Santo Stefano Ticino (Sastèvan
in dialetto milanese) è un comune della città
metropolitana di Milano, in Lombardia. Il comune di
Santo Stefano Ticino confina ad ovest con Marcallo
con Casone, Ossona e Magenta a sud con il comune di
Corbetta, a est col comune di Arluno ed a nord con
Ossona e Casorezzo. Il clima di Santo Stefano Ticino
è quello caratteristico delle pianure settentrionali
italiane con inverni freddi e abbastanza rigidi ed
estati che risentono di elevate temperature; la piovosità
si concentra principalmente in autunno e in primavera.
Il paese appartiene alla zona climatica E. L'economia
di Santo Stefano Ticino, basata per lungo tempo unicamente
sull'attività agricola, a partire dal 1904
iniziò a trasformarsi in direzione industriale
grazie alla costruzione della prima azienda sul territorio,
la "Tessitura meccanica di lino, cotone e juta",
chiusa nel 1951. Gli stabili della tessitura furono
poi sede della fabbrica di stampi plastici Selap,
fini ai primi anni Novanta del XX secolo. La Tessitura,
per quasi mezzo secolo, rappresentò un'importante
fonte di occupazione sul territorio radunando in sé
circa duecento operai. Molto diffusa, fino al XIX
secolo, fu la coltivazione della vite, poi abbandonata;
la coltivazione dei gelsi e del granoturco fu introdotta
nel XV secolo. A partire dagli anni cinquanta del
Novecento è aumentata l'occupazione nell'industria,
soprattutto nelle grandi fabbriche milanesi, quali
Breda, Falck e Pirelli. I principali centri occupazionali
nel territorio comunale sono stati il Macello Ultrocchi,
la fabbrica di materiali plastici Selap (entrambi
oggi non più esistenti e le cui aree sono state
riconvertite in quartieri residenziali) la Veglia
Borletti, situata anche nel territorio del Comune
di Corbetta, oggi ancora attiva come Magneti Marelli.
La maggiore attività produttiva oggi presente
nel comune è il Salumificio Giuseppe Citterio,
trasferitosi da Rho. La realtà economica del
comune è comunque caratterizzata dalla presenza
di piccole e medie imprese e di attività artigianali
che occupano oltre mille addetti. Santo Stefano Ticino
è, di fatto, divenuta parte dell'hinterland
milanese e la sua popolazione, di conseguenza, risulta
largamente occupata anche nel settore dei servizi
presenti nella città metropolitana.
ETIMOLOGIA
Il nome deriva e si riferisce alla venerazione verso
il santo patrono: Santo Stefano a cui era dedicata
anche un'antica cappella. La specifica si riferisce
alla sua ubicazione.
Chiesa Parrocchiale di Santo
Stefano
La chiesa di Santo Stefano è dedicata al patrono
del paese, che da anche il nome al comune stesso.
L'edificio attuale è sorto probabilmente sulle
ceneri di un'antica cappella seicentesca dedicata
a Sant'Anna forse fatta edificare dalla stessa famiglia
Aliprandi non distante dal sito del tempio attuale.
Essa a sua volta fu un ampliamento di una chiesetta
locale, citata già da Goffredo da Bussero nel
XIII secolo. L'attuale chiesa venne costruita per
la necessità di ampliare la precedente chiesa
parrocchiale di piazza Castiglioni, visto il numero
sempre crescente di fedeli abitanti nel comune che
dal 1859 avevano superato il migliaio. Il nuovo edificio
venne progettato a seguito dell'acquisizione del nuovo
terreno ove erigere la nuova chiesa che il parroco
don Angelo Venegoni ottenne in donazione dagli industriali
Cajo, proprio di fianco alla già esistente
casa parrocchiale. Il progetto definitivo venne steso
dall'architetto Villa e la costruzione iniziò
il 16 marzo 1902 sotto la direzione del capomastro
Sartorio di Gallarate. L'edificio venne terminato
nel 1907 e consacrato quello stesso anno (l'11 novembre)
dal cardinale Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di
Milano. La facciata, di forme sobrie, si presenta
ingentilita da alcuni stucchi e statue nella parte
superiore, contraddistinta da un rosone centrale che
dà luce all'interno della chiesa e da due caratteristiche
lunette che spezzano il ritmo della facciata stessa
in corrispondenza dei portali laterali. Sopra il portale
centrale si trova una lunetta dipinta raffigurante
santo Stefano protomartire a cui il paese è
comunque dedicato. L'interno è contraddistinto
da una ripresa dello stile neoclassico non del tutto
puro, con una ripartizione degli spazi in tre navate
a dieci colonne. Le navate laterali sono divise ciascuna
in cinque campate voltate a crociera con rosoncino
centrale a stucco accompagnate da decorazioni floreali.
La lunghezza totale della chiesa è di 45 metri,
per una larghezza di 20, con dipinti di Romeo Rivetta
realizzati nel 1912. La zona absidale è costituita
da un transetto voltato a botte che culmina all'incrocio
dei bracci con una finta cupola sorretta da quattro
pilastri polistili compositi. L'altare maggiore è
di stile barocco e risale con tutta probabilità
al XVIII secolo ed ha forma di un vaso per offerte,
sormontato da un tempietto intarsiato in marmi pregiati
in stile barocco. Questo altare, progettato nel 1732
e benedetto ufficialmente nel 1769, proveniva dalla
precedente chiesa parrocchiale che sorgeva nell'attuale
piazza Castiglioni. Il campanile, posto sul lato destro
della struttura, si erge nel cielo del borgo per 37
metri e venne costruito nel 1922 e terminato due anni
più tardi, adornato poco dopo con un concerto
di 5 campane.
Chiesa di Santa Maria alla
Barera
La chiesa, eretta presso la cascina Barera, a sud
dell'abitato di Santo Stefano Ticino al confine con
Corbetta, venne realizzata nel 1957 sul terreno di
proprietà privata della famiglia Cucchi per
venire incontro alle esigenze della comunità
ivi presente, piuttosto numerosa e distante dalla
parrocchia cittadina. La chiesa venne terminata nel
1958 e venne ufficialmente benedetta dal parroco che
da allora vi officiò messa regolarmente alla
domenica ed in altre feste prestabilite. Con lo spopolamento
dell'area negli anni '70 del Novecento, la chiesa
venne perlopiù abbandonata ed attualmente necessita
di restauri accurati. L'interno, contraddistinto da
un'unica aula di forma quadrangolare, identifica il
presbiterio come separato dal resto della chiesa da
una balaustra in cemento bianco.
Palazzo Parravicini
La struttura, sorta nei pressi del centro storico
di Santo Stefano Ticino, venne costruita con tutta
probabilità nel Seicento[9] dalla famiglia
Aliprandi ed a tale proprietà rimase legato
sino al matrimonio tra donna Antonia Aliprandi, figlia
del conte don Gaetano degli Aliprandi Carena, ed il
conte Carlo Francesco Parravicini, quando appunto
il palazzo passò in dote a quest'ultima famiglia[10].
Gli ultimi discendenti della famiglia Parravicini
abitarono questa dimora sino agli anni '50 del Novecento
quando la proprietà intera venne messa all'asta
e il palazzo venne diviso in porzioni abitative tra
diversi acquirenti. La villa si presenta come una
struttura esternamente molto semplice, ingentilita
da un porticato a tre archi a tutto sesto poggianti
su colonne in granito e da un balconcino, affacciato
un tempo su un cortile con aiuole. L'ingresso di servizio
era situato presso vicolo Parravicini che dalla famiglia
che fu proprietaria del palazzo prende appunto ancora
oggi il nome, mentre un secondo ingresso era posto
nell'attuale via Aurora, proprio di fronte alla villa.
Attualmente la villa, frazionata in diverse abitazioni
di corte, è stata in gran parte snaturata della
struttura originaria e vessa in stato di degrado generale.
Palazzo Citterio
Venne costruito nel 1930 dal ricco industriale locale
Girolamo Citterio che lo eresse per venire incontro
all'esigenza del paese di dotarsi di un nuovo edificio
scolastico. L'intento originario del Citterio, in
realtà, era quello di ristrutturare l'antico
Palazzo Aliprandi Ponzoni che sorgeva in questo stesso
sito, ma che crollò rovinosamente in buona
parte della struttura durante i lavori di restauro
e fu allora che venne decisa la costruzione di un
nuovo edificio. Il palazzo si presenta ancora oggi
solenne nell'aspetto, con una facciata classicheggiante
contraddistinta da un ampio porticato sormontato da
un loggiato con colonnine ornamentali. Dopo aver ospitato
diversi uffici tra cui durante il fascismo la locale
Casa del Fascio e l'ufficio postale locale, attualmente
esso è sede dell'amministrazione comunale.
ORIGINI E CENNI STORICI
Le origini del comune di Santo Stefano Ticino non
sono chiare, ma i primi ritrovamenti risalgono comunque
all'epoca della dominazione romana. Il besatese conte
Napoleone Bertoglio Pisani, uno dei più illustri
archeologi dell'area dell'abbiatense, ha riportato
per la rivista "Arte e Storia" il ritrovamento,
avvenuto tra il 1900 ed il 1903 in territorio di Santo
Stefano Ticino di un'urna cineraria contenente uno
specchio ed altro (in località cascina Ranteghetta,
verso Marcallo con Casone), oltre a fittili come riconducibili
ad una necropoli. Altri reperti, oggi conservati al
Museo archeologico Villa Pisani Dossi di Corbetta,
furono scoperti da Carlo Dossi nel 1902 su terreni
di proprietà di Francesco Mussi, fratello del
senatore Giuseppe, in località Robarello (a
sud del paese): tale gruppo di oggetti era costituito
da un "imbalsamatorio di vetro verde-azzurro
oltre ad anfore con vernice nera e pareti sottili".
Gli storici locali ad ogni modo ritengono che il primo
nucleo di cascinali si sia sviluppato già verso
la fine del XII secolo intorno ad una cappella che
sorgeva isolata nella campagna. Alla fine del XIII
secolo. Goffredo da Bussero nominò nella sua
opera anche la cappella di Santo Stefano fra le chiese
che facevano parte della Pieve di Corbetta. Nel 1275
uno dei conti Borri, Guglielmo, ottenne gran parte
delle terre di Corbetta e Santo Stefano per i servizi
resi a Ottone e Matteo Visconti. In questo periodo
Santo Stefano aveva già una sua fisionomia
e una struttura prettamente difensiva come la maggior
parte dei cascinali e dei borghi medioevali. Al XV
secolo risale un documento scritto nel quale a Santo
Stefano: si tratta di una lettera scritta da Franchino
Caimi, precettore di Ludovico il Moro, al suo signore
da Santo Stefano. Durante la dominazione spagnola
il paese si sviluppò notevolmente e nuove costruzioni,
per la maggior parte con funzione difensiva, sorsero
intorno al nucleo più antico. Nel corso del
XVI secolo, inoltre, per decreto di San Carlo Borromeo
che visitò il paese nel 1578 dopo essere passato
per Corbetta, la chiesa locale venne sottoposta alla
giurisdizione della parrocchia di Ossona, fatto che
non fu gradito dagli abitanti della borgata e che
portò a rancori e risentimenti negli anni.
Risale al 25 settembre 1610 un atto notarile che testimonia
la volontà del Cardinale Borromeo di rendere
Santo Stefano indipendente dalla parrocchia di Ossona.
Nel 1650 Santo Stefano, fin allora un feudo di proprietà
privata, comprò la propria indipendenza per
1.200 lire milanesi, ma circa venti anni dopo, nel
1672, dovette rinunciare alla propria libertà
a causa degli ingenti debiti e tornò ad essere
un feudo dei Borri. Il 24 ottobre 1576 Gaspare Aliprandi
donò un terreno situato in S. Stefano alla
chiesa parrocchiale e nel 1615 Alippio Aliprandi con
testamento lasciò, sempre alla chiesa parrocchiale,
dei legati per finire la cappella da lui iniziata
a costruire nella medesima chiesa. Nel 1632 ci fu
una permuta di terreno fra il parroco e Ambrogio Aliprandi
di Milano. Nel borgo furono presenti nella medesima
epoca anche alcune diramazioni della nobile famiglia
milanese Aliprandi originate dai figli del predetto
Gaspare Aliprandi: il ramo che discende dal nobile
Giulio Cesare Aliprandi, figlio di Gaspare, ammesso
nel 1584, con prove di nobiltà, nel Collegio
dei Nobili Giureconsulti di Milano, fratello di Luigi
Aliprandi ricevuto nel 1587, con prove di nobiltà,
nell'Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, gli Aliprandi
Visconti e gli Aliprandi Carena conti di Merone. Il
predetto Luigi Aliprandi, all'inizio del Seicento,
fece costruire una cappella gentilizia nella Chiesa
Parrocchiale di Santo Stefano e, nello stesso periodo,
la sua famiglia costruì una villa (oggi distrutta)
che è ancora riportata nel Catasto Teresiano
conservato nell'Archivio di Stato di Milano. La famiglia
Aliprandi Carena, in occasione del matrimonio di Antonia
Aliprandi, figlia del conte don Gaetano degli Aliprandi
Carena, con il conte Francesco Carlo Parravicini,
assegnò in dote i fabbricati compresi nel quartiere
che andava da via Milano a via Aurora ed i terreni
fino ad Arluno. In età napoleonica il comune
venne soppresso, annettendolo dapprima ad Ossona nel
1809, e poi a Corbetta nel 1811. Nel 1787 furono aperte
due scuole per bambini dai sette ai dodici anni. All'inizio
del XX secolo fu fondato il centro ricreativo "La
Concordia" su iniziativa del parroco don Angelo
Venegoni; dopo qualche anno furono costruiti la chiesa
nuova e l'asilo. Nel 1930 iniziarono a funzionare
anche le scuole elementari in via Garibaldi, costruite
una decina di anni prima grazie al contributo della
famiglia Citterio. Oggi l'edificio è la sede
municipio locale. Le scuole medie furono realizzate
negli anni Settanta in viale della Repubblica, dove
furono poi costruite anche le nuove scuole elementari.
Nel 1935 il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster,
arcivescovo di Milano, dispose la riorganizzazione
della parrocchia di Santo Stefano Ticino, decretando
che le cascine Ranteghetta, Ripoldo, Ripoldino, Spagnola
e Davide che pur trovandosi nel territorio comunale
erano appartenenti alla parrocchia di Ossona, passassero
sotto la giurisdizione della parrocchia di Santo Stefano,
così come per la cascina Barera che era sottoposta
all'autorità della prevostura di Corbetta.