Tusa
è un comune della provincia di Messina in Sicilia.
ETIMOLOGIA
Di etimologia incerta, potrebbe derivare dal greco
Aithusa.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Nel suo territorio sorse la città siculo-greca
di Alesa Arconidea, che si sviluppò sulla collina
di Santa Maria delle Palate tra il 403 a.C. e il IX
secolo d.C. Negli ultimi decenni del IX secolo, la
maggior parte della popolazione di Alesa Arconidea,
sembra abbia abbandonato la città per spostarsi
sul luogo dove oggi sorge Tusa, situata su una piattaforma
rocciosa facilmente difendibile, dove forse sorgeva
già un villaggio. L'abbandono di Alesa sembra
sia avvenuto in seguito ad un terremoto, forse quello
dell'856, e a questa data deve quindi essere attribuita
la fondazione della città.
MANIFESTAZIONI
La festività di san Giuseppe (19 marzo) è
preceduta dalla tradizione dei "Virgineddi".
Nei mercoledì precedenti chi ha un voto da
assolvere invita un certo numero di fanciulli dei
due sessi ad un pranzo in onore del santo, nel quale
le pietanze sono definite dalla tradizione: non può
mancare la zucchina a coniglio e le sfingi zuccherate.
Per la festività di santa Lucia, la tradizione
vuole che ognuno mangi un po di cuccia, chicchi
di grano di grandi dimensioni, che simboleggiano le
pupille, cotti e conditi con solo olio e sale. Per
la stessa festività, anticamente si svolgeva
una luminaria o fiaccolata notturna
Per la festività di san Giovanni, il 24 giugno,
avveniva la "squagliata d'u chiummu": del
piombo liquefatto su un piccolo fuoco veniva versato
in una bacinella piena d'acqua e le figure che si
venivano a formare erano interpretate come vaticinio
augurale.
Per la festività dell'Assunta si svolgevano
quattro processioni: il 13 agosto quella "della
Madonna Morta", con la statua adagiata sopra
una bara di giunchi; il 14 la Madonna veniva rappresentata
come resuscitata e in chiesa veniva assunta in cielo
con un macchinario in legno. La stessa cerimonia si
ripeteva il 15 agosto con l'intervento anche dei "galantuomini"
e infine era ancora ripetuta il 22 agosto, accompagnata
dalla "cavalcata". Quest'ultima consisteva
di cavalli, di muli, di asini, con il raccolto della
questua dei cereali a Maria, e preceduta da cavalieri
che offrono doni per miracoli ottenuti.
Sono infine ancora in uso il canto corale notturno
per l'Immacolata, i lamenti del Venerdì Santo
ed il canto di mezz'agosto per chiedere all'Assunta
protezione dal "gran terremoto".
I
BAGNI
Sulla costa, presso la foce del fiume Tusa, si trovano
i resti di un edificio che conserva pavimenti a mosaico
in tessere bianche, nere e rosse, e strutture antiche,
già visto nel Seicento da Tomaso Fazello e
da lui interpretato come struttura termale. Sull'edificio
si sono impiantate costruzioni più recenti
("Case Gravina"), ma la struttura potrebbe
essere interpretata come quella citata nelle "tavole
alesine" come elemento di confine tra i lotti
del territorio alesino.
IL
PONTE RIGGIERI
A circa 300 m dalla collina di Alesa Arconidea un
antico ponte supera il torrente Tusa e fu forse a
servizio della strada consolare verso Herbita ed Enna.
Questo percorso, conosciuto come la via frumentaria,
attraversava tutto il territorio di Pettineo e Castel
di Lucio, toccava la collina di Migaido con un altro
attraversamento del fiume, fino a giungere nel cuore
della Sicilia, ovvero il granaio d'Italia. Lungo questa
via venivano trasportati i prodotti agricoli e della
pastorizia per essere imbarcati nel caricatore di
Alesa ed esportati verso Roma. Gli attuali resti sono
di incerta datazione, probabilmente di epoca Romana
ma il nome potrebbe riferirsi ad un intervento di
epoca normanna come deformazione del nome del Conte
Ruggero.
LA
TORRE MIGAIDO
Nella vallata del fiume Tusa sul territorio di Pettineo
(Italia), a quota elevata (439 m s.l.m.), era sorta
una torre cilindrica, databile probabilmente al IX
secolo, all'epoca dell'invasione araba. Il nome di
"Migaido" deriva dall'arabo mà-gàytu,
con il significato di "il punto più lontano".
La torre presenta mura dello spessore di circa 3 m,
e all'interno sono ricavate scale per arrivare sulla
sommità. La presenza di un camino ne testimonia
un utilizzo anche abitativo. In origine dei merli
erano presenti sulla sommità. La sua funzione
dovette essere quella di un posto d'osservazione,
con guarnigione fissa, che assicurava il collegamento
visivo tra almeno due punti opposti del territorio,
sia verso Alesa che verso Amestratos ed Herbìta.
Ruderi di altre torri che potevano far parte del medesimo
sistema di segnalazione potrebbero essere la "torre
Macera", nella valle a sud di Castel di Lucio
e altri resti nei pressi del Monte Sambughetti, presso
Herbìta.
Una cappella con affreschi di epoca normanna ("Trinità"
e "Cristo Pantocratore") sorse quindi nei
pressi della torre e più tardi al complesso
si aggiunse un recinto quadrangolare con piccole torre
rotonde e una quadrata: la trasformazione risale al
XIV secolo, ad opera dei cittadini di San Mauro Castelverde
per conto dei Ventimiglia che in tal modo potenziarono
il loro dominio nella zona. Nel 1488 la dimora fortificata
fu utilizzata da alcuni esuli del Negroponte e successivamente
ebbe semplicemente la funzione di fattoria fortificata.
STRUTTURE
IDRICHE DEL "VIVIERE"
Nella contrada "Fruscio" un gruppo di sorgenti,
conosciute con il nome di "Viviere", presentano
opere idriche di captazione delle acque che sono state
riutilizzate per il moderno acquedotto di Tusa. Le
strutture erano già state identificate da Tomaso
Fazello, che vide inoltre le tracce di un acquedotto
che convogliava le acque raccolte verso Alesa. Una
parte della struttura (il "Vecchio Viviere",
conserva alcune colonne che circondano una grande
vasca, relative forse ad un antico ninfeo. La vasca
è collegata ad altre vasche minori, utilizzate
per la distribuzione e come lavatoi.
Il complesso potrebbe essere identificato con la fonte
"Ipurra" citata dalle "tavole alesine",
e si troverebbe dunque in prossimità del tempio
dedicato a Giove Melichio.
CONTRADA
OSPEDALE
Nelle "tavole alesine" viene citata una"
via Xenide" che può forse essere identificata
con l'attuale contrada e via Ospedale (o "via
Spitali"), a metà strada fra il sito di
Alesa e Tusa. Il termine greco di xenide sembra infatti
avere lo stesso significato del latino hospitalis,
corrotto quindi in Ospedale. Secondo l'iscrizione
qui dovrebbero dunque trovarsi il tempio di Adrano,
il "tapanon" e il "tematesis"
dell'antica Alesa.
TOPONOMASTICA
DEI LUOGHI
Nel territorio comunale molte località furono
ribattezzate con nomi di santi, nel periodo feudale
o quando divennero proprietà della Chiesa o
altre istituzioni religiose. Nella fascia più
interna molti nomi sono tuttavia ancora di derivazione
greca o latina, mentre nella fascia costiera i nomi
originali sembrano prevalentemente di origine araba:
in epoca precedente questa zona costituiva forse la
grande foresta di cui parlano le "tavole alesine".
I
BORGHI DI ALESA
Con la scomparsa di Alesa si svilupparono anche altri
centri secondari oltre a Tusa, che costituiscono oggi
le frazioni di "Castel di Tusa" e di "Milianni".
Tusa e Castel di Tusa erano probabilmente insediamenti
secondari già in epoca antica, mentre Milianni
si formò in epoca successiva.
CASTEL
DI TUSA
Mentre la città di Alesa venne occupata in
epoca araba dalla fortezza di "Qalat al Qawàrib"
("Rocca delle barchette"), il sottostante
approdo, che doveva già essere stato attivo
in epoca antica, si sviluppò probabilmente
come borgo marittimo. Sotto i Normanni entrò
a far parte del feudo dei Ventimiglia insieme a Tusa
e prese il nome di "Tusa Inferiore" o "Marina
di Tusa". Sul costone roccioso che sormonta l'approdo
la famiglia Ventimiglia fece costruire nel XIII secolo
il castello della Marina di Tusa (poi Castello di
San Giogio), da cui il borgo prenderà il nome
attuale.
Nell'approdo continuano a svolgersi i traffici commerciali
in collegamento alla via tra la costa e l'interno,
verso Enna, in uso fino al Settecento. L'approdo fu
oggetto di contesa per i dazi che se ne ricavavano
tra i Ventimiglia e il vescovo di Cefalù.
In seguito alle incursioni dei corsari nel Seicento
vennero potenziate le strutture difensive della costa,
erigendo nuove torri e perfezionando il sistema di
collegamento visivo. Il castello viene dotato di artiglieria
con un ampliamento della guarnigione e sulla costa
venne eretta la torre Selichenti.
Dopo lo spostamento della via per Enna, l'attività
portuale continua in direzione delle Isole Eolie.
Fino all'arrivo della ferrovia le barche continuano
ad assicurare i trasporti verso Palermo e Cefalù.
Nei pressi sorge la tonnara del Corvo, ancora attiva
nel 1780, ma che verrà chiusa come poco redditizia
agli inizi dell'Ottocento.
Le odierne attività del porto sono limitate
alla pesca (in particolare acciughe e sarde salate.
La tonnara del Corvo, molto attiva fino al 1780, viene
venduta dai Branciforti ai La Torre, ma cesserà
del tutto la sua attività agli inizi del 1800,
perché divenuta non redditizia.
EDIFICI
RELIGIOSI
La prima chiesa di Tusa fu probabilmente quella dedicata
a San Nicola, che potrebbe essere stata anche la sede
provvisoria del vescovo La sede vescovile non venne
ripristinata nella riorganizzazione ecclesiastica
voluta daI Normanni. L'istituzione della sede vescovile
venne richiesta nel Seicento, ma fu ottenuta invece
da Nicosia e per protesta nella Chiesa Matrice, in
quel momento in costruzione, non venne più
realizzata la cupola prevista.
Il vertice della gerarchia ecclesiastica era rappresentato
a Tusa dal "vicario curato", che amministrava
le rendite ecclesiastiche ed era a capo della parrocchia.
Il delegato del vescovo era il "vicario foraneo".
A questi si affiancavano i sarcerdoti delle varie
chiese, che formavano il clero secolare. I sacerdoti
furono riuniti nel 1585 nella "Rota comunia della
città di Tusa", in modo da assicurare
un'equa ripartizione delle rendite. Queste erano costituite
in primo luogo dal tributo della "primizia",
dovuto da ogni famiglia, a cui si aggiungevano le
donazioni e le rendite delle proprietà ecclesiastiche
e i "diritti di candela" per le funzioni
funerarie. La parrocchia versava un contributo annuale
per il mantenimento del seminario di Cefalù.
I beni della "comunia" furono amministrati
da dieci "cappellanie, ognuna con un suo procuratore
(1681):
Venerabile Monte di Pietà, nella chiesa della
SS. Trinità;
Santissimo Sacramento, nella Chiesa Matrice;
San Giovanni Battista;
San Nicola di Bari;
SantAntonio Abate;
San Pietro;
San Michele Arcangelo e SantAntonio di Padova;
Santa Caterina
Anime Purganti o Purgatorio;
Santissimo Rosario.
Nel 1894 le "cappellanie" furono ridotte
a sei, con l'eliminazione di quelle del Monte di Pietà,
di San Giovanni, di San Pietro e del Purgatorio.
Dal XVII secolo esistette la "Deputazione delle
chiese e delle confraternite", composta dal Vicario
Curato, dal Vicario Foraneo e da due sacerdoti, che
si incaricava dell'inventario degli arredi e della
tenuta dei conti.
La giurisdizione della Chiesa comprendeva l'amministrazione
della giustizia per reati commessi contro i propri
beni o contro il clero o per i reati commessi da ecclesiastici.
La giustizia era amministrata da un "corte parrocchiale",
che emetteva giudizi di primo grado.