San
Colombano al Lambro è un comune della provincia
di Milano. San Colombano è un'exclave della
provincia di Milano fra quelle di Lodi e Pavia. Dista
22 km dal resto della provincia. San Colombano produce
l'unico vino DOC delle provincie di Lodi e Milano,
chiamato appunto San Colombano. San Colombano si estende,
per una buona parte, in una zona collinare.
FONTI
MINERALI GERETTE
Le fonti minerali Gerette sono collocate in un grande
parco termale di oltre 30.000 mq. Sonodotate di un
ristorante, sala per conferenze e uno spazio danze.
Caratteristiche chimiche: acque salso bromo
jodiche e sulfuree. Fin dal 1928 le sette acque
minerali sono indicate per:
- le sorgenti Elio e Vittoria svolgono una forte azione
purgativa e sono indicate per la stipsi atonica e
nelle congestioni del fegato;
- le sorgenti Leone e Ariete nuova con la loro azione
lassativa sono indicate per le affezioni croniche
catarrali dello stomaco e dell intestino, nelle
gastriti e nelle atonie gastriche iposecretive;
- le sorgenti sulfuree Laura ed Apollo, con un basso
residuo sono ottime acque diuretiche.
Offrono cura idropinica dal 1° giugno al 30 settembre
con entrata libera. Si raggiungono con l'Autostrada
A1 - uscita Casalpusterlengo, quindi Strada Statale
234 deviazione nei pressi di Lambrigna.
ORIGINI
Le origini di San Colombano al Lambro si perdono nelle
nebbie della protostoria, riconducibili allarrivo
di stirpi primitive stanziatesi nelle paludose pianure
ai lati del Po. Si tratta di località balzate
alla luce in senso etnico , storico e anche geografico
, con larrivo delle tribù galliche che
invasero la pianura Padana. Celti e Romani si avvicendarono
su queste terre. La battaglia del Ticino, ricordata
negli annali della strategia militare per le astuzie
usate dai belligeranti, vide, nel 217 a.C., la sconfitta
dei Romani ad opera dei Cartaginesi di Annibale arrivati
ai piedi dei colli banini, sul versante Sud Ovest.
Esistono documenti storici che citano un toponimo
denominato Brioni poi Mombrione,
ubicato sui declivi delle colline, a Est dellattuale
borgo; località che compare in taluni diplomi
imperiali e reali risalenti a Berengario I° (888)
e Berengario II° (903) , Lamberto (986) e Ottone
III° (998). Sul finire degli anni 900 si ebbe
una prima trasmigrazione dei mombrionesi verso il
lato nord dei colli per porre le basi di un nuovo
insediamento : lattuale San Colombano. La località
è menzionata con il suo castello nel testamento
di Ariberto dIntimiano, arcivescovo di Milano,
redatto nellanno 1034 in un documento storico
che rappresenta latto più antico sul
quale viene citato il toponimo di San Colombano.
IL
CASTELLO
Pare che le origini del castello di S. Colombano si
possano far risalire al VI sec., contemporaneamente
al grande monastero di Bobbio (A. Riccardi, Le località
e territorj di S. Colombano al Lambro, 1888). Comunque
sia, è fuori dubbio che il castello esistesse
nel secolo X, sia a garanzia della vicina capitale
di Pavia e residenza reale di Corte Olona, sia per
la necessità di quei tempi di lotte feudali,
sia per le invasioni ungariche, ed il conseguente
decreto del Re Berengario, per la difesa e fortificazione
di tutte le Città, Borghi, Luoghi, Cascinali,
Monasteri, ecc.; sia, infine, per lespressa
affermazione del testamento di Ariberto del 1034,
dove si parla di castris, edificiis, ecc., in Gaifaniana,
Sancto Columbano, Miradolo, ecc., e più sotto
di edifici esistenti tam in ipsis castris quam et
foris (tanto dentro quanto fuori di essi castelli).
Allo stesso modo è certo che esso appartenesse
dall800 circa al 1000 al contado (Comitatus)
di Lodi, come appare anche dai documenti del 1034
e 1299 (A. Riccardi, Le località e territorj
di S. Colombano al Lambro, 1888). Trascurando la preesistente
fortificazione, si può sicuramente affermare
che lattuale impianto, sia pure considerato
come solo tracciato, sia opera del Barbarossa. Questi,
durante la sua seconda calata in Italia, distrusse
il castello di S. Colombano (come del resto la maggior
parte di quelli esistenti in Lombardia); ma nel 1164,
riconosciuta limportanza che il luogo ricopriva
nel territorio per la sua particolare conformazione
morfologica e per la posizione intermedia nella direttiva
viaria Milano-Piacenza, decise di riedificarlo, per
utilità del suo impero: e vi aggiunse, per
utile personale, una grande borgata denominata "Magnum
suburbium" , munita di mura merlate, terraggio
e fossa esterna. Si devono pure al Barbarossa le grandiose
dimensioni del castello, la perfetta regolarità
simmetrica e lampiezza delle strade del borgo
(situazione anomala nelle tipologie in uso a quei
tempi); la costruzione, nel ricetto ad ovest, del
"Magnum palacium" o "Grande Palazzo"
(di cui sono ancora visibili le fondazioni), adibito
a residenza imperiale; la costruzione, nel ricetto
ad oriente, del Palazzo dei Vicarj e Rettori della
terra di S. Colombano, ossia lautorità
comunale politica ed ecclesiastica del borgo. Si suppone
che a dirigere i lavori di ricostruzione del "castrum"
sia stato Tito Muzio Gatta, architetto cremonese al
seguito del Barbarossa, che qualche anno prima aveva
delineato le mura della nuova Lodi. Non si hanno precise
notizie circa i tipi di fortificazione e loro distribuzione
in questo primo impianto, ma si intuisce comunque
che questultimo fosse convenientemente attrezzato
di strutture complementari. Agli inizi del dominio
visconteo avvennero operazioni trasformative miranti
a limitare limportanza militare del Castello.
Comunque, visto lutilizzo che la signoria viscontea
attribuiva alla rocca (prigione di Stato), dove nel
1338 fu imprigionato Lodrisio Visconti, dobbiamo considerare
che anche il Castello fosse comunque in condizioni
di sicurezza. La signoria viscontea contribuì,
su tutto il territorio interessato dal suo dominio,
ad una notevole fioritura castellana. Limpronta
della nuova architettura fortificata ebbe ovviamente
maggiore intensità nei nuovi impianti, pur
non trascurando la trasformazione di fortificazioni
esistenti: in tale caso rientrò S. Colombano,
interessato da molteplici modifiche, talmente radicali
da far considerare questo castello come una "nuova
costruzione" più che una riedificazione.
Le trasformazioni cominciarono nel 1370 per volere
di Galeazzo II e furono inerenti sia al castello che
al borgo. Gli inserimenti più importanti furono
i rivellini, posti sia negli ingressi al ricetto (Torre
dingresso e Castellana) che alla rocca (Torre
dingresso e Torre Mirabella); vennero quindi
trasformati i caratteri stilistici e gli elementi
compositivi della fortezza. Le mura esterne, su tutto
il perimetro, vennero integralmente rivestite di nuovi
mattoni, il che conferisce una certa omogeneità
allintero impianto castellano. Nel centro della
rocca venne innalzata una torre o mastio con il duplice
scopo di immagazzinare munizioni e viveri e anche
di estrema difesa del castellano nellevenienza
che il castello e la guarnigione, cedendo allattacco
nemico, lo costringessero a rifugiarsi in posizioni
sempre più arretrate. Dal "maschio"
si aveva la possibilità, tramite vie sotterranee,
di portarsi al di fuori della rocca, a sud, in corrispondenza
del rivellino, e da questo collegarsi ad almeno due
delle torri agli angoli della rocca. Per quanto riguarda
il borgo, venne ampliato a seguito della donazione
di Galeazzo II del 1373 alla consorte Bianca di Savoia,
la quale dotò il Comune degli speciali Statuti.
Da questo documento appare evidente la volontà
di favorire lo sviluppo del borgo, anche ad opera
dei privati, favorendo loro lacquisto, a prezzi
convenzionati, dei materiali da costruzione, escluso
il legname che veniva fornito gratuitamente; agevolazioni
fornite allo scopo di raggiungere in breve tempo il
fine preposto. Lampliamento del borgo seguì
la regolare distribuzione degli isolati e lampiezza
delle vie interne, che caratterizzavano la preesistente
impostazione del Barbarossa. Tutto il borgo venne
dotato di mura merlate con fossato e terraggio interno,
ed in corrispondenza degli ingressi le porte vennero
ulteriormente protette da saracinesche. Ancora a Bianca
di Savoia si deve, allinterno delle mura del
ricetto, la costruzione di una propria residenza ("
Coquina dominae Blanche de Sabaudia). Dai manoscritti
custoditi nell Archivio Belgioioso, si attribuisce
ai Visconti la costruzione della Torre Castellana,
annessa alla Torre de Gnocchi. Inoltre ai medesimi
vengono attribuiti: lelevazione della Torre
de Gnocchi, per permettere la continuità
del corridore; la sistemazione della canepa sotto
la Torre de Gnocchi, in quanto nelladdossare
la torre castellana venivano chiuse alcune aperture;
la costruzione dell Hospitium Magnum, esterno
al borgo, ad uso del loro treno di caccia. I frati
certosini entrarono nella storia del castello di S.
Colombano nel 1396, in seguito alla donazione del
Duca Gian Galeazzo; in questa prima data ottennero
soltanto la parte bassa del castello o ricetto. Nel
1402 avvenne la distruzione, ad opera dei borghigiani,
dei due grandi palazzi del ricetto e di ogni altra
proprietà della Certosa; la popolazione si
pose, poi, sotto la tutela del Vignati, signore di
Lodi. Durante il dominio del Vignati, che durò
14 anni, si ebbe un notevole degrado della rocca ed
in tutto il ricetto casupole sostenute da colonne
in legno, casotti di paglia e case appoggiate alle
mura. Con il ritorno dei certosini vennero restaurate,
a spese del monastero, alcune case del ricetto ed
il palazzo imperiale, questultimo utilizzato
quale residenza del fittabile certosino; negli anni
tra il 1447 e il 1452 venne asportato il terrapieno
(terraggio) a ridosso delle mura tra la Torre dingresso
al ricetto e la Torre de Gnocchi. Nellatto
di donazione alla Certosa, del 1502, viene dettagliatamente
descritto lo stato di consistenza dellintero
impianto: le torri erano tutte coperte da tetti, più
o meno in buone condizioni, la conservazione delle
merlature e dei piombatoi risultava pessima e una
torre completamente distrutta; rimanevano invece integri
i corridori a coronamento delle mura. Risulta, inoltre,
che nella rocca fossero presenti due ponti levatoi
; che il rivellino dingresso alla rocca, presso
la Torre Mirabella, fosse munito di 23 merli e che
fosse ancora presente il rivellino della Torre dingresso
al ricetto, mentre non si trova menzione del rivellino
della Torre castellana, probabilmente perché
distrutto in precedenza. Vengono inoltre descritti
gli armamenti presenti ed il loro disastroso stato
manutentivo e un collegamento sotterraneo a servizio
della parte bassa del castello, che doveva probabilmente
collegarsi sia alla rocca che allesterno. Occorre
qui ricordare che i certosini divennero proprietari
del feudo solo in questanno, su concessione
di Luigi XII, Re di Francia e Duca di Milano. Una
volta ottenutone il pieno diritto, essi apportarono
delle trasformazioni al castello; va inoltre specificato
che i certosini, per tutto il periodo di loro proprietà,
non utilizzarono direttamente ledificio, che
venne bensì adibito ad abitazione di un loro
padre procuratore. In un altro documento del 1522,
si riscontra la costante presenza, a protezione del
castello, di due rivellini, uno sulla piazza del Borgo
e laltro allingresso sud della rocca;
oltre a ciò si descrive il "maschio"
della rocca, utilizzato come deposito di armi e munizioni.
Questultimo viene descritto come costruito in
massi di ceppo e di granito a punta di diamante; tale
rivestimento risale probabilmente al periodo sforzesco,
che maggiormente utilizzò questa tipologia.
Nel 1526, per ordine ducale (ed anche a seguito delle
continue istanze dei certosini), il castello venne
smantellato. Vennero demoliti i rivellini, alcune
torri compresa quella al centro della rocca, le mura
che cingevano il borgo con il conseguente riempimento
del relativo fossato ed anche di quello antistante
il castello. Nonostante questi interventi lesivi,
il castello non perse completamente dimportanza;
se ne ha conferma dalla successiva presenza, nello
stesso, di una consistente guarnigione a presidio
del borgo. Ulteriori danneggiamenti si ebbero a seguito
dellassalto che il castello subì nel
1529 ad opera del generale conte Belgioioso: in conseguenza
a questo fatto il castello non fu più considerato
piazzaforte ducale. Nel 1535 i certosini intervennero
nuovamente sul castello, al fine di escluderne un
utilizzo militare: vennero ulteriormente limitate
le strutture fortificate, si colmarono le fosse e
i sotterranei. Per contro si edificarono delle volte,
ad integrazione delle già esistenti, allo scopo
di dare continuità al percorso sui corridori
e rendere possibile il collegamento alla rocca. Nel
1575 i certosini adattarono alcune case nel cortile
del ricetto, ricavandone un oratorio, altrimenti detto
Cappella di S. Maria Maddalena, che dal 1576 al 1581
venne decorato dal pittore Bernardino Campi. Nel 1671
i Certosini fecero realizzare lattuale scala
grande che dalla galleria collega i piani superiori,
demolendo la precedente scaletta costruita dai Visconti.
Contemporaneamente realizzarono il corpo scala superiore
alla tribuna dellOratorio, che portava ai magazzini
"granai" superiori alla Torre de Gnocchi
e Castellana. Molti anni più tardi (1760-1776)
vennero demolite molte case del ricetto, che precedentemente
risultava popolatissimo (1600) e destinato completamente
a tale funzione. Con la soppressione degli ordini
religiosi ad opera del governo austriaco (1782) si
conclude il periodo di proprietà certosina
del castello. Nel 1786, con atto misto di vendita
e livello il feudo di S. Colombano ed Uniti passò
alla casa Belgioioso. La prima trasformazione eseguita
dalla famiglia Belgioioso, fu la trasformazione dei
solai sopra la Torre de Gnocchi e Castellana,
da granai a residenza per il personale di servizio.
Dopo il 1814, ritornata a S. Colombano la famiglia
Belgioioso dagli Stati di Venezia, iniziarono le demolizioni
delle case del ricetto, dando origine alla realizzazione
del parco interno. Dal 1832 al 1836, vennero demoliti
ledificio Portazza e Arsenale, su progetti dellarchitetto
C. Caccia, ad eccezione della abitazione del giardiniere
poi fattore, tuttora esistente. Queste demolizioni
consentirono di realizzare un unico grande giardino.
Venne inoltre realizzato un enorme parco fiancheggiante
tutta la parte ovest del ricetto e della rocca, comprendendo
anche larea dellex rivellino di sud. La
casa Belgioioso nel 1836, in accordo con la Deputazione
del Comune di S. Colombano, sistemò il ponte
di accesso al ricetto, eseguì delle opere di
sottomurazione per assicurare la torre dingresso
e definì con lingegnere comunale il nuovo
livello della piazza antistante. Dal 1836 al 1846,
per dare sviluppo al giardino interno al castello,
vennero demoliti i fabbricati ( fra i quali lOratorio
della Maddalena) che racchiudevano i tre cortili interni.
Forse grazie alle particolari inclinazioni artistiche
del principe, venne inaugurato nel 1836 il "teatro"
in castello, adattando i locali dellex Pretorio
( il primo edificio a sinistra, entrando dalla Torre
dingresso al ricetto). Conseguenza alle demolizioni
sopra descritte fu la trasformazione a residenza principesca
del restante edificio (1850 circa), utilizzato quale
residenza estiva. Lallestimento dei locali interni
al palazzo si ritiene invece sia avvenuto gradualmente
(1870 circa), al punto di risentire linfluenza
dellarchitettura neogotica, che caratterizza
le decorazioni e i rivestimenti tuttora presenti.
Il principe Emilio, figlio di Antonio, risiedette
definitivamente in castello e si prodigò con
impegno per la conservazione del bene, coadiuvato
in tale opera dalla moglie Maddalena Desmanet de Biesme
e dalla preparazione e sensibilità artistica
dellingegner Gradi. Risale ai primi anni del
XX secolo il crollo del muro della "ghirlanda"
alla rocca, probabilmente a causa della costante spinta
del terreno, oltre ad un mancato consolidamento. Nel
1926 venne ristrutturata la torre dingresso
e dopo breve tempo venne demolito il fabbricato nella
parte destra dellingresso in via Ricetto, anticamente
adibito a scuderie. Il minimo reddito pervenuto dalle
varie case affittate in Ricetto, le notevoli spese
dovute alla conservazione del castello, lalto
tenore di vita tenuto dalla famiglia, portarono ad
un lento decadimento; il preoccupante stato di degrado
nel quale veniva a trovarsi il castello coinvolse
la proprietà in spese manutentive con lesclusivo
scopo di risolvere i problemi di volta in volta affioranti.
Nel 1940 i principi fecero donazione del castello
allUniversità cattolica, affinché
esso venisse destinato a sede di "preghiera e
di riposo per persone colte", riservandosene
il diritto di usufrutto. La seconda guerra mondiale,
pur non interessando direttamente il castello, fece
registrare loccupazione di vari locali nel ricetto
da parte degli sfollati, a seguito di unordinanza
dellallora commissario prefettizio ed un alloggiamento
di truppe tedesche nei locali della residenza principesca
Nel 1943 morì in castello lultimo principe,
Emilio Barbiano di Belgioioso dEste. Alla morte
della principessa Maddalena, avvenuta nel 1951, la
sorella scrisse una lettera al Rettore dellUniversità
Cattolica, ricordando lo scopo della donazione. Lamministrazione
non riuscendo a proporre un riuso del castello che
soddisfacesse la volontà della donante (anche
a causa di vari vincoli imposti dalla Diocesi di Lodi)
e per gli alti costi di gestione del castello, non
coperti da pari entrate, decise per la vendita. Molti
furono interessati allacquisto che avvenne infine
a favore dei sigg. Cavalli e Gavazzi, commercianti
di legnami. Il passaggio di proprietà non fu
ratificato dal competente Ministero della Pubblica
Istruzione in quanto il castello era gravato da vincoli
monumentali e i nuovi proprietari intendevano apportare
modifiche di destinazione duso dei locali. Nel
frattempo, però, i nuovi proprietari avevano
proceduto al disboscamento del parco del castello.
LUniversità cattolica ritornata in possesso
del Castello ne decise successivamente la cessione
alla parrocchia di San Colombano nel 1958. Il parroco
A. Parazzini si impegnò con grande sforzo economico
allacquisto del castello, ma non riuscendovi
con i mezzi a disposizione della parrocchia, accettò
un frazionamento: una parte del castello, consistente
nella Rocca e nel Ricetto, fu venduta al signor Carlo
Lareno Faccini e una parte più piccola al signor
Sbarbaro. Con il consenso della Soprintendenza il
sig. Lareno Faccini poté demolire le case più
antiche a sud del ricetto, risparmiandone solo alcune.
Tali demolizioni si rendevano purtroppo necessarie
per far posto alla strada, di nuova costruzione, collegante
lentrata al ricetto con la rocca. Nel 1958,
nonostante i vincoli a cui era sottoposto lintero
castello, entro il perimetro della rocca si demolirono
torri e mura merlate per far posto ad una lussuosa
villa in stile moderno e piscina. Gli interventi proseguirono
per circa tre anni, interessando con operazioni di
restauro risanativo le case situate in via Ricetto,
limitatamente a quelle ritenute architettonicamente
più interessanti, trasformandole in appartamenti
e mutilando così irrimediabilmente la composizione
storico-architettonica dellunico esempio di
ricetto esistente in Lombardia. Il 18 dicembre 1987
il castello di S. Colombano fu acquistato dal Comune.
Recentemente è stato oggetto di un complesso
intervento di restauro.
Descrizione
Il castello di S. Colombano nasce essenzialmente dallaccoppiamento
di una rocca ed un ricetto; più precisamente
si tratta di un castello-recinto posto su due corti
diverse, delle quali la più alta a destinazione
militare e la più bassa a destinazione civile,
in particolare con funzione di ammasso di riserve
agricole (ricetto). I tratti di mura situati sui lati
maggiori del castello sono posti a mezza costa del
colle; il tracciato non è rettilineo, ma scandito
da torri sporgenti allesterno. Su tali lati
le cortine sono alte, a differenza dei tratti corti
(nord e sud) dove la comune presenza del fossato e,
tra le torri dingresso e quella de Gnocchi
anche del terraggio, non richiese identica soluzione;
anche le mura che dividevano il ricetto dalla rocca
erano alte a dimostrazione del significato di ridotto
militare di questultima. La configurazione del
tracciato è tipica del castello-recinto nella
parte bassa, ben presto trasformato in vero ricetto
con la presenza continua di capanni in legno e muratura
per le scorte alimentari, oltre alla "canepa"sotto
la Torre de Gnocchi. La rocca di pianta trapezoidale
dimostra ancor oggi la sua antica potenza, dovuta
innanzitutto alla posizione privilegiata della quota,
con il pendio circostante che ne attenua la vulnerabilità,
oltreché alla considerazione nella quale era
tenuta nei tempi passati. Inoltre va considerato che,
mentre agli inizi del 1400 molti fortilizi vennero
adattati alle nuove tecniche militari (apparato a
sporgere, ecc.),situazione riscontrabile nella Torre
dingresso e Castellana del ricetto, non si ritenne
opportuno intervenire in tal senso anche alla rocca;
il motivo di questa mancata trasformazione è
da ritenersi sia stata la già sufficiente condizione
di sicurezza della rocca. Le cortine, pur presentando
alla vista esterna le medesime caratteristiche (ad
esclusione della diversa altezza) in tutto il castello,
quali la merlatura ghibellina, il cotto come materiale
di costruzione, il basamento scarpato con redondone,
si possono classificare di tre tipi, diversificandosi
per il sistema costruttivo usato e per la diversa
utilizzazione delle stesse, e cioè: cortina
contraffortata con archi in mattoni paralleli al senso
di percorrenza, con superiore strada carrabile; cortina
caratterizzata da un eccessivo spessore di muro, destinato
a sopperire alleccessiva altezza; cortina ricavata
mediante il progressivo allargarsi della sommità
del muro verso linterno. A conclusione va ricordato
che tra la Torre dingresso e la Torre de
Gnocchi, esisteva inizialmente solo un basso muro
munito allinterno di terraggio, sul quale scorreva
una strada di collegamento. Unaltra caratteristica
sono le 18 torri di cui il castello era inizialmente
munito e che risolvevano appieno gli scopi che larchitettura
castellana aveva loro assegnato. La torre de
Gnocchi costituisce il nuceo più antico del
castello. Le torri, come le cortine, si presentano
con merlature ghibelline e base scarpata, la cui intersezione
è sottolineata dal redondone che, seguendo
parallelamente il naturale ascendere del terreno,
riesce ad imprimere una nota esornativa a tutto limpianto.
Il castello di S. Colombano era dotato di passaggi
sotterranei, intesi come vani disponibili, e di passaggi.
Questi ultimi, presenti esclusivamente nella parte
bassa del castello, erano situati sia in corrispondenza
delle case del ricetto ad est destinati a cantina,
sia nella zona ovest. Esistevano infatti, come oggi
del resto, la serie di locali con volte a crociera
che definivano larea del grande palazzo del
ricetto, edificato dal Barbarossa, e quelli in corrispondenza
delle due torri de Gnocchi e Castellana, tra
i quali si distingue per importanza architettonica
il "cantinone" o "canepa", ambiente
tipico dellarchitettura gotica profana lombarda,
che presenta analogie con la "sala di giustizia"
della rocca di Angera ed alcune navate mediane di
chiese cistercensi. In quanto ai percorsi sotterranei,
che dovevano essere numerosi e comunicanti le varie
parti del castello, va ricordato che la gran parte
furono distrutti, riempiti o murati in epoca certosina,
al fine di rendere il castello privo di qualsiasi
interesse militare difensivo. Lutilizzo del
fossato invaso dacqua, nel primitivo sistema
difensivo, non ebbe largo sviluppo; motivo di questo
scarso utilizzo furono le difficoltà di mantenere
un costante livello dacqua e la già sufficiente
sicurezza assicurata del fossato asciutto. Nel castello
di S. Colombano erano presenti entrambi i tipi: la
rocca era dotata, sia verso il ricetto a nord che
verso la collina a sud di fossato asciutto, con ponti
levatoi ulteriormente protetti da rivellini; attorno
alle mura del ricetto, invece, sorgeva un fossato:
esso riceveva le acque dai due colatori discendenti
dalle valli laterali ed era costantemente alimentato.
Di questo fossato è attualmente visibile solo
il perimetro del tratto verso il borgo, dato che il
fossato vero e proprio fu colmato nel 1585. Il castello
di S. Colombano ha sempre avuto una posizione predominante
nella vita comunale, pur non essendo sempre il polo
centrale. A differenza della maggior parte dei castelli,
che non ebbero grande connessione con la città
in quanto vissero una vita propria, questo ha sempre
condizionato San Colombano in modo diretto, fino alla
fine del Settecento quando, trasformato in villa residenziale,
perse gran parte della sua influenza, per poi riacquistarla
quando fu ceduto alla Parrocchia. La disposizione
stessa del Comune risente di tali connessioni; infatti
la piazza del borgo è situata proprio di fronte
alla torre dingresso al ricetto, ospitando anche
la chiesa parrocchiale. Il mercato, che tuttora si
svolge in via Mazzini e fino a qualche anno fa in
via Belgioioso, frontalmente al castello, ebbe fin
da tempi lontani, per concessione del Barbarossa,
ubicazione prospiciente la torre de Gnocchi.
Lesistenza del ricetto, rarissimo in Lombardia,
denota la completa partecipazione della popolazione
medioevale alla vita del castello, inteso quale luogo
di sicurezza e di sopravvivenza. Allinterno
del ricetto sorse nel 1593 il Monte di Pietà,
prima forma organizzata di credito del paese; dal
1416, per molti periodi, la torre de Gnocchi
fu sede del Consiglio Generale del Comune, ed in seguito
ospitò sia il Prefetto che il Consiglio Comunale
(la prefettura di San Colombano comprendeva ai tempi
una zona assai vasta del territorio lodigiano). Inoltre
il castello rappresentò sempre la residenza
del feudatario o del potente, ai quali la popolazione
doveva obbedienza e denari; nel periodo di proprietà
dei certosini, che pur esercitavano funzione di feudatari,
gli abitanti del Comune spesso si rivolsero ai religiosi
per ottenere favori, esenzioni o intercessioni presso
il Senato di Milano. Esaurita la funzione difensiva
del castello, questultimo vide diminuire anche
la sua influenza. Nel secolo XVIII, con linstaurarsi
di un nuovo ordinamento politico-sociale, il castello
perse anche il suo significato emblematico, trasformandosi
in residenza privata e cessando quindi definitivamente
di influenzare la vita della città. Lindustrializzazione
del secolo XIX poi, operò un profondo divario
tra la ormai statica vita del castello e il dinamico
sviluppo del Paese (pur considerando San Colombano
quale centro agricolo, nel quale lindustrializzazione
non sconvolse, come in altre città, le abitudini
e la mentalità stessa degli abitanti). I cambi
di proprietà degli anni 50 non modificarono
tale divario tra le due funzioni. Per quanto riguarda
la rocca e lantico ricetto, ormai in gran parte
trasformato, dobbiamo valutarne il completo e definitivo
distacco, giacché la proprietà privata
pretende appieno i propri diritti di autonomia, non
permettendo neppure la sola visione dellantica
fortificazione.
CHIESA
PARROCCHIALE
La chiesa parrocchiale ha origini antiche; il primo
impianto, probabilmente un oratorio campestre dedicato
a S. Colombano, risale allepoca carolingia e
fu eretto su beni di proprietà del monastero
di Bobbio. Esso possedeva, però, una diversa
ubicazione rispetto allattuale: era infatti
addossato al fossato del castello. Ciò dimostra
che la chiesa esisteva prima del castello; in caso
contrario sarebbe stata costruita a giusta distanza
in modo da non ostacolare le operazioni militari (B.
Belli Panigada- G. Panigada, Le vicende nella storia
dellinsigne Borgo di S. Colombano, 1970). Linfelice
localizzazione e il fatto che la parrocchiale fosse
"una giesa molto vegia, pizola in modo che no
li po stare pur la mitade de lo populo ne le feste"
spinse Bassino de Cipelli, rettore della chiesa e
cappellano ducale, ad inviare una supplica (conservata
nellArchivio di Stato di Milano), nel 1479,
rivolta a Gian Galeazzo Sforza e a sua madre Bona
di Savoia, signori del luogo. In essa il rettore,
rappresentando anche la volontà dei parrocchiani,
chiedeva il permesso di poterla demolire per costruirne
una più ampia in un terreno poco distante,
laddove sorge lattuale chiesa parrocchiale.
Il Cipelli ottenne dagli Sforza il permesso per la
costruzione del nuovo edificio ecclesiastico; i lavori
ebbero inizio il 18 maggio dellanno 1479. Per
loccasione, a causa delle scarse risorse economiche
della comunità banina, venne smantellato il
vecchio edificio e il materiale ricavato fu reimpiegato
nella "nova fabrica", cosicché della
costruzione primitiva non rimase alcuna vestigia.
Il nuovo edificio era rivolto a levante. Infatti quando
nel 1838 il prevosto Luigi Gallotta fece ampliare
la chiesa, trasportando in avanti la facciata, vennero
scoperte le fondazioni delledificio quattrocentesco,
orientato in senso opposto, che dovette subire dunque
unulteriore ricostruzione in età moderna,
prima delle modifiche apportate dal parroco (M. Pearce-
M. Montanari, op. cit.). Lerezione del campanile,
invece, risale al 1780 circa. Internamente la chiesa
presenta tre navate e cappelle laterali, fra le quali
si può ammirare la cappella votiva detta "del
Rosario" , eretta dopo la pestilenza del 1630.
La chiesa ospita affreschi di Bernardino Campi (eseguiti
tra il 1576 e il 1581 per la cappella di S. M. Maddalena,
in Castello, e da essa asportati nel 1846), opere
di Bernardino Lanzani, di Paolo Caravaggio e dipinti
ad olio dellartista contemporaneo Felice Vannelli.
Il monumentale organo ottocentesco, opera dei fratelli
Bossi, è tra i più importanti della
nostra regione.
CHIESA
DI SAN ROCCO
"Ornamento e decoro del Borgo": così
lha definita lo storico locale Don Annibale
Maestri. La chiesa, edificata nel 1514 appena fuori
le mura, sorse sulla direttrice mediana sud-nord,
frontalmente alla porta ferrata, sul proseguimento
della strada magistra per Lodi. La costruzione è
attribuita agli architetti Giovanni Battagio e Giovanni
Amadeo, ha pianta ottagonale ed è stata eretta
in stile bramantesco. Interessante risulta la parte
alta della fabbrica, di impostazione rinascimentale;
internamente è sede del matroneo, le cui aperture
bifore sono "impreziosite" da colonnine
binate finemente tornite. Nel corso di lavori di restauro
della Chiesa, eseguiti durante gli anni Sessanta del
Novecento, vennero in luce, nellaltare di destra,
sotto gli affreschi raffiguranti scene di vita di
S. Rocco, dipinti precedenti di S. Giovanni Battista
e di S. Fermo e quattro porte antiche situate sui
lati diagonali dellottagono (che furono restaurate
con mattoni di recupero sagomati a mano. Nella cappella
dellaltare maggiore, poi, fu riaperta una piccola
finestra circolare, con ciò ripristinando laspetto
primitivo della piccola abside. Al termine dei lavori
la chiesetta fu riaperta al pubblico nel 1961, nella
festa di Pentecoste. La costruzione, anche se incompleta,
è monumento nazionale. Attualmente è
proprietà dei Signori Riccardi.
CHIESA
DI SAN FRANCESCO
Lopera è stata eretta nel 1580 circa
sulla sponda sinistra della Rugia Nuova; si trovava
in posizione leggermente esterna alle mura del Borgo,
immersa nel verde. Nel 1623 fu ampliata e la parte
retrostante adattata per farne un piccolo monastero
dei frati Minori Osservanti. Nel 1664 fu trasformata
in un complesso di clausura; tale rimase sino al 1811
per poi passare al clero locale. Limpostazione
architettonica della facciata, con il frontone indicante
linclinazione del tetto, richiama lo stile Lombardo-romanico;
il pronao dingresso ne completa le caratteristiche
rinascimentali.
CHIESA
DI SAN GIOVANNI
Nel 1510 fu edificato lospedale e fu consacrata
la chiesa di S.Giovanni Battista. Il complesso era
lambito dal "cavo colatore" o "sonator",
che alimentava il fossato sul lato est del Borgo bastionato.
Inizialmente fu proprietà dei Terziari francescani,
poi divenne convento di S.Antonio. Fra il 1714 e il
1751 si susseguirono lavori di ampliamento. Nel 1782
la chiesa fu soggetta ad espropri e a diverse destinazioni.
In quellanno limperatore Giuseppe II dAustria
pose fine alluso conventuale del luogo e lo
affidò al clero locale. Nonostante varie trasformazioni
apportate nei secoli, la facciata ha mantenuto limpostazione
originaria. Notevoli opere di ristrutturazione e restauro
hanno riportato alla luce, allinterno della
chiesa, pregevoli stucchi depoca barocca e intarsi
marmorei di fattura tardoromanica.
CASA
DI DON CARLO GNOCCHI
Don Carlo Gnocchi, celeberrimo fondatore della Pro
Juventute e dellinfanzia mutilata e abbandonata,
nacque a S. Colombano, il 25 ottobre 1902. Sulla sua
casa natale, sita in via Vittoria, una lapide lo ricorda.
MANIFESTAZIONI
Il
"Guiderdone"
Dal 1992 il paese è stato suddiviso in otto
rioni (Imperiale, Borgoratto, Mombrione, Campasso,
Lazzaretto, Regone, Fontanelle, Campagna) che festeggiano
il "palio del Guiderdone" la terza domenica
di settembre. Il palio fra gli otto rioni consiste
nella rievocazione dellassalto al portone della
torre dingresso al Castello, utilizzando un
ariete artificiale spinto da sette componenti di ciasun
rione: vince il rione che realizza un certo punteggio;
esso si aggiudica per un anno la "Cingolina",
trofeo bronzeo che rievoca una delle torri del Castello.
Lassalto ricorda un fatto realmente accaduto
nel 1401, cioè lassalto dei popolani,
frustrati da angherie fiscali dai Visconti di Milano,
al Castello visconteo, poi diventato Castello Belgiojoso.
La
sagra dell'uva
Negli anni Cinquanta del secolo scorso, la domenica
dopo la festa del Cristo, che si teneva la terza domenica
di settembre, venne dedicata al prodotto "principe"
della collina: luva. Con il patrocinio della
provincia di Milano nacque la Sagra Provinciale dellUva
con il concorso delle "Margotte di uva",
le prime sfilate di carri allegorici e la rassegna
di vini tipici. Attira decine di migliaia di turisti
ogni anno. I carri allegorici vengono realizzati ogni
anno da decine di giovani banini, divisi in numerose
compagnie. In questi ultimi anni la Sagra ha visto
come protagoniste le compagnie degli "Scrausi",dei
"Menadi me pochi", del "Bovera Club",
dei "Veneziani", di "Quei de l' uratori"
e degli "Amici di Cicciovips". Nel 2007
è stato festeggiato il cinquantenario di tale
evento. La sagra è inoltre una delle più
importanti sul territorio, e vede ogni anno la presenza
di migliaia di visitatori non residenti.
La
sagra della Maddalena
La sagra della Maddalena cade nella terza domenica
di luglio e fino a non molti anni fa si protraeva
il giorno seguente con la tradizionale fiera del bestiame
e delle macchine agricole in esposizione lungo tutta
la via IV Novembre. Oggi sopravvive solo per la fiera
che in questa settimana allieta i banini con le sue
attrazioni. Eppure si tratta di una festa ricca di
significato storico: insieme alla festa patronale
di S. Colombano è la festa di più antica
istituzione. Infatti se ne trova menzione già
nel 1374, negli Statuti Sancolombanesi. Si da allora,
in occasione del "festum Mariae Magdalenae"
si sospendeva ogni atto giudiziario civile ed era
vietato il lavoro non solo nel capoluogo, ma anche
in tutta la giurisdizione del vicariato. La festa
celebrava la Patrona dellordine religioso dei
Certosini, presenti nel Borgo per più di 400
anni. Nel 1645, poi, fu accordato loro il diritto
di Fiera nella festa della Maddalena. Alla soppressione
dell ordine certosino tale diritto, come pure
tutti i beni di loro proprietà, passarono allo
Stato, nella persona del principe Ludovico Belgiojoso.
La
festa del Cristo
La festa detta "del Cristo" ricorre la terza
domenica di settembre; essa è legata alla devozione
dei banini verso il Crocefisso. Questa pregevole scultura
lignea (attualmente collocata nella Chiesa Parrocchiale),
già menzionata in atti del 1588, veniva portata
in processione dai banini in occasione di guerre,
carestie, pestilenze, ma anche per invocare piogge
o sereno, o per scongiurare le intemperie che minacciavano
i raccolti. In onore del Crocifisso il prevosto Ciserani
volle erigere una cappella (oggi cappella del S. Cuore).
Essa fu inaugurata il 15 settembre 1703. Il giorno
seguente, domenica 16 settembre, terza domenica del
mese, al termine di una solenne processione, il Crocefisso
fu collocato nella nicchia della cappella sopracitata.
Da allora la festa del Cristo fu celebrata nel Borgo
in tono sempre più elevato, anche perché
veniva a coincidere con linizio della vendemmia.
CENNI
STORICI
San Colombano è il nome di un monaco, abate,
missionario evangelizzatore irlandese con il carisma
del combattente, armato di spada e vangelo. Partito
già anziano dalla sua terra dorigine,
fu esule da lunghe e sofferte peregrinazioni nelle
Gallie, transitò per questi luoghi allinizio
del VII secolo, diretto alla corte longobarda di Pavia.
Qui lasciò il segno del suo apostolato convertendo
al Cristianesimo le tribù padane stanziate
sulle rive del fiume. La tradizione vuole che questo
monaco convertisse gli abitanti dei colli al Cristianesimo
ed insegnasse loro la coltura della vite, che ancora
oggi conserva la priorità assoluta sui 12 km²
dei dossi banini. Il ritrovamento di anfore vinarie
e strumenti di cantina , conservati nel locale Museo
Paleontologico Virginio Caccia, dimostrano che già
in epoca romana la vite veniva coltivata sui colli
per la produzione di vino; ma il santo patrono introdusse
dalla Francia alcune tipologie di vitigni ora chiamate
ancora con il suo nome. Egli a Bobbio nel 614 fondò
l'Abbazia di San Colombano, operante sotto la Regola
Colombaniana e molti monasteri in Italia ed in Europa
dipendevano da tale città assieme a territori
come piccoli feudi monastici. Infatti fin nell'alto
medioevo il territorio fu soggetto fin dall'epoca
longobarda ai monaci colombaniani, della potente Abbazia
di San Colombano e del grande Feudo monastico di Bobbio,
che vi fondano il Monastero di San Colombano evangelizzando
il territorio. Essi favorirono espansione dei commerci
dell'agricoltura e della cultura, introducendo importanti
innovazioni ed aprendo vie commerciali. San Colombano
al Lambro è uno di questi feudi monastici,
che attorno o subito dopo il X secolo come molti altri
viene infeudato nuovamente staccandosi dalla potente
abbazia bobbiese. Ariberto dIntimiano nel 1034
donò alle Chiese milanesi i possedimenti banini,
a lui precedentemente donati dallImperatore
Corrado II°. Diede così inizio al possesso
delle terre da parte della Signoria Milanese. La navigazione
sul Lambro e il frutto dei suoi pedaggi con le attività
collaterali e la supremazia sul territorio , furono
alla base di lunghe e sanguinose vicende che opposero
i Lodigiani ai Milanesi. Nel 1158 comparve allorizzonte
del borgo lastro di Federico I di Svevia , detto
il Barbarossa che ne distrusse fortezza e abitato.
LImperatore, riconoscendo la felice posizione
strategica del castello abbarbicato al colle, dominante
sia la valle del Po che quella del Lambro, lo riedificò
e con esso gettò le basi del burgum
adottando il classico taglio urbanistico romano, tuttora
riconoscibile, legato al cardo ( direttrice nord-sud
) ed al decumano ( est-ovest ). Tra il 1164 e il 1355,
sorse anche la Civitas Imperialis che fa parte dellattuale
centro storico, sito ai piedi del castello. Da un
punto di vista giurisdizionale il colle banino era
diviso longitudinalmente tra i distretti di Lodi e
Pavia. Il diploma di Federico I° ai fedeli cittadini
pavesi nel 1164 ribadiva che Miradolo e Chignolo,
ubicati al di là del colle, rientravano nei
territori della città di Pavia. Tale divisione
sarà mantenuta anche successivamente. Seguì
il nuovo periodo delle signorie milanesi. I patti
del 1198 fra Lodi e Milano stabilivano che ai milanesi
da Landriano e agli abitanti di San Colombano era
richiesto il solo soccorso militare a Lodi in caso
di guerra e limpegno a non combattere contro
di essa. Erano invece i da Landriano a imporre e riscuotere
le tasse dirette e indirette che , secondo la legislazione
milanese, gravavano sugli abitanti di San Colombano
e delle sue campagne e sempre a loro spettava lesercizio
del potere giudiziario, facente capo al tribunale
ambrosiano. Nel 1299 i Visconti, con il Liber
jurium civitatis laudae, sancirono la loro presenza
e il possesso del castello e del territorio. Nel 1353
Francesco Petrarca fu gradito ospite di Giovanni Visconti
nel maniero banino ed ebbe modo di elogiarne le bellezze
in una lettera scritta allamico Guido Albornoz,
arcidiacono di Genova:
gradita solitudine,
amico silenzio
Io non conosco altro luogo, che
in positura si poco elevata, si vegga intorno si vasto
prospetto di nobilissime terre
. Del periodo
visconteo si ricordano in modo particolare gli Statuti
Colombanesi, organo legislativo istituito da
Bianca di Savoia, consorte di Galeazzo II, la quale
nel 1371 qui vi stabilì fissa dimora .Gli Statuti
rappresentano una lungimirante e antesignana legiferazione
che potrebbe benissimo essere considerata lantenata
degli attuali Statuti imposti ai Comuni. Alla morte
di Bianca di Savoia i beni di San Colombano passano
al figlio Gian Galeazzo. Lotto Settembre 1396
Gian Galeazzo Visconti pone la prima pietra della
Certosa di Pavia e il successivo 6 ottobre dona ai
Certosini, per la costruzione , il Ricetto del castello
di San Colombano con tutte le pertinenze, fornaci,
molini, beni circostanti, diritti di pesca nel Lambro
e cospicue somme in denaro. Le autorità del
Borgo in questo periodo sono: il Castellano rappresentante
del Duca proprietario del feudo, il Fittabile Generale
dei beni del Monastero, il Rettore della Chiesa e
il Vicario del Comune o Vicariato. Con compiti diversi
da quelli del Castellano, il Vicario agiva come feudatario
con ampi poteri, con diritto di vita e di morte, curava
la vita del Comune, i costumi, le leggi, le pene in
corso. Il Rettore della Chiesa è la massima
autorità religiosa locale e viene nominato
nel rispetto del diritto di giurispatronato. Il 19
settembre 1399 il Vescovo Bonifacio da Lodi riconferma
e investe Rettore della Chiesa il prete Stefano de
Monzio da Novara, già designato dai Vicini
o Parrocchiani di San Colombano. Fino ad oggi i Parroci
che hanno retto la Chiesa del Borgo sono stati 37,
designati alternativamente dal Comune e dal Vescovo
di Lodi fino alla metà del 1900 con labolizione
del giurispatronato. Limposizione certosina
gravò a lungo sulla popolazione locale e le
proteste puntualmente giustificate vennero presentate
in tutte le sedi. Le corde troppo tese dai Certosini
pure allora, si spezzarono e, nel settembre del 1402,
scoppiò la rivolta dei Banini, oppressi da
angherie e soprusi. Morto Gian Galeazzo, insofferenti
del giogo del nuovo Duca Filippo Maria e dei privilegi
certosini, gli abitanti assalgono e prendono il Castello
e la Rocca, massacrano la guarnigione ducale, saccheggiano
e bruciano i grandi palazzi del Ricetto e la proprietà
certosina. Solo il 10 agosto 1574 Papa Gregorio XIII°
con una sua bolla dichiarerà finalmente finita
la fabbrica del chiostro, riducendo le pretese dei
certosini. La presenza dei monaci nel nostro territorio
produsse anche importanti effetti positivi. Per loro
iniziativa vennero attuate importanti opere di bonifica,
di regimazione delle acque, di miglioramento delle
pratiche agricole, di ristrutturazione del Castello.
LOratorio Certosino, dedicato a Santa Maria
Maddalena in Castello, ospitava tra laltro i
bellissimi affreschi di Bernardino Campi, ora collocati
nella Chiesa Parrocchiale. È bene ricordare
che la presenza dei monaci in San Colombano continuerà
fino al 1785, cessando il 22 ottobre con la confisca
di Giuseppe II° dAustria Nel 1447 si estinse
la casata dei Visconti con Filippo Maria che, senza
eredi maschi, diede in sposa la figlia Bianca Maria
a Francesco Sforza, condottiero versatile che impiegò
le sue armi al soldo di Milano e Venezia. I Veneziani
nel 1447 occuparono San Colombano al comando di Michele
Attendolo, ma lo Sforza, per gli ambrosiani, il 15
settembre dello stesso anno la espugnò con
laiuto di Bartolomeo Colleoni e dei suoi mercenari
che fecero uso per la prima volta, in loco, dellartiglieria
pesante con le bombarde. Anche in casa Sforza abbondarono
gli intrighi di palazzo e le lotte per il potere,
particolarmente fra Galeazzo Maria e Ludovico il Moro.
Questo fu però, paradossalmente , il periodo
di maggior fulgore artistico e culturale della corte
milanese e anche di San Colombano. Si ricordano presenze
importanti quali Corio, Bramante, Leonardo. Quando
Leonardo dovette lasciare definitivamente Milano per
recarsi a Roma, nel settembre del 1513, transitò
per San Colombano seguito dai suoi allievi. In tale
occasione venne eseguito un abbozzo del luogo, poi
inserito nel Codice Atlantico da Pompeo Leoni. Batti
e ribatti sullincudine del dominio, finché
toccò a Luigi XII° di Francia trarne i
vantaggi: alleatosi con Venezia conquistò il
Ducato di Milano. Tramontato Luigi XII, sorse Francesco
I° re di Francia, sovrano munifico, per quattro
volte in guerra con Carlo V°. Pavia nel 1525 fu
fatale per Francesco I e lo fu anche per il Ducato
di Milano, compreso il contado di San Colombano, che
divennero feudi imperiali spagnoli. Tali possedimenti,
con il Castello, furono successivamente donati nel
1529 dal re al conte Ludovico Belgioioso e rimasero
proprietà della casata, con alterne vicende,
sino alla prima metà del XX secolo. Nel 1546
Carlo V° riconferma ad alcuni di San Colombano
il privilegio, già loro accordato da Francesco
II° Sforza, di erigere le saline e
fabbricare sale usando acque minerali nella località
oggi chiamata Gerette. Il Seicento conobbe
la dominazione spagnola permeata di inettitudine e
malgoverno, disordine civile, carestie, pestilenze
e passaggi di soldataglie. Lundici Settembre
1593 nel Ricetto viene fondato il Monte di pietà
con un lascito del Parroco Baruffi. Listituzione
continuerà ad operare in favore dei bisognosi
fino agli inizi del 1900. Il Monte era ubicato nella
stessa costruzione che ospitava i rappresentanti del
Comune allinterno del castello, sul lato sinistro
della torre dingresso. I rappresentanti dei
Certosini risiedevano nella Torre dei Gnocchi. Nel
1602, Martedì 2 luglio per concessione del
duca Carlo DAragona, Governatore di Milano,
i Certosini inaugurano con eccellenti risultati il
primo mercato, che ancora oggi si tiene
ogni Martedi .La prima concessione del Duca Massimiliano
Sforza ai Certosini risaliva al 28 agosto 1513. Una
nota datata 1609 enumera in San Colombano 5000 abitanti
e la presenza di 500 fuochi. Lattività
principale è la coltivazione della vite per
la produzione di vino. Nel maggio del 1630 la peste
contagia anche San Colombano, seminando vittime: il
Lazzaretto, attualmente restaurato, dedicato come
quello milanese a San Gregorio Magno, ricorda ai posteri
il funesto evento. Nel 1691 con Privilegio del Re
di Spagna Carlo II°, San Colombano viene dichiarato
Oppidum Insigne, coi diritti annessi.
Il 27 luglio si pone la prima pietra del Portonesulla
strada per Lodi. Passato il lungo periodo di presenza
spagnola, iniziò nel 1706 il governo austriaco
con lImperatore Carlo VI°. La vita nel Borgo
fu contrassegnata da divisioni interne che vedevano
contrapposti non solo il fisco e il Monastero, ma
anche i borghigiani nobiliemaggiorenti
da una parte e ipoveri eparticolari
dallaltra. Nel 1709 questi ottengono la separazione
del comune: luno dei nobili , sostenuti dal
Monastero, e laltro dei particolari. In questo
periodo i poveri hanno un protettore che rivendica
i loro diritti. In San Colombano si contano 10 Oratori
Pubblici soggetti alla giurisdizione della Parrocchia,
mentre le chiese di San Francesco, San Giovanni Battista
ed altre sono indipendenti dal Parroco locale. Ciò
che oggi rimane delle strutture religiose rappresenta
per la comunità un patrimonio di grande valore
devozionale ,tradizionale e artistico .Oltre a quelle
citate, sono importanti per strutture e contenuti
la Chiesa Parrocchiale (1478) e la Chiesa di San Rocco
(1514). Nel 1734 vengono celebrati con grande solennità
nella Chiesa Parrocchiale i funerali di D. Baldassare
Pategno, Ministro plenipotenziario del Re di Spagna
presso la corte francese. La sua residenza oggi è
la sede del Comune. Alla fine del 700 fu il turno
degli asburgici con lArciduca Carlo, che occupò
la Bassa Lombardia, ma Napoleone, in netta ascesa
ne contrastò lespansione occupando Lodi
e dintorni, San Colombano compresa. Siamo al dieci
Maggio 1796. Il pur breve periodo napoleonico ed il
precedente austriaco hanno lasciato unimpronta
importante nella vita civile e nellorganizzazione
pubblica. A questo periodo risalgono la denominazione
di San Colombano e la sua appartenenza alla provincia
di Lodi e Crema, istituita nel 1816. Il censimento
del 1798, che annovera in San Colombano una popolazione
di 4223 abitanti, con 20 Preti, 12 Religiosi, 12 Religiose
e 847 famiglie, evidenzia una sensibile riduzione
rispetto a un secolo prima. Leconomia del Borgo
è sempre legata alla viticoltura, la collina
è intensamente coltivata da contadini che lavorano
per i grossi proprietari, ma anche su piccoli terreni
che si rendono disponibili e vengono acquistati. I
terreni ceduti da nobili , possidenti ed ecclesiastici,
passano a piccoli proprietari coltivatori che li gestiscono
con laiuto dei famigliari. La viticoltura è
pratica manuale che necessita di poche attrezzature.
Per i trasporti pesanti vengono usati carri trainati
da cavalli da tiro. Per i trasporti legati alle pratiche
collinari si usano carretti trainati da asini, più
usati perché resistenti e poco esigenti. Le
famiglie vivono in case a uno o due piani, isolate
o riunite in cortili, con la proprietà o la
disponibilità di una cantina spesso interrata,
di una piccola stalla con fienile, di un pozzo, di
un gabinetto esterno situato sopra un letamaio, con
pollaio e spazi per piccoli allevamenti di animali
da cortile. La conservazione degli alimenti viene
fatta mediante cottura, salatura, oppure per raffreddamento
utilizzando le ghiacciaie interrate, alimentate con
ghiaccio o neve raccolti nella stagione invernale.
Per il riscaldamento e la cottura dei cibi ogni abitazione
era dotata di uno o più focolari. Il commercio
e lartigianato gravitano attorno alla attività
agricola. Solo famiglie facoltose possono avviare
giovani alle professioni o alla carriera ecclesiastica.
Nel comune vengono edificate case signorili con giardini
e pertinenze appartenenti a commercianti, professionisti,
possidenti locali o milanesi che scelgono il Borgo
come dimora di campagna. Nel comune sono attivi tre
molini e due fornaci. Col tramonto di Napoleone Bonaparte,
la Lombardia vede il ritorno degli Austriaci, dopo
Vienna 1815, i Metternich: anni duri dopo i tragici
eventi del 21 e 31. Nel 1836 lepidemia
di colera miete vittime nel Borgo. LImperatore
Ferdinando I° e la consorte nel 1838 passano per
il Borgo e per loccasione alcune case prospicienti
la Chiesa Parrocchiale vengono modificate, dando origine
alla attuale piazza. A oriente del Borgo, presso la
Chiesa di San Filippo Neri, si forma un consistente
nucleo abitato che si dedica prevalentemente allagricoltura
di pianura. La località apparterrà sempre,
come frazione Campagna, al Comune di San Colombano.
Nel Borgo, col contributo di benefattori locali, sorgono
un asilo per bambini poveri e un ospizio per la cura
e il ricovero di anziani bisognosi. Anche San Colombano
visse nel Risorgimento momenti di patriottismo, animati
dal giovane dottore in legge Pietro Gallotta. Questi
scampò alle catene dello Spielberg e proseguì
la sua intensa attività clandestina sfociata,
a Milano nei fatidici cinque giorni di marzo del 1848.
Con lil Decreto Rattazzi del 1859 San Colombano passa
alla Provincia di Milano. Nel 1863 San Colombano assunse
il nome ufficiale di San Colombano al Lambro. Nel
1879 compare la Peronospora che devasta i vigneti,
annienta il prodotto più importante del Borgo
e getta la popolazione nello squallore. Il Borgo Insigne
ha condiviso in tutto il XX secolo la storia nazionale.
La sua economia si è basata sullagricoltura,
sul commercio e sullartigianato. Lepidemia
Spagnola, la Guerra dAfrica , i
due Conflitti Mondiali e la Guerra Civile hanno portato
lutti e sofferenze tra la gente . IL Monumento ai
Caduti, edificato a seguito di una sottoscrizione
popolare, porta i nomi di 113 giovani vittime del
primo conflitto mondiale, il secondo non fu da meno
e alle vittime del conflitto vanno aggiunti i caduti
civili del bombardamento del Settembre 1943, nel corso
di una incursione aerea degli Alleati. Leconomia
in San Colombano per la prima parte del 1900 si è
basata sullagricoltura collinare con apporti
del commercio e dellartigianato. Le famiglie
povere cercavano risorse prestando servizi, offrendo
aiuto soprattutto femminile nelle case e per la monda
del riso , mentre gli uomini vengono occupati per
la conduzione degli impianti di riscaldamento nei
grandi edifici milanesi. I viticoltori, dediti ad
una intensa coltivazione che interessava tutto il
territorio collinare disponibile, nei mesi estivi
cercavano occupazione presso le Cascine
di pianura. La frazione Campagna, per decisione vescovile,
diventa Parrocchia autonoma retta da Don Stefano Codecasa.
Viene edificato un nuovo Cimitero Comunale che sostituisce
il Lazzaretto e vengono realizzate importanti opere
pubbliche che trasformano laspetto e la vita
nel Borgo. Due filande impiegano cospicua manodopera
femminile per lavorare i bozzoli prodotti dal lavoro
di allevamento dei bachi in numerose famiglie. Le
Fonti minerali e le colline sono meta di visitatori,
in gran parte milanesi in cerca di svago. Sulla collina
prospiciente il centro abitato vengono edificate le
monumentali scuole elementari. Nel Borgo sono attivi
un teatro, due alberghi e numerose locande con ricovero
per gli animali da tiro. Il concittadino Franco Riccardi
conquista la medaglia doro olimpica nella spada
a Berlino e a Los Angeles e si qualifica come Campione
Mondiale. Dopo il conflitto 1915-18 la vicina Milano
ha offerto importanti alternative alla attività
agricola e lo sviluppo industriale ha determinato
due nuovi fenomeni: il pendolarismo e labbandono
dei vigneti. Il XX secolo iniziò per il Borgo
dando i natali a un futuro Santo: Don Carlo Gnocchi
(1902 ), che dedicò tutta la sua esistenza
ai sofferenti. Oggi il Borgo Insigne, per il suo ambiente,
la sua storia, le sue tradizioni, i suoi monumenti,
la sua economia, rappresenta una comunità che
si apre al futuro con grandi prospettive. Nell'anno
di creazione della provincia di Lodi nel 1992, San
Colombano, tramite un referendum, ha deciso di rimanere
nella provincia di Milano, nonostante la non contiguità
rispetto agli altri comuni del distretto meneghino.
San Colombano rimane così un'exclave della
provincia di Milano.