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Castelletto Sopra Ticino
Piemonte

Castelletto sopra Ticino un comune di 10.000 abitanti della provincia di Novara. La sua posizione geografica delimitata dal Lago Maggiore, dal fiume Ticino e da un anfiteatro di colline moreniche, ha favorito un insediamento fin dall'Età del Bronzo. Fu il più grande centro protourbano dell'Italia nord-occidentale, nato e sviluppatosi proprio a Castelletto e che nel corso del VII-VI sec. a.C giunse ad occupare l'intero promontorio compreso nell'ansa del Ticino, godendo di una posizione pressoché unica. Castelletto Sopra Ticino conta numerosi insediamenti commerciali. Ha però conservato ombrose zone boschive, verdi pianure, irrigate da torrenti, rogge e ruscelli e specchia nel suo fiume ville signorili di pregevole stile architettonico. È inserito nel Parco naturale della Valle del Ticino, che si prefigge di tutelare e valorizzare l'ambiente; è collegato a Varallo Pombia da una suggestiva pista ciclabile e dal 19 maggio 2002 vanta un percorso botanico, con finalità didattiche e divulgative del patrimonio concernente la flora e la fauna, presso la Fondazione Domenico Morino di Vernome. È quindi ambita meta di turisti, che nella stagione estiva possono fruire di vari campeggi, di ottimo standard qualitativo, situati sulle sponde del Lago Maggiore. Il territorio di Castelletto è parzialmente nel Parco Naturale del Ticino.

ETIMOLOGIA
E' un diminutivo del termine "castello", con evidente significato. La specifica si riferisce al vicino fiume.

DA VEDERE
Area archeologica del Parco Comunale "Sibilia": tra i vari reperti sono esposte due grandi stele decorate a coppelle.
Cantinone: costruito nel 1902 dai Fratelli Barberis per la loro azienda vinicola. Ristrutturato, è sede della Biblioteca Comunale e ospita una sala esposizioni nella quale si possono ammirare alcuni reperti archeologici, tra cui una stele con la più antica iscrizione, su pietra da Castelletto. Proviene dall'insediamento di Belvedere ed è databile nel VII secolo a.C. Su di essa si può ammirare il più antico esempio in Europa di iscrizione in lingua celtica. Si tratta di una specie di dedica che, secondo gli esperti, reciterebbe: “Kothios, il figlio dell'anziano”. Questo debutto dei Celti nel mondo della scrittura, e dunque il loro passaggio dalla preistoria alla storia, fu possibile adattando alla loro lingua i caratteri della scrittura etrusca, trasmessi dai mercanti provenienti da Sud.
Castello Torriani-Visconti: costruito dalla famiglia Della Torre, poi conquistato dalla famiglia rivale, i Visconti.
Chiesa di Sant'Antonio abate: chiesa parrocchiale.
Chiesa di Santa Maria d'Egro: chiesa con funzione cimiteriale e parrocchiale, della quale si trova traccia negli Statuti del 1340, ricostruita in Età Barocca. Accanto sorge la Cappella Ossario, destinata in passato alla conservazione delle ossa raccolte nell'adiacente Cimitero.
Chiesetta di Sant'Anna: decorata all'interno da affreschi.
Oratorio di San Carlo: chiesa sconsacrata di architettura tardo-barocca, adibita a spazio espositivo.
Oratorio di Sant'Ippolito: contiene affreschi dei secoli XV e XVI.
Scuola di Pozzola: sorta, nei pressi di un dosso (fu poi accertato che si trattava di un tumulo funerario dell'Età del Ferro), nel 1904-1907 in qualità di Regia Scuola Elementare, entrò in funzione con la caratteristica di pluriclasse e per oltre mezzo secolo accolse ed istruì tutti i bambini delle frazioni circostanti, costituendo il punto di riferimento più importante di una zona lontana dal centro del paese e prevalentemente basata sull'agricoltura. Il suo uso come edificio scolastico cessò nel 1967. Venne poi recuperata funzionalmente nel 1997 grazie all'attività di manodopera per le strutture murarie e la successiva manutenzione ordinaria prestate gratuitamente, nel tempo libero, dai cittadini del Rione Beati ­Pozzola. Ne è stata ricavata una sala polivalente per riunioni culturali di Gruppi ed Associazioni locali, un Museo archeologico didattico, articolato avvalendosi dei volumi disponibili. Inoltre all'esterno è previsto un intervento sul tumulo per rendere leggibile la tipologia del monumento funerario ivi collocato verso il VII secolo a.C. All'interno sarà predisposta una documentazione fotografica permanente, relativa a quel periodo protostorico, corredata da ricostruzioni di peculiari aspetti legati alla vita quotidiana di quell'epoca.
Stele della Briccola: rinvenuta in località Briccola durante gli scavi condotti fra il 1967 ed il 1969, per anni ospitata dal Museo Civico di Varese, è rientrata nel 2007 a Castelletto. Il manufatto è ora esposto al Cantinone. È databile nella prima metà del VII sec. a.C.. È decorato con la rappresentazione di un disco-corazza centroitalico e costituisce l'unica grande stele figurata finora nota nella cultura di Golasecca.
Sono inoltre da ricordare numerosi affreschi su muri di abitazioni borghesi e coloniche, croci lignee, statue, edicole votive, in gran parte raffiguranti la Madonna alla quale rivolgersi per invocarne la protezione, per ringraziamento, per suffragio o come culto personale.
All'interno del cimitero di Castelletto, è sepolto dall'agosto 2005 la salma del cantante Massimo Maglione, meglio conosciuto come Billy More, una drag queen che, nella prima metà del primo decennio del Duemila, divenne famosa per le sue canzoni ballate in discoteca.

ORIGINI E CENNI STORICI
I reperti archeologici trovati in situ fanno risalire le prime popolazioni residenti all'Età del Bronzo. Ne è testimone una necropoli risalente al XIII secolo a.C. (Cultura di Canegrate) casualmente riportata alla luce verso il 1950 in località Glisente. Il territorio circostante l'uscita del Ticino dal lago, caratterizzato da una serie di ghiaioni e cateratte, che giustificano il toponimo di Golasecca, era protetto da un anfiteatro di colline moreniche e si costellò di piccoli e grandi villaggi, con scali per la gestione della navigazione e controlli nei punti nodali di scambio dei prodotti provenienti dall'ambiente mediterraneo-etrusco e destinato ai mercati transalpini. Significative testimonianze, restituite da necropoli rinvenute in occasioni di scavi, hanno permesso di verificare l'appartenenza degli abitatori a penetrazioni di origine celtica. Nella prima Età del Ferro, tra il IX e il V secolo a.C., si affermò una nuova entità culturale di rilevante importanza nella protostoria dell'Italia settentrionale: la Cultura di Golasecca, la cui denominazione è legata alla località in cui l'abate Giovanni Battista Giani documentò nel 1824 i primi ritrovamenti. Si tratta per lo più di aspetti legati al culto dei morti, che prevedeva il rito della cremazione e la sepoltura delle ceneri in urne di argilla, deposte in nuda terra oppure protette da ciottoli o da cassette litiche. Gli ossuari talvolta contenevano oggetti di corredo personale quali anelli, armille, fibule, orecchini, perle di collane, coppette e bicchieri fittili. È possibile osservare, nel Parco Comunale Sibilia, la struttura di una di queste tombe, attribuibile per le sue notevoli dimensioni ad un personaggio di rilievo e fedelmente riposizionata secondo la situazione del ritrovamento. Abitavano in capanne di modeste dimensioni, costituite da una struttura in tronchi e da pareti in paglia e fango seccati, coperte da rami intrecciati con frasche. I pavimenti erano realizzati in sabbia e ciottoli, sistemati a vespaio e ricoperti di argilla cotta. Recenti scoperte archeologiche di iscrizioni su pietra e su ceramiche funerarie hanno consentito di far risalire la conoscenza dell'alfabeto al VII secolo a.C. e di definirlo di origine leponzia connessa alla lingua etrusca. Il V secolo a.C. fu testimone di un improvviso abbandono dell'insediamento locale: la comparsa del centro di Milano, fondato dagli Insubri, posto in una posizione strategica per i traffici viari, portò al declino dei centri golasecchiani insediati sulle sponde del Ticino. Nel 338 a.C. si verificarono penetrazioni di gruppi gallici, ricordate dallo storico latino Tito Livio, che caratterizzarono un diverso assetto urbanistico e sociale. La successiva Età Romana, di cui sono emerse scarne testimonianze, rispecchiò la condizione giuridica comune a tutto il Novarese. Nel Medioevo, in un atto notarile del 1145, apparve per la prima volta il nome di Castelletto, legato chiaramente al castello, appartenuto prima alla signoria dei Torriani e donato come feudo il 6 agosto 1329 dall'imperatore Ludovico il Bavaro ad Ottorino Visconti, i cui discendenti lo abitano tuttora. Pur essendo stato adattato alle nuove esigenze abitative, conserva ancora l'imponente torrione originale quadrato, a blocchi di pietra, testimone di plurime vicende storiche. Nel 1332 Giovanni Visconti, divenuto vescovo di Novara, incluse l'ampio territorio nel Ducato di Milano. A questo periodo storico risale la concessione imperiale delle peschiere, fissate prevalentemente nell'alveo del Ticino. Le più antiche erano quelle di Sambrasca, Novelliola e Piana situate prima dell'ansa del Motto del Castello. Al 1340 risalgono gli Statuti di Castelletto, insieme di leggi che governarono la vita del borgo, trascritti da Simone Gafforio, che testimoniano il prestigio di questo Comune. Lo si vede, infatti, dominare in quell'epoca il traffico mercantile tra i Cantoni transalpini, Milano, Pavia, Venezia coi suoi abili navaroli e paroni alla guida di burchielli, che scendevano le acque del Ticino e lo risalivano contro corrente dall'alzaia, al traino di coppie di cavalli. Tra gli edifici ecclesiastici che segnalano il diffondersi della religiosità si ricordano la Chiesa di Santa Maria d'Egro, ricostruita in Età Barocca, la chiesetta di Sant'Anna all'interno ancora decorata da affreschi e l'oratorio di Sant'Ippolito di Glisente con affreschi dei secoli XV e XVI. Incisiva fu la presenza del vescovo Carlo Bascapè, giunto a Novara nel 1593, sostenitore dei principi emanati dal Concilio di Trento. La sua fermezza nell'organizzazione e nel controllo della diocesi diede impulso ad una più profonda religiosità e favorì la fondazione delle Confraternite. Qui si costituirono quelle del S.S. Sacramento, del Rosario e del Suffragio. Seguirono gradualmente la ricostruzione della Chiesa di Santa Maria d'Egro, l'erezione dell'annessa Cappella Ossario, della nuova chiesa parrocchiale di Sant'Antonio abate e dell'oratorio di San Carlo. Nel XV secolo si diffusero, come segno di sentita devozione popolare, edicole, immagini votive e piloni [1]. Di particolare importanza è quello di S. Maurizio, eretto a ricordo dell'omonima chiesa cristiana ubicata nel nucleo di Dorbiè, l'antica Dulbiarum. Dopo il Trattato di Aquisgrana (1748) il possesso del centro di Castelletto passò ai Savoia. L'armistizio di Cherasco del 1796, a seguito delle vittorie napoleoniche sulle truppe sabaude, segnò l'occupazione del territorio da parte dei francesi.
Inserito nella Repubblica Cisalpina, fu interessato all'apertura della nuova arteria del Sempione, inaugurata nel 1805. Tale evento modificò la vita del paese, affidando alla strada le attività commerciali che fino allora si avvalevano quasi esclusivamente della via fluviale ed avevano come riferimento porti di rilevante importanza. Uno era a Cicognola, dove le merci venivano daziate o pagavano il pedaggio, e ben due, natanti, erano situati alla Briccola ed al Persualdo. Dopo il Congresso di Vienna (1815) il Comune ritornò possedimento dei Savoia. A quel periodo risale la Delibera del Consiglio Comunale (1833) per l'erezione della nuova torre campanaria, in un'area presso la chiesa parrocchiale, dove sorgevano due casupole della Fabbriceria. I lavori furono ultimati nel 1840. Durante le vicende del Risorgimento anche Castelletto Ticino venne coinvolto e visse particolari momenti di patriottismo nel 1848, come pure nel 1859 durante il passaggio di Garibaldi. Unificata l'Italia, nel 1868 si provvide a congiungere la sponda destra del Ticino con quella lombarda mediante un ponte in larice del Tirolo, lungo m 270,10 e coperto da un tetto in tegole marsigliesi. Nel 1882 lo sostituì uno in ferro (lunghezza m 289, larghezza m 9,10) con due passaggi di scorrimento: l'inferiore per la linea ferroviaria ed il superiore pedonale e carrozzabile. Progettato dall'ingegner G.B. Biadego, per una lunghezza di m 300 circa, fu realizzato nel Napoletano e montato, per constatarne la validità, tra Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. Fu poi trasferito ed assemblato sul Ticino (il ponte attuale è comunque quello ricostruito dopo la Seconda guerra mondiale). Nel Novecento il Comune fu partecipe dei cambiamenti economici e sociali della civiltà moderna: all'artigianato affiancò, infatti, specifici macchinari per la lavorazione dell'uva e della seta. Sorsero così in un ampio parco il Cantinone (1902), per l'azienda vinicola dei Fratelli Barberis, ed a Porto Nuova il setificio Filatoio Strazza (1908), per la produzione di fibre seriche, ottenute dai bozzoli dei bachi. Si verificarono poi i due conflitti mondiali: 1915-18 e 1940-45. Dopo la Liberazione, nonostante le dure ferite riportate, Castelletto ritrovò un nuovo equilibrio: accanto alle tradizionali occupazioni della pesca e dell'agricoltura vide lo sviluppo di eterogenee attività industriali e nel 1951-1952 ricostruì il ponte di ferro demolito dai bombardamenti del 1944.

DATI RIEPILOGATIVI

Popolazione Residente 10.082 (M 4.903, F 5.179)
Densità per Kmq: 690,1

CAP 28053
Prefisso Telefonico 0331
Codice Istat 003043
Codice Catastale C166

Denominazione Abitanti castellettesi
Santo Patrono Sant'Antonio Abate
Festa Patronale 17 gennaio

Numero Abitazioni (2001) 4.463

Il Comune di Castelletto Sopra Ticino fa parte di:
Parco Naturale Valle del Ticino

Comuni Confinanti
A est: Golasecca (VA), Somma Lombardo (VA); a nord: Sesto Calende (VA); a ovest: Borgo Ticino, Comignago, Dormelletto; a sud: Varallo Pombia