lo strascico, la sottocosta
e il palangresi. La pesca più praticata è quella del pesce
azzurro che, attraverso la lavorazione nelle sue industrie conserviere,
viene esportato in tutto il mondo, facendo di Sciacca il primo produttore
europeo. Un piccolo cantiere navale provvede alla realizzazione delle
piccole e medie imbarcazioni.
Un altro settore portante per l'economia del posto è la produzione
granaria, quella ortofrutticola, quella olearia e la vinicola. Numerose
sono le cantine e gli oleifici, che esportano vini pregiati ed olio
extravergine d'oliva in tutto il mondo. La zootecnia, dopo anni di crisi,
finalmente sta avendo un forte incremento, soprattutto per la valorizzazione
che ha avuto la "pecora del Belice".
Per quanto riguarda l'artigianato, le ceramiche rappresentano pure una
fonte di reddito non indifferente per l'economia della città.La
ceramica rappresenta il fiore all'occhiello della produzione artistica
ed artigianale della ridente cittadina;note in Italia e all'estero,
le sue maioliche sono in crescita anche agli esperti artigiani saccensi
nelle cui botteghe hanno saputo realizzare opere d'elevato valore artistico.
Piatti, vasi, anfore, statue, piastrelle e oggetti vari fanno bella
mostra nei numerosi negozi del centro storico. I forni antichi, recentemente
scoperti, fanno pensare che l'arte della ceramica a Sciacca abbia avuto
inizio dal Trecento, se non prima. Tale attività fu continuata
ed ampliata nei secoli successivi. Le sue numerose fornaci sono anche
la testimonianza che la sua ceramica dominava i mercati della Sicilia
occidentale e veniva esportata altrove. Nel XVI secolo molte mattonelle
di Sciacca furono destinate ad abbellire tanti monumenti.
Le terme, il carnevale ed il mare sono i settori chiave per lo sviluppo
turistico del paese. Grazie soprattutto al suo mare ed ai suoi lidi,
la città sta vivendo quello sviluppo tanto sospirato che promette
bene per un futuro migliore. Ad est il primo lido che sincontra
è quello dello Stazzone, un mare pieno di scogli e un'acqua limpida.
Poi i lidi della Tonnara e della Foggia presentano fondali prevalentemente
sabbiosi. In località San marco, Renella e Maragani salternano
insenature ora rocciose ora sabbiose, ma che vengono considerate dai
sub e dai bagnanti veri paradisi. Ad ovest si trova la spiaggia di Sovareto
con sabbia finissima, quella di San Giorgio, Timpi Russi e Macauda.
Le tradizioni popolari fanno tesoro delle feste religiose, delle sagre
e del teatro popolare. Anche queste sono divenute un richiamo turistico
non da poco. Tra le feste religiose, è particolarmente importante
le feste dell'Ascensione e di Pasqua, la festa campestre di San Calogero
sul Monte Cronio e la festa di Mezzagosto. Fra le sagre va ricordata
quella del mare, che sin dal 1920 ha avuto svolgimento continuativo
al porto, quasi sempre tra la fine di giugno e i primi di luglio. In
questoccasione la statua di San Pietro viene portata in processione
in mare, seguita da una lunga fila d'imbarcazioni. Poi sul piazzale
viene sistemata una grande padella con oltre cinquecento litri d'olio
per soffriggere oltre cento cassette di gamberi. Tutti i presenti sono
invitati alla grande frittura che viene consumata con pane e vino locale,
a spese della Cooperativa dei pescatori, comprendente un migliaio di
soci.
Il teatro popolare trova posto nell'Estate Saccense, una rassegna di
spettacoli d'operetta, prosa ed arte varia.