Aidone
è un comune italiano di circa 5.000 abitanti della
provincia di Enna in Sicilia. Si trova in uno dei comprensori
culturali e naturalistici più interessanti del Centro
Sicilia: nel suo territorio si trovano l'importante sito
siculo-greco-ellenistico di Morgantina, il castello medievale
di Pietratagliata e, a pochi chilometri, la Villa Romana
di Piazza Armerina, sito dell'UNESCO. Il comune presenta
un territorio ricchissimo di boschi naturali ed artificiali
che occupano la parte nord occidentale, e di notevoli siti
di rilevanza naturalistica: con Piazza Armerina ed Enna
condivide il Parco della Ronza; al confine con la provincia
di Catania si trova l'invaso artificiale del lago di Ogliastro,
un'area umida di interesse naturalistico. Vi si parla un
dialetto di tipo settentrionale che fa parte del gruppo
dei dialetti galloitalici di Sicilia; la sua storia antica
è ricca e interessante. Aidone sorge sui monti Erei,
nel sud est della provincia di Enna, da cui dista 35 km,
e ai confini con quella di Catania, con cui condivide il
lago Ogliastro. Il suo territorio è attraversato
dal fiume Gornalunga, un affluente del Simeto. Il centro
abitato è posto oltre i 700 m s.l.m., con punte che
superano gli 800 m. Il suo territorio, esteso per 209,58
km², è molto vasto se rapportato al numero di
abitanti e al centro abitato. Sulle contrade Sella Orlando,
san Francesco e Cittadella si estende il parco archeologico
di Morgantina. Il lago Ogliastro raccoglie le acque del
Gornalunga e irriga gran parte dei terreni appartenenti
al Consorzio di Caltagirone; alla contrada Baccarato appartiene
la miniera di zolfo, ora in disuso e il borgo dell'epoca
della Riforma agraria. Vi è inoltre l'invaso mai
completato del fiume Pietrarossa che avrebbe allagato un
sito di epoca romana. In Aidone, come a Piazza Armerina,
Nicosia, San Fratello, Sperlinga, si parla un dialetto che
da sempre è suonato estraneo all'orecchio dei siciliani;
già i primi studiosi che si occuparono di storia
siciliana, da Fazello a Rocco Pirri a Vito Amico, evidenziarono
la parlata peculiare di questi paesi e la misero in relazione
con la loro origine lombarda che affonda le sue radici nella
conquista normanna della Sicilia. Nel tempo questi dialetti
sono stati definiti lombardo-siculi, gallo-romanzi, gallo-siculi
e infine galloitalici di Sicilia per distinguerli dai galloitalici
settentrionali. In Aidone, in modo particolare, già
dagli inizi del secolo scorso il galloitalico è stato
visto come un elemento di inferiorità perché
in effetti rendeva difficoltosi i rapporti con i paesi vicini;
già da allora il vernacolo conviveva con una forma
sicilianizzata, che pian piano ha sopraffatto la forma antica;
gli aidonesi sono stati bilingui per necessità e
poi trilingui con l'affermarsi dell'italiano. Oggi sono
rimasti pochissimi parlanti ed è nata l'esigenza
di conoscerlo; sono tuttavia rimasti i testi scritti dei
poeti Vincenzo Cordova, Francesco Consoli, Antonino Ranfaldi,
che hanno conservato una facies credibile, nonché
i risultati di importanti inchieste sul campo condotte da
Gerhard Rohlfs per l'A.I.S. nel 1924, da Giovanni Tropea
per l'A.L.I. nel 1962 e dallo stesso Tropea per la Carta
dei Dialetti Italiani. L'economia è prevalentemente
agricola, con produzione di cereali, uva, olive, agrumi
e con allevamenti di ovini e bovini. La gran parte della
popolazione attiva trova occupazione nel terziario con un
notevole movimento di pendolari che si sposta quotidianamente
verso Piazza Armerina, Enna, Catania.
ETIMOLOGIA
Nell'antichità la sua etimologia si faceva risalire
ad Aidoneus, un appellativo del dio Ade-Plutone, che, dopo
aver rapito Persefone presso il lago di Pergusa, avrebbe
sostato sul colle di Aidone; la leggenda diede origine alla
vasta diffusione del culto di Demetra e Persefone in tutta
la Sicilia centrale. Oggi, tuttavia, è più
accreditata l'ipotesi dell'origine dal termine arabo Ayn
dun, nel significato di "sorgente superiore",
etimo giustificato dalla notevole presenza di sorgenti di
acqua in tutto il territorio. Qualche storico, infine, collega
il toponimo ad Aydo de Parma.
LA
FESTA DI SAN GIUSEPPE
La festa di San Giuseppe è la prima vera festa dell'anno
nuovo. Cade il 19 marzo e in Aidone, come in gran parte
dei paesi siciliani, è celebrata, oltre che con il
novenario e le messe solenni celebrate nella piccola chiesa
dedicata al Santo, padre putativo di Gesù, anche
con le tavolate. Le tavole e le tavolate, altari ricolmi
di ogni ben di Dio, erano allestite nelle case private come
ex voto per grazia ricevuta. Nei mercoledì di marzo
si allestivano le tavole chiamate anche "virginedd'".
Erano più piccole, con tre o sei commensali che rappresentavano
la Sacra Famiglia, erano meno costose ed in genere le famiglie,
che a volte le ripetevano tutti gli anni, chiedevano la
collaborazione o addirittura il sostegno economico alla
collettività (a volte questa forma di mortificazione
era voluta e la padrona di casa faceva la colletta casa
per casa). La vigilia di san Giuseppe invece le famiglie
che ne avevano fatto voto allestivano la tavolata, più
grande e ricca richiedeva un grosso impegno di spesa e di
lavoro che si protraeva per più giorni. Sulle tavole
dominava il pane lavorato nelle forme più fantasiose,
tra cui però non poteva mancare il bastone fiorito,
un braccio, il viso della Madonna, il pesce...; poi abbondavano
le frittate di verdure, il finocchio, i dolci tipici (oltre
ai cannoli le sfingi delle frittelle di pasta di pane)e
poi primizie varie: dalle fave alle fragole. Le tavole sono
pronte la sera della vigilia e fino all'indomani sono visitabili;
a mezzogiorno in punto del 19 sono benedette e cominciano
ad essere serviti i commensali istituzionali, ragazzi e/o
anziani poveri in rappresentanza della Sacra Famiglia; ai
visitatori viene offerta la pasta condita con legumi misti
e il pane. Le tavolate erano una occasione di collaborazione
e solidarietà di vicini ed amici nei confronti di
chi allestiva, ma anche di generosità verso i non
abbienti a cui si destinava la maggior parte del cibo. Oggi
che sono diventate sempre più rare, allo scopo di
recuperare e valorizzare la tradizione, è allestita
dalla Proloco locale, e vede il contributo e la collaborazione
di gran parte della popolazione.
LA
SETTIMANA SANTA
Domenica delle Palme - La Settimana Santa in Aidone si apre
con la festa delle Palme. La processione delle confraternite,
che si snoda di mattina per le vie del paese, è caratterizzata
dalla presenza dei Santoni, i simulacri dei dodici Apostoli,
con grandi teste di cartapesta, che raggiungono quasi i
3 metri di altezza. Le "gabbie", dentro cui si
introducono i portatori (santar' ), sono rivestite con tuniche
dai colori vivaci; ciascun Santo è identificato da
uno o più oggetti simbolo; gli Apostoli sono raffigurati
sul modello delle statue che coronano la facciata della
Basilica di San Pietro a Roma. La processione percorre tutte
le vie principali del paese e si conclude davanti alla porta
chiusa della chiesa Madre di San Lorenzo, dove si celebra
un rito molto antico e suggestivo.
Il precetto - Nella prima parte della settimana il paese
è percorso dalle confraternite che vanno in processione
per raggiungere la chiesa dove faranno il precetto Pasquale,
e si accompagnano con la banda musicale ma anche con le
caratteristiche lamentazioni.
Il mercoledì santo: U signur' a mucciun- Il mercoledì
sera si svolgeva uno dei riti più controversi e amati
dagli aidonesi: Il signore nascosto o rubato. Dei confratelli
prelevavano dalla chiesa dell'Annunziata la Statua del Cristo
che, avvolto in un lenzuolo e su una scala di legno, veniva
portato in processione nella Chiesa Madre; qui durante la
tarda serata affluiva tutta la popolazione per prestargli
omaggio. L'ambiguità dell'adorazione del Cristo apparentemente
morto ha decretato da qualche anno la sospensione della
processione.
Giovedì Santo: i Sepulcr - Nella serata di giovedì
santo e nella mattinata del venerdì i componenti
delle varie confraternite visitano le diverse chiese dove
è stato allestito il sepolcro, l'altare della Deposizione
o meglio del Sacramento, adorno di grano germogliato al
buio, piante e pani. Le processioni sono accompagnate dalla
banda musicale, di sera i confratelli portano delle torce,
ma ciò che più caratterizza le processioni
nel corso della settimana è l'esecuzione dei lamenti,
si tratta del canto delle Quarantore, lamentazioni per la
morte di Gesù, di origine medievale, nelle quali
ogni "ora" è scandita da una voce principale
che inizia il brano in una scala ascendente e viene accompagnata
delle seconde voci in scala discendente.
Venerdì Santo: A scisa a Cruci - Dopo il tramonto
nella Chiesa Madre ha luogo un rito molto suggestivo: a
scisa a Cruci (la deposizione dalla Croce). Dopo una lunga
preparazione fatta di letture e preghiere davanti a Cristo
inchiodato sulla croce, giungono i membri della confraternita
della Santissima Maria Annunziata, incappucciati e vestiti
di bianco, che portano una bara di cristallo adorna di fiori.
Con il sacerdote celebrante schiodano dalla Croce la statua
del Crocefisso e la depongono nell'urna, che viene portata
in processione per buona parte della notte. Alla processione
si sono aggiunte, nel tempo, ragazze che portano la statua
di Maria Addolorata e altre che rappresentano le pie donne.
Il corteo silenzioso si snoda per le strade di Aidone, anche
le più impervie, accompagnato dai lamenti dei confratelli
che recitano Le quarantore alternati alle musiche funebri
della banda musicale.
IL
BATTIMENTO
Ogni dieci anni, nei giorni immediatamente precedenti la
festa di san Lorenzo (8 e 9 agosto) si teneva la rievocazione
storica di un episodio risalente all'epoca della conquista
normanna. La tradizione risaliva al XVII secolo e se ha
testimonianza fino al 1890. Il torneo in costume rievocava
un combattimento tra cavalieri cristiani e saraceni, al
quale avrebbero partecipato due contingenti lombardi dell'esercito
di Ruggero d'Altavilla. La battaglia si sarebbe svolta presso
il cosiddetto "Passo dei Giudei" (l'attuale contrada
Ciappino), sulla strada che conduce a Piazza Armerina. Nel
torneo storico in costume, denominato il Battimento, un
drappello di cavalieri cristiani, partito dalla città,
e un drappello di cavalieri saraceni proveniente dalla parte
opposta, si scontravano in due separati assalti. Dopo il
primo assalto, dall'esito incerto, i cavalieri cristiani
si ritiravano nelle tende a pregare e digiunare, mentre
i saraceni gozzovigliavano; nel secondo assalto i saraceni
venivano nettamente sconfitti e presi prigionieri. Il tutto
si concludeva con una pacificazione generale per cui cristiani
e saraceni finivano con l'abbracciarsi e muovevano insieme
in un unico corteo alla volta di Aidone, dove avrebbero
seguito la processione della Madonna delle Grazie. Da qualche
anno (2005)ad agosto viene ripresa questa tradizione che
si va arricchendo sempre più di figuranti e significati;
con una festa medievale nella quale è presente la
Contessa Adelasia,nipote del GranConte Ruggero I°, con
il marito Rinaldo d'Avenel e il corteo storico composto
da cavalieri,armigeri,fanti, giocolieri,cantastorie ,damigelle
e ancelle. Di recente è stata inserita l'Historia
dei Normanni tratta dal Goffredo Malaterra e da Fra' Simone
da Lentini che viene recitata da un cantastorie e una giovane
aidonese scelta fra 20 candidate(5 per ogni quartiere storico)
recita la parte della Contessa ADELASIA,la magnifica benefattrice
che fece realizzare parecchi mulini sul fiume Gornalunga(Albos)
e fece edificare la Chiesa di S.Maria Lo plano nel 1134
d.C. Tal volta in occasione della festa della Madonna delle
Grazie (2 luglio), si svolge anche un corteo storico che
rievoca l'arrivo di Adelasia al Castello, accompagnata dai
gonfaloni dei quattro quartieri storici (San Leone II Papa,
San Giacomo, San Giovanni (attuale Sant'Anna) e Santa Maria
Lo Plano.
MORGANTINA
Uno dei siti archeologici più interessanti dell'entroterra
di Sicilia è sicuramente l'antica città greca
di Morgantina, nella provincia di Enna. Le numerose fonti
in cui viene menzionata Morgantina sono una riprova della
sua importanza. Alle informazioni delle fonti letterarie
si aggiungono ovviamente i reperti rinvenuti in seguito
agli scavi archeologici effettuati in tutta l'area. La città
si estende su una piccola pianura delimitata da dolci colline.
Al centro del pianoro si trova l'Agorà dominata dall'alto
dal "colle della Cittadella", sede dell'Acropoli.
Il sito, prima di essere colonizzato dai greci, presentava
insediamenti preistorici di età castelluciana e dell'Età
del Bronzo. Fu nel IX secolo a.C. che arrivarono i Morgeti
(da cui Morgantina prende il nome). Testimonianze del periodo
di colonizzazione da parte di questo popolo si trovano nell'area
dell'Acropoli: capanne a pianta quadrata appartenenti ad
un villaggio agricolo. Nel IV secolo a.C. i coloni Calcidesi
di Catania ingrandiscono il sito. Nel 211 a.C. , durante
le guerre puniche, Morgantina si schiera con i Cartaginesi
e questo provoca la sua distruzione da parte dei Romani.
Lungo il perimetro dell'area archeologica sono visibili
le antiche mura di cinta che, seguendo l'orografia della
zona, hanno un andamento piuttosto frastagliato. Le mura
non presentavano torri, solo alcuni baluardi, e si aprivano
in corrispondenza delle quattro porte. Sull'Acropoli, oltre
alle succitate capanne morgetiche, si trovano i resti più
antichi della città, compresa l'area sacra. L'area
sacra comprende dei piccoli templi ed il naiskos arcaico,
un grande tempio lungo all'incirca 32 metri risalente al
VI secolo a.C. Ai piedi della collina dell'Acropoli si trova
il quartiere residenziale. Qui sono state rinvenute lussuosi
esempi di abitazioni con pavimenti a mosaico e pareti affrescate:
la Casa del Capitello Dorico, famosa per la sua iscrizione
musiva EYEKEY (Stai bene!) sul pavimento in cocciopesto;
la Casa di Ganimede, che prende il nome dal mosaico rinvenuto
al suo interno raffigurante il ratto di Ganimede; altre
abitazioni degne di nota sono la Casa dei capitelli tuscanici
e la Casa del Magistrato, entrambe con decorazioni musive
e parietali. La zona più interessante di Morgantina
è certamente l'Agorà, disposta su due livelli
(quello inferiore riservato ai riti sacri, quello superiore
per fini commerciali e pubblici) collegati da una grande
scalinata. Quest'ultima è molto particolare perché
consta di tre lati che formano così in basso uno
spazio probabilmente usato per le riunioni cittadine, come
Ekklesiasterion, o per momenti di culto vista la vicinanza
con il Santuario delle Divinità Ctonie, Demetra e
Kore. Contemporaneo alla scalinata è senza dubbio
il Teatro Greco. La sua cavea semicircolare consta di 15
gradini ed è suddivisa in sei settori; è probabile
che le scalinate in pietra continuavano con delle strutture
in legno per aumentare la capienza del teatro (5000 posti
circa). Il Santuario delle Divinità Ctonie ha una
pianta trapezoidale ed è all'interno di questo edificio
che sono stati rinvenuti dei busti votivi policromi che
raffigurano Demetra. Accanto al teatro greco, più
a est, si trova il granaio pubblico; risalente al III sec.
a.C. ha una pianta rettangolare. I resti di due fornaci
all'interno dell'edificio sono la prova dell'esistenza in
città di fabbriche di vasi in ceramica. La terrazza
superiore dell'Agorà è delimitata da tre portici
monumentali con colonne (stoà); uno con funzione
di ginnasio, uno adibito a fini commerciali, l'altro per
riunioni pubbliche. Al centro di questa terrazza dell'Agorà
si trova il Macellum, del II secolo a.C. ; l'edificio ha
pianta quadrata ed è l'esempio più antico
di macellum a noi pervenuto. I reperti archeologici rinvenuti
nell'area archeologica di Morgantina sono conservati nel
piccolo ma interessantissimo Museo Archeologico nella vicina
Aidone. I reperti custoditi vanno dall'età del Ferro
al I secolo a.C.
CASTELLO
DEI GRESTI
In territorio di Aidone, in contrada Gresti, ci sono i ruderi
di un castello medievale di origine non ben definita ma
secondo lo storico Michele Amari venne costruito dagli arabi
negli anni 862-67 su un preesistente fortilizio bizantino
(le prime notizie storiche documentabili sul castello risalgono
al XIV secolo). Il castello sorge su un'elevata cresta rocciosa
che chiude la piccola valle del torrente Gresti, un affluente
del Gornalunga, ovvero l'antico Albos o Erikes, ed è
posizionato strategicamente lungo la via di comunicazione
che collegava Morgantina, e le antiche città dell'interno,
con quelle della costa orientale. La struttura comprende
un ampio piano terra, adibito a magazzini e stalle, e un
primo piano accessibile da una scaletta in muratura. La
maggior parte degli ambienti sono scavati nella roccia,
in modo analogo al castello di Sperlinga, e si aprono ad
est con logge e finestroni. È presente un'alta torre
piena, visibile a grandi distanze. Il nome Pietratagliata
si riferisce alla presenza degli ambienti tagliati nella
roccia, mentre il nome Gresti, ricorda la grande quantità
di cocci di epoca greca e romana dal II sec.a.c. al I sec.d.c.
che affioravano in tutta la contrada.
IL
CASTELLACCIO
"Castellaccio", (in dialetto Cast'ddazz' ) è
il nome dato ai ruderi del castello medievale, costruito
nel punto più alto della città, in posizione
strategica, con una visuale panoramica a 360°, che permetteva
di controllare le principali vie di comunicazione della
Sicilia Centrale . La costruzione risalirebbe all'XI secolo,
all'epoca normanna, ma fu forse preceduta da una fortificazione
saracena. Il Castello era un baluardo sicuro per i baroni
signori di Aidone,tanto che era inespugnabile e si poteva
accedere solamente dall'antica strada posta a mezzogiorno.
Quando questo maniero venne attaccato dalle truppe di Roberto
d'Angiò con il tradimento del capitano Giovenco degli
Uberti fu possibile espugnarlo e perfino il Re Federico
III dovette usare delle macchine di guerra per porre l'assedio
alle truppe angioine. Questo castello venne ulteriormente
fortificato dal Conte Enrico Rosso senior nel 1351 che aveva
la necessità di un reparto di cavalieri in grado
di attaccare sulla piana di Catania il nemico Artale Alagona.
Fu centro del feudo di Aidone e fu qui che i feudatari ospitarono
nel 1396 i reali Maria e Martino I di Sicilia e, nel maggio
1411, Bianca di Navarra dettò alcune lettere con
l'aiuto del Protonotaro del Regno Bartolomeo Gioeni, Barone
di Aidone e il figlio Perrone ai suoi fedelissimi per contrastare
il nemico della corona: il grande ammiraglio Bernardo Cabrera.
Cadde in rovina in seguito al terremoto del 1693 e successivamente
venne abbandonato. Faceva probabilmente parte di una rete
di fuochi di avvistamento con i castelli di Enna, Agira,
Pietratagliata e altri.
TORRE
ADELASIA
Sulla piazza Cordova si affaccia la Torre Adelasia, che
oggi costituisce la torre campanaria dellannessa chiesa
di Santa Maria La Cava, ma in origine era una delle torri
di difesa lungo le mura che costeggiavano le pendici occidentali
del borgo normanno. Dellimpianto originario, di epoca
normanna, conserva il piano inferiore dallalto portale
ogivale e, allinterno, la volta a crociera. Nei secoli
ha subito molti rimaneggiamenti e sovrapposizioni in diversi
stili: il gotico-catalano del secondo piano cinquecentesco
e il piano superiore di epoca settecentesca. La chiesa di
Santa Maria fu fondata con il nome di Santa Maria Lo Plano
da Adelasia, nipote del conte Ruggero, come si legge in
un diploma del 1134. Fu priorato dei Benedettini. Dellimpianto
medievale conserva solo labside e la torre. Lattuale
facciata, incompleta, è il frutto di un ambizioso
progetto tardo secentesco per una chiesa a tre navate. Il
rapporto simmetrico dei portali è andato perduto
nellultimo radicale restauro, completato nel 1940:
per ampliare la capacità di accoglienza della chiesa,
si eliminò lalta gradinata interna, fu innalzato
il portale centrale e si aggiunse lalto sagrato semidecagonale.
Fu abbandonato definitivamente il progetto di una chiesa
a tre navate e si ricavarono due cappelle sul lato occidentale
e dei locali adibiti ad asilo sul lato orientale. Per ricordare
le origini normanne linterno dellabside fu riportato
alla nuda pietra ponendosi perciò in netto contrasto
con il sistema decorativo dominato dagli affreschi della
pittrice Clelia Argentati. La Chiesa è anche un santuario
dedicato a san Filippo apostolo: il simulacro del santo,
ritenuto miracoloso, custodito in una cappella riccamente
decorata di stucchi, è oggetto di grande venerazione:
il 1 maggio convengono in Aidone, per celebrarlo, ringraziarlo
o impetrare grazie, pellegrini provenienti da tutti i comuni
della provincia.
CHIESA
MADRE DI SAN LORENZO
È forse la chiesa più antica di Aidone, fondata
nell'XI secolo,secondo Filippo Cordova e Gioacchino Mazzola
su un'antica costruzione risalente al VII sec. per come
è stato di recente rilevato dal alcuni muri di fondazione
all'interno della Sacrestia. Questa Chiesa Matrice dopo
gli ingenti danni subiti nel terremoto del 1693 fu ricostruita:
dell'originario impianto normanno restano i contrafforti
laterali e il portale. Con la ricostruzione furono aggiunte
le cappelle laterali e il campanile, mai completato. Tracce
dellantica struttura sono visibili nei grandi conci
parietali scoperti nella sacrestia, in corrispondenza dallarea
absidale. La facciata fu ricostruita utilizzando il materiale
antico: furono recuperate le due scanalature ad un lato
della porta, che rappresentano le misure del palmo e della
canna, ma non lantica iscrizione i cui frammenti sono
sparsi per tutta la facciata. Interessanti i colmi degli
imponenti cantonali rifinite con caratteristiche forme a
spirale. All'interno si conservano suppellettili, arredi
sacri, antichi paramenti, statue e tele in parte provenienti
dal convento di Santa Caterina: tra questi oggetti, il reliquiario
di argento a forma di braccio, contenente la reliquia di
San Lorenzo, probabilmente portata da Roma da Marcantonio
V marito di Isabella Gioieni , quest'ultima della famiglia
dei Gioieni che avevano introdotto il culto del santo per
un presunto miracolo. Esistono due versioni sul motivo per
cui san Lorenzo, per volere della famiglia Gioieni, sarebbe
stato dichiarato patrono del paese al posto di san Leone:
secondo una di esse fu Giantommaso Gioieni nel 1531 ad introdurre
la venerazione per il santo martire in ringraziamento per
la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza. Secondo
un'altra versione fu invece Isabella Gioieni, nella seconda
metà del Seicento: sposata a Marco Antonio Colonna,
al quale aveva portato in dote il feudo di Aidone, non sarebbe
riuscita ad avere figli e promise in voto al santo di farlo
diventare patrono del paese se avesse dato alla luce un
figlio; la grazia sarebbe stata concessa e Isabella diede
alla luce il figlio Lorenzo e mantenne la sua promessa.
Al 1810 risale invece la nascita dellAccademia di
San Lorenzo, che operò per almeno un secolo.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Secondo alcuni studiosi, Aidone fu fondata alla fine dell'XI
secolo dai Normanni, durante la conquista della Sicilia
e la cacciata degli arabi; ma è molto più
probabile che i Normanni si siano limitati a rifondare e
ripopolare un borgo già esistente strappato ai Saraceni.
I fratelli Altavilla, che guidarono la conquista, condussero
a ripopolarlo i lombardi, che avevano contribuito all'impresa
e che in buona parte provenivano dal Monferrato. A questa
sorta di colonizzazione si fa risalire l'origine del dialetto
aidonese. All'epoca normanna risalirebbe la fondazione del
castello che dominava la città, della chiesa madre
(dedicata in seguito a San Lorenzo martire), della chiesa
di San Leone dedicata al papa Leone II e, fuori dalle mura,
della chiesa di Sant'Antonino Abate. Aidone passò
successivamente in possesso di Adelasia, nipote del GranConte
Ruggero, che la tenne fino alla sua morte nel 1160. Adelasia
diede impulso al suo sviluppo con la costruzione di diversi
mulini sul fiume Gornalunga e la fondazione, nel 1134, del
monastero benedettino di Santa Maria Lo Plano, con chiesa
dotata di una torre campanaria. Adelasia sposò nel
1118 il Conte Rinaldo d'Avenel ed ebbe un figlio di nome
Adam che gli premorì; nel 1142 in un documento della
corte normanna sono entrambi citati e successivamente in
un altro del 1154 compare solamente lei devota al Re Guglielmo
I il malo. La citazione più antica di Aidone risale
al 1150 e si trova nel "Libro di re Ruggero" del
geografo arabo Idrisi. All'epoca di Federico II, Aidone
faceva parte, molto probabilmente, dei possessi diretti
del re. Nel 1240 era rappresentata al parlamento di Foggia.
L'imperatore concesse ad alcuni soldati, provenienti da
Piacenza e guidati da Umberto Mostacciolo, di stabilirsi
ad Aidone; questa testimonianza conferma l'arrivo, ancora
nel XIII secolo, di coloni provenienti dall'area padana.
Nel 1229 ai Templari fu permesso di edificare la chiesa
di San Giovanni e per il suo mantenimento furono concesse
le rendite di alcune tenute. Dopo la morte di Federico II,
nel 1255, Aidone si dichiarò libero comune e riuscì
a resistere all'assalto di Pietro Ruffo e del conte di Catanzaro,
che agivano in nome del re Manfredi; nel 1257, tuttavia,
fu presa e saccheggiata dall'esercito svevo, guidato da
Federico Lancia. Aidone partecipò alla rivolta dei
Vespri siciliani, cacciando la guarnigione francese. Fu
nominato capitano Simone Fimetta di Calatafimi e vennero
inviati al campo di Pietro III di Aragona arcieri e vettovaglie.
In seguito il capitano Fimetta passò dalla parte
degli Angioini e dovette fuggire dal castello. Il re Pietro
III d'Aragona allora concesse Aidone in feudo a Manfredi
Chiaramonte per premiarne la fedeltà. Nel quadro
delle lotte tra angioini e aragonesi emerse la figura di
fra' Perrone, il frate dell'domenicano che combatté
gli aragonesi tra il 1284 e il 1287; quando fu catturato
dall'ammiraglio Ruggero di Lauria si uccise in carcere.
Nel 1296, durante il regno di Federico III d'Aragona, il
feudo di Aidone venne ceduto da Manfredi Chiaramonte a Enrico
Rosso che prese il titolo di conte di Aidone. Nel 1299 il
capitano Giovenco degli Uberti aprì le porte del
castello agli Angioini, ma questo venne riconquistato nel
1301 da Federico, che si era sistemato con il suo esercito
nel vicino castello di Pietratagliata. Nel 1320 il feudo
passò a Rubeo II Rosso, e quindi al figlio Enrico
III Rosso, cancelliere del regno aragonese. Il conte Enrico
Rosso Senoir fu uno dei più potenti feudatari del
regno di Sicilia e divenne l'ago della bilancia fra le fazioni
latine capeggiate dai Chiaramonte e quella catalana degli
Alagona. Nel 1153 sposò Luchina figlia di Manfredi
Chiaramonte e quindi entrò in conflitto con Artale
Alagona che di fatto era il tutore del giovane re Ludovico.
Questo pugnace Conte Enrico aveva un certo ascendente per
la sorella maggiore del Re, la cosiddetta madre badessa
Eufemia. Dopo l'aspra lotta sostenuta dalla rocca di Motta
S.Anastasia contro Artale Alagona il gran Giustiziere capo
dell'esercito reale stipulò la pace a Catania e con
i suoi bellicosi soldati aidonesi divenne il braccio armato
della Corona, dopo la prematura morte di re Ludovico e la
successione del fratello Federico IV il semplice, un altro
ragazzo inesperto. Ma il volubile Enrico Rosso fu anche
il protagonista della conquista di Messina e della morte
di Matteo Palizzi e poi in seguitò provocò
la morte di Antonia del Balzo moglie del re Federico IV.
Per questo motivo venne dichiarato fellone dal Re e nel
1373 fu costretto a cedere il feudo di Aidone (compresi
il castello di Pietratagliata, il feudo di Fessima e i casali
Baccarato, Asmundo e Pietralixia) a Perrone Gioeni, in cambio
del feudo di Castroleone (Castiglione di Sicilia). Il castello
di Aidone ospitò nel 1396 la regina Maria e il marito,
Martino il Giovane e, nel maggio dell'anno 1411, la regina
Bianca di Navarra, vedova del re Martino il Giovane, che
vi soggiornò a lungo protetta dal Gioieni. Nel 1427
il conte Bartolomeo III Gioeni firmò l'atto "Privilegi
e consuetudini per gli Aidonesi", concedendo il potere
locale al "baiulo" Giovanni Caltagirone, coadiuvato
da un "capitano di giustizia". Nel 1531 Giantommaso
Gioeni introdusse la venerazione per san Lorenzo martire
facendone il santo patrono della città al posto di
san Leone. Il feudatario ringraziava così il santo
per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza (é
una delle ipotesi, per l'altra vedi la nota sulla chiesa
di San Lorenzo). Nel 1602 Tommaso Gioeni venne nominato
dal re Filippo III di Spagna pari del regno e principe di
Castroleone, ed entrò a far parte del parlamento
siciliano. Il principe fondò ad Aidone la "Confraternita
dei Bianchi", composta esclusivamente di nobili. Nel
1667 venne fondata la confraternita del Santissimo Sacramento,
legata alla chiesa di San Leone. I membri, al massimo 72,
dovevano avere almeno vent'anni di età. Tra questi
c'erano 13 "officiali" (governatore, consigliere
maggiore, consigliere minore, cancelliere, tesoriere, due
mastri di novizi, due visitatori d'infermi, due sacrestani
e due nunzi). In seguito, per la prevalente presenza al
suo interno di artigiani, la confraternita fu conosciuta
come quella della Maestranza. Nel 1693 il terremoto che
colpì tutta la Sicilia orientale provocò in
Aidone cinquanta morti e il crollo di numerose chiese ed
edifici, tra cui la chiesa Madre di San Lorenzo. Questa
data in Aidone, come in gran parte della Sicilia, segna
un discrimine nella sua storia architettonica. Alcune chiese
furono restaurate o ricostruite, pertanto quasi tutti gli
edifici di Aidone sono, tranne che in alcune parti, settecenteschi
o con notevoli elementi risalenti a questa epoca (i cantonali
di san Domenico, la facciata di santa Maria La Cava, i portali
di San Leone, dell'Annunziata, etc), il loro stile è
influenzato dal barocco imperante in Sicilia ma con tratti
sobri e classicheggianti. Con il matrimonio dell'ultima
discendente dei Gioieni con Marcantonio V Colonna, il feudo
passò ai Colonna, principi romani. A quest'epoca
nel territorio di Aidone esistevano sei baronie: Spedalotto-Cugno,
Mandrilli-Toscano, Fargione-Baccarato-Feudonuovo, Dragofosso,
San Bartolomeo, comprendente Pietratagliata-Prato-Tuffo-Gresti,
e Raddusa-Destra. Altre tre baronie si erano costituite
con i terreni comunali dell'"università"
(Giresi-Pali-Malaricolta, Belmontino e Menzagno). Nel XIX
secolo le famiglie Boscarini, Scovazzo, Cordova, D'Arena,
Profeta, Minolfi, Ranfaldi e Calcagno, produssero due generazioni
di borghesi liberali e colti (tra i quali Filippo Cordova
e Gaetano Scovazzo) che impressero un notevole impulso culturale
alla cittadina. Nel 1795 il Comune acquistò la chiesa
di San Tommaso Apostolo, con l'annesso "Ospedale",
per realizzare un teatro municipale; nel contempo iniziarono
i lavori per la costruzione del Palazzo municipale, destinato
a sede amministrativa e politica del "detentore"
(sindaco). Dal 1805, a seguito della scoperta del primo
giacimento di zolfo, iniziò per Aidone un periodo
di prosperità alimentata dall'industria estrattiva.
La popolazione ebbe un notevole incremento, con l'immigrazione
di minatori provenienti dai paesi viciniori, che si prolungò
anche nel secolo successivo fino al secondo dopoguerra (la
fase di chiusura della miniera Baccarato cominciò
nel 1960). Dopo l'abolizione della feudalità (1812),
Aidone entrò a far parte della provincia di Caltanissetta
(1820). In una planimetria redatta dal regio agrimensore
Lorenzo Correnti, il territorio comunale risultava avere
un'estensione di 6884,12 salme (di vecchia misura) ed era
suddiviso in varie contrade tra cui: Ciappino, Grottascura,
Bosco, San Bartolomeo, Gresti, Pietrapiscia, Mendola, Giresi,
Spedalotto, Calvino, Malaricolta, Casalgismondo, Toscano,
Baccarato, Dragofosso, Montagna, in parte corrispondenti
alle baronie. Esistevano ancora diversi latifondi di proprietà,
soprattutto, dei Colonna-Rospigliosi. Aidone fu sede di
una cellula carbonara guidata da Domenico Scovazzo e il
26 gennaio 1848 insorse contro il re Ferdinando II delle
Due Sicilie. Durante la crisi del 1848 il Re Ferdinando
II di Borbone nominò Ministro dell'Agricoltura il
Comm. Gaetano Scovazzo, regio consultore che in passato
aveva ricoperto questa carica nel 1831 collaborando con
il fratello del re Leopoldo Conte di Siracusa. Per rimanere
fedele ai suoi principi di libertà e di autonomia,
Scovazzo si dimise dal Governo del Re nonostante fosse stimato
da Lord Minto (Gran Bretagna) e il conte Napier (Francia)
e la sua dimissione fece precipitare la situazione politica
in Sicilia. Come per gli altri Comuni dell'Isola anche in
Aidone si formò un "Comitato di difesa e sicurezza
pubblica" e tre compagnie della Guardia nazionale guidate
dal pugnace Rocco Camerata Scovazzo e Vincenzo Cordova-Savini.
Filippo Cordova, nipote dello Scovazzo che aveva già
perorato la causa di una nuova Sicilia come nazione sganciata
dalla capitale Napoli e dal Borbone, nel 1848 fu eletto
da Aidone al Parlamento Siciliano. Qui fu uno degli estensori
dello statuto per l'autonomia della Sicilia e poi ministro
delle finanze nel governo presieduto dal marchese di Torrearsa.
Dopo la restaurazione borbonica fu in esilio a Torino, qui
conobbe Cavour dal quale, in seguito, fu chiamato a far
parte del Governo del regno di Italia. Durante la spedizione
dei Mille Aidone partecipò ai combattimenti: in contrada
Dragofosso un gruppo di 120 aidonesi, guidato da Vincenzo
Cordova e Gioacchino Mazzola, riuscì a deviare un
contingente borbonico guidato dal generale Gaetano Afan
de Rivera, favorendo la conquista di Palermo da parte di
Garibaldi. Nel Regno di Italia altri aidonesi si distinsero
oltre a Filippo Cordova, lo stesso nipote di questi, Vincenzo
Cordova Savini (1819-1897) deputato di Giarre per cinque
legislature e senatore del regno, e Domenico Minolfi Scovazzo
(1826-1898), deputato per due legislature e presidente del
Consiglio provinciale di Caltanissetta. La vita sociale
e culturale di Aidone nell'Ottocento fu molto vivace e ricca
di iniziative sociali e culturali. Nel 1865 venne fondata
una biblioteca comunale a cui si aggiunse, dal 1884, anche
una biblioteca popolare educativa circolante. Nel 1889 i
fratelli Luciano e Giuseppe Palermo fondarono il "Monte
di pietà" e la relativa banca; qualche anno
dopo nacque la "Società di mutuo soccorso Principe
di Napoli" (poi "Società artigiana")
fondata da Vincenzo Cordova e Domenico Minolfi e infine,
nel 1895 fu costituito il "Monte Frumentario"
con 157 soci. Sin dal 1843 esisteva un orfanotrofio femminile,
nel 1884 venne creato l'asilo infantile "Vittorio Emanuele"
per gli alunni poveri e una scuola elementare con 14 classi
nell'ex convento dei domenicani. Nel 1902 il parroco aprì
un istituto femminile per l'insegnamento del cucito e del
ricamo. Nel 1903 nacque la "Lega dei lavoratori della
terra", con 300 soci e l'istituzione di un fondo sociale,
e nel 1905 la "Lega di miglioramento" in favore
degli operai delle solfatare.