Nùoro
(in sardo Nùgoro) è una città
della Sardegna centro-settentrionale, capoluogo, dal
1927, dell'omonima provincia. La città si estende
su un altopiano granitico, a circa 600 m. s.l.m.,
ai piedi del Monte Ortobene, la cui vetta, detta "Cùccuru
Nighèddu", raggiunge m. 955 di altitudine.
La sua provincia è attualmente una delle meno
popolose d'Europa, e raccoglie numerose bellezze paesaggistiche
e naturali di grande rilievo, tra cui il Gennargentu
ed il Golfo di Orosei, con un interesse particolare
per le bellezze naturali che vengono offerte nel tratto
di Sardegna (ed in particolar modo verso la costa)
tra Cala Gonone (comune di Dorgali) e l'Ogliastra.
ETIMOLOGIA
Il nome deriva dal nuorese "Nùgoro";
si è sostenuto dallo Spano (1872) che questa
a sua volta provenisse da una non precisata radice
nur o ur con significato "casa" o "luce"
o "fuoco", quest'ultima intesa come "focolare
domestico", stante il radicamento dell'uso fiscale
del termine, ma questa interpretazione è stata
oggetto di rilevanti contestazioni di altri linguisti.
La radice ha comunque secondo la maggior parte degli
studiosi origine "prelatina, protosarda, non
chiarita". A partire dall'XI secolo si rileva
il tipo toponimico nugor. È frequente l'errata
pronuncia del nome di questa città. Derivando
da tre sillabe (Nù-go-ro), la pronuncia corretta
mantiene l'accento iniziale sulla "u". come
in Nùoro, e non Nuòro, benché
secondo alcuni studiosi quest'ultima potrebbe essere
utilizzata come forma meno corretta. Il dialetto nuorese
("Su nugoresu") è a buon diritto
considerata la più conservativa tra le lingue
neolatine.
DA
VEDERE
La
Cattedrale di Santa Maria della Neve
E' un monumento del XIX secolo, in stile neoclassico.
Eretta per volontà del vescovo Giovanni Maria
Bua, nella prima metà del XIX secolo. Il progetto
venne affidato all'architetto Antonio Cano. La posa
della prima pietra risale al 12 novembre 1835. I lavori,
che furono rallentati a causa della morte accidentale
durante l'esecuzione dei lavori, dell'architetto Antonio
Cano nel 1840, terminarono nel 1853. All'interno è
presente un'importante tela rappresentante la deposizione
di Cristo dipinta da Alessandro Tiarini.
L'antica
Chiesa della Madonna delle Grazie
Il 22 ottobre 1679 il Vescovo di Alghero Francesco
Lopez de Urraca concedeva a Nicolau Ruju Manca la
"permissione di poter fabbricare una chiesa in
onore della Vergine delle Grazie di Nuoro". Comincia
con quest'atto ufficiale la storia della chiesa delle
Grazie, edificio che è da considerarsi tra
i più rilevanti della città di Nuoro.
Lantico rosone in trachite, incastonato nella
facciata, si dice provenisse dalla più antica
chiesa di "Santu Milianu" andata ormai in
rovina. La chiesa si trova nell'antico quartiere di
Seuna. E' stata di recente restaurata. Realizzata
alla fine del seicento in una foggia semplice, lineare,
quasi rustica. La facciata presenta un portale centrale,
con due semicolonne sulle quali poggia un doppio architrave
modanato sormontato da un timpano triangolare in trachite.
Gli stipiti ed i capitelli delle colonne sono decorati
con figure zoomorfe e floreali che rimandano al linguaggio
decorativo gotico-catalano. Al di sopra di esso, come
unico elemento decorativo della facciata troviamo
un rosone di foggia gotico-catalana, in trachite rossa
che, secondo la tradizione, proviene da una più
antica Chiesa nuorese del trecento, San Giuliano Martire[senza
fonte]. Al portale si accede tramite una scalinata
in granito. Un secondo ingresso si apre nella fiancata
laterale sinistra della Chiesa, il quale si presenta
con stipiti in trachite rossa e sovrastato da una
nicchia, con logiche decorative tardo barocche. Sulla
fiancata destra poi, il terzo ingresso al tempio,
di nuovo con stipiti in trachite rossa, conduceva
un tempo ad uno spazio esterno ampio e circondato
da colonne, che fungeva da ostello per i pellegrini
durante la festa della Patrona di Nuoro. Questo genere
di ostelli, noto come "Cumbessias", sono
tipici della Sardegna ed i più antichi risalgono
al periodo della dominazione bizantina. Sulle fiancate
vi sono infine loggette che interrompono, alleggerendolo,
il volume massiccio della costruzione. L'edificio
sacro ha pianta rettangolare e presenta un presbiterio
quadrato. Il soffitto è costituito da una volta
a botte. L'altare maggiore è sopraelevato di
un metro e mezzo rispetto alla navata. Pregevoli dipinti,
raffiguranti i 12 Apostoli, i Profeti, alcuni brani
delle Sacre Scritture ed episodi dell'edificazione
della Chiesa, sono conservati nel Santuario. Risalgono
al XVIII secolo: sono stati realizzati su intonaco,
poi imbiancato a calce fresca, con terre colorate,
secondo una tecnica sarda molto peculiare anche nell'effetto.
Nel 1720 l'area ecclesiale ospitò una residenza
dei Gesuiti. Sotto il pavimento venne ritrovata la
sepoltura di una persona di sesso maschile, probabilmente
il costruttore della chiesa Nicolau Ruju Manca.
Piazza
Sebastiano Satta
La piazza-monumento è posta al centro di Nuoro
fra il corso Garibaldi e il rione di Santu Prédu.
Si tratta di piazza ideata da un importante artista
contemporaneo. Lidea di utilizzare questo spazio,
la vecchia piazza Plebiscito, per onorare il "vate
di Sardegna", Sebastiano Satta (1867-1914), venne
infatti perfezionata nel 1967 con lincarico
allo scultore oranese Costantino Nivola (1911-1988),
reduce dall'esperienza americana a contatto con architetti
come Le Corbusier o Saarinen. Nivola iniziò
ad eseguire una serie di schizzi e scelse la strada
minimalista con linserimento di piccole rappresentazioni
in bronzo in giganteschi massi granitici provenienti
dal monte Ortobene, anche al fine di legare il paesaggio
urbano e quello del Monte visibile sullo sfondo della
piazza. La piazza è di forma irregolare e pavimentata
da piccole pietre di granito bianco squadrate, da
cui sembrano nascere panche formate da parallelepipedi
regolari dello stesso materiale. Le indicazioni simboliche
emergenti dalla piazza rimandano alla cultura sarda,
antropologica e arcaica. Nelle cavità protettive
e allusive delle rocce la figura del poeta, rappresentata
da otto piccole statue in bronzo, vi trova accoglienza,
esaltazione fantastica o riposo. Qui la personalità
di Sebastiano Satta è ripresa nei suoi diversi
aspetti, umani e artistici. Nivola ha preteso lintonaco
e il bianco calce negli edifici circostanti per dare
ampiezza, luminosità e semplicità allarchitettura
casuale degli abitati, tra i quali si riconosce la
stessa casa in cui visse il poeta.
Statua
del Redentore, eretta nel 1901 (sul Monte Ortobene)
Scultura
"Madre dell'ucciso" (Francesco Ciusa) (nella
chiesa di San Carlo)
Sa
Conca, rifugio sotto roccia utilizzato come ovile
(sul Monte Ortobene)
Porta
della città con madre mediterranea (Pietro
Cascella).
Il
Monte Ortobene
L'Ortobene è il monte dei nuoresi per eccellenza.
Luogo di grande pregio paesaggistico e naturalistico,
i suoi freschi boschi sono meta di escursioni ad un
passo dalla città. Offre inoltre grandi suggestioni
in occasione delle nevicate invernali. La vetta raggiunge
i 955 m. slm. In cima si raggiungono diversi belvedere
ampiamente panoramici sul Monte Corrasi di Oliena,
verso il Supramonte, il Gennargentu ed il mare. Importante
e suggestivo è quello che ospita la statua
del Redentore, opera di Vincenzo Ierace, cui è
ispirata l'importante sagra folkloristica di fine
agosto. La flora e la fauna sono quelle tipiche della
Sardegna centrale, con boschi di lecci, volpi, cinghiali,
ghiri, falchi e persino una coppia di aquile reali.
Di rilevante interesse turistico ed antropologico
è la cosiddetta "sa conca", una residenza
rurale suggestiva e unica ricavata all'interno di
un enorme masso di granito cavo e di forma sferica,
situato sul ciglio della strada che porta al parco
di "Sedda Ortai". Sempre nella zona di "Sedda
Ortai", si trovano le tracce di un antichissimo
villaggio alto medievale. Ai piedi del monte in località
Borbore si trova una interessante zona archeologica
dove vi sono ancora varie Domus De Janas (lsecondo
la tradizione "case delle fate"), necropoli
risalenti al Neolitico finale (cultura di Ozieri,
3200-2800 a.C.) ed Eneolitico (cultura Monte Claro,
2400-2100 a.C.). In cima si trova l'antica chiesa
campestre di Nostra Signora 'e su Monte. Presso le
pendici settentrionali del Monte vi sono ulteriori
tracce del vissuto storico dell'uomo come il santuario
di Valverde, i ruderi delle chiese di Sa Itria e di
Santu Jacu, che presentano ancora i muri perimetrali
e le basi degli archi in granito, infine le tracce
della Chiesa di Santu Tomeu. Queste strutture religiose,
insieme al mulino settecentesco sito in località
"Capparedda", meriterebbero interventi di
recupero e restauro. Interessanti, infine, i numerosi
"rocciai", cumuli naturali di massi granitici,
nati con l'erosione dei venti, che assumono spesso
forme inusuali come ad esempio le rocce dell'Orco,
o quella della spugna.
Il
borgo di Lollove
Si tratta di un borgo isolato, abitato da poche decine
di residenti, sospeso nel tempo e nel silenzio. Oggi
questo minuscolo gruppo di case costruite all'autentica
ed antica "maniera sarda" regala un'atmosfera
affascinante. Fra i ruderi abbandonati e le poche
case abitate si erge la chiesetta seicentesca della
Maddalena, in stile tardo-gotico, con archi a sesto
acuto in trachite rossa. Nel villaggio non vi è
alcun tipo di attività commerciale. Si tramanda
la leggenda che il borgo venne colpito dalla maledizione
di alcune suore fuggite a causa della relazione carnale
di qualcuna di esse con i pastori: Sarai come
acqua del mare; non crescerai e non morirai mai.
MANIFESTAZIONI
Riveste enorme importanza, sia per l'attaccamento
e devozione dei nuoresi sia come attrattiva turistica,
la Sagra del Redentore che dura circa una settimana,
all'interno della quale vi è anche la sfilata
dei costumi della Sardegna. La sagra ha termine con
la funzione religiosa che ha sede ai piedi della statua
del redentore il 29 di agosto di ogni anno.
Un
altro importante appuntamento è quello del
21 novembre per la festa della Madonna delle Grazie
a carattere prettamente religioso. Secondo la tradizione,
un giovane pastore trovò, nel XVII secolo,
una piccola statua lignea della Madonna che si dimostrò
miracolosa. Per ricordare lantichissimo avvenimento,
da secoli viene allestita una processione in cui 12
giovani nuoresi, col tradizionale costume, offrono
12 ceri alla Madonna in rappresentanza degli altrettanti
rioni della città[11].
Molto
sentita è anche la festa di Sant'Antonio abate,
il 17 gennaio, durante la quale, come in molti centri
della zona, i vari quartieri organizzano grandi falò
(sos focos) nelle piazze e offrono ai cittadini fava
e lardu (fave con lardo), vino e pane carasau. È
tradizione durante la festa fare il giro dei numerosi
fuochi della città dove gli organizzatori fanno
a gara per il fuoco piu bello e l'ospitalità.
Attorno al fuoco: canti, balli sardi e l'immancabile
gioco della morra. I più frequentati sono solitamente
quelli dei quartieri del centro storico, come quello
di Santu Predu o della cattedrale.
Per
il carnevale si può assistere alla manifestazione
del carnevale barbaricino, con le maschere provenienti
dai centri vicini come i mamuthones di Mamoiada, boes
e merdules di Ottana, turpos di Orotelli, su bundu
di Orani etc. Di recente è stata riscoperta
una delle caratteristiche maschere di Nuoro chiamata
Bove o Boves, simile ai boes di Ottana e citata dallo
studioso Raffaello Marchi. Altre maschere tipicamente
nuoresi, attualmente in fase di studio e ricostruzione,
sono quelle di su turcu e quella di maschera a gattu,
molto simile a quella scoperta di recente a Sarule,
citate da Grazia Deledda in alcune sue opere.
ORIGINI
Le tracce più antiche della presenza dell'uomo
nel territorio di Nuoro risalgono alle Domus de janas
del III millennio a.C. ed ai resti di un villaggio
prenuragico del II millennio, che si trovano presso
il nuraghe Tanca Manna. Il villaggio, attualmente
oggetto di scavi, è costituito, secondo una
stima della Sopraintendenza Provinciale, da centinaia
di capanne, alcune delle quali ormai sotto le vicine
abitazioni ed occupa un'estensione totale di oltre
2 ettari. Alcune delle capanne già scavate,
sia di pianta circolare che di pianta rettangolare,
presentano ancora l'originario pavimento costituito
da un battuto di argilla e sughero costruito con l'intento
di ridurre l'umidità delle abitazioni. Nelle
vicinanze del Tanca Manna vi sono alcune Domus de
janas. Alcune di queste sono state però distrutte
per la cavazione del granito. Sono stati inoltre trovati
frammenti di ceramiche della cultura di Ozieri risalenti
al 3500 a.C. Presso le alture vicine alla città
a "Sedda Ortai" nel Monte Ortobene sono
presenti tracce di muratura di una fortificazione
verosimilmente dell'età del Rame. La Civiltà
nuragica, a partire dal 1500 a.C. e fino allinvasione
romana, ha lasciato una forte impronta sulla storia
di Nuoro come dimostrato dai numerosissimi nuraghi
presenti nella zona (oltre 30 nel territorio comunale).
Essi coronano quasi tutti i colli della città,
risultando ormai inglobati nel tessuto urbano (nuraghi
Tanca Manna, Ugolio, Biscollai) o sono collocati nelle
immediate periferie (Corte, Tigologoe, Tèrtilo,
Tres Nuraghes, Gabutèle), spesso accompagnati
da tombe dei giganti o da villagi nuragici, per lo
più ancora da indagare. Di tanti nuraghi rimangono
vaghe tracce, come nel caso del colle di S. Onofrio.
Sono rilevanti per la complessità costruttiva
sia il nuraghe Nurdole che il nuraghe Noddule, nei
quali sono presenti rispettivamente una vasca lustrale
con incisioni decorative ed un pozzo sacro costituito
da trachiti policromatiche. Il ritrovamento di oggetti
di fattura non nuragica segnala la presenza di flussi
commerciali extra insulari (come ad esempio un piccolo
leone bronzeo di probabile fattura etrusca o perle
di ambra baltica provenienti dal nuraghe Nurdole).
CENNI
STORICI
La penetrazione romana fu di grande efficacia in quest'area
come testimoniato dalla parlata del Nuorese, la lingua
romanza più fedele al latino. Nuoro sorge infatti
lungo la strada romana che da Cagliari (Karalis) conduceva
ad Olbia (Ulbia). Plinio il Vecchio menziona per la
particolare bellicosità i celeberrimi popoli
situati nella Sardegna centrale con il nome di Ilienses
(secondo 2 tradizioni leggendarie derivanti dalla
città di Ilion - Troia oppure discendenti di
Iolao). Tra questi nella zona tra Nuoro e Orotelli
erano situati i clan "Nurritani". Dagli
ultimi studi risulta che in epoca romana vi sono tracce
di insediamenti in una prima fase nei pressi del Monte
Ortobene e successivamente più a valle nella
zona dell'antico rione di Seuna, mentre nella località
di Ugolìo sono presenti tracce di sepolture
romane con copertura in terracotta. Con la caduta
dell'Impero Romano la Sardegna passa nel 476, con
tutta la provincia d'Africa, sotto il dominio dei
Vandali che dura fino al 548, quando Giustiniano I,
imperatore d'Oriente, riesce a riconquistare la Sardegna
all'Impero Bizantino. Le fonti storiche più
importanti su quel periodo sono costituite dalle testimonianze
dirette di Procopio e dalle 39 lettere di Papa Gregorio
I (590-604). Dalle lettere del pontefice emerge l'esistenza
di due Sardegne diverse: una romanizzata, cristianizzata
e bizantina (quella dei Provinciales), ed una interna,
costituita da aggregati cantonali, con popolazioni
idolatre e pagane, la Gens Barbaricina governata da
Hospiton. Dopo una costante azione diplomatica (testimoniata
nelle lettere succitate), nellestate del 594
si concluse un patto tra Bizantini e Barbaricini dove,
tra i vari accordi, Hospiton accettò la conversione
al Cristianesimo del suo popolo. Nel quartiere di
San Pietro in via Brusco Onnis è stata rinvenuta
una tomba bizantina (poliandro), dove all'interno
vi erano cuspidi di lance e fibbie bronzee per cinturoni
in cuoio, tipiche dell'equipaggiamento bellico di
una decarchia, un corpo di guardia di soldati-coloni
con famiglia al seguito, detti Kabaddaris. Ciò
conferma la presenza in epoca alto medievale della
èlite militare bizantina nel territorio. La
cristianizzazione della Sardegna avviene con un riferimento
culturale bizantino, quindi greco e orientale, ma
in stretto collegamento col la Chiesa di Roma. Il
culto di alcuni Santi della Cristianità orientale
non riconosciuti dalla Chiesa Cattolica, come ad esempio
San Costantino, imperatore d'oriente, sopravvive a
tutt'oggi nelle tradizioni popolari. Con l'affievolirsi
del controllo imperiale a causa dell'affermazione
della potenza islamica nel Mediterraneo occidentale
la Sardegna si ritrova, per la prima volta da centinaia
d'anni, a doversi gestire in autonomia. Nascono attorno
al IX secolo i Giudicati, 4 regni autonomi collegati
dalla comune origine amministrativa Bizantina. Di
fatto essi spartiscono territorialmente la Barbagia
sotto la propria autorità. Durante i "secoli
bui" Nuoro e la "Curatoria Dore-Orotelli"
fecero parte del Giudicato di Torres, un regno giudicale
legato da rapporti di amicizia verso i carolingi e
la Francia. Ciò si evince anche da alcuni aspetti
gestionali della cancelleria giudicale. Il Giudicato
si estendeva dal sassarese alle parti più settentrionali
delle attuali province di Oristano e di Nuoro; Il
villaggio di "Nugor", di poche centinaia
dabitanti, si rileva su carte medievali risalenti
al 1147 (con la dicitura "Nori"). Il Villaggio
era costituito da due nuclei vicini: uno sorgeva attorno
alla chiesa di "Santu Milianu" nel quartiere
"Seuna" ed uno vicino alla chiesa di "Santu
Pedru" nel quartiere omonimo. Il nome di SantEmiliano
è fondamentale nella storia di Nuoro in quanto
testimonia il ritorno a valle, in prossimità
di una ricca sorgente dacqua, "Sa Bèna",
della popolazione che si rifugiò in origine
nel monte Ortobene ed in particolare dal villaggio
sito vicino alla località "Milianu",
lungo le rive del ruscello Rìbu e Séuna.
Da tale corso d'acqua trae infatti origine il nome
del villaggio, ora quartiere, "Seuna" in
cui si preservò, tramandandola, la tradizionale
devozione al Santo da parte della comunità.
Lantico rione si sviluppa attorno alla chiesa
andata perduta di "Santu Milianu". Tuttintorno
alla chiesa sorgevano case piccole e basse con i tetti
incannicciati e a tegole curve, in un intreccio di
viottoli e rioni, ciascuno dei quali aveva un nome
caratteristico che gli dava una fisionomia precisa:
Sa còrte e sos sètte fochìles
(grande cortile sul quale si affacciavano sette focolari,
sette case); Su puttichéddu (pozzo oggi essiccato);
Fóssu Loróddu (letteralmente fosso
sporco dove si era soliti buttare limmondizia);
San Nicolò (zona intorno allantica chiesetta
di San Nicolò, andata poi in rovina); Sa Bèna
(abbeveratoio per il bestiame posto nellattuale
cortile della chiesa delle Grazie). Nel XII secolo
Nuoro fu ricompresa nella sede vescovile di Ottana;
Fra il 1300 ed il 1400 limportanza di "Nugor"
cresce insieme ad i suoi abitanti, più di mille
e, fra il 1341 e 1342, viene indicato nei documenti
contabili come uno dei villaggi che versavano maggiori
tasse alla Diocesi. Nei secoli seguenti il borgo restò
relativamente isolato e non rilevò per i conquistatori
che si succedettero nell'Isola (Pisani, Aragonesi
e Spagnoli), se non per la pesante imposizione fiscale.
Si noti infatti che le informazioni sul borgo medievale
si ritrovano nel liber fondachi, un registro fiscale
pisano sui possedimenti in Gallura e Baronia della
metà del Trecento. Il villaggio cresce e nei
registri Spagnoli, in particolare negli atti del Viceré
Gerolamo Piementel, si riporta che "La encontrada
de Nuero tiene 4 villas Y la primera Villa de Nuero
1434 Fuegos, Villa de Orgosolo 1162 fuegos, Villa
de Loloy 83 fuegos, Villa de Locoy 54 fuegos".
Nei documenti storici del Vescovado di Alghero, da
cui dipendeva la diocesi di Ottana, nel 600 sono registrate
in città 15 chiese urbane, 7 chiese periferiche
e 9 chiese campestri. La dominazione aragonese prima
e spagnola successivamente hanno contribuito in modo
determinante all'elaborazione delle tradizioni religiose,
dei manufatti artigianali e delle ricche vesti d'uso
quotidiano, oggi chiamati "costumi" si indossano
in occasione delle sagre folkloristiche. Alla fine
del XVII secolo a seguito di pestilenze e carestie
si registra un crollo demografico e nel 1698 negli
atti del Viceré De Solis Volderrabano si registrano
936 Hombres y 1168 Mujeres ma il paese di "Nuero"
diventa il primo centro abitato delle zone vicine
(Barbaja Ololay, Marquesado de Orani, Encontrada de
Nuero) e versa al Regno di Spagna la maggiore quantità
di tasse con 924,08 Libras. La guerra di successione
spagnola coinvolse tutte le potenze europee. Con la
pace di Utrecht il Regno di Sardegna sembrava destinato
a entrare nell'impero asburgico. Nel 1717, tuttavia,
un corpo di spedizione spagnolo inviato dal cardinal
Alberoni, occupò di nuovo l'Isola, cacciandone
i funzionari asburgici. Tra il 1718 e il 1720 il Regno
di Sardegna verrà definitivamente ceduto alla
Casa dei Savoia, che acquisì così il
titolo monarchico. Più estesa e popolata dei
paesi del circondario, Nuoro acquistò un ruolo
di riferimento per il territorio circostante. Nel
1777 il canonico Francesco Maria Corongiu scrive che
Nuoro era "provvista di belle e ampie strade,
deliziosa nella sua campagna ed abbondante altresì
d´ogni genere di viveri, di buone carni, pane,
circostanze tutte che rendono più grato il
soggiorno". Nel 1779 il vescovo di origini spagnole
Roich fece ricostituire a Nuoro la sede dell'antico
vescovado di Galtellì, ottenendo apposito decreto
da Papa Pio VI. Nella bolla pontificia si legge che
"
Nuoro conta 589 famiglie e 2782 abitanti,
vi sono 5 case di cavalieri e oltre 30 di gente civile
e benestante, qualche laureato e otto notai
"
La diocesi assunse il nome "Galtellinensis-Nuorensis".
Nuoro divenne sede del Tribunale di Prefettura (1807),
città nel 1836, e sede di Divisione Amministrativa
e di Intendenza nel 1848 (in pratica una terza provincia
sarda, dopo Cagliari e Sassari); poi l'ultimo titolo
fu ridotto nel 1859 a quello di sottoprefettura. Si
sviluppò perciò come centro amministrativo
a partire dalla seconda metà dell'Ottocento,
periodo in cui si aprì ad un rilevante insediamento
di funzionari piemontesi del Regno di Sardegna e commercianti
continentali. Così avrebbe in seguito descritto
questo passaggio storico il Satta: "In breve,
i nuoresi si trovarono amministrati, rappresentati
dagli estranei, e in fondo non se ne dolsero. Era
un fastidio in meno. L'adozione della riforma agraria
denominata Editto delle Chiudende del 6 ottobre 1820,
provocò nell'intera Barbagia dei forti dissensi
e disordini a causa dell'appropriazione selvaggia
di terreni, sino ad allora adibiti ad uso comunitario
(e giuridicamente anche ad uso civico). Ci furono
rivolte sanguinose, faide e numerosi omicidi in una
sempre più grave serie di tragedie, tali da
sconsigliare il Valery, che nel 1834 stava realizzando
il suo "Voyage en Sardaigne", dall'approssimarsi
a Nuoro, solo lambita nel suo articolatissimo itinerario.
Tuttavia il culmine del malcontento si raggiunse dopo
che nel 1858 furono alienati anche i terreni demaniali,
che sarebbe sfociato poi nei noti moti de su Connottu,
quando al culmine della tensione il 26 aprile 1868
diverse centinaia di persone assaltarono il palazzo
del municipio e diedero alle fiamme gli atti di compravendita
dei terreni del demanio. Il banditismo, che dopo Su
Connottu si pretese almeno in parte corroborato da
sentimenti di ribellione al nuovo regime dei suoli,
ebbe una recrudescenza e lo stato rispose con l'invio
di truppe di polizia, numerose quanto poco efficaci
nel contrastare grassazioni e faide. Sul finire dell'Ottocento
si fece più grave l'usura, i cui maggiori gestori
erano dei "miserabili napoletani" ed anche
la Deledda ebbe a citarla in una delle sue opere.
Con il Novecento il fermento culturale che avrebbe
dato vita alla importante avanguardia artistica sarda
si giovò del notevole miglioramento dei trasporti
per la comunicazione col Continente, ed anzi prese
proprio questa a suo obiettivo; pian piano, si fecero
conoscere oltremare le opere della Deledda, dei pittori,
dei poeti. Celebri per il notevole pregio le sculture
di Francesco Ciusa. Nuoro divenne un centro culturale
di grande rilievo. Con l'allargamento dei servizi
e dei posti di lavoro amministrativi, iniziarono a
trasferirsi a Nuoro molti abitanti dei paesi vicinanti
e fra questi alcuni artisti. Passate la guerra di
Libia e la prima guerra mondiale con un elevato numero
di caduti, si ebbero in città i primi sviluppi
delle sinistre. Uno dei principali attivisti fu l'avvocato
Salvatore Sini (noto "Badore"), originario
di Sarule, più conosciuto come autore dei testi
di "Non potho reposare", canzone in lingua
sarda di grande successo nell'isola, ma in realtà
impegnato in molte campagne fra le quali una per la
fondazione di una lega fra le donne operaie. Nel 1921
fu visitata da David Herbert Lawrence, il quale voleva
conoscere i luoghi dove erano ambientati i romanzi
della Deledda di cui egli stesso nel 1928 scriverà
la prefazione della versione inglese della Madre.
Lawrence rimase a Nuoro per una sola notte, e di questa
fugacissima tappa, restano alcune interessanti pagine
di "Mare e Sardegna" nelle quali descrisse
una animatissima sagra in costume. Nel 1926 fu conferito
il premio Nobel a Grazia Deledda. Avendo già
assunto almeno moralmente questo ruolo, ed essendola
in pratica già stata nel secolo precedente,
Nuoro ridivenne provincia durante il Fascismo, nel
1927. I rapporti del regime con la popolazione passarono
attraverso la mediazione di alcuni artisti, i quali
imposero il rispetto di forme culturali autoctone,
nonostanze le politiche di unificazione nazionale.
L'uso degli indumenti della tradizione fu tollerato
e si giunse anzi ad avere diversi nuoresi in abiti
sardi per le cerimonie del matrimonio di Umberto II.
Notevole fu, tra gli artisti di punta, Remo Branca,
preside del liceo ginnasio (succeduto al padre di
Indro Montanelli, che in questa città trascorse
l'infanzia) ed infaticabile animatore culturale. Nel
1931 raggiunse i 9.300 abitanti. La città contava
oltre ai quartieri originari, Santu Predu, dei pastori
e dei proprietari terrieri e Seuna, dei contadini,
dei braccianti e degli artigiani, can la "via
Majore" (attuale Corso Garibaldi, tutt'ora la
via "di passeggio"), dei signori, altri
dieci rioni: S'Ispina Santa (via Sassari), Irillai
(via della Pietà), Santu Carulu (via Alberto
Mario), Su Serbadore (via Malta), Corte 'e susu (via
Poerio), Santa Ruche (via Farina), Sette Fochiles
(via Lamarmora), Fossu Loroddu (Largo Nino di Gallura),
Su Carmine (Piazza Marghinotti), Lolloveddu (via Guerrazzi).
Vi è poi Lollove, frazione che dista circa
15 chilometri dal capoluogo, piccolo centro rurale
che mantiene un aspetto quasi incontaminato rispetto
alle origini, nota nell'immaginario collettivo locale
come una locazione vicina ed al contempo distante.