Decimomannu
(in sardo Deximu Mannu) è un comune della provincia
di Cagliari. Dista da Cagliari circa 17 km e confina a nord
con il comune di Villasor, a nord-est con San Sperate, a
ovest con Villaspeciosa e Decimoputzu e a sud con Assemini
e Uta. Decimomannu è sorto in una zona pianeggiante
all'interno di un'ansa del fiume Riu Mannu e fece parte
del sistema insediativo di centri storici disposti lungo
il tracciato viario che accompagna la riva sinistra di quel
fiume. Per la sua posizione topografica ha sempre avuto
una rilevante funzione itineraria: in epoca romana la famosa
via che da Caralis conduceva a Sulcis, si biforcava a Mansum
(oggi Elmas); un ramo proseguiva per Sextum (Sestu), Biora
e Valenza (distrutte); l'altro ramo passava per Decimum
proseguendo per Valeria, florida cittadina, e da lì
per Sulcis (l'odierna Sant'Antioco).
CHIESA
PARROCCHIALE
La chiesa parrocchiale di S. Antonio Abate risale al XVI
secolo ed è in stile gotico-catalano. Nell'unica
navata si innestano tre cappelle per lato: quelle a destra,
originarie, hanno volte a crociera con nervature e gemme
pendule, mentre quelle a sinistra, coperte a botte, sono
più recenti e hanno subito rifacimenti. Attraverso
un maestoso arco ad ogiva si accede al presbiterio dalla
volta stellare. Di notevole rilievo sono i capitelli gotici
dei pilastri sul lato destro della navata e il fonte battesimale
del '700. La facciata è impreziosita da un portale
gotico e da un rosone; sul lato sinistro si erge la torre
campanaria. La chiesa ha subito rifacimenti nel tempo, come
risulta dai bollettini parrocchiali. Fino al 1922, la facciata
della chiesa era rettangolare, come la finestra che, al
posto dell'attuale rosone, sovrastava il portone. Ai lati
del portone si trovavano due rozzi sedili in pietra. Nel
1922 fu fatta una questua nel paese per raccogliere i fondi
necessari per il restauro della chiesa. In quella occasione
la facciata subì una trasformazione notevole: su
di essa fu eretto un timpano triangolare sormontato da una
croce, la finestra rettangolare sopra il portone fu sostituita
da una apertura circolare e furono eliminati i sedili in
pietra. In successivi restauri fu aggiunta la bussola nella
porta della chiesa e il pavimento, inizialmente di pietra,
fu rifatto con pianelle di cemento bianche e nere; per avere
più spazio, furono eliminati i due altarini collocati
davanti ai primi pilastri della navata centrale (in uno
vi era un quadro raffigurante S. Francesco di Paola e nell'altro
uno raffigurante S. Filomena); fu anche cambiata la pila
per l'acqua benedetta, sostituendo la colonna, che era in
granito grigio, con un'altra di pietra bianca, avanzo di
colonna proveniente da una chiesa campestre andata in rovina.
Nel 1931, essendo aumentata la popolazione, si sentì
l'esigenza di avere una chiesa più spaziosa: si resero
comunicanti le cappelle di sinistra con porte ampie, seguendo
lo stile delle medesime, e di fare archi ogivali tra le
cappelle di destra, in modo da poter sfruttare tutto lo
spazio. Nello stesso anno fu eliminata anche la scala in
muratura all'interno del campanile, sostituita con una scala
in legno che, passando vicino alla stanza dell'orologio,
portava sopra questa, alle campane. Nel 1932 furono decorate
le cappelle laterali con dipinti eseguiti dal pittore Peppino
Scano e da suo figlio e l'anno successivo furono riparati
e ridipinti soffitto, porte e confessionali, in quanto era
attesa la visita pastorale dell'Arcivescovo di Cagliari,
Ernesto Maria Piovella (che dovette poi essere rimandata
al 21 gennaio 1934. Nel 1938 fu realizzato l'impianto di
illuminazione elettrica e fu collocato un cancelletto in
ferro a chiudere le due balaustre che delimitavano il presbiterio.
In un successivo intervento effettuato negli anni '50 venne
riparata e modificata la facciata, prolungando lo spiovente
destro della navata centrale anche sulla stanza accanto
alla chiesa (sede dell'ufficio parrocchiale) e rivestendo
il tutto, compreso il campanile, con lastroni di marmo.
L'effetto estetico non era gradevole: la chiesa assunse
l'aspetto di un capannone. Nel 1993 viene restaurato il
campanile e riportato all'antica bellezza: i lastroni di
rivestimento vengono rimossi e le finestre ad arco, chiuse
probabilmente nel secolo scorso, riaperte. Si mette in evidenza
la tecnica di costruzione: la solidità della struttura
è dovuta alla presenza di robusti tiranti posti a
due diverse altezze. Nel mese di gennaio 1995 iniziò
il restauro, terminato nel 1998, che ha riportato la chiesa
parrocchiale alla sua bellezza originale.
CHIESA
Si ha notizia certa dell'esistenza a Decimo di una chiesa
dedicata alla Santa nel 1500, edificata su una più
antica, non si sa di quale periodo, che aveva annesso un
monastero di monache. Nel 1777 fu costruita una nuova chiesa
su quella preesistente, della quale è rimasta solo
l'abside, simile a quella attuale nella forma e nelle strutture
principali. Qualche anno dopo, nel 1792, furono edificati
in marmo policromo l'altare ed il pulpito che si possono
ammirare attualmente. E' in una bella posizione, a sud-ovest
del paese, orientata, come si usava nell'antichità,
con l'entrata pricipale a ponente e l'altare maggiore ad
oriente. Ha subito modifiche in alcune parti esterne: nel
1928 fu demolito il campanile a vela che era situato al
centro della facciata, costruito il timpano, ingrandita
la finestra e costruito l'attuale campanile alto 18 metri.
Davanti all'ingresso principale vi era una lolla con colonne
ottagonali che fu demolita nel 1933. Era riservata, nel
tempo della festa e della fiera, ai venditori di argenteria,
di gioielli e di altre cose di valore. Nel 1981 si dovette
intervenire in modo radicale su tutto l'edificio che presentava
gravi lesioni agli archi e alle strutture portanti, per
dimpedirne il crollo. Con l'interessamento dell'allora parroco,
sac. Raimondo Podda, e con la collaborazione dell'Amministrazione
Comunale e della popolazione, si è riusciti ad ottenere
dall'Assessorato ai Beni Culturali della Regione Sardegna
i fondi necessari per un restauro completo. Fondazioni,
tetto, pavimento, intonaci, porte, finestre, impianto elettrico,
lampadari: tutto è stato rinnovato riportando la
chiesa alla sua struttura antica, quella del 1977, togliendo
intonaci e verniciature di vario genere, specie agli archi,
ai cornicioni e ai pilastri. In particolare la cupola è
stata riportata alla bellezza originale, riaprendo tre finestre
che erano state murate e dando così luce alla zona
attorno all'altare. Successivamente si è proceduto
alla sistemazione dell'area antistante la chiesa: ora vi
è un ampio sagrato pavimentato, interrotto da molte
e grandi aiuole. In questo modo la chiesa rimane isolata
dal traffico e dal rumore. Un successivo intervento è
stato necessario recentemente, dopo che un fulmine, durante
un violento temporale la sera del 18 luglio 2006, ha colpito
la croce situata sul campanile, facendola cadere sul sagrato
insieme a vari calcinacci, bruciando le varie centraline
elettriche dell'intera chiesa e creando delle piccole crepe
nella struttura.
PONTE
ROMANO
Di notevole interesse è la presenza di un ponte romano
attraversato dal Rio Mannu, in località Bingia Manna,
a sinistra della SS 131, all'altezza dell'odierno ponte.
Di questa antica costruzione, originariamente formata da
13 arcate, edificata in conci calcarei squadrati, oggi rimangono
in piedi appena tre arcate; su una di esse è visibile
quello che presumibilmente doveva essere un sarcofago in
tufo calcareo, incastonato nella struttura della costruzione.
La misura complessiva di quanto ancora rimane è di
m. 36,40. Secondo il Can. Spano, ai suoi tempi il ponte
romano di Decimo era assai più bello di quello di
Porto Torres che, insieme a quelli di Sant'Antioco e di
Gavoi erano gli unici ancora in piedi in Sardegna. Anche
il Fara ricorda il ponte romano di Decimo, "pons maximus
terdecim fornicibus connexus" (un grande ponte, formato
da tredici arcate). Nel periodo compreso tra luglio 1995
e febbraio 1996 veniva effettuato il primo intervento di
restauro e scavo archeologico. Durante quell'intervento,
oltre agli urgenti lavori di restauro, vennero studiate
le tecniche costruttive del ponte, di cui rimanevano ancora
in piedi le prime tre arcate sul lato pertinente all'attuale
territorio comunale di Decimomannu. L'uso di blocchi squadrati
in calcare locale, perfettamente lavorati e combacianti
tra loro, permette di datare l'opera tra la fine del I sec.
a. C. e l'inizio del I secolo dell'era volgare. Alcune strutture
presso l'alveo del fiume facevano ipotizzare la sopravvivenza
del piano stradale antico anche in questa zona. In occasione
del nuovo cantiere, nel novembre 1999 veniva effettuato
un saggio di scavo ai margini del rio Flumineddu, ormai
a pieno regime d'acqua. In conclusione, le strutture venute
alla luce durante i recenti scavi presso il ponte romano,
testimoniano per la prima volta in Sardegna l'esistenza,
in epoca romana, di strutture pubbliche destinate all'approvvigionamento
idrico dei viaggiatori che, con vari mezzi, attraversavano
le strade dell'isola.
IL
CULTO DI SANTA GRECA
Non è semplice spiegare chi era Santa Greca, perché
si rischia di scambiare la leggenda per storia. Da circa
1700 anni è conosciuta, amata e venerata non solo
dai decimesi ma dalla Sardegna intera. Secondo la lapide
funeraria che sovrasta la sua tomba, ritenuta autentica
del IV o V secolo dell'era cristiana, quando morì
era una ragazza di 20 anni, 2 mesi e 9 giorni. I suo genitori
erano probabilmente oriundi della Grecia o esiliati in Sardegna
perché cristiani, e proprio per ricordo della patria
lontana avrebbero chiamato questa loro figlia con il nome
di Greca.La reliquia di santa Greca fu ritrovata nel 1633,
come risulta dai documenti e atti notarili. La data esatta
della nascita di Greca è inutile cercarla nel buio
della storia. Tenendo però per buona la tradizione
che pone il suo martirio nella persecuzione di Diocleziano
e Massimiano che raggiunse il suo culmine come estensione
territoriale e come ferocia nel 304 d. C. Possiamo quindi
dire che ci avviciniamo alla verità se diciamo che
Santa Greca nacque nell'anno 284, il 12 ottobre.
CENNI
STORICI
Decimomannu ha origini romane, come attesta il suo nome
che significa "a dieci miglia da Cagliari (Decimo ab
urbe Karali miliario). I primi stanziamenti di Decimomannu
si fanno risalire all'epoca fenicio-punica, in quanto tra
il 1879 e il 1880 fu riportata alla luce, durante i lavori
della stazione, una necropoli nella quale, in molte tombe,
furono rinvenute monete puniche in bronzo di conio globulare.
L'abitato, come in altri esempi nel Campidano, deve essersi
formato in un tessuto originariamente costituito da un castrum
militare che si è evoluto in seguito a diversi processi
economici di sviluppo succedutisi col passare del tempo.
Secondo il Casula nei pressi di Decimo si svolse la battaglia
del 215 a.C. nell'ambito della 2^ guerra punica, che coinvolse
romani, sardi e cartaginesi, i sardi erano comandati da
Ampsicora. La più rilevante testimonianza del periodo
romano è costituita da due ponti, la cui presenza
ci conferma che Decimo, grazie alla sua posizione, aveva
una grande importanza nel campo della comunicazione sin
dal periodo della dominazione romana. I resti di un ponte
si trovano sul Riu Mannu, non lontano dalla statale 130.
Dai ruderi e anche dalla larghezza del fiume nel punto in
cui sorge la struttura, si desume che il ponte nelle sue
origini fosse costituito da tredici arcate. Successivamente
alcuni tratti del letto del fiume furono rialzati dai pescatori
per deporre le nasse e dieci arcate sono state ostruite
dai detriti trasportati dalle correnti d'acqua. Questa situazione
ha segnato la precoce rovina del ponte, dato che nei periodi
piovosi l'ondata di piena del fiume, carica di fango e di
detriti, non trovando sfogo sotto le arcate del ponte, scaricava
su di esso tutta la sua energia. Delle tredici arcate oggi,
sulla riva sinistra del del fiume Riu Mannu, rimangono visibili
tre arcate più i resti dei basamenti di alcune pile
nell'alveo del fiume. Imboccato il ponte, il primo arco
è quasi completamente interrato sotto il piano di
campagna; degli altri due archi, entrambi in vista, l'ultimo
muore sull'argine in terra eretto in epoca moderna lungo
il corso d'acqua, onde contenere le piene. Lungo la strada
di imboccatura del ponte, per circa 50 metri, è possibile
trovare le tracce di una muratura in pietra larga circa
70 cm e alta circa 50 cm che, nei periodi di piena, doveva
servire ad arginare l'afflusso dell'acqua nel tratto di
strada all'ingresso del ponte stesso. I resti dell'altro
ponte ad una sola arcata, che molti dicono di origine romana,
si trovano in zona Su Meriagu, a meno di cento metri dalla
superstrada Cagliari-Iglesias; vi scorreva il Riu Concias,
di cui attualmente non c'è più traccia. Quando
è stata progettata la Cagliari-Iglesias non ci si
è preoccupati non solo di valorizzarlo, ma neppure
di salvaguardarlo: fino a qualche anno fa l'imponente arcata
risultava quasi completamente sepolta da terra, detriti
e immondizie. Ora, invece, la zona è stata ripulita
e il ponte è stato riportato al suo antico splendore.Altra
opera, notevole del periodo romano, era l'acquedotto che
da Villamassargia portava l'acqua a Cagliari. Anche di questa
opera non sono quasi rimaste tracce. Dell'oscuro periodo
bizantino, Decimo non offre documenti o monumenti che sono
invece rilevanti nel vicino paese di Assemini. Il paese
appartenne al Giudicato di Cagliari e fu il capoluogo della
Curatoria omonima. Molti giudici fecero di Decimo la loro
residenza. Alla venuta degli Aragonesi, si combatté
proprio in territorio di Decimo, a Luco Cisterna, una battaglia
contro i Pisani, che furono sconfitti nel 1324. Rimase agli
Aragonesi fino al 1353. Poco dopo, per il tradimento di
Gerardo Donoratico, fu annessa al superstite Giudicato di
Arborea. Poi fece parte della Viscontea di Sanluri e, nel
1519, sotto gli Spagnoli, passò alla Baronia di Monastir,
restandovi fino al 1839, quando fu riscattata dagli ultimi
feudatari, i Bou Crespi di Valdaura. Al periodo spagnolo
risale il sarcofago di Violante Carroz, figlia di Giacomo,
Viceré di Sardegna. Il sarcofago di pietra che si
trovava nella chiesa di San Francesco di Stampace, a Cagliari,
fu riportato a Decimo dalla famiglia Cao-Pinna, che aveva
acquistato i resti della chiesa e l'area circostante.