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Aidone
Sicilia

Aidone è un comune italiano di circa 5.000 abitanti della provincia di Enna in Sicilia. Si trova in uno dei comprensori culturali e naturalistici più interessanti del Centro Sicilia: nel suo territorio si trovano l'importante sito siculo-greco-ellenistico di Morgantina, il castello medievale di Pietratagliata e, a pochi chilometri, la Villa Romana di Piazza Armerina, sito dell'UNESCO. Il comune presenta un territorio ricchissimo di boschi naturali ed artificiali che occupano la parte nord occidentale, e di notevoli siti di rilevanza naturalistica: con Piazza Armerina ed Enna condivide il Parco della Ronza; al confine con la provincia di Catania si trova l'invaso artificiale del lago di Ogliastro, un'area umida di interesse naturalistico. Vi si parla un dialetto di tipo settentrionale che fa parte del gruppo dei dialetti galloitalici di Sicilia; la sua storia antica è ricca e interessante. Aidone sorge sui monti Erei, nel sud est della provincia di Enna, da cui dista 35 km, e ai confini con quella di Catania, con cui condivide il lago Ogliastro. Il suo territorio è attraversato dal fiume Gornalunga, un affluente del Simeto. Il centro abitato è posto oltre i 700 m s.l.m., con punte che superano gli 800 m. Il suo territorio, esteso per 209,58 km², è molto vasto se rapportato al numero di abitanti e al centro abitato. Sulle contrade Sella Orlando, san Francesco e Cittadella si estende il parco archeologico di Morgantina. Il lago Ogliastro raccoglie le acque del Gornalunga e irriga gran parte dei terreni appartenenti al Consorzio di Caltagirone; alla contrada Baccarato appartiene la miniera di zolfo, ora in disuso e il borgo dell'epoca della Riforma agraria. Vi è inoltre l'invaso mai completato del fiume Pietrarossa che avrebbe allagato un sito di epoca romana. In Aidone, come a Piazza Armerina, Nicosia, San Fratello, Sperlinga, si parla un dialetto che da sempre è suonato estraneo all'orecchio dei siciliani; già i primi studiosi che si occuparono di storia siciliana, da Fazello a Rocco Pirri a Vito Amico, evidenziarono la parlata peculiare di questi paesi e la misero in relazione con la loro origine lombarda che affonda le sue radici nella conquista normanna della Sicilia. Nel tempo questi dialetti sono stati definiti lombardo-siculi, gallo-romanzi, gallo-siculi e infine galloitalici di Sicilia per distinguerli dai galloitalici settentrionali. In Aidone, in modo particolare, già dagli inizi del secolo scorso il galloitalico è stato visto come un elemento di inferiorità perché in effetti rendeva difficoltosi i rapporti con i paesi vicini; già da allora il vernacolo conviveva con una forma sicilianizzata, che pian piano ha sopraffatto la forma antica; gli aidonesi sono stati bilingui per necessità e poi trilingui con l'affermarsi dell'italiano. Oggi sono rimasti pochissimi parlanti ed è nata l'esigenza di conoscerlo; sono tuttavia rimasti i testi scritti dei poeti Vincenzo Cordova, Francesco Consoli, Antonino Ranfaldi, che hanno conservato una facies credibile, nonché i risultati di importanti inchieste sul campo condotte da Gerhard Rohlfs per l'A.I.S. nel 1924, da Giovanni Tropea per l'A.L.I. nel 1962 e dallo stesso Tropea per la Carta dei Dialetti Italiani. L'economia è prevalentemente agricola, con produzione di cereali, uva, olive, agrumi e con allevamenti di ovini e bovini. La gran parte della popolazione attiva trova occupazione nel terziario con un notevole movimento di pendolari che si sposta quotidianamente verso Piazza Armerina, Enna, Catania.

ETIMOLOGIA
Nell'antichità la sua etimologia si faceva risalire ad Aidoneus, un appellativo del dio Ade-Plutone, che, dopo aver rapito Persefone presso il lago di Pergusa, avrebbe sostato sul colle di Aidone; la leggenda diede origine alla vasta diffusione del culto di Demetra e Persefone in tutta la Sicilia centrale. Oggi, tuttavia, è più accreditata l'ipotesi dell'origine dal termine arabo Ayn dun, nel significato di "sorgente superiore", etimo giustificato dalla notevole presenza di sorgenti di acqua in tutto il territorio. Qualche storico, infine, collega il toponimo ad Aydo de Parma.

LA FESTA DI SAN GIUSEPPE
La festa di San Giuseppe è la prima vera festa dell'anno nuovo. Cade il 19 marzo e in Aidone, come in gran parte dei paesi siciliani, è celebrata, oltre che con il novenario e le messe solenni celebrate nella piccola chiesa dedicata al Santo, padre putativo di Gesù, anche con le tavolate. Le tavole e le tavolate, altari ricolmi di ogni ben di Dio, erano allestite nelle case private come ex voto per grazia ricevuta. Nei mercoledì di marzo si allestivano le tavole chiamate anche "virginedd'". Erano più piccole, con tre o sei commensali che rappresentavano la Sacra Famiglia, erano meno costose ed in genere le famiglie, che a volte le ripetevano tutti gli anni, chiedevano la collaborazione o addirittura il sostegno economico alla collettività (a volte questa forma di mortificazione era voluta e la padrona di casa faceva la colletta casa per casa). La vigilia di san Giuseppe invece le famiglie che ne avevano fatto voto allestivano la tavolata, più grande e ricca richiedeva un grosso impegno di spesa e di lavoro che si protraeva per più giorni. Sulle tavole dominava il pane lavorato nelle forme più fantasiose, tra cui però non poteva mancare il bastone fiorito, un braccio, il viso della Madonna, il pesce...; poi abbondavano le frittate di verdure, il finocchio, i dolci tipici (oltre ai cannoli le sfingi delle frittelle di pasta di pane)e poi primizie varie: dalle fave alle fragole. Le tavole sono pronte la sera della vigilia e fino all'indomani sono visitabili; a mezzogiorno in punto del 19 sono benedette e cominciano ad essere serviti i commensali istituzionali, ragazzi e/o anziani poveri in rappresentanza della Sacra Famiglia; ai visitatori viene offerta la pasta condita con legumi misti e il pane. Le tavolate erano una occasione di collaborazione e solidarietà di vicini ed amici nei confronti di chi allestiva, ma anche di generosità verso i non abbienti a cui si destinava la maggior parte del cibo. Oggi che sono diventate sempre più rare, allo scopo di recuperare e valorizzare la tradizione, è allestita dalla Proloco locale, e vede il contributo e la collaborazione di gran parte della popolazione.

LA SETTIMANA SANTA
Domenica delle Palme - La Settimana Santa in Aidone si apre con la festa delle Palme. La processione delle confraternite, che si snoda di mattina per le vie del paese, è caratterizzata dalla presenza dei Santoni, i simulacri dei dodici Apostoli, con grandi teste di cartapesta, che raggiungono quasi i 3 metri di altezza. Le "gabbie", dentro cui si introducono i portatori (santar' ), sono rivestite con tuniche dai colori vivaci; ciascun Santo è identificato da uno o più oggetti simbolo; gli Apostoli sono raffigurati sul modello delle statue che coronano la facciata della Basilica di San Pietro a Roma. La processione percorre tutte le vie principali del paese e si conclude davanti alla porta chiusa della chiesa Madre di San Lorenzo, dove si celebra un rito molto antico e suggestivo.
Il precetto - Nella prima parte della settimana il paese è percorso dalle confraternite che vanno in processione per raggiungere la chiesa dove faranno il precetto Pasquale, e si accompagnano con la banda musicale ma anche con le caratteristiche lamentazioni.
Il mercoledì santo: U signur' a mucciun- Il mercoledì sera si svolgeva uno dei riti più controversi e amati dagli aidonesi: Il signore nascosto o rubato. Dei confratelli prelevavano dalla chiesa dell'Annunziata la Statua del Cristo che, avvolto in un lenzuolo e su una scala di legno, veniva portato in processione nella Chiesa Madre; qui durante la tarda serata affluiva tutta la popolazione per prestargli omaggio. L'ambiguità dell'adorazione del Cristo apparentemente morto ha decretato da qualche anno la sospensione della processione.
Giovedì Santo: i Sepulcr - Nella serata di giovedì santo e nella mattinata del venerdì i componenti delle varie confraternite visitano le diverse chiese dove è stato allestito il sepolcro, l'altare della Deposizione o meglio del Sacramento, adorno di grano germogliato al buio, piante e pani. Le processioni sono accompagnate dalla banda musicale, di sera i confratelli portano delle torce, ma ciò che più caratterizza le processioni nel corso della settimana è l'esecuzione dei lamenti, si tratta del canto delle Quarantore, lamentazioni per la morte di Gesù, di origine medievale, nelle quali ogni "ora" è scandita da una voce principale che inizia il brano in una scala ascendente e viene accompagnata delle seconde voci in scala discendente.
Venerdì Santo: A scisa a Cruci - Dopo il tramonto nella Chiesa Madre ha luogo un rito molto suggestivo: a scisa a Cruci (la deposizione dalla Croce). Dopo una lunga preparazione fatta di letture e preghiere davanti a Cristo inchiodato sulla croce, giungono i membri della confraternita della Santissima Maria Annunziata, incappucciati e vestiti di bianco, che portano una bara di cristallo adorna di fiori. Con il sacerdote celebrante schiodano dalla Croce la statua del Crocefisso e la depongono nell'urna, che viene portata in processione per buona parte della notte. Alla processione si sono aggiunte, nel tempo, ragazze che portano la statua di Maria Addolorata e altre che rappresentano le pie donne. Il corteo silenzioso si snoda per le strade di Aidone, anche le più impervie, accompagnato dai lamenti dei confratelli che recitano Le quarantore alternati alle musiche funebri della banda musicale.

IL BATTIMENTO
Ogni dieci anni, nei giorni immediatamente precedenti la festa di san Lorenzo (8 e 9 agosto) si teneva la rievocazione storica di un episodio risalente all'epoca della conquista normanna. La tradizione risaliva al XVII secolo e se ha testimonianza fino al 1890. Il torneo in costume rievocava un combattimento tra cavalieri cristiani e saraceni, al quale avrebbero partecipato due contingenti lombardi dell'esercito di Ruggero d'Altavilla. La battaglia si sarebbe svolta presso il cosiddetto "Passo dei Giudei" (l'attuale contrada Ciappino), sulla strada che conduce a Piazza Armerina. Nel torneo storico in costume, denominato il Battimento, un drappello di cavalieri cristiani, partito dalla città, e un drappello di cavalieri saraceni proveniente dalla parte opposta, si scontravano in due separati assalti. Dopo il primo assalto, dall'esito incerto, i cavalieri cristiani si ritiravano nelle tende a pregare e digiunare, mentre i saraceni gozzovigliavano; nel secondo assalto i saraceni venivano nettamente sconfitti e presi prigionieri. Il tutto si concludeva con una pacificazione generale per cui cristiani e saraceni finivano con l'abbracciarsi e muovevano insieme in un unico corteo alla volta di Aidone, dove avrebbero seguito la processione della Madonna delle Grazie. Da qualche anno (2005)ad agosto viene ripresa questa tradizione che si va arricchendo sempre più di figuranti e significati; con una festa medievale nella quale è presente la Contessa Adelasia,nipote del GranConte Ruggero I°, con il marito Rinaldo d'Avenel e il corteo storico composto da cavalieri,armigeri,fanti, giocolieri,cantastorie ,damigelle e ancelle. Di recente è stata inserita l'Historia dei Normanni tratta dal Goffredo Malaterra e da Fra' Simone da Lentini che viene recitata da un cantastorie e una giovane aidonese scelta fra 20 candidate(5 per ogni quartiere storico) recita la parte della Contessa ADELASIA,la magnifica benefattrice che fece realizzare parecchi mulini sul fiume Gornalunga(Albos) e fece edificare la Chiesa di S.Maria Lo plano nel 1134 d.C. Tal volta in occasione della festa della Madonna delle Grazie (2 luglio), si svolge anche un corteo storico che rievoca l'arrivo di Adelasia al Castello, accompagnata dai gonfaloni dei quattro quartieri storici (San Leone II Papa, San Giacomo, San Giovanni (attuale Sant'Anna) e Santa Maria Lo Plano.

MORGANTINA
Uno dei siti archeologici più interessanti dell'entroterra di Sicilia è sicuramente l'antica città greca di Morgantina, nella provincia di Enna. Le numerose fonti in cui viene menzionata Morgantina sono una riprova della sua importanza. Alle informazioni delle fonti letterarie si aggiungono ovviamente i reperti rinvenuti in seguito agli scavi archeologici effettuati in tutta l'area. La città si estende su una piccola pianura delimitata da dolci colline. Al centro del pianoro si trova l'Agorà dominata dall'alto dal "colle della Cittadella", sede dell'Acropoli. Il sito, prima di essere colonizzato dai greci, presentava insediamenti preistorici di età castelluciana e dell'Età del Bronzo. Fu nel IX secolo a.C. che arrivarono i Morgeti (da cui Morgantina prende il nome). Testimonianze del periodo di colonizzazione da parte di questo popolo si trovano nell'area dell'Acropoli: capanne a pianta quadrata appartenenti ad un villaggio agricolo. Nel IV secolo a.C. i coloni Calcidesi di Catania ingrandiscono il sito. Nel 211 a.C. , durante le guerre puniche, Morgantina si schiera con i Cartaginesi e questo provoca la sua distruzione da parte dei Romani. Lungo il perimetro dell'area archeologica sono visibili le antiche mura di cinta che, seguendo l'orografia della zona, hanno un andamento piuttosto frastagliato. Le mura non presentavano torri, solo alcuni baluardi, e si aprivano in corrispondenza delle quattro porte. Sull'Acropoli, oltre alle succitate capanne morgetiche, si trovano i resti più antichi della città, compresa l'area sacra. L'area sacra comprende dei piccoli templi ed il naiskos arcaico, un grande tempio lungo all'incirca 32 metri risalente al VI secolo a.C. Ai piedi della collina dell'Acropoli si trova il quartiere residenziale. Qui sono state rinvenute lussuosi esempi di abitazioni con pavimenti a mosaico e pareti affrescate: la Casa del Capitello Dorico, famosa per la sua iscrizione musiva EYEKEY (Stai bene!) sul pavimento in cocciopesto; la Casa di Ganimede, che prende il nome dal mosaico rinvenuto al suo interno raffigurante il ratto di Ganimede; altre abitazioni degne di nota sono la Casa dei capitelli tuscanici e la Casa del Magistrato, entrambe con decorazioni musive e parietali. La zona più interessante di Morgantina è certamente l'Agorà, disposta su due livelli (quello inferiore riservato ai riti sacri, quello superiore per fini commerciali e pubblici) collegati da una grande scalinata. Quest'ultima è molto particolare perché consta di tre lati che formano così in basso uno spazio probabilmente usato per le riunioni cittadine, come Ekklesiasterion, o per momenti di culto vista la vicinanza con il Santuario delle Divinità Ctonie, Demetra e Kore. Contemporaneo alla scalinata è senza dubbio il Teatro Greco. La sua cavea semicircolare consta di 15 gradini ed è suddivisa in sei settori; è probabile che le scalinate in pietra continuavano con delle strutture in legno per aumentare la capienza del teatro (5000 posti circa). Il Santuario delle Divinità Ctonie ha una pianta trapezoidale ed è all'interno di questo edificio che sono stati rinvenuti dei busti votivi policromi che raffigurano Demetra. Accanto al teatro greco, più a est, si trova il granaio pubblico; risalente al III sec. a.C. ha una pianta rettangolare. I resti di due fornaci all'interno dell'edificio sono la prova dell'esistenza in città di fabbriche di vasi in ceramica. La terrazza superiore dell'Agorà è delimitata da tre portici monumentali con colonne (stoà); uno con funzione di ginnasio, uno adibito a fini commerciali, l'altro per riunioni pubbliche. Al centro di questa terrazza dell'Agorà si trova il Macellum, del II secolo a.C. ; l'edificio ha pianta quadrata ed è l'esempio più antico di macellum a noi pervenuto. I reperti archeologici rinvenuti nell'area archeologica di Morgantina sono conservati nel piccolo ma interessantissimo Museo Archeologico nella vicina Aidone. I reperti custoditi vanno dall'età del Ferro al I secolo a.C.

CASTELLO DEI GRESTI
In territorio di Aidone, in contrada Gresti, ci sono i ruderi di un castello medievale di origine non ben definita ma secondo lo storico Michele Amari venne costruito dagli arabi negli anni 862-67 su un preesistente fortilizio bizantino (le prime notizie storiche documentabili sul castello risalgono al XIV secolo). Il castello sorge su un'elevata cresta rocciosa che chiude la piccola valle del torrente Gresti, un affluente del Gornalunga, ovvero l'antico Albos o Erikes, ed è posizionato strategicamente lungo la via di comunicazione che collegava Morgantina, e le antiche città dell'interno, con quelle della costa orientale. La struttura comprende un ampio piano terra, adibito a magazzini e stalle, e un primo piano accessibile da una scaletta in muratura. La maggior parte degli ambienti sono scavati nella roccia, in modo analogo al castello di Sperlinga, e si aprono ad est con logge e finestroni. È presente un'alta torre piena, visibile a grandi distanze. Il nome “Pietratagliata” si riferisce alla presenza degli ambienti tagliati nella roccia, mentre il nome Gresti, ricorda la grande quantità di cocci di epoca greca e romana dal II sec.a.c. al I sec.d.c. che affioravano in tutta la contrada.

IL CASTELLACCIO
"Castellaccio", (in dialetto Cast'ddazz' ) è il nome dato ai ruderi del castello medievale, costruito nel punto più alto della città, in posizione strategica, con una visuale panoramica a 360°, che permetteva di controllare le principali vie di comunicazione della Sicilia Centrale . La costruzione risalirebbe all'XI secolo, all'epoca normanna, ma fu forse preceduta da una fortificazione saracena. Il Castello era un baluardo sicuro per i baroni signori di Aidone,tanto che era inespugnabile e si poteva accedere solamente dall'antica strada posta a mezzogiorno. Quando questo maniero venne attaccato dalle truppe di Roberto d'Angiò con il tradimento del capitano Giovenco degli Uberti fu possibile espugnarlo e perfino il Re Federico III dovette usare delle macchine di guerra per porre l'assedio alle truppe angioine. Questo castello venne ulteriormente fortificato dal Conte Enrico Rosso senior nel 1351 che aveva la necessità di un reparto di cavalieri in grado di attaccare sulla piana di Catania il nemico Artale Alagona. Fu centro del feudo di Aidone e fu qui che i feudatari ospitarono nel 1396 i reali Maria e Martino I di Sicilia e, nel maggio 1411, Bianca di Navarra dettò alcune lettere con l'aiuto del Protonotaro del Regno Bartolomeo Gioeni, Barone di Aidone e il figlio Perrone ai suoi fedelissimi per contrastare il nemico della corona: il grande ammiraglio Bernardo Cabrera. Cadde in rovina in seguito al terremoto del 1693 e successivamente venne abbandonato. Faceva probabilmente parte di una rete di fuochi di avvistamento con i castelli di Enna, Agira, Pietratagliata e altri.

TORRE ADELASIA
Sulla piazza Cordova si affaccia la Torre Adelasia, che oggi costituisce la torre campanaria dell’annessa chiesa di Santa Maria La Cava, ma in origine era una delle torri di difesa lungo le mura che costeggiavano le pendici occidentali del borgo normanno. Dell’impianto originario, di epoca normanna, conserva il piano inferiore dall’alto portale ogivale e, all’interno, la volta a crociera. Nei secoli ha subito molti rimaneggiamenti e sovrapposizioni in diversi stili: il gotico-catalano del secondo piano cinquecentesco e il piano superiore di epoca settecentesca. La chiesa di Santa Maria fu fondata con il nome di Santa Maria Lo Plano da Adelasia, nipote del conte Ruggero, come si legge in un diploma del 1134. Fu priorato dei Benedettini. Dell’impianto medievale conserva solo l’abside e la torre. L’attuale facciata, incompleta, è il frutto di un ambizioso progetto tardo secentesco per una chiesa a tre navate. Il rapporto simmetrico dei portali è andato perduto nell’ultimo radicale restauro, completato nel 1940: per ampliare la capacità di accoglienza della chiesa, si eliminò l’alta gradinata interna, fu innalzato il portale centrale e si aggiunse l’alto sagrato semidecagonale. Fu abbandonato definitivamente il progetto di una chiesa a tre navate e si ricavarono due cappelle sul lato occidentale e dei locali adibiti ad asilo sul lato orientale. Per ricordare le origini normanne l’interno dell’abside fu riportato alla nuda pietra ponendosi perciò in netto contrasto con il sistema decorativo dominato dagli affreschi della pittrice Clelia Argentati. La Chiesa è anche un santuario dedicato a san Filippo apostolo: il simulacro del santo, ritenuto miracoloso, custodito in una cappella riccamente decorata di stucchi, è oggetto di grande venerazione: il 1 maggio convengono in Aidone, per celebrarlo, ringraziarlo o impetrare grazie, pellegrini provenienti da tutti i comuni della provincia.

CHIESA MADRE DI SAN LORENZO
È forse la chiesa più antica di Aidone, fondata nell'XI secolo,secondo Filippo Cordova e Gioacchino Mazzola su un'antica costruzione risalente al VII sec. per come è stato di recente rilevato dal alcuni muri di fondazione all'interno della Sacrestia. Questa Chiesa Matrice dopo gli ingenti danni subiti nel terremoto del 1693 fu ricostruita: dell'originario impianto normanno restano i contrafforti laterali e il portale. Con la ricostruzione furono aggiunte le cappelle laterali e il campanile, mai completato. Tracce dell’antica struttura sono visibili nei grandi conci parietali scoperti nella sacrestia, in corrispondenza dall’area absidale. La facciata fu ricostruita utilizzando il materiale antico: furono recuperate le due scanalature ad un lato della porta, che rappresentano le misure del palmo e della canna, ma non l’antica iscrizione i cui frammenti sono sparsi per tutta la facciata. Interessanti i colmi degli imponenti cantonali rifinite con caratteristiche forme a spirale. All'interno si conservano suppellettili, arredi sacri, antichi paramenti, statue e tele in parte provenienti dal convento di Santa Caterina: tra questi oggetti, il reliquiario di argento a forma di braccio, contenente la reliquia di San Lorenzo, probabilmente portata da Roma da Marcantonio V marito di Isabella Gioieni , quest'ultima della famiglia dei Gioieni che avevano introdotto il culto del santo per un presunto miracolo. Esistono due versioni sul motivo per cui san Lorenzo, per volere della famiglia Gioieni, sarebbe stato dichiarato patrono del paese al posto di san Leone: secondo una di esse fu Giantommaso Gioieni nel 1531 ad introdurre la venerazione per il santo martire in ringraziamento per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza. Secondo un'altra versione fu invece Isabella Gioieni, nella seconda metà del Seicento: sposata a Marco Antonio Colonna, al quale aveva portato in dote il feudo di Aidone, non sarebbe riuscita ad avere figli e promise in voto al santo di farlo diventare patrono del paese se avesse dato alla luce un figlio; la grazia sarebbe stata concessa e Isabella diede alla luce il figlio Lorenzo e mantenne la sua promessa. Al 1810 risale invece la nascita dell’Accademia di San Lorenzo, che operò per almeno un secolo.

ORIGINI E CENNI STORICI
Secondo alcuni studiosi, Aidone fu fondata alla fine dell'XI secolo dai Normanni, durante la conquista della Sicilia e la cacciata degli arabi; ma è molto più probabile che i Normanni si siano limitati a rifondare e ripopolare un borgo già esistente strappato ai Saraceni. I fratelli Altavilla, che guidarono la conquista, condussero a ripopolarlo i lombardi, che avevano contribuito all'impresa e che in buona parte provenivano dal Monferrato. A questa sorta di colonizzazione si fa risalire l'origine del dialetto aidonese. All'epoca normanna risalirebbe la fondazione del castello che dominava la città, della chiesa madre (dedicata in seguito a San Lorenzo martire), della chiesa di San Leone dedicata al papa Leone II e, fuori dalle mura, della chiesa di Sant'Antonino Abate. Aidone passò successivamente in possesso di Adelasia, nipote del GranConte Ruggero, che la tenne fino alla sua morte nel 1160. Adelasia diede impulso al suo sviluppo con la costruzione di diversi mulini sul fiume Gornalunga e la fondazione, nel 1134, del monastero benedettino di Santa Maria Lo Plano, con chiesa dotata di una torre campanaria. Adelasia sposò nel 1118 il Conte Rinaldo d'Avenel ed ebbe un figlio di nome Adam che gli premorì; nel 1142 in un documento della corte normanna sono entrambi citati e successivamente in un altro del 1154 compare solamente lei devota al Re Guglielmo I il malo. La citazione più antica di Aidone risale al 1150 e si trova nel "Libro di re Ruggero" del geografo arabo Idrisi. All'epoca di Federico II, Aidone faceva parte, molto probabilmente, dei possessi diretti del re. Nel 1240 era rappresentata al parlamento di Foggia. L'imperatore concesse ad alcuni soldati, provenienti da Piacenza e guidati da Umberto Mostacciolo, di stabilirsi ad Aidone; questa testimonianza conferma l'arrivo, ancora nel XIII secolo, di coloni provenienti dall'area padana. Nel 1229 ai Templari fu permesso di edificare la chiesa di San Giovanni e per il suo mantenimento furono concesse le rendite di alcune tenute. Dopo la morte di Federico II, nel 1255, Aidone si dichiarò libero comune e riuscì a resistere all'assalto di Pietro Ruffo e del conte di Catanzaro, che agivano in nome del re Manfredi; nel 1257, tuttavia, fu presa e saccheggiata dall'esercito svevo, guidato da Federico Lancia. Aidone partecipò alla rivolta dei Vespri siciliani, cacciando la guarnigione francese. Fu nominato capitano Simone Fimetta di Calatafimi e vennero inviati al campo di Pietro III di Aragona arcieri e vettovaglie. In seguito il capitano Fimetta passò dalla parte degli Angioini e dovette fuggire dal castello. Il re Pietro III d'Aragona allora concesse Aidone in feudo a Manfredi Chiaramonte per premiarne la fedeltà. Nel quadro delle lotte tra angioini e aragonesi emerse la figura di fra' Perrone, il frate dell'domenicano che combatté gli aragonesi tra il 1284 e il 1287; quando fu catturato dall'ammiraglio Ruggero di Lauria si uccise in carcere. Nel 1296, durante il regno di Federico III d'Aragona, il feudo di Aidone venne ceduto da Manfredi Chiaramonte a Enrico Rosso che prese il titolo di conte di Aidone. Nel 1299 il capitano Giovenco degli Uberti aprì le porte del castello agli Angioini, ma questo venne riconquistato nel 1301 da Federico, che si era sistemato con il suo esercito nel vicino castello di Pietratagliata. Nel 1320 il feudo passò a Rubeo II Rosso, e quindi al figlio Enrico III Rosso, cancelliere del regno aragonese. Il conte Enrico Rosso Senoir fu uno dei più potenti feudatari del regno di Sicilia e divenne l'ago della bilancia fra le fazioni latine capeggiate dai Chiaramonte e quella catalana degli Alagona. Nel 1153 sposò Luchina figlia di Manfredi Chiaramonte e quindi entrò in conflitto con Artale Alagona che di fatto era il tutore del giovane re Ludovico. Questo pugnace Conte Enrico aveva un certo ascendente per la sorella maggiore del Re, la cosiddetta madre badessa Eufemia. Dopo l'aspra lotta sostenuta dalla rocca di Motta S.Anastasia contro Artale Alagona il gran Giustiziere capo dell'esercito reale stipulò la pace a Catania e con i suoi bellicosi soldati aidonesi divenne il braccio armato della Corona, dopo la prematura morte di re Ludovico e la successione del fratello Federico IV il semplice, un altro ragazzo inesperto. Ma il volubile Enrico Rosso fu anche il protagonista della conquista di Messina e della morte di Matteo Palizzi e poi in seguitò provocò la morte di Antonia del Balzo moglie del re Federico IV. Per questo motivo venne dichiarato fellone dal Re e nel 1373 fu costretto a cedere il feudo di Aidone (compresi il castello di Pietratagliata, il feudo di Fessima e i casali Baccarato, Asmundo e Pietralixia) a Perrone Gioeni, in cambio del feudo di Castroleone (Castiglione di Sicilia). Il castello di Aidone ospitò nel 1396 la regina Maria e il marito, Martino il Giovane e, nel maggio dell'anno 1411, la regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino il Giovane, che vi soggiornò a lungo protetta dal Gioieni. Nel 1427 il conte Bartolomeo III Gioeni firmò l'atto "Privilegi e consuetudini per gli Aidonesi", concedendo il potere locale al "baiulo" Giovanni Caltagirone, coadiuvato da un "capitano di giustizia". Nel 1531 Giantommaso Gioeni introdusse la venerazione per san Lorenzo martire facendone il santo patrono della città al posto di san Leone. Il feudatario ringraziava così il santo per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza (é una delle ipotesi, per l'altra vedi la nota sulla chiesa di San Lorenzo). Nel 1602 Tommaso Gioeni venne nominato dal re Filippo III di Spagna pari del regno e principe di Castroleone, ed entrò a far parte del parlamento siciliano. Il principe fondò ad Aidone la "Confraternita dei Bianchi", composta esclusivamente di nobili. Nel 1667 venne fondata la confraternita del Santissimo Sacramento, legata alla chiesa di San Leone. I membri, al massimo 72, dovevano avere almeno vent'anni di età. Tra questi c'erano 13 "officiali" (governatore, consigliere maggiore, consigliere minore, cancelliere, tesoriere, due mastri di novizi, due visitatori d'infermi, due sacrestani e due nunzi). In seguito, per la prevalente presenza al suo interno di artigiani, la confraternita fu conosciuta come quella della Maestranza. Nel 1693 il terremoto che colpì tutta la Sicilia orientale provocò in Aidone cinquanta morti e il crollo di numerose chiese ed edifici, tra cui la chiesa Madre di San Lorenzo. Questa data in Aidone, come in gran parte della Sicilia, segna un discrimine nella sua storia architettonica. Alcune chiese furono restaurate o ricostruite, pertanto quasi tutti gli edifici di Aidone sono, tranne che in alcune parti, settecenteschi o con notevoli elementi risalenti a questa epoca (i cantonali di san Domenico, la facciata di santa Maria La Cava, i portali di San Leone, dell'Annunziata, etc), il loro stile è influenzato dal barocco imperante in Sicilia ma con tratti sobri e classicheggianti. Con il matrimonio dell'ultima discendente dei Gioieni con Marcantonio V Colonna, il feudo passò ai Colonna, principi romani. A quest'epoca nel territorio di Aidone esistevano sei baronie: Spedalotto-Cugno, Mandrilli-Toscano, Fargione-Baccarato-Feudonuovo, Dragofosso, San Bartolomeo, comprendente Pietratagliata-Prato-Tuffo-Gresti, e Raddusa-Destra. Altre tre baronie si erano costituite con i terreni comunali dell'"università" (Giresi-Pali-Malaricolta, Belmontino e Menzagno). Nel XIX secolo le famiglie Boscarini, Scovazzo, Cordova, D'Arena, Profeta, Minolfi, Ranfaldi e Calcagno, produssero due generazioni di borghesi liberali e colti (tra i quali Filippo Cordova e Gaetano Scovazzo) che impressero un notevole impulso culturale alla cittadina. Nel 1795 il Comune acquistò la chiesa di San Tommaso Apostolo, con l'annesso "Ospedale", per realizzare un teatro municipale; nel contempo iniziarono i lavori per la costruzione del Palazzo municipale, destinato a sede amministrativa e politica del "detentore" (sindaco). Dal 1805, a seguito della scoperta del primo giacimento di zolfo, iniziò per Aidone un periodo di prosperità alimentata dall'industria estrattiva. La popolazione ebbe un notevole incremento, con l'immigrazione di minatori provenienti dai paesi viciniori, che si prolungò anche nel secolo successivo fino al secondo dopoguerra (la fase di chiusura della miniera Baccarato cominciò nel 1960). Dopo l'abolizione della feudalità (1812), Aidone entrò a far parte della provincia di Caltanissetta (1820). In una planimetria redatta dal regio agrimensore Lorenzo Correnti, il territorio comunale risultava avere un'estensione di 6884,12 salme (di vecchia misura) ed era suddiviso in varie contrade tra cui: Ciappino, Grottascura, Bosco, San Bartolomeo, Gresti, Pietrapiscia, Mendola, Giresi, Spedalotto, Calvino, Malaricolta, Casalgismondo, Toscano, Baccarato, Dragofosso, Montagna, in parte corrispondenti alle baronie. Esistevano ancora diversi latifondi di proprietà, soprattutto, dei Colonna-Rospigliosi. Aidone fu sede di una cellula carbonara guidata da Domenico Scovazzo e il 26 gennaio 1848 insorse contro il re Ferdinando II delle Due Sicilie. Durante la crisi del 1848 il Re Ferdinando II di Borbone nominò Ministro dell'Agricoltura il Comm. Gaetano Scovazzo, regio consultore che in passato aveva ricoperto questa carica nel 1831 collaborando con il fratello del re Leopoldo Conte di Siracusa. Per rimanere fedele ai suoi principi di libertà e di autonomia, Scovazzo si dimise dal Governo del Re nonostante fosse stimato da Lord Minto (Gran Bretagna) e il conte Napier (Francia) e la sua dimissione fece precipitare la situazione politica in Sicilia. Come per gli altri Comuni dell'Isola anche in Aidone si formò un "Comitato di difesa e sicurezza pubblica" e tre compagnie della Guardia nazionale guidate dal pugnace Rocco Camerata Scovazzo e Vincenzo Cordova-Savini. Filippo Cordova, nipote dello Scovazzo che aveva già perorato la causa di una nuova Sicilia come nazione sganciata dalla capitale Napoli e dal Borbone, nel 1848 fu eletto da Aidone al Parlamento Siciliano. Qui fu uno degli estensori dello statuto per l'autonomia della Sicilia e poi ministro delle finanze nel governo presieduto dal marchese di Torrearsa. Dopo la restaurazione borbonica fu in esilio a Torino, qui conobbe Cavour dal quale, in seguito, fu chiamato a far parte del Governo del regno di Italia. Durante la spedizione dei Mille Aidone partecipò ai combattimenti: in contrada Dragofosso un gruppo di 120 aidonesi, guidato da Vincenzo Cordova e Gioacchino Mazzola, riuscì a deviare un contingente borbonico guidato dal generale Gaetano Afan de Rivera, favorendo la conquista di Palermo da parte di Garibaldi. Nel Regno di Italia altri aidonesi si distinsero oltre a Filippo Cordova, lo stesso nipote di questi, Vincenzo Cordova Savini (1819-1897) deputato di Giarre per cinque legislature e senatore del regno, e Domenico Minolfi Scovazzo (1826-1898), deputato per due legislature e presidente del Consiglio provinciale di Caltanissetta. La vita sociale e culturale di Aidone nell'Ottocento fu molto vivace e ricca di iniziative sociali e culturali. Nel 1865 venne fondata una biblioteca comunale a cui si aggiunse, dal 1884, anche una biblioteca popolare educativa circolante. Nel 1889 i fratelli Luciano e Giuseppe Palermo fondarono il "Monte di pietà" e la relativa banca; qualche anno dopo nacque la "Società di mutuo soccorso Principe di Napoli" (poi "Società artigiana") fondata da Vincenzo Cordova e Domenico Minolfi e infine, nel 1895 fu costituito il "Monte Frumentario" con 157 soci. Sin dal 1843 esisteva un orfanotrofio femminile, nel 1884 venne creato l'asilo infantile "Vittorio Emanuele" per gli alunni poveri e una scuola elementare con 14 classi nell'ex convento dei domenicani. Nel 1902 il parroco aprì un istituto femminile per l'insegnamento del cucito e del ricamo. Nel 1903 nacque la "Lega dei lavoratori della terra", con 300 soci e l'istituzione di un fondo sociale, e nel 1905 la "Lega di miglioramento" in favore degli operai delle solfatare.

DATI RIEPILOGATIVI

in aggiornamento