Magenta
è un comune della provincia di Milano.
ETIMOLOGIA
L'origine del nome è tradizionalmente attribuita
all'Imperatore Massenzio, in onore del quale l'abitato
prese il nome di "castrum Maxentiae". Un'altra
ipotesi farebbe invece derivare il nome di Magenta
dalla storpiatura del termine latino "mansio",
ovvero luogo di sosta lungo la via consolare chiunque
avrebbe potuto sostare prima di attraversare il confine
naturale del Ticino.
ORIGINI
L'origine va probabilmente collocata attorno al V
secolo a.C. quando alcune tribù di Galli Insubri
stabilì un proprio villaggio nei pressi del
punto strategico del Ticino.
CENNI
STORICI
Quando i Romani conquistarono il territorio nel 222
a.C., l'accampamento fortificato si trovava ad essere
l'ultimo centro abitato prima del valico del fiume,
in prossimità dell'allora "vadum Tercantinum"
(Trecate). Dopo la parentesi delle invasioni barbariche,
Magenta si trovò sotto il dominio longobardo,
dipendente dalla vicina Corbetta che svolgeva allora
da centro essenziale per i vicini villaggi. Della
signoria degli arcivescovi milanesi affermatasi nel
X sec. dovette probabilmente risentire anche Magenta,
anche se non ci è giunta alcuna traccia di
un possibile castello, e solo studi successivi hanno
fatto ritenere che la fortificazione dovesse situarsi
presso l'attuale piazza principale. Nel 1162 la città
venne saccheggiata da Federico Barbarossa e rasa al
suolo come rappresaglia contro i ribelli comuni lombardi.
Uno scenario analogo si ripropose nel 1356 quando
le armate avverse ai visconti, saccheggiarono il villaggio.
Da segnalare nel 1310 la presenza dell'Imperatore
Arrigo VII sul suolo magentino, bloccato secondo la
leggenda da una tremenda nevicata mentre si recava
a Milano; a seguito della grande ospitalità
accordata all'imperatore dagli abitanti del luogo,
egli innalzò il luogo alla dignità di
borgo coi privilegi di godere di una guardia armata
e di istituire un mercato che, dal 1410, si svolge
puntualmente ogni lunedì. Nel 1396 numerosi
territori della città furono donati da Gian
Galeazzo Visconti ai monaci della Certosa di Pavia
che ne migliorarono l'agricoltura e lo sfruttamento
dei terreni.
All'estinzione della casata dei Visconti, il borgo
passò dapprima agli sforza e poi a Carlo VI
di Spagna con il resto del milanese: Magenta, nel
1619, divenne feudo del Conte Luigi Melzi (già
dal 1572 si ricorda un tentativo di concessione al
giureconsulto milanese Guido Cusani, che però
aveva rifiutato la carica). Durante il XVII nel Ducato
di Milano imperversò la peste ed anche Magenta
rimase colpita dall'epidemia. Nel 1706 il Ducato di
Milano passò nelle mani degli Asburgo d'Austria,
che lo tennero sino al 1859. Nel 1743, grazie ad una
bolla pontificia, la parrocchia di San Martino di
Magenta venne elevata al titolo di collegiata, svincolandosì
così per sempre dalla vicina Corbetta. Il dominio
napoleonico fu contraddistinto da iniziali slanci
di entusiasmo per i nuovi ideali rivoluzionari, ma
venne ben presto ripudiato come tirannia. A questo
periodo risale la costruzione di un ponte ancora oggi
esistente sul Ticino. L'area del magentino venne rivalutata
dal 1836 quando, con la costruzione di una dogana
sul fiume Ticino, in prossimità del ponte napoleonico,
nacque l'agglomerato urbano di Pontenuovo che venne
ad unirsi a Magenta. Fu questo uno dei periodi di
rinascita del comune di Magenta che sostituì
gradatamente ma progressivamente gran parte dell'agricoltura
con le prime industrie tessili ed alimentari. L'unico
scontento degli abitanti fu quello di essere inclusi
dal governo austriaco nella provincia di Pavia, anziché
con la vicina Milano con cui il borgo aveva rapporti
secolari. Alla fine del XIX sec. Magenta comprendeva
già un ospedale locale costruito con la munificenza
dei benefattori Giovanni Giacobbe e Giuseppe Fornaroli,
a cui la struttura venne intitolata. Il 1947 vide
Magenta elevata al rango di città, con decreto
del capo dello Stato Enrico De Nicola.
LA
BATTAGLIA DI MAGENTA
Magenta è soprattutto nota per la battaglia
che ebbe luogo il 4 giugno 1859, durante la Seconda
Guerra d'Indipendenza, combattuta tra i piemontesi
e i loro alleati francesi contro gli austro-ungarici;
fu vinta dai franco-piemontesi e aprì la strada
alla conquista della Lombardia. La battaglia si svolse
nel territorio dell'odierno comune di Magenta e del
comune adiacente di Boffalora. Prende il nome di Magenta
il colore rosso-viola, probabilmente con riferimento
alle divise di quel colore indossate dal reparto di
zuavi francesi che combatté nella battaglia.
EDIFICI RELIGIOSI
San Martino
L'idea di costruire un nuovo tempio per Magenta fu
avanzata da Don Cesare Targella (parroco del paese
dal 1885 al 1910) per assolvere a due doveri: la necessità
di dare alla cittadinanza, in continua crescita, un
nuovo tempio e la commemorazione dei caduti per la
gloriosa battaglia del 4 giugno 1859, il cui successo
coinvolgeva ancora attivamente i magentini. Il progetto
della chiesa, dedicata a S.Martino e S.Gioacchino,
fu affidato all'architetto Alfonso Parrocchetti che
ne fece un'opera neorinascimentale, impostata su una
navata centrale più ampia e due laterali più
strette e più basse, con una lunghezza di 87
metri, una lunghezza al transetto di 30 metri e l'altezza
della cupola di 57 metri, dimensioni che la rendono
la più ampia della diocesi dopo il duomo di
Milano. La prima pietra venne posata nel 1893 e, superate
le difficoltà tecniche ed economiche grazie
alla manovalanza gratuita fornita dai parrocchiani,
i lavori di costruzione della struttura furono terminati
nel 1901, permettendo la celebrazione della prima
messa su un altare improvvisato. La monumentale opera
venne consacrata il 24 ottobre 1903 dal Cardinale
Andrea Ferrari il quale tuttavia vietò il trasporto
delle ossa dei caduti della battaglia all'interno
della chiesa, facendo così venire a meno uno
dei motivi principali che avevano portato all'edificazione
della struttura. Il complesso architettonico fu dotato
di una torre campanaria alta 72 metri anch'essa in
stile neorinascimentale italiano, opera del prof.
Benedetti per la parte artistica e dell'ing. Monti
per la parte strutturale. Inaugurata nel 1913 dal
Cardinale Ferrari, venne dotata di otto campane, sei
delle quali provenienti dall'antica Chiesa di S.Martino
a cui erano state donate dall'Arciduca Massimilano
d'Asburgo nel 1859; asportate dalla milizia fascista
nel 1943, un nuovo concerto campanario venne restituito
alla comunità il 12 ottobre 1947 in occasione
dell'attribuzione del titolo di città a Magenta.
I lavori di costruzione della facciata, progettata
dall'architetto Mariani, iniziarono nel 1932 e terminarono
solo nel 1959 per le difficoltà economiche
derivate dalla mancanza di fondi e dagli eventi bellici.
La facciata venne inaugrata il 4 giugno dello stesso
anno dall'Arcivescovo di Milano Giovanni Battista
Montini (futuro Papa Paolo VI); il 3 marzo 1948 arrivò
il riconoscimento ecclesiastico da parte del Papa
Pio XII con l'elevazione della chiesa a Basilica Minore
Romana.L'ingresso centrale è dotato di un portale
ad arco poggiante su quattro colonne in stile corinzio;
nella lunetta che le sovrasta trova posto un bassorilievo
raffigurante il battesimo di S.Martino, mentre ai
lati delle stesse sono collocate nelle rispettive
nicchie le statue degli apostoli Pietro e Paolo. Sopra
il portale è scolpito il rosone raffigurante
la glori del santo ed ai lati di questo sono presenti
le statue dei vescovi milanesi S.Ambrogio e S.Carlo
Borromeo. L'altare maggiore, progettato dall'architetto
Parrocchetti, è un'importante opera realizzata
con marmi policromi ed una mensa poggiante su quattro
colonne di marmo bianco, tra le quali si trova un
bassorilievo di metallo raffigurante l'ultima cena.
ed il ciborio, sormontato da una statua del Cristo
risorto. Nel braccio sinistro del transetto si trova
la cappella dedicata alla Madonna del Rosario progettata
sempre dal Parrocchetti; l'altare fu realizzato in
legno dall'artigiano Galli. Ai lati di questa cappella
ve ne sono altre due, minori, dedicate a S. Francesco
ed a S. Giuseppe. Nel braccio destro del transetto
è situata la Cappella di Santa Crescenzia,
opera del Parrocchetti; l'altare fu realizzato dall'artigiano
Miramonti in legno dipinto, come pure l'urna contenente
i resti della martire. Ai lati di questa cappella
ve ne sono altre due, più piccole, dedicate
al Sacro Cuore ed al Santo Crocifisso. Il complesso
architettonico della basilica può dirsi completamente
realizzato negli anni '60 del XX sec. con la realizzazione
del pavimento marmoreo, con l'ampliamento dell'altare
maggiore e con la collocazione della nuova mensa rivolta
verso i fedeli. Tra i numerosi affreschi che arricchiscono
la basilica, si ricordano quelli realizzati all'inizio
del XX sec. dal prof. Valtorta e dai suoi discepoli.
La cupola viene affrescata invece dal prof. Conconi
di Como negli anni '60 con profeti maggiori e minori
e con i quattro evangelisti. All'ingresso della basilica,
una pregevole opera dell'artigiano Corneo supporta
l'antico organo Prestinari, inaugurato nel 1860 e
trasferito nella nuova basilica nel 1902.
Santa Maria Assunta e Monastero
dei Celestini
La data di fondazione del Monastero di S. Maria Assunta
dei Padri Celestini di Magento, non è riportata
in alcun documento archivistico. La fondazione risalirebbe
però al XIV sec. e due sono le notizie che
lo fanno supporre: nel 1398 il Monastero è
riportato tra le "domus" della Pieve di
Corbetta come "Ecclesia Sanctae Mariae Celestinorum
de Mazenta" e, sempre nel 1398, la chiesetta
di S.Maria dei Celestini viene stimata in lire 20
e soldi 17. La costuzione del campanile, caratterizzato
da una meridiana, risalirebbe invece alla fine del
XV sec. La volta dell'unica navata, crollata in parte
nel 1937 è stata rifatta negli anni 1938-1939;
la facciata è del 1938. La chiesa di origine
romanica presenta degli interni barocchi. La chiesa
è famosa soprattutto per due tavole di Ambrogio
da Fossano, detto il Bergognone, datate 1501 e conservate
nella terza cappella a sinistra, entrando. Fino a
qualche anno fa queste tavole erano ritenute opere
della scuola di Bernardino Luini, ma recenti studi
ne hanno smentito la paternità assegnandola
ad un Bergognone della piena maturità, accogliendo
le ispirazioni leonardesche e bramantesche. Curiosamente
l'artista ha lasciato sulla prima tavola un'impronta
digitale che si nota vicino alla porta d'accesso interna
al portico dello sfondo del "Cristo Flagellato".
San Rocco
La sua origine risal alla seconda metà del
XV sec., periodo in cui in Italia si diffonde il culto
dei SS. Rocco e Sebastiano. Il primo documento che
ne riporta l'esistenza è datato 24 agosto 1524
ed è il testamento del nobile Antonio Capelli
di Chieri che lascia a questa chiesa parte delle proprie
sostanze. Nel 1571 vi si insedia la Scuola dei Disciplinati
per ordine di S. Carlo Borromeo. Nel 1701, in occasione
di una visita pastorale, si rileva per la prima volta
la presenza di una cappella dedicata a San Giovanni
Battista. Due anni più tardi avviene il riconoscimento
ecclesiastico delle reliquie di San Silvano e San
Simpliciano conservate nella chiesa magentina ed esposte
alla venerazione dei fedeli. La facciata, piuttosto
semplice, è articolata verticalmente su tre
piani e completata ai lati del timpano da due obelischi
barocchi. La navata interna è coperta da una
volta a botte, suddivisa in tre campate. Una particolare
attenzione merita l'organo, pregevole opera dei fratelli
Prestinari di Magenta risalente, come citato da una
targa, al 18 novembre 1878.
Oratorio di San Biagio
Nel 1587 e nel 1597 testimonianze ricordano che presso
la città di Magenta si trovava una cappella
dedicata a San Biagio che vessava però in pessime
condizioni. La situazione dell'oratorio "campestre"
peggiora negli anni segenti sino al 1636 quando l'oratorio
viene nuovamente riedificato a spese dell'Abate Faustino
Mazenta, che aveva incaricato del restauro il "Mastro
di Muro" Giuseppe Chiovetta (l'evento è
ancora oggi ricordato da una lapide interna). L'opera
di restauro e la costruzione di una sagrestia, sono
ampiamente elogiati in una visita pastorale del 1644.
In questa occasione vengono menzionate due tavole
di Melchiorre Gherardini ancora oggi presenti nell'oratorio.
La Chiesa di San Biagio non subisce alcun mutamento
architettonico sino al 1879, anno in cui il Marchese
Giuseppe Mazenta, morendo, lascia in eredità
sia la chiesa che l'edificio del cappellano con annesso
giardino all'Ordine delle Figlie della Carità
Canossiana, affinché vi possano edificare un
convento. Si deve all'iniziativa di questo ordine
l'attuale conservazione dell'edificio, come pure la
conservazione dell'antica tradizione di esporre al
bacio dei fedeli le reliquie del santo.
Casa Crivelli Boisio Beretta
Edificata nel XV sec. nel suo nucleo originario, è
uno dei più significativi esempi di casa nobiliare
di Magenta.
Palazzo Morandi
Edificato nella seconda metà del XVIII sec.,
è costituito dal tipico schema a corte con
una facciata barocca movimentata dalla presenza di
finestre e balconi che danno sull'antistante Via Garibaldi.
Casa Giacobbe
Casa Giacobbe prima del recente restauro conservativoLe
prime notizie della villa risalgono al 1664 quando
l'edificio, già di proprietà della famiglia
Borri di Corbetta, fu ipotecato a favore di Clara
Pedra Borgazzi a garanzia dei numerosi debiti che
Francesco Borri aveva contratto nei confronti della
nobildonna milanese. Nel 1690 Maddalena Borri, erede
di Francesco, cedeva definitivamente la proprietà
a Carlo Domenico Borgazzi, figlio ed erede di Clara
Petra, assieme ad altri beni al fine di estinguere
il debito accumulato dal padre. La stima fatta dall'ingegnere
collegiato di Milano Giuseppe Maria Ceriani, allegata
all'atto notarile, contiene una lunga e minuziosa
descrizione della villa. L'edificio si articolava
su più corpi di fabbrica: un'antica parte della
casa (non più esistente) si prospettava sull'attuale
via 4 giugno con un portone d'ingresso dal quale avevano
accesso le carrozze. Disposta su due piani, la costruzione
comprendeva una legnaia ed un fienile collocati a
destra del portone; una scala conduceva ai piani superiori
dove si trovavano alcune camere. Un secondo corpo
di fabbrica (l'attuale Casa Giacobbe), era posto perpendicolarmente
ai locali d'ingresso secondo uno schema ad "L",
caratterizzato al piano terra da un portico sul quale
si apriva il salone principale della villa, caratterizzato
da un bellissimo camino in pietra scolpita raffigurante
il mito di Orfeo e lo stemma della casata dei Borri.
A sinistra di questo si trovavano due sale adibite
a cucina e lavanderia. Il piano superiore era occupato
dalle camere. Un terzo corpo di fabbrica oggi distrutto
accoglieva invece un torchio con una torretta che
fungeva da colombaia. Nel 1723, in occasione del catasto
voluto da Carlo VI, fu stesa la prima carta catastale
di Magenta dove già risultava chiaramente la
costruzione. Nel 1768 Giovanni Battista Borgazzi eredità
la casa per poi passare qualche tempo dopo al ragioniere
Filippo Viganò di Milano , che nel maggio del
1820 vendette tutti i suoi beni a Magenta, a Giovanni
Andrea De Andrea, anch'egli residente in Milano. All'atto
di vendita è legata una permuta dei beni eseguita
dall'ingegner Paolo Bianchi nel 1818. Nel 1833 il
proprietario morì lasciando i suoi beni in
eredità alle figlie e ad alcuni suoi nipoti;
nelle successive ripartizioni la villa andò
alla figlia Agostina De Andrea, sposata con l'avvocato
Giovanni Giacobbe (padre), a cui risulta intestata
la casa nel 1841. Al 1854 risale un nuovo rilevamento
catastale che però non mostra significative
variazioni rispetto alla struttura del Settecento.
Personaggio di spicco che abitò la villa fu
Donna Maria Porro Lambertenghi, moglie di Giovanni
Giacobbe (padre), figlia del Marchese Giberto Porro
Lambertenghi che ebbe come precettore Silvio Pellico.
Quartier generale austriaco durante la battaglia del
1859 venne assaltata dai franco - piemontesi nel tentativo
di scuotere il comando avversario. Mentre tutta la
villa è stata recentemente ristrutturata, la
facciata sul giardino, conserva infatti ancora oggi
i fori dei proiettili e delle cannonate dello scontro.
L'avvocato Giovanni Giacobbe incaricò il pittore
Giacomo Campi di decorare il porticato della villa
con un ciclo pittorico in cui si racconta la campagna
militare del 1859. L'opera venne terminata, come documenta
la firma, nel 1897. Allo stesso artista si devono
altri pregevoli lavori come il famoso "Brindisi
della riconciliazione" tra un soldato austriaco
ed uno francese, affrescato nel grande camino della
villa, dipinto successivamente, nel 1918. Anche per
il museo patriottico ordinato dal figlio Gianfranco,
Tenente di Cavalleria, la famiglia si avvalse dell'opera
del Campi che decorò il frontone e la porta
d'ingresso. Di queste ultime opere però non
rimane nulla, in quanto sono andate distrutte con
la ristrutturazione degli anni '70 del XX sec. Nel
1921, dopo la morte del figlio, Giovanni Giacobbe
donò alla città di Magenta i cimeli
della battaglia del 1859 e dieci anni più tardi,
nel 1931 il Podestà di Magenta, Giuseppe Brocca,
afidò le preziose memorie al museo del risorgimento
di Milano. Nel 1935 la villa fu acquistata da comune
e nello stesso anno vennero abbattuti i corpi di fabbrica
adiacenti alla via 4 giugno e l'ala anticamente occupata
dal torchio. Di quest'ultima fu risparmiata solo la
bassa parete con l'ampia arcata attraverso la quale
si accedeva ad una palestra coperta per i balilla,
costruita dal 1936. La villa è attualmente
sede delle associazioni storiche magentine, apprezzato
centro e motore delle iniziative culturali della città.
Ossario e monumento alla
Battaglia di Magenta
Non lontano dalla linea ferroviaria Milano-Torino,
si trova oggi un sacrario dedicato ai caduti della
Battaglia di Magenta (1859). La struttura, costruita
in un grande parco, è costituita da un massiccio
obelisco dall'aspetto severo alto 35 metri e largo
8 alla base. È composta da quattro facciate
uguali guardanti i quatrro punti cardinali. L'architetto
fu il milanese Giovanni Brocca. I lavori, cominciati
nel 1861, vennero terminati nel 1872 quando tutte
le ossa dei combattenti sparse lungo l'alzata della
ferrovia, vennero raccolte e collocate definitivamente
nel sotterraneo del monumento. Una bella gradinata
in pietra beola conduce alle porte d'ingresso: la
base è di pietra greggia di Moltrasio, detta
nobile, mentre il corpo dell'obelisco è rivestito
di pietra d'Angera, una varietà giallognola.
Gli stipiti delle porte e le finestre e dei bassorilievi
sono in pietra di Viggiù. Su ogni facciata
il primo bassorilievo presenta emblemi militari, il
secondo cinque corone d'alloro con le iscrizioni:
- "All'esercito francese"
- "Vittorio Emanuele II e Napoleone III alleati"
- "La riconoscenza e la pietà"
- "Magenta IV Giugno MDCCCLIX"
Una finestrella circolare sta in cima all'edificio
che è coperto di pietra beola. Si accede all'interno
per quattro porte sormontate da una figura di donna
che distribuisce corone d'alloro. L'interno ha forma
di croce latina: le pareti sono ricoperte di lapidi
di bronzo con i nomi dei caduti francesi. Una speciale
è riservata al gen. Espinasse, morto poco dopo
la battaglia, un'altra è riservata al gen.
Clér, morto nel combattimento a Pontevecchio.
Le lapidi vennero fuse a Milano, mentre la volta rappresenta
un cielo stellato. Nel mezzo del pavimento si apre
un foro circolare: da esso si scende nella cripta
sotterranea le cui pareti sono tappezzate da ossa
umane. Il numero di teschi passa i cinquemila. Due
scheletri occupano una parte del suolo: quello di
un ungherese e quello di uno zuavo francese. Una scala
praticata nello spessore del pilastro, conduce alla
sommità dell'edificio da dove si può
godere uno stupendo panorama della città. Il
complesso venne inaugurato nel 1904 da Vittorio Emanuele
III.
Il monumento a Mac Mahon
Monumento al Generale Mac MahonAll'indomani della
morte del generale Mac Mahon, il parroco di Magenta,
Don Cesare Targella e il sindaco Brocca, dopo aver
presenziato alle esequie in Notre Dame a Parigi, prospettarono
l'idea di dedicargli un monumento. L'opera venne affidata
allo scultore cremonese Luigi Secchi che la portò
a compimento nel 1895, realizzando una statua in bronzo
dell'altezza di tre metri. L'archietetto Beltrami,
già autore del restauro del Castello Sforzesco
di Milano, ha disegnato il piedistallo in pietra di
Rezzato (altro tre metri e mezzo), che porta incisi
sui tre lati luoghi e date di nascita e di morte del
generale e degli altri alti ufficiali. Alla cerimonia
d'inaugurazione presenziarono rappresentanze italiane
e francesi.
Teatro Lirico
L'idea del Teatro Sociale Lirico Drammatico si concretizzò
quando alcuni appartenenti alla "Società
4 giugno 1859" acquistarono un terreno del Cav.
Luigi Cassola sull'allora Corso Vittoria in Magenta.
La maggior iniziativa vide in campo Gianfranco Giacobbe,
ma il giorno precedente la prima adunanza degli azionisti,
moriva in un incidente a Milano il 30 marzo 1902 in
un incidente. Fu l'avv. Giovanni Giacobbe, suo padre,
che per ricordare il figlio e dar corpo ai desideri
dei magentini riaccese l'iniziativa con cospicue donazioni.
Il progetto fu affidato all'architetto Menni. La prima
pietra venne posata il 7 marzo 1903 ed il teatro,
inaugurato ufficialmente il 4 giugno 1904, era un
tempo considerato l'anticamera del teatro milanese
de La Scala. All'inaugurazione intervenne anche il
tenore Francesco Tamagno, primo Otello di Giuseppe
Verdi, che ne calcò per primo il palcoscenico
con Adele Borghi ed Emilia Corsi, voci di primo piano
della lirica di allora. Il soffitto è decorato
con un grande affresco di Giacomo Campi che rappresenta
la visita di Arrigo VII a Magenta (fatto storico realmente
accaduto nel 1310 - nel dipinto si può scorgere
anche l'attuale campanile della chiesa di Santa Maria
Assunta), sopra il quale si staglia un insieme armonico
di nuvole, putti, poeti e l'esaltazione del teatro
e delle manifestazioni artistiche ad esso collegate.
Vi si distingue anche una rappresentazione della chiesa
di Santa Maria Assunta, Dante Alighieri, Virgilio
e un simpatico teatrino di marionette intitolato a
Giuseppe Verdi. Il teatro è stato recentemente
restaurato nel 2004, in occasione del centenario dell'inaugurazione,
e riportato al suo antico splendore con la proposta
di una interessante stagione teatrale da rinnovarsi
ogni anno, che comprende concerti, opera, brani di
operetta e varietà.Stagione Teatrale 2007.
Parco
Naturale "La Fagiana"
Nata
come residenza di caccia di Vittorio Emanuele II nella
seconda metà dell'Ottocento, la tenuta "La
Fagiana" si trova sul territorio del comune di
Magenta, in località Pontevecchio. Vasta 1574
ettari ed estesa per una lunghezza di più di
dieci chilometri sulla sponda sinistra del Ticino,
da Casate a Robecco, è divenuta una delle più
importanti riserve della zona arricchendosi di numerosissime
specie arboree e faunistiche. Al suo interno si trova
un'interessante Museo del Bracconaggio che racconta
in parte la storia della caccia nel Ticino dal XV
sec. sino ai giorni nostri. Le zone boschive sono
corredate di stupendi viali per il passeggio e per
le uscite in bicicletta.
Personaggi famosi
Andrea Noè (15 gennaio 1969) è un ciclista
professionista.
Carlo Ponti (1912-2007), produttore cinematografico.
Gianna Beretta Molla (4 ottobre 1922 - 28 aprile 1962)
è venerata come santa dalla Chiesa cattolica.
Marco Pedretti (22 settembre 1985), cantante dei *Finley
Francesco Tamagno, tenore
Manifestazioni
3 febbraio: S.Biagio - fiera del bestiame e macchine
agricole
Primavera: Fiera campionaria - vetrina del commercio,
industria, artigianato, agricoltura e turismo del
magentino. Su una superficie di mq. 16.000 ospita
ogni anno circa 30.000 visitatori.
Prima domenica di giugno: rievocazione storica della
Battaglia di Magenta
Giugno Magentino: tutto il mese offre appuntamenti
con l'arte, la cultura, la musica, il teatro, concerti
d'organo e bandistici, saggi e tornei sportivi organizzati
dalle associazioni cittadine.
16 agosto: S.Rocco - fiera di merci e bestiame
11 novembre: S.Martino - concerti ed assegnazione
del premio "San Martino d'Oro" al magentino
dell'anno. Istruzione
Nella città sono presenti scuole di diverso
ordine e grado. Partendo dalle scuole materne ed elementari,
è possibile giungere fino al termine dell'istruzione
media superiore.Tra le scuole della città è
possibile ricordare:Liceo Classico "Salvatore
Quasimodo" composto da Liceo Classico, Liceo
Linguistico e sperimentazioni di Liceo Socio-Psico-Pedagogico
e il Liceo Scientifico "Donato Bramante".