Arcevia
Marche

Arcèvia è un comune italiano di 5.081 abitanti della provincia di Ancona nelle Marche. Arcevia è luogo ricercato di soggiorno estivo conosciuto ed apprezzato sin dal secolo XVI. Arcevia è città di storia (notissima per la sua inespugnabile rocca, la signoria dei Chiavelli, di Braccio da Montone e Francesco Sforza, ricordata come "Propugnaculum Ecclesia" ) e città d'arte (per conservare capolavori rinascimentali come il Polittico di San Medardo ed il Battesimo di Cristo di Luca Signorelli, opere di Giovanni, Andrea e fra Mattia della Robbia, e tra gli altri di Simone Cantarini, Giovanni Battista Salvi detto "Il Sassoferrato", Claudio Ridolfi, Francesco di Gentile, Gherardo Cibo, Ercole Ramazzani e suoi collaboratori, Cesare Conti, il Pomarancio e F. Silva ed ancora Edgardo Mannucci, Quirino Ruggeri, Bruno d'Arcevia). Tra le chiese spicca quella di San Medardo (rifatta nel 1634). Dal 1984, Arcevia invia una sua delegazione a Tredozio (FC) per partecipare alla Disfida dell'Uovo, nel corso dell'annuale gara di scoccetta pasquale. Ogni anno, durante l'ultimo fine settimana di settembre, si svolge la Festa dell'Uva, con sfilate di carri allegorici, Palio e stand enogastronomici. Vengono premiati il miglior carro, l'Associazione vincitrice del Palio e il miglior piatto povero tra quelli proposti dalle Associazioni che allestiscono gli stand enogastronomici. Arcevia è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione perché è stato insignito della medaglia di bronzo al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale.


RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI

Preistoria e protostoria
Il territorio di Arcevia è particolarmente ricco di testimonianze archeologiche, in particolare per la Preistoria e Protostoria, dal Paleolitico all’età del Bronzo e all'età del Ferro.
Paleolitico
Per il Paleolitico superiore (Gravettiano – circa 20.000-18.500 anni da oggi) si segnala il giacimento di Ponte di Pietra, una stazione officina per la lavorazione della selce frequentata periodicamente da gruppi di cacciatori che erano soliti fabbricare qui i loro strumenti.
Il ritrovamento di tracce di focolari e di buche di palo fa pensare a capanne di tipo leggero sostenute da piccoli pali di legno e con probabile copertura di pelli che costituivano accampamenti temporanei finalizzati all’approvvigionamento e alla lavorazione della selce.
Le attività erano essenzialmente legate alla scheggiatura della selce e al ritocco dei manufatti per ricavarne strumenti utilizzati per la caccia e altri impieghi ad essa connessi.
Neolitico
A partire dal Neolitico si assiste alla nascita di villaggi stabili di agricoltori ed allevatori, come il caso di Cava Giacometti, un sito che ha conosciuto tre fasi insediative e culturali distinte risalenti al Neolitico finale, all’età del Rame e all’età del Bronzo.
La prima fase di occupazione risale al Neolitico finale ed è caratterizzata soprattutto dalla produzione di recipienti in ceramica di uso domestico (pentole, contenitori, scodelle)e da un gran numero di manufatti in selce scheggiata per usi pratici e per la caccia.
Età del Rame
Rappresentativo di un aspetto dell’età del Rame nelle Marche è l’insediamento di Conelle (ca. III millennio a.C.), difeso da un fossato artificiale che ne sbarrava l’unico lato non protetto naturalmente.
La presenza del fossato creato con finalità difensive e il rinvenimento dei primi esemplari di armi in selce scheggiata (pugnali e punte di lancia) rivelano la rottura delle relazioni pacifiche con le comunità vicine e l’insorgere di crescenti antagonismi generati dall’aumento dei beni da salvaguardare e dalla crescita del potere economico e sociale di alcuni individui o classi di individui.
L’economia del villaggio era legata all’agricoltura e all’allevamento, anche se la caccia era ancora notevolmente praticata.
Le attività artigianali erano assai diversificate. Ricca la produzione di recipienti in ceramica utilizzati per cuocere e contenere i cibi. La fabbricazione di strumenti in selce scheggiata era indirizzata a diversi scopi, non più esclusivamente pacifici, sia in ambito domestico sia per la caccia e per la guerra.
Abbondante anche la produzione di strumenti in pietra levigata specifici per la lavorazione del legno (asce-martello forate) e di manufatti in osso e in corno di cervo che, come i pochi reperti metallici, presuppongono una specializzazione del lavoro non più confinato all’ambito strettamente domestico, ma ormai di tipo artigianale e specializzato.
Età del Bronzo
Numerosi i rinvenimenti archeologici relativi all’età del Bronzo (II millennio a.C.) che mostrano una più intensa occupazione del territorio.
All’età del Bronzo finale è riferibile l’abitato d’altura di Monte Croce Guardia (XII-X secolo a.C.) composto da capanne con il fondo scavato nel terreno roccioso, la cui posizione elevata rivela una scelta strategica dovuta ad esigenze difensive.
All’interno del villaggio si svolgevano attività produttive ed artigianali specializzate. Oltre alla produzione della ceramica si assiste ad uno straordinario sviluppo dei manufatti in osso e corno di cervo e alla comparsa di oggetti in bronzo.
Età del Ferro
Per l'età del Ferro risulta particolarmente rappresentata la fase finale della civiltà picena grazie alla ricca necropoli gallica di Montefortino d'Arcevia (metà del IV-inizi del II secolo a.C.) che segna il trapasso alla fase di occupazione romana del territorio.
Le tombe, contrassegnate da grosse pietre, erano del tipo a fossa rettangolare scavata nel terreno e contenevano la cassa lignea (della quale si sono conservati solo i chodi di ferro) con il corpo del defunto.
La tipologia e composizione dei corredi consente di definire il sesso e il ruolo sociale dei defunti.
Numerosi sono i guerrieri con armi da offesa (spade, lance, giavellotti) e da difesa (elmi) di ferro e di bronzo di tipo celtico.
Particolarmente ricche anche le tombe femminili appartenute a donne di rango elevato che si distinguono per la preziosità degli ornamenti in oro. Tra gli elementi di corredo molti sono gli oggetti di importazione dall'Etruria, dall'Italia meridionale e dalla Grecia che confermano la ricchezza di queste comunità celtiche.
A breve distanza dalla necropoli sorgeva un luogo di culto in uso dal V secolo a.C. fino all'età romana che ha restituito oggetti votivi.

DA VEDERE
Museo Archeologico Statale
Palazzo Mannelli, poi Pianetti
Palazzo dei Priori (XIV secolo)
Chiesa di Santa Maria del Soccorso
Chiesa di Sant'Agata
Chiesa di San Giovanni Battista
Collegiata di San Medardo

ORIGINI E CENNI STORICI
Rocca Contrada è il nome medievale di Arcevia. Un "monte de la Rocca" è ricordato in un documento del 1065, un "fundo de la Rocca" in altro del 1130 e una "Rocha de Contrado" nel 1147. Questi sono i documenti più antichi noti che attestano l'esistenza di un insediamento probabilmente già fortificato, comunque identificato da una rocca o fortezza, compreso nel comitato di Senigallia, posto sulla sommità del Sasso Cischiano, sulle ultime propaggini dell'Appennino marchigiano. L'atto del 1147 è di particolare interesse perché fornirebbe con l'appartenenza del castello ad un signore di nome Contrado, forse dal germanico "Konrad" o dalla contrazione di "Conte rado", la spiegazione del nome composto Rocca Contrada. Si può comunque ritenere che il primo nucleo abitativo di Arcevia sia sorto durante le invasioni barbariche, per accogliere fuggitivi dalle devastate città romane, oramai in piena decadenza, di Suasa, Ostra e Sena Gallica l'odierna Senigallia. Durante la dominazione longobarda questo abitato, per la sua posizione di controllo di importanti vie di comunicazione poste ai margini dei territori bizantini, può aver svolto funzioni di presidio militare. Nel suo territorio infatti confinava l'estremo nord del Ducato di Spoleto con il gastaldato longobardo di Nocera Umbra che comprendeva il Monte S. Angelo, Caudino, Costa e Civitalba. E forse proprio per questa sua posizione strategica Arcevia fu occupata dai Franchi e donata nel 754 da Pipino il Breve a papa Stefano II, insieme ad altre località. Ai Franchi viene inoltre attribuita, per antica tradizione, l'intitolazione della chiesa arceviese di San Medardo, santo venerato dal quel popolo, di cui è conservata una preziosa reliquia. Rocca Contrada fu chiamata ufficialmente Arcevia, con il titolo di città, con lettera apostolica del 16 settembre 1817 da papa Pio VII.

DATI RIEPILOGATIVI

Popolazione Residente 5.022 (M 2.426, F 2.596)
Densità per Kmq: 39,7
Superficie: 126,40 Kmq

CAP 60011
Prefisso Telefonico 0731
Codice Istat 042003
Codice Catastale A366

Denominazione Abitanti arceviesi
Santo Patrono San Medardo
Festa Patronale 8 giugno

Il Comune di Arcevia fa parte di:
Comunità Montana dell'Esino Frasassi
Parco Gola della Rossa e di Frasassi
Associazione Nazionale Città dell'Olio

Località e Frazioni di Arcevia
Aia Piana, Avacelli, Borghetto, Boschetto, Bosimano, Campanaro, Case Biagio, Castiglioni, Colle di Corte, Colle Aprico, Costa Alta, La Fornace, Le Conce, Le Cozze, Le Moie, Loretello, Maestà, Magnadorsa, Molino Mori, Montale, Monte Fortino, Nidastore, Palazzo, Piticchio, Ripalta, San Ginesio, San Martino Case le Chiuse, San Pietro in Musio, Santa Croce, Santo Stefano, Torre, Zeppale

Comuni Confinanti
A est: Montecarotto, Serra de' Conti; a nord: Castelleone di Suasa, San Lorenzo in Campo (PU); a nord-est: Barbara; a nord-ovest: Pergola (PU); a ovest: Sassoferrato; a sud: Serra San Quirico; a sud-est: Mergo, Rosora; a sud-ovest: Genga
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Il comune è gemellato con
Ribnica (Slovenia), dal marzo 1972
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LA TERRA E IL CIELO - AGRICOLTURA BIOLOGICA DAL 1980 - Arcevia (AN)
ISTITUTO COMPRENSIVO PARITARIO MAESTRE PIE VENERINI - FANO (PU)
VIVIGAS - MARCHE