Cogliate
è un comune della provincia di Monza e Brianza.
Cogliate sorge a ridosso della propaggine nord-occidentale
del pianalto delle Groane, a circa 22 km da Milano.
Il suo territorio è situato nella zona superiore
della pianura lombarda,al confine con le prime colline
della Brianza,situate nei comuni confinanti( Barlassina,
Lentate sul Seveso) ha un'altitudine media di 230
m.s.l.m e si trova in un'area caratterizzata da sedimenti
di origine fluvio-glaciale, terrazzati, con alterazioni
superficiali più o meno accentuate a seguito
dell'evoluzione storico-urbanistica del luogo. Il
comune si estende per 695 ettari, ivi comprese le
frazioni di San Damiano, cascina Clerici e ed una
porzione di Cascina Nuova. Il territorio di Cogliate
confina con ben otto Comuni: a nord con Misinto, ad
ovest con Rovello Porro e Saronno, a sud con Ceriano
Laghetto, a sud-est con Cesano Maderno, e a est con
Seveso e Barlassina ed a nord-ovest con Lentate sul
Seveso.
ETIMOLOGIA
Lo storico D. Olivieri riconduce il toponimo Cogliate
al nome personale "Colius o Collius" Template:Citazione
necessari. Non sono, tuttavia, da escludere altre
soluzioni, come quella legata alla particolare posizione
di Cogliate, posto su un piccolo colle (lat.: collis)
delle Groane,
Cascina
Nuova
Cascina Nuova è una località popolata
da circa 700 abitanti. Dal 1925 costituisce parrocchia
a sé stante, ma amministrativamente dipende
per due terzi dal comune di Misinto e per 1/3 dal
comune di Cogliate. A Cascina Nuova di Misinto fino
a Giugno 2009 era sede del Comitato Locale Alte Groane
della Croce Rossa Italiana, che si è successivamente
spostata nella più adatta sede situata in Misinto
in Via Marconi angolo Via Zocco del Prete.
San
Damiano
È una località situata tra i comuni
di Ceriano Laghetto e Cogliate, in cui spicca il caratteristico
Santuario della Beata Vergine dell'Annunciazione,
punto focale della tradizionale festa popolare della
Madòna de marz, che si affianca alla ricorrenza
religiosa dell'Annunciazione, organizzata in collaborazione
con l'adiacente comune di Ceriano Laghetto.
ORIGINI
E CENNI STORICI
A tutt'oggi non si conoscono reperti celtici o romani
provenienti da Cogliate. Si può invece ipotizzare
l'esistenza in tutta la dorsale del pianoro delle
Groane, almeno a partire dal dominio romano, di un'attività
umana legata allo sfruttamento di laterizi. Numerosi
sono i rinvenimenti di manufatti derivati dalla cottura
in fornaci, provenienti dalle località confinanti
con Cogliate. Occorre tener presente che la mancanza
di reperti pre-medioevali riferentesi alla presenza
di fornaci nelle Groane debba ricercarsi alla scarsa
importanza che si attribuiva nei secoli scorsi ai
ritrovamenti di questo genere, poco vistosi e considerati
di poco conto e d'interesse esiguo.
Sul finire dell'VIII secolo, l'organizzazione ecclesiastica
milanese, dopo l'influsso della presenza di una forte
personalità, come quella di Sant'Ambrogio nei
secoli precedenti, era ben diffusa e delineata. Alla
primitiva chiesa battesimale di Seveso capopieve,
si rivolgevano, per la liturgia, gli abitanti dei
villaggi circostanti, tra cui Cogliate, dove probabilmente
esisteva, come attestato per altre località
finitime, un modesto oratorio. All'inizio del X secolo,
con il rinnovamento dell'epoca ottoniana, l'Insubria
visse un momento di particolare crescita economica,
sociale, politica ed organizzativa: il commercio si
diffondeva, l'agricoltura e l'artigianato ricevevano
nuovi impulsi.
Il
Monastero delle Benedettine di San Dalmazio
Un documento del 4 luglio 1184 getta uno sguardo abbastanza
ampio, per i tempi che corrono, sulla realtà
politica ed economica del paese. Infatti si parla
della sentenza dei Consoli di Milano in seguito ad
una lite sorta tra la badessa del Monastero e omnes
homines de loco Colliate rappresentati da Giovanni
da Cermenate e Giovanni Gallina, consoli del luogo.
I consoli condannarono gli abitanti di Cogliate a
prestare il sacramentum salvamenti, o giuramento collettivo,
di salvaguardia dei beni del monastero e .. pronuntiavit
ut singuli homines de Colliate decimam dent eidem
abbatisse de omni blava, et omnibus leguminibus, et
vino, et lino, et rapis, et nucibus, et castaneis,
et nominatim de lupinis, et vecia, et moco, et bulgara...
in campo vel in area ubi ipsa elegerit, secundum illam
portionem que eidem monasterio pertinet.... La sentenza
dimostra che gli abitanti del borgo cogliatese avevano
un rapporto di dipendenza feudale con il monastero
di San Dalmazio: erano tenuti a versare alle benedettine
le decime su alcuni prodotti agricoli, alla custodia
dei loro beni ed all'uso del pascolo comune. Sono
da mettere in evidenza i tipici prodotti della terra
a larga diffusione allora.
L'istituzione monastica di Cogliate, nel corso del
XV secolo, subisce un drastico ridimensionamento,
a causa della decadenza dei costumi. Nel 1466, il
monsignor Giacomo Torre, delegato pontificio e vescovo
di Parma, fece la prima mossa per unire il monastero
benedettino di San Dalmazio, ridotto ormai a due sole
monache residenti, col monastero di Santa Maria in
Valle di Milano. Il Torre stese l'atto di aggregazione
il 16 gennaio 1468, ma non essendosi fatta menzione
di una delle due monache, Ursina, bisognò chiedere
la sanatoria al pontefice e fu data da papa Sisto
IV nel 1479 dopo undici anni. L'aggregazione a Milano
e la riduzione a due sole monache non ridusse, tuttavia
provvisoriamente, il peso sociale e religioso che
l'ente benedettino aveva fin lì avuto sull'intero
nostro villaggio.
La
rettoria
Lo Status Ecclesie Mediolanensis anni MCCCCLVI mette
in rilievo i profondi cambiamenti intervenuti nell'organizzazione
ecclesiastica plebana a quel tempo. Quasi tutte le
cappelle poste nei villaggi sottoposti alla pieve
di Seveso divennero rettorie. Ciò vuol dire
che alla gestione di queste cappelle sovrintendevani
sacerdoti non più provenienti dalla sede plebana,
ma stabilmente legati alla località assegnata:
fra queste c'è anche la chiesa parrocchiale
di Cogliate, dedicata ai Santi Cosma e Damiano. Più
tardi, con una bolla datata 28 febbraio 1543, le suore
benedettine del monastero di S. Maria in Valle ottennero
da papa Paolo II l'unione della chiesa parrocchiale
dei Sant Cosma e Damiano e relativi beni con la chiesa
di San Dalmazio (annessa precedentemente al monastero
locale,) di loro giurisdizione. Le monache di Santa
Maria in Valle si impegnano, in cambio di detta aggregazione,
ad utilizzare le rendite provenienti dal beneficio
della chiesa, denominata parrocchiale, dei Santi Cosma
e Damiano a favore del mantenimento di un sacerdote,
amovibile, secolare o dell'ordine dei mendicanti regolari,
per fare "esercire la Cura delle Anime di detto
Popolo di Coliate". Le monache, in poche parole,
si sono assunte il privilegio, con relativo onere,
di nominare il cappellano per la cura liturgica e
pastorale del popolo. Esente da questa giurisdizione
rimaneva la chiesetta rustica dedicata a San Giovanni
Battista costruita attorno ale 1510 o 1520, per volere
di un certo Aloysius Bossius.
Età
moderna
Nel 1568 la popolazione del paese ammonta a 343 persone,
di cui 183 da comunione, e 50 nuclei familiari. Tra
le famiglie prevalgono i Borghi, Basilico, Grassi,
Castelnovo, Beretta, Vago, Cainarca, Campi e Fusi.
Negli anni della peste del 1576 e del 1629 si assiste
ad un diminuzione della popolazione.
Le
visite pastorali, iniziate in epoca tridentina, documentano
lo stato in cui si trova nel XVI secolo la chiesa
locale. A parte la descrizione materiale dei tre edifici
ecclesiastici, dei loro beni, dello stato di conservazione
della suppellettile religiosa, la presenza di cappelle,
la tenuta dei libri anagrafici (nascite, matrimoni,
morti) ed altri registri di carattere prettamente
spirituale (cresimati, comunicandi, ecc.) vi sono
anche notizie sulla condotta morale di alcuni personaggi
più o meno noti, che vengono pubblicamente
richiamati a tenere un comportamento ispirato ai principi
religiosi dominanti nel tempo Dalla lettura emerge
che il borgo di Cogliate viene chiamato San Dalmazio,
come il titolare della chiesa di proprietà
delle monache di Santa Maria in Valle di Milano; la
chiesa dei Santi Cosma e Damiano continua ad essere
chiamata col titolo di parrocchiale; la situazione
del clero locale è confusa in quanto è
presente un cappellano-curato, che ha in cura d'anime
anche il paese di Birago e il curato di Rovello che
celebra in alcune ricorrenze messe nella cappella
di Santa Maria; nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano
celebra un sacerdote mantenuto dal popolo; nella chiesetta
dedicata a San Giovanni Battista è avvenuto
un fatto di sangue (di cui non si conoscono gli estremi).
La
nuova chiesa parrocchiale
I primi decenni del XVI secolo la chiesa parrocchiale
di S. Dalmazio, da tempo in condizioni precarie e
del tutto insufficienti per l'aumentata popolazione,
viene ricostruita ex novo e dedicata a San Giovanni
Battista. Questa volta la richiesta della nuova costruzione
passa attraverso la popolazione del luogo e l'istituzione
comunale. Nel 1636 iniziano i lavori e il tempio viene
ricostruito non distante dalla vecchia e fatiscente
chiesa, dove ora sorge l'attuale chiesa parrocchiale.
Il popolo volle che la nuova chiesa di San Giovanni
Battista assumesse il titolo di parrocchiale sostituendosi
a quella di San Dalmazio e che tutte le ordinarie
funzioni liturgiche si svolgessero nella nuova chiesa.
C'era poi il problema della casa parrocchiale, attigua
alla vecchia chiesa di San Dalmazio, ridotta anch'essa
in condizioni miserevoli. Si venne ad un accordo tra
le monache, che possedevano sempre i loro diritti,
il popolo e l'istituzione comunale, unitamente al
benestare arcivescovile, e si stabilirono una serie
di diritti ed impegni reciproci. La nuova chiesa di
San Giovanni Battista prese il titolo di parrocchiale,
in sostituzione di quella di San Dalmazio. Le monache
mantennero gli antichi diritti sul nuovo tempio, precedentemente
vantati sulla vecchia chiesa di San Dalmazio. La nuova
casa parrocchiale fu costruita a ridosso della nuova
chiesa con il contributo di 1550 lire imperiali da
parte monache. Le monache rimanevano proprietarie
della vecchia chiesa e della fatiscente canonica,
con piena disponibilità all'utilizzo del materiale
recuperabile in caso di distruzione o totale rovina.
La scelta del vicario curato continuava a spettare
alle reverende monache di San Maria in Valle di Milano.
Dominazione
spagnola
A partire ufficialmente dal 1559, Cogliate e il Ducato
di Milano passano alla corona spagnola. In questo
periodo avviene una buona crescita demografica: dai
circa 350 abitanti del 1568, si passò ai 440
del 1603, per superare quota 500 nel 1653. La popolazione
era strettamente legata al lavoro agricolo, con una
piccola presenza di comuni attività artigiane.
La proprietà terriera era in mano a poche famiglie,
in maggior parte residenti altrove. Gli abitanti di
Cogliate erano composti da pochi gruppi familiari
che frequentemente si incrociavano attraverso il matrimonio.
La mortalità infantile era un fenomeno assai
diffuso ovunque: a Cogliate si avevano tre decessi
su dieci nati vivi, nei primi sei mesi di vita. Non
pochi nascevano già morti o morivano nelle
prime ore successive al parto. Un altro fenomeno di
interesse generale, fu il proliferare, di feroci briganti
e comuni malandrini. Famose erano state, un secolo
prima, le sanguinarie gesta dei banditi Giacomo Legorino
da Limbiate e Battista Scorlino da Mombello. Costoro
seminarono, per lungo tempo, il panico tra coloro
che viaggiavano lungo le strade del nord-ovest milanese.
Questi banditi d'assalto avevano i loro rifugi nei
boschi della Merlata (tra il Ticino e la pieve di
Bollate)e nella brughiera delle Groane. Nelle cronache
del tempo, intorno alla metà del Seicento,
riuscì a trovarvi spazio anche un cogliatese,
certo Giovanni Battista Castelnovo, reo di aver rapinato
un passante di Ceriano lungo un sentiero interno alle
Groane.
Dominazione
austriaca
Nel 1706 il Ducato di Milano entra fra i domini degli
Asburgo d'Austria. Alla morte del sacerdote Carlo
Antonio Confalonieri (1717) si registra che la casa
parrocchiale annessa alla chiesa dei Santi Giovanni
Battista e Dalmazio, sede parrocchiale, versava in
condizioni di estrema rovina. La questione fu di rilevante
interesse pubblico, in quanto ancora la gestione ruotava
intorno alle monache di Santa Maria in Valle. La vertenza
si concluse nel 1726 scaricando sulla comunità
di Cogliate le spese occorrenti alla riparazione.
Nel 1722 fu approntata la prima mappa catastale di
Cogliate. Nel foglio VI si evidenzia una porzione
di territorio, confinante con Cassina Ferrara, totalmente
ad uso agricolo, denominato arativo e arativo moronato
(ovvero con la presenza di fila di gelsi per l'allevamento
del baco da seta). Nicola Papis e Ottavio Castelli
di San Pietro risultano essere i maggiori proprietari
terrieri. Nel foglio VIII viene messa in evidenza
la porzione di territorio centrosettentrionale di
Cogliate, lasciata soprattutto a brughiera, che ancor
oggi copre buona parte della fascia orientale della
superficie comunale verso Barlassina e, in misura
ridotta ad aratorio moronato. I maggiori proprietari
dell'area interessata risultano i Vimercati, le monache
di Santa Maria in Valle di Milano ed Ottavio Castelli
di San Pietro.
La carta topografica del tempo riproduce in modo evidente
la ridistribuzione del suolo: la porzione occidentale,
quasi totalmente agricola e assai fertile; il nucleo
urbano; la porzione orientale, interessata dalla brughiera
del pianoro delle Groane, con la presenza di piccoli
corsi d'acqua a carattere torrentizio. L'economia
locale era dunque essenzialmente agricola, con limitate
iniziative artigianali e commerciali. Mais, miglio,
segale, frumento e legumi erano le coltivazioni più
praticate.
Nel 1770, su una popolazione complessiva di 532 abitanti,
i "maschi collettabili", aventi cioè
un'età compresa di cui sopra e tenuti all'imposta
ordinaria, erano 163. Gli anziani di sesso maschile
(ovvero di età superiore ai 60 anni) risultavano
in numero di 11, mentre 102 erano i maschi in età
inferiore ai 14 anni e 256 il totale delle donne.
Nel comune di Cogliate erano iscritti nei rispettivi
ruoli di categoria i seguenti artigiani e commercianti:
un oste, un ferraio, tre falegnami, due tessitori
di tela di lino e un sarto.
Ottemperando alle nuove normative del Supremo Consiglio
scompariva un'altra antica consuetudine medioevale:
le proprietà comuni. L'alienazione dei beni
incolti delle comunità di Cogliate avvenne
il 12 ottobre del 1782 sulla pubblica piazza della
Comunità dove "si riunirono i deputati
dell'estimo". Il prezzo di stima, con base d'incanto,
fu fissato in 23 lire e 8 soldi a pertica. Le offerte
dei privati, convenuti per l'affare, salirono vorticosamente
fino ad arrivare all'offerta definitiva di ben 29
lire e 15 soldi.
Essendo inoltre che l'autorità austriaca emanava,
in quel tempo, delle disposizioni volte a risolvere
in via definitiva i problemi inerenti al luogo ed
alle modalità delle sepolture, nel 1783, anche
il comune provvide a costruire il cimitero sul luogo
dove, in seguito, furono costruiti l'edificio scolastico
e l'abitazione del coadiutore parrocchiale.
I
cambiamenti in atto nel resto d'Europa si abbatterono
anche sul Ducato di Milano, che venne occupato da
Napoleone nel 1797. Con la soppressione di matrice
rivoluzionaria degli enti religiosi, i resti del monastero
di San Dalmazio e l'annesso decadente oratorio, furono
acquistati da un certo Isimbaldi di Ceriano Laghetto.
Sul terreno dell'ex complesso monastico, l'Isimbaldi
costruì un gruppo di case coloniche ed eresse
una cappelletta sul luogo dell'antica chiesa di San
Dalmazio. Le case e l'oratorio passarono in seguito
all'opera pia Fatebenefratelli. Il Regio Decreto del
4 novembre 1809 decretò la soppressione del
Comune di Cogliate, annesso a quello di Ceriano.
Gli
austriaci ripristirarono prontamente l'autonomia comunale
di Cogliate. L'amministrazione lombardo-veneta, sotto
la guida del governo austriaco, s'impegnò a
risistemare tutta la viabilità dell'ex-Ducato,
provvedendo a dotare di una rete viaria più
consona ai tempi l'area gravitante intorno a Saronno
e centri maggiori. Buona parte delle direttrici stradali
che conducevano ai vicini centri di Saronno e Barlassina,
furono corretti per accorciare le distanze e facilitare
la transitabilità di carri e pedoni. Sul finire
del 1826 fu approvata l'opera di "rettilineamento"
della vecchia strada che da Cogliate, attraverso Cassina
Ferrara, portava a Saronno. Sempre in quegli anni
si era dato avvio alla sistemazione del tratto stradale
che da Cogliate conduceva a Barlassina, provvedendo
a ridurre l'eccessiva pendenza del vecchio percorso.
In precedenza, si era provveduto a sistemare il pozzo
per l'acqua potabile, ubicato nei pressi della chiesa
parrocchiale. I lavori furono eseguiti tra il 1823
ed il 1824. Nel 1828 furono avviati lavori di risistemazione
dell'ormai decrepita casa parrocchiale: tra le altre
opere, fu riparato il tetto del granaio, posto sopra
la sacrestia dove veniva messo il grano della Chiesa.
L'anno seguente si provvide ad acquistare tre nuove
campane per la chiesa sussidiaria dei Santi Cosma
e Damiano. Anche il campanile della sussidiaria fu
rifatto quasi totalmente. Nel 1831 fu costruito il
nuovo castello in ferro delle tre campane. Nella stessa
chiesa, nell'anno 1832 il pittore De Micheli di Saronno
dipinse ad affresco le immagini dei santi Antonio
e Sebastiano, poste sulle pareti laterali all'altare
maggiore. Altri consolidamenti e rifacimenti si fecero
negli anni seguenti come la messa in funzione del
meccanismo dell'orologio pubblico, il campanile della
chiesa parrocchiale, l'ampliamento del cimitero.
La brughiera delle Groane, con i suoi boschi, i prati,
i corsi d'acqua, le alture, costituiva un ambiente
ideale per scenari di guerra. L'esercito austriaco
vi tenne diverse esercitazioni in molti periodi, soprattutto
in estate ed autunno. Tra il primo agosto ed il 17
settembre 1842, soggiornarono centinaia di soldati
che usufruirono dell'alloggio presso le abitazioni
cogliatesi per la modica somma di un centesimo al
giorno. La maggior parte della truppa alloggiava nelle
tende da campo, ubicate tra Cogliate e Barlassina.
Vi era molta richiesta per le candele di sego, che
sergenti e cadetti del collegio di San Luca consumavano
in modo rilevante. Anche il facchinaggio, l'affitto
di bestiame, carri da trasporto e paglia erano molto
richiesti. I1 29 settembre 1842, la deputazione cornunale,
inviarono il conto spese di L. 336 e 83 centesimi
all'Imperial Regio Commissario distrettuale di Barlassina
per "l'alloggiamento militare stazionato in questo
Comune". Un altro conto di L. 801,05 fu presentato
nell'ottobre del 1844.
La
scuola elementare minore comunale, nel 1846, risulta
essere divisa nelle due sezioni maschile e femminile:,
la sezione maschile era frequentata da 125 alunni,
mentre quella femminile era momentaneamente chiusa,
essendo vacante il posto di maestra. L'assistenza
sanitaria era garantita dal medico che, nel 1846,
si occupava dei malati residenti nei comuni di Cogliate,
Misinto, Ceriano Laghetto, Lazzate e Solaro, per un
totale di 6.340 assistiti. Era aperto anche l'ufficio
di ostetrica, per i Comuni di Cogliate, Misinto e
Lazzate. Il servizio di farmacia era assicurato, nel
distretto di Barlassina, da dottori residenti a Seregno,
a Desio, a S. Pietro Martire di Seveso e a Cesano
Maderno. Tre erano gli uffici postali funzionanti,
nel 1856, nel territorio distrettuale di Barlassina:
a Seregno, a Desio e a Barlassina. Tre erano le stazioni
dell'imperiale regia gendarmeria, ubicate nel distretto
di Barlassina: 1) stazione di Barlassina, con 5 gendarmi
a piedi, 6 stanze d'alloggio e una stanza d'arresto.
2) Stazione di Cascina Amata, con 5 gendarmi a piedi,
3 stanze d'alloggio e una stanza d'arresto. 3) Stazione
di Desio, con 5 gendarmi a piedi, 9 stanze d'alloggio
e una stanza d'arresto.
Nel
1859 Cogliate entra a far parte del Regno di Sardegna
e quindi nel Regno d'Italia. Seguirà poi le
vicende dello stesso. Il Regio Decreto del 9 febbraio
1869 ripristinò, come in svariati altri casi,
le disposizioni di quello del 1809, e Cogliate si
vide nuovamente privata della propria autonomia per
essere annessa al Comune di Ceriano Laghetto. Le spinte
separatiste rimasero comunque forti, e sfociarono
il 20 luglio 1919 nel decreto che ristabilì
definitivamente il Comune di Cogliate.